CULTURA- Pagina 124

Giacomo Puccini a Lucca, le memorie del grande maestro

Eclettico, moderno, geniale, sregolato, affascinante, questi e molti altri aggettivi non potrebbero descrivere in tutte le sue sfumature la personalità e il carattere di uno dei massimi compositori italiani: Giacomo Puccini.

Puccini nasce il 22 dicembre 1858 nella Corte San Lorenzo a Lucca, ultimo di una dinastia di compositori. La sua strada sembra già segnata: da quattro generazioni, infatti, i Puccini sono maestri di cappella del Duomo di Lucca e fino al 1799 i suoi antenati hanno lavorato per la prestigiosa Cappella Palatina del Duomo di Lucca.

 

Tuttavia, la morte prematura del padre, nel 1864 mette in ristrettezze economiche la famiglia e Puccini può iscriversi al Conservatorio di Milano soltanto grazie a una borsa di studio.Il legame con la casa natale sarà sempre molto forte per il compositore che, erede della proprietà insieme al fratello Michele, sarà costretto a venderla nel settembre 1889, a causa delle ristrettezze economiche, al cognato, ponendo tuttavia una clausola del riscatto che avrebbe consentito loro di ricomprarla.Più volte nelle sue lettere al fratello emigrato in America Giacomo rievoca il pensiero della casa natale, della casa della sua infanzia, ricordandogli di pensare “al riscatto della povera nostra casa a Lucca”. Tuttavia, sarà il compositore stesso a riuscire nell’impresa di ricomprarla nel 1894 grazie al successo di “Manon Lescaut” nel 1893.

 

La corrispondenza con il cognato negli anni precedenti al riscatto è caratterizzata da continui riferimenti alla casa e al desiderio di ritornarne proprietario, segno del legame forte con quei luoghi che erano stati testimoni dell’infanzia e dell’adolescenza del maestro.“Io tengo ai 4 muri screpolati, ai travistravati, anche alle macerie della mia casa e ti prego di non insistere oltre per ciò perché mi faresti dispiacere. Riscatterò la mia casa, di questo puoi star certo […] amo dove nacquero i miei e per tutto l’oro del mondo non recederei dal disfarmi del tetto paterno” scriveva Puccini. La casa natale, anche dopo il riscatto, continua tuttavia a essere affittata, nonostante Puccini si interessi regolarmente, con continui riferimenti nelle sue lettere, alla sua manutenzione. Puccini, nella sua vita, coltiva, grazie ai proventi derivanti dai diritti d’autore delle sue opere, due grandi passioni: le automobili e le case. Nel 1919 acquista la Torre della Tagliata, un’abitazione di origine etrusca nella Maremma, proprio vicino al mare. Successivamente se ne libera e inizia a farsi costruire una villa a Viareggio, villa che avrebbe dovuto sostituire quella di Torre del Lago e nella quale lavora alla realizzazione di Turandot.

 

Tra le mura delle sue abitazioni le note si trasformano in composizioni, animano le parole dei libretti e danno vita ai grandi personaggi delle opere che ancora oggi sono tra le più rappresentate al mondo: Manon e le sue colpe, Mimì tra rossori e consunzione, Tosca e le sue gelosie, Madama Butterfly tra coraggio e sacrificio, Minnie e l’azzardo per amore, Turandot e la sua spietata crudeltà. La storia dell’eredità del Maestro sembra uscita da un melodramma, quasi le ombre della sua vita avventurosa e sregolata si fossero allungate anche sui suoi eredi, sui suoi beni. Alla morte di Puccini il figlio Antonio eredita, insieme alle altre proprietà, anche la casa di Lucca e, dopo la sua morte l’edificio passa a sua moglie Rita Dell’Anna che, nel 1974, a coronamento di una serie di iniziative del Comune di Lucca, principalmente della costituzione della Fondazione Giacomo Puccini del 1973, la dona alla città perché venga trasformata in museo accessibile a tutti. Il Museo, allestito grazie alle donazioni di cimeli da parte della vedova di Antonio Puccini e di suo fratello Livio, viene inaugurato il 28 ottobre 1979. Nel 2004 il Museo viene chiuso per procedere a lavori di restauro complessivo e di nuovo allestimento, progetto bloccato da una sentenza del 2006 che assegna l’immobile e le sue collezioni a Simonetta Puccini, figlia naturale di Antonio.

 

Solo alla fine del 2010 la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca acquista la casa natale del compositore e delibera di affidare il Museo alla Fondazione Giacomo Puccini e di finanziare i lavori di ristrutturazione e allestimento interrotti. Il 13 settembre 2011 il Museo natale Casa Puccini riapre al pubblico, rendendo accessibili molti oggetti appartenuti al compositore. L’oggetto simbolo della casa del compositore è sicuramente il pianoforte Steinway&Sons, acquistato da Puccini nella primavera del 1901, il più importante dei suoi strumenti. Si devono a questo pianoforte le note immortali del “Nessun Dorma” e più in generale di tutta la “Turandot”, l’ultima opera del maestro lucchese, l’incompiuta. Le altre stanze ospitano mobili, cimeli, lettere, partiture, statuine, ritratti. Tutto è conservato con cura, amore e dedizione, tutto evoca la vita e le opere di un compositore molto amato in tutto il mondo per la sua straordinaria modernità e per l’incredibile passione che ogni nota continua a evocare.

Barbara Castellaro

Lo sguardo “a colori” di Robert Capa sul mondo delle guerre e del divertimento ritrovato

Nelle Sale Chiablese, fino al 31 gennaio   150 immagini – in un allestimento che lascia ogni respiro ad una perfetta visione e che nei supporti esplicativi non sbrodola testi troppo ingombranti ma va dritto all’attenzione -, è come sfogliare un libro che mai ti è capitato di avere tra le mani, praticamente del tutto nuovo, inconsueto, suggestivo.

Finora avevano avuto facile memoria il vecchio siciliano pronto a indicare al soldato italoamericano accovacciato la direzione presa dal nemico tedesco (era l’agosto del ’44, ci viene tramandato persino il nome del soggetto locale, Francesco Coltiletti detto “massaru Ciccu”), o Pablo Picasso, con la sua corona di capelli bianchi, sulla spiaggia assolata, costretto servizievole a ombreggiare con un grande ombrellone la compagna Françoise Gilot, mentre un giovanotto muscoloso e sorridente occhieggiava in secondo piano o il miliziano della guerra spagnola del ’36 (immagine controversa: immediata realtà o troppo perfetta, falsa ricostruzione?) colpito a morte. Immagini in bianco e nero, rigorosamente (c’insegna una pubblicità), un attimo catturato e tramandato alla Storia.

Oggi, un altro sguardo, di una nuova “poetica” parla Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali. Fino al 31 gennaio prossimo, nelle Sale Chiablese, la mostra Capa in color ci regala l’altra strada intrapresa da Robert Capa – il suo vero nome Endre Ernó Friedmann, origini ungheresi, costretto ventenne, nel ’33, a fuggire a Parigi con l’avvento di Hitler -, quella che tra il ’41 (Hemingway ripreso nella sua casa di Sun Valley) e il 1954, anno della morte (gli ultimi scatti, durante la guerra in Indocina), gli fa amare il colore e la necessità di portarsi dietro due fotocamere, una per le pellicole in bianco e nero e una per quelle a colori, usando una combinazione di 35 millimetri e 4×5 Kodachrome, e le pellicole Ektachrome di medio formato. Credeva nei nuovi mezzi, spingeva le riviste francesi, statunitensi e inglesi a cui collaborava a mettere nei preventivi un buon carico di rullini e a dare sempre maggior spazio alle immagini a colori (sapeva anche farsi debitamente i conti in tasca, erano certo meglio pagate). Magari con qualche esempio già alcuni anni prima. Trovandosi in Cina per testimoniare il conflitto sino-giapponese, scriveva il 27 luglio 1938 ad un amico della agenzia di New York: “Spediscimi immediatamente 12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli, filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho un’idea per Life”. Fu esaudito ma dell’arrivo di quel materiale ci rimangono soltanto quattro immagini.

Nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale della fotografia di New York, l’esposizione è prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali e allinea – non trascurando riviste stampate nei decenni interessati, lettere in cui il grande fotoreporter trasmette fatti e descrizioni e sensazioni, presentazioni inserite in volumi, battute a macchina e corrette di proprio pugno, telegrammi -, per capitoli, l’intero percorso di una vita folle e avventurosa, vissuta al centro dei campi di battaglia e sui mari (“Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete andati abbastanza vicini”, il suo insegnamento pieno di fierezza), ma anche e sempre curiosa dei luoghi e degli amici, della tranquillità e delle distese innevate della montagne (gli sciatori di fronte al Cervino, i reali d’Olanda con cui stringe amicizia in bella posa), della voglia di divertimento che sempre più accampava i propri diritti nel periodo postbellico, delle feste romane in un clima pre-dolcevita e delle sfilate di moda da Schubert (alcuni anni dopo, in un clima sempre di spensieratezza, troverà le sue mannequin in place Vendôme o sul lungosenna), dei pezzi di vita nuova che chiedevano di ricostruirsi e di affermarsi, dei volti famosi (quando riuscì ad incrociare Hollywood e il suo mondo, eccolo correre di gran fretta sul set di Notorius per omaggiare forse Hitchcock e per iniziare una breve quanto intensa storia d’amore con Ingrid Bergman; quando scese tra le risaie del Vercellese, sul set di mitico Riso amaro, probabilmente l’intreccio della vicenda e il lavoro di De Santis poco lo interessarono ma il viso e le forme di Doris Dowling lo colpirono parecchio). Quindi sfilano l’immagine di un membro dell’equipaggio del commodoro Magee che manda segnali, i soldati americani che ispezionano un carrarmato tedesco o si ricoprono di una bandiera con svastica che hanno catturato; il volto di Trockij e quasi l’udibile voce stessa su di un palco di Copenhagen ed il conflitto arabo-israeliano, tra la lotta e le prime costruzioni a formare i nuovi kibbutz, tra il ’49 ed il ‘50; il viaggio nel 1947 a Mosca in compagnia di John Steinbeck e le code sulla Piazza Rossa negli anni a venire, a visitare la tomba di Lenin, con i visi degli uomini, delle madri con i figli, riverenti e muti, Picasso che gioca con il figlio, perfetto nonno ed incredibile padre; l’allegria all’aria aperta di Hemingway in compagnia della terza moglie, Martha Gellhorn, e dei due figli, la bellezza di certe facce, le fasce rosse legate attorno alla fronte, in un primo maggio descritto tra le strade del Giappone. Ancora i set cinematografici che lo incuriosiscono e lo eccitano, Ava Gardner che balla durante le riprese della Contessa scalza, una Anna Magnani carica di vitalità, John Huston intento a raccontare tra Parigi e gli studi di Londra la vita di Toulouse-Lautrec in Moulin Rouge, l’amico Humphrey Bogart (con cui nel ’52 andrà nella capitale inglese per riprendere l’incoronazione di Elisabetta) e Peter Lorre, ombroso e ingessato viveur l’uno, elegante damerino l’altro, entrambi alle prese con Il tesoro dell’Africa (possibile che nell’occasione la nostra Lollo non l’abbia almeno fotograficamente punzecchiato?), Ingrid Bergman che ascolta le indicazioni di Roberto Rossellini prima che si giri una scena di Viaggio in Italia nel ’53. Sono gli ultimi sprazzi di questo suo mondo che non vuole più dolori, combattimenti e morti, i divertimenti di Bayonne e di Deauville stanno lì a testimoniare. Ma anche per questa vena di divertimento l’interesse s’affievolisce, o addirittura si spegne del tutto: e Capa chiede di essere mandato dove ancora una volta possa respirare i venti della guerra. Invitato dalla Mainichi Press, si trova in Giappone quando riceve da Life la proposta di sostituire il fotografo della rivista in Indocina dove infuria il conflitto franco-vietnamita. Raggiunge Luang Prabang, fotografa i soldati feriti e le zone di guerra e la vita che continua a scorrere ad Hanoi e nelle altre città. Accompagna un convoglio francese lungo il delta del Fiume Rosso: mentre il convoglio è costretto a fermarsi per il fuoco nemico, Capa scende dalla jeep su cui viaggiava per fotografare un campo di riso a lato della strada. Mette il piede su una mina antiuomo e resta ucciso. Era il 25 maggio del 1954. Quella sconosciuta località aveva un nome forse grazioso, Tay Ninh. Capa aveva da pochi mesi compiuto quarant’anni. Era stato il più grande fotoreporter di guerra.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini:

 

Robert Capa fotografato da Gerda Taro

Un membro dell’equipaggio segnala ad un’altra nave di un convoglio alleato che attraversa l’Atlantico, 1942

Humphrey Bogart e Peter Lorre sul set del “Tesoro dell’Africa”, aprile 1953

Capucine, modella e attrice francese, al balcone, Roma, agosto 1951

 

Credits immagini Robert Capa International Center of Photography Magnum Photos

Leo accademico d’onore dell’Albertina

Ieri si è tenuta la cerimonia per il conferimento del titolo di Accademico d’onore dell’Accademia Albertina a Giampiero Leo. Pubblichiamo di seguito la “laudatio”  pronunciata dal Direttore dell’Accademia Albertina Prof. Edoardo Di Mauro

Con il titolo di Accademico d’Onore l’Accademia Albertina conferisce un riconoscimento a chi ha dimostrato interesse per le problematiche dell’istruzione artistica ed ha speso la sua esistenza, in vari modi e maniere, a sostegno dell’arte e della cultura, ed in difesa dei valori sociali e dei diritti civili.

Caratteristiche che sembrano calzate apposta per una personalità come quella di Giampiero Leo.

Ho conosciuto Giampiero Leo nel 1985 quando, giovane operatore culturale interessato all’arte contemporanea ed alla nuova creatività giovanile, cercavo spazio e sostegno per le mie iniziative, piuttosto innovative per l’epoca e non sempre comprese, anche da chi avrebbe dovuto farlo.
Trovai in Giampiero, da poco diventato Assessore alla Gioventù , primo in Italia, un interlocutore attento e partecipe, al punto che l’avvio della mia carriera deve molto alla sua lungimiranza, fatto questo che condivido con molti colleghi perché Leo, allora come adesso nel corso di questi trentacinque anni, è stato un punto di riferimento insostituibile per tutti coloro che nella cultura credono e per la cultura vivono.


La sua carriera inizia prima, nella natia Catanzaro, dove consegue il diploma di Liceo Scientifico con il massimo dei voti ed inizia il suo impegno politico.
La natura controcorrente di Leo si manifesta fin da allora, perché applica una pratica di impegno politico militante non schierandosi con la sinistra, come era da prassi in quei tempi, anche se dialogherà costantemente ed in maniera costruttiva con quest’ultima, ma iscrivendosi al movimento giovanile della Democrazia Cristiana, occupