“Camminando a Racconigi”. La nascita della Resistenza in Piemonte
Giovedì 10 settembre, dalle 21 alle 22,30
Racconigi (Cuneo)
Un percorso non a caso in piazze e vie della città. E parole per tenere viva la memoria e riproporre valori, oggi fortemente messi in gioco, attraverso letture e musiche a tema. Sarà una serata itinerante scandita in cinque tappe, quella organizzata da Anpi Racconigi e dalla locale compagnia teatrale “Progetto Cantoregi”, per celebrare la nascita della Resistenza in Piemonte l’8 settembre 1943. L’appuntamento è per giovedì prossimo 10 settembre a partire dalle 21 per concludersi intorno alle 22,30 con letture e canzoni alla Soms di via Carlo Costa (casa sociale appartenuta fino a un anno fa alla Società Operaia di Mutuo Soccorso e oggi sede di “Progetto Cantoregi”), seguendo un ben preciso itinerario lungo il quale far rivivere un periodo cruciale della nostra storia, che con il sacrificio, il coraggio ed il valore di molti – giovani e meno giovani, uomini e donne – ha contribuito a forgiare le basi della nostra Repubblica.
Questo l’itinerario:
Si parte alle 21 da piazza Carlo Alberto, dal monumento dedicato ai partigiani cittadini, per poi raggiungere piazza Vittorio Emanuele II (Piazza degli Uomini) e quindi piazza San Giovanni dove, nella sede della Parrocchia, prese vita il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). La quarta tappa sarà piazza Santa Maria dove si ricorderà il funerale del partigiano Tormenta. Il cammino prosegue quindi in via Priotti, fino alla lapide del partigiano Mimì Appendino, ucciso a 20 anni, per poi terminare alla Soms e dare il via alle letture.
Qui, i momenti storici saranno rievocati da Pierfranco Occelli, presidente della sezione Anpi di Racconigi, partendo dal proclama di armistizio annunciato dal maresciallo Badoglio l’8 settembre 1943.
Le letture di romanzi, saggi e poesie saranno a cura di Irene Avataneo, Cristina Fenoglio, Valentina Perlo, Pierbartolo Piacenza, Andrea Piovano, Federico e Mariagrazia Soldati che daranno voce alle parole di scrittori, poeti o protagonisti e protagoniste della Resistenza, fra cui: Salvatore Quasimodo, Cesare Pavese, Giorgio Bocca, Irma Marchiani, Liana Catri, Giuseppe Marinetti, Giaime Pintor. Da non dimenticare la fondamentale partecipazione di Michele Banchio con la sua chitarra.
L’iniziativa è realizzata con il contributo della Fondazione CRS e con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Racconigi.
Info: 335.8482321 – www.progettocantoregi.it – info@progettocantoregi.it Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi – IG Progetto Cantoregi. Ufficio stampa Progetto Cantoregi: Paola Galletto – pao.galletto@gmail.com
g. m.
Domenica 13 settembre dalle ore 10 / In collaborazione con l’Associazione Speculum Historiae
Personaggi in abiti storici animeranno le visite guidate alla Rocca e i suoi giardini permettendo ai visitatori di conoscere usi, costumi e abitudini della vita quotidiana in un castello del Piemonte all’inizio del XV secolo.
Dal signore alle dame, dai funzionari di corte ai servitori, la vita di un tempo tornerà ad essere di nuovo il presente scoprendole armi dei soldati oppure gli ingredienti che si potevano usare in cucina per preparare le vivande destinate ai banchetti.
Costo: 9.00€ intero | 7.00€ ridotto | 3.00€ per possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino+Piemonte card
I progetti abbracciano attività come la ricostruzione in abito, attività culturali e didattiche in collaborazione con musei ed enti del territorio. Speculum Historiae porta avanti un progetto di ricostruzione relativo al XV secolo (in particolare 1400-1420) accanto ad altri due progetti, relativi all’XI (1000-1015) e al XIII (1250-1275) secolo, in tutti i casi focalizzandosi sulla documentazione del territorio piemontese e torinese.
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/borgo-medievale.html
Fondazione Cosso / Nuovo appuntamento musicale con “Avant-dernière pensée” nella grande arena estiva del Castello di Miradolo
Martedì 15 settembre, ore 21,30 San Secondo di Pinerolo (Torino)
E’ il terzo e ultimo appuntamento musicale proposto dalla Fondazione Cosso per l’alquanto complicata estate 2020. Ricordiamoci data e ora: martedì 15 settembre alle 21,30. Protagonista, come sempre, il progetto artistico “Avant-dernière pensée” diretto dal maestro Roberto Galimberti che presenterà “Metamorphosis” da Buster Keaton e Philip Glass. La performance fa seguito al “Concerto d’Estate” da Steve Reich, con cui si è attesa la prima alba d’estate, il 21 giugno scorso, alle 4.30, e l’“Ulisse” da Claudio Monteverdi, andato in scena nel mese di luglio. Suggestiva, come consuetudine, l’ambientazione dell’evento ospitato nel prato centrale del grande parco storico del Castello, in via Cardonata 2 a San Secondo di Pinerolo, dove il pubblico si troverà immerso in un’arena di oltre 2mila mq. circondato dalla corona verde di alberi secolari e da grandi schermi per videoproiezioni. “L’invito – sottolineano gli organizzatori – è a ricercare la propria personale prospettiva del concerto, spostandosi nellospazio e tra i musicisti, che si esibiranno distanti tra loro”. Il prezioso suggerimento è di portarsi un plaid dacasa, così da poter godersi lo spettacolo, sonoro e visivo,comodamente stesi sul prato. Le “cuffie silent system luminose”, attraverso cui si fruisce della partitura, divengono autentiche “stanze d’ascolto”, in cui ricercare il massimo raccoglimento.
“Metamorphosis” rappresenta un dialogo ideale tra la partitura omonima del compositore di Baltimora Philip Glass, ispirata al celebre racconto di Franz Kafka e presentata in quest’occasione in una inedita rilettura per trio (violino, violoncello e pianoforte) e alcuniframmenti della straordinaria produzione di Buster Keaton. Un poetico incontro tra cinema e musica. Lo sguardo di Keaton e il minimalismo di Glass(classificato fra i primi dieci della “Top 100” dei geni viventi stilata anni fa dalla prestigiosa rivista inglese“The Telegraph”) come “istantanee del proprio tempo e come invito a riflettere sul rapporto tra uomo e macchina, tra sentimento e contemporaneità, oggi, ancora una volta”.
Questi gli esecutori: Roberto Galimberti, violino e direzione; Laura Vattano, pianoforte e Marco Pennacchio al violoncello
I tecnici: Marco Ventriglia, audio e supervisione tecnica; Edoardo Pezzuto, allestimento tecnico.
Per ragioni di sicurezza i posti sono limitati e la prenotazione è obbligatoria: tel. 0121.502761 o prenotazioni@fondazionecosso.it.
Alle 20 avrà luogo una guida all’ascolto curata da Roberto Galimberti, ideatore del progetto artistico, che dialogherà con il pubblico. A partire dalle 19 è prevista un’apertura straordinaria della mostra dedicata alla fotografia di Oliviero Toscani, ospitata nelle sale del Castello e nel parco. Sempre dalle 19, il bistrot del Castello è a disposizione per un aperitivo o una cena leggera da consumarsi nella corte interna, alla luce del tramonto.
g. m.
Il 1895 rappresenta un anno decisivo nella vita di Giovanni Pascoli. Nel settembre si sposa la sorella Ida, causando in lui il secondo “dramma familiare” dopo la tragica morte del padre, assassinato mentre tornava da una fiera il 10 agosto 1867. L’abbandono del “nido” da parte di Ida viene vissuto come un tradimento dal poeta che vede sgretolarsi un nucleo familiare nel quale aveva riposto tutta la fiducia e tutti gli affetti. Da quel momento l’unica fedele compagna della sua vita e depositaria delle sue volontà dopo la morte resterà l’altra sorella Mariù.
Questo è, tuttavia, anche l’anno in cui il poeta si trasferisce a Castelvecchio di Barga, scegliendo, significativamente, per il trasloco il 15 ottobre, data della nascita di Virgilio. Castelvecchio rappresenterà il locus amoenus, l’altro polo geografico dell’esistenza e della poetica pascoliana, insieme alla nativa San Mauro di Romagna.
L’amore per Castelvecchio e per quella villa settecentesca, affascinante e silenziosa, nasce quasi per caso. Il poeta, durante il periodo di insegnamento a Livorno, aveva più volte manifestato il proprio desiderio di trasferirsi in un luogo in campagna nel quale dedicarsi a studi e composizione. Due amici, originari di quel paese, gli indicano Barga e, dopo una visita, Pascoli decide di affittare la villa che, all’epoca, era di proprietà della famiglia Cardosi-Carrara. Caprona presso Castelvecchio di Barga diventa il domicilio definitivo, dal quale Pascoli si distacca soltanto per gli impegni legati alla docenza universitaria. Il poeta impegna nell’acquisto della bella villa a tre piani, immersa nella solitudine e nella pace della campagna, tutti i suoi guadagni e, persino, il ricavato dalla vendita delle medaglie vinte nel concorso di composizione latina di Amsterdam.
“Il giorno fu pieno di lampi;/ma ora verranno le stelle,/le tacite stelle. Nei campi/c’è un breve gre gre di ranelle./Le tremule foglie dei pioppi/trascorre una gioia leggiera./Nel giorno, che lampi! che scoppi!/Che pace, la sera!” Questi versi de’ “La mia sera” ben descrivono l’atarassia raggiunta da Pascoli negli ultimi anni della sua vita, quell’approdo ad un porto sicuro, accogliente, consolatore, a una serenità che gli era stata negata durante l’infanzia e l’adolescenza. Le stelle che il poeta vede comparire a Castelvecchio sono “tacite” e benigne, sono quelle che brillano in un cielo divenuto sereno dopo un violento temporale e che, nella loro immota calma, si contrappongono ai lampi che hanno squarciato l’anima di Pascoli durante il giorno della sua esistenza. Sono le stelle generate dallo spirito di un uomo che sembra essersi finalmente pacificato se non con il mondo almeno con se stesso.
Quegli astri che si aprono nel “cielo sì tenero e vivo” non hanno più nulla in comune con “il pianto di stelle” che inondava l’atomo opaco del male nella notte del 10 agosto e che Pascoli invocava sul padre assassinato, stelle che cadevano come i vortici dei dipinti di Van Gogh, trascinando con sé un dolore violento e terribile, stelle che urlavano, stelle che chiedevano verità e giustizia, simili a Nemesi. Non a torto “I Canti di Castelvecchio”, l’opera della maturità di Pascoli, è considerata dai critici una delle raccolte più riuscite, quel vertice e quella perfezione della lirica che si raggiunge dopo aver tutto sperimentato in vita come nell’arte. “I Canti di Castelvecchio” che Pascoli, volutamente, fin dalla prefazione aggancia a “Myricae” ne rappresentano al tempo stesso un completamento e un’evoluzione. “E sulla tomba di mia madre rimangano questi altri canti…” si legge nell’incipit de’ “I Canti di Castelvecchio” dedica che fa da contraltare a quella di “Myricae” “Rimangano rimangano questi canti su la tomba di mio padre”: la poesia diventa un tributo, un’offerta votiva ai morti, ai cari perduti e mai dimenticati, ai penati, ma anche al pensiero stesso della morte senza il quale, afferma Pascoli, la vita è “un delirio, o intermittente o continuo, o stolido o tragico”.
Queste erano le parole che Giovanni Pascoli scriveva in uno studio grande e luminoso con le finestre affacciate sul giardino e sullo splendido panorama delle Alpi Apuane, in quella villa settecentesca, che sembra uscita da un’opera di Guido Gozzano, o forse da un libro di lettura, con le sue stanze vetuste e ombrose, cariche di ricordi e di vita.
Oggi quel luogo, per volontà della sorella Mariù, scomparsa nel 1953, fedele custode delle opere e della memoria di Giovanni è tutto immutato, come se il tempo si fosse fermato per sempre. Il visitatore che varca il cancello di Casa Pascoli ritrova emozioni, sensazioni, voci, fantasmi, ritrova versi, immagini e rumori perché la casa è più viva che mai e ci restituisce intatte, stanza dopo stanza, le impronte di coloro che l’hanno abitata, amata e protetta. Questi luoghi cantati da Pascoli sono, ancora oggi, impregnati della sua presenza e non soltanto perché le sue liriche li hanno resi immortali, ma perché il poeta ha lasciato in essi qualcosa di sé e anche forse perché qui è tornato a dormire il suo ultimo sonno, nella cappella della casa.
Senza evocare atmosfere gotiche che poco si addicono a questa terra assolata si prova quasi la sensazione di passeggiare sulle orme del poeta, di seguirlo lungo i sentieri della campagna che sembrano tracciati con il gesso, nel giardino della villa dove era accompagnato dal cane Gulì, che riposa in un angolo sotto una colonna, monumento funebre alla fedeltà, sentimento che non appartiene all’uomo. E poi ancora di ascoltare con lui campane consolatorie, forse quelle della vicina chiesetta di San Niccolò. “Don… Don… E mi dicono, Dormi!/mi cantano, Dormi! sussurrano,/Dormi! bisbigliano, Dormi!/là, voci di tenebra azzurra…/Mi sembrano canti di culla,/che fanno ch’io torni com’era…sentivo mia madre… poi nulla…/sul far della sera”.
Barbara Castellaro
Si ringraziano il Comune di Barga e il Custode di Casa Pascoli per la preziosa collaborazione
Di Pier Franco Quaglieni/ Philippe Daverio e’ stato un grande studioso di storia dell’arte. Più contenuto e sobrio dI Sgarbi, non ha mai voluto essere un accademico e basta
E’ stato un grande e brillante divulgatore dell’arte e del patrimonio storico del Paese che seppe difendere con coraggio senza lo snobismo del Fai o di “Italia nostra”; aveva un modo di parlare e di scrivere seducente che colpiva anche gli incolti, virtù molto rara in un uomo di cultura.
Pur provenendo anche lui dal mondo sessantottino si era presto affrancato dagli stilemi ideologici e sociologici che inquinano l’estetica. Presentandolo a Torino all’ Unione Industriale con Giancarlo Bonzo, io parlai di lui come dell’Anti- Argan. Tanto intellettualistico quest’ultimo, tanto limpido e immediato fu Daverio. Fu straordinariamente efficace in televisione, dimostrando una comunicativa che neppure Alberto Angela possiede.
Ma definendolo così, volevo anche mettere in evidenza il suo spirito libero. Fece l’assessore a Milano con la Lega, ma non ci furono mai sbavature di parte nel suo lavoro di critico.
Quella definizione gli piacque e rimase oltre venti minuti a dialogare con me, quasi congelando il tema che avrebbe dovuto trattare e poi affronto’ con ricchezza di argomenti e smagliante vivacità di toni.
I critici d’arte sono spesso criptici ed evanescenti nel linguaggio, Philippe invece amava la chiarezza cartesiana del linguaggio, impastato a volte da illuminazioni volteriane. Con la sua morte l’Italia perde uno dei suoi pochi intellettuali liberi e non conformisti, una merce rara, quasi introvabile. E‘ stato un chierico che non ha tradito. La sua morte a poco più di 70 anni mi commuove e non mi consente di scrivere di più. La sua intelligenza è stata troncata da un male contro cui ha saputo combattere con stoicismo e coraggio.Per dirla con Croce ,la sua vita intera con la sua inesauribile vivacità e’ stata preparazione alla morte che non segnerà certo l’oblio di un impegno non effimero per la cultura e per l’arte mai disgiunte dall’amore per la libertà.
“Umano molto umano” Alla Casa De Rodis di Domodossola, dall’11 luglio al 20 ottobre, in memoria dei volti e delle vite segnati dalla pandemia
Cristallizzato in un intenso scatto del fotografo leccese Andrea Frazzetta, il suo volto, con quegli occhioni increduli aperti sul vuoto e tutto il suo carico d’angosce e ferite tracciate nell’anima e nella carne al termine dell’impari guerra quotidiana, si é guadagnato nell’aprile scorso la copertina del “New York Times Magazine”.
Quello di Monica Falocchi, capoinfermiera della Terapia intensiva agli “Spedali di Brescia” è sicuramente uno dei volti simbolo che hanno segnato la drammatica emergenza sanitaria dei mesi scorsi. A lei è ispirato anche “Ritratto di un ritratto (COVID-19, Brescia)”, olio e smalto su tela realizzato dalla pittrice milanese Barbara Nahmad (docente di Tecniche e Tecnologia della Pittura all’Accademia di Brera e opere in varie collezioni e sedi museali italiane) con cui si apre la mostra “Umano molto umano”, dedicata al tema del “ritratto” ed ospitata fino al 20 ottobre in “Casa De Rodis”, il palazzetto di origine medioevale – un tempo dimora della famiglia De Rodis di antica nobiltà antigoriana – affacciato sulla piazza del Mercato al civico 8, nel centro storico di Domodossola.
Progetto di “Casa Testori” a cura di Giuseppe Frangi, la rassegna nasce su proposta e supporto della locale “Collezione Poscio”, nata dall’“appassionata incompetenza” (ironico titolo del catalogo della Collezione) dell’imprenditore edile Alessandro Poscio, scomparso nel 2013, “complice” la moglie Paola, che nell’arco di cinquant’anni ha saputo mettere insieme un’importante, prestigiosa raccolta di opere (pittura, disegno e scultura) datate fra fine Ottocento e Novecento. Spunto da cui partire, i drammatici mesi segnati dall’epidemia del Coronavirus.
“Mesi durante i quali – sottolineano gli organizzatori – siamo stati tutti profondamente segnati dai volti di coloro che erano in prima linea negli ospedali e nelle terapie intensive. Immagini che ripropongono il senso del fare un ‘ritratto’: che non è semplice restituzione delle sembianze di una persona, ma esplorazione e disvelamento di una condizione umana”. “È una coscienza” che la mostra si propone di riscoprire attraverso la presentazione di 13 grandi ritratti dall’inizio del ‘900 ai giorni nostri, proposti per 13 settimane in sequenza – come un palinsesto teatrale – nella grande vetrina di “Casa De Rodis”. Ogni sabato si assisterà al rito di “apparizione” di un nuovo volto, secondo un preciso calendario: i visitatori e i passanti saranno invitati ad esplorare e ad approfondire il singolo ritratto grazie a un testo su pannello che, oltre ai dati storici, offrirà una lettura in profondità dell’opera.
L’esposizione può dunque definirsi una vera e propria mostra “sulla piazza” con quei 13 ritratti che si affacceranno, naturalmente in riproduzione, dalle finestre dell’antico palazzetto sulla centralissima piazza Mercato di Domodossola. Secondo questo calendario:
11 – 17 luglio: Barbara Nahmad, “Ritratto di un ritratto (COVID-19, Brescia)”
18 – 24 luglio: Ottone Rosai, “Ritratto di Ottavio Fanfani”, 1946
25 – 31 luglio: Beppe Devalle, “Ritratto di Jo”, 2010
1 – 7 agosto: Giovanni Testori, “Ritratto di vecchia”, 1977
8 – 14 agosto: Filippo De Pisis, “Garçon de Boulevards”, 1928
15 – 21 agosto: Carlo Fornara, “Ritratto della sorella Marietta davanti alla chiesa del lazzaretto a Prestinone”, 1896
22 – 28 agosto: Aldo Mondino, “Ritratto”, 1987 (Coll. Privata, Milano)
29 agosto – 4 settembre: Giosetta Fioroni, “Liberty in gabbia”, 1969
5 – 11 settembre: Mario Schifano, “Ritratto di Boccioni”, 1985
12 – 18 settembre: Renato Guttuso, “Ritratto di Mario Alicata”, 1940
19 – 25 settembre: Gianfranco Ferroni, “Autoritratto”, 1946
26 settembre – 2 ottobre: Matteo Fato, “Ritratto di Charles Duke” (Moon1972)2019
3 – 11 ottobre: Umberto Boccioni, “Ritratto della madre”, 1911/12
Per info: tel. 347/7140135 o mostre@collezioneposcio.it
Gianni Milani
Nelle foto
– Barbara Nahmad: “Ritratto di un ritratto (COVID – 19, Brescia)
– Renato Guttuso: “Ritratto di Mario Alicata”, 1940
– Umberto Boccioni: “Ritratto della madre”, 1911-12
– Ottone Rosai: “Ritratto di Ottavio Fanfani”, 1946
– Filippo De Pisis: “Garcon de Boulevards”, 1928
Tutto esaurito alla Grande Invasione
Si chiude con un bilancio positivo l’ottava edizione de La grande invasione, il festival della lettura di Ivrea che da l28 al 30 agosto 2020, finalmente in presenza ,ha registrato il tutto esaurito per ognuno degli eventi in programma.
La trilogia di Contrera è una trilogia sulla saga di Barriera di Milano, scritta da Christian Frascella. Poche le speranze di tornare agli antichi splendori. Bel libro anche l’ultimo, e soprattutto scritto in modo magistrale ed accattivante, come del resto i primi due della serie.


La mostra TRANSMISSIONS people-to-people, allestita al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, sarà prorogata fino al 6 gennaio 2021. Oltre a recuperare i giorni di chiusura dovuti al lockdown e il programma di visite ed appuntamenti per il pubblico già previsto in primavera, il Museo offre l’opportunità di vedere una mostra importante che ha già avuto un consenso e un apprezzamento significativo da parte dei visitatori con la conferma di un livello internazionale di interesse.
Curata da Tiziana Bonomo, l’esposizione presenta 60 fotografie di grande formato (di cui alcune inedite) di Tiziana e Gianni Baldizzone sulla trasmissione del sapere e sulla relazione maestro-allievo. “Siamo contenti di questa proroga – dichiarano i due autori – perché è un segnale che viene da un’istituzione importante come il Museo del Risorgimento di uno spirito di ripresa e di rilancio delle attività culturali che hanno sofferto l’impatto del Covid19”.
Per oltre 7 anni i due fotografi hanno viaggiato in Asia, Africa e Europa (senza dimenticare il Piemonte) per documentare l’universalità dell’atto umano di trasmissione e raccontare le storie di uomini e donne di mestiere che trasmettono tradizioni con spirito di innovazione contribuendo a preservare un patrimonio di diversità culturale. Tra il 2010 e il 2018, i Baldizzone hanno cercato e fotografato più di 200 maestri e allievi, formatori e apprendisti: maîtres d’art francesi, Tesori Umani Viventi del Giappone, artisti, artigiani, creativi celebri o sconosciuti, depositari di oltre quaranta discipline.
Storie che saranno ancora svelate durante i prossimi Incontri con gli Autori, l’appuntamento mensile molto apprezzato dai visitatori della mostra. “Li portiamo sulla scena rendendoli partecipi di cosa è voluto dire essere presenti al momento dello scatto e lavorare per oltre sette anni su uno stesso tema – dichiarano Tiziana e Gianni Baldizzone – La gente si appassiona alle storie personali degli oltre duecento maestri e allievi che abbiamo fotografato e intervistato: non solo quelli che trasmettono la conoscenza in Giappone, in Africa o in India, ma anche realtà torinesi come la gastroenterologia dell’ospedale Mauriziano, che, istituita nel 1913, è la più antica in Italia o la scuola dell’acqua della SMAT”.
Fino al 6 gennaio 2021 sarà inoltre programmato un calendario di incontri su argomenti connessi al tema della trasmissione della conoscenza: passaggio non solo di tecniche, ma soprattutto di saper fare, di saper vivere, di saper essere. Da padre a figlio, da maestro a discepolo, da donna a donna, da bambino a bambino, da Oriente a Occidente.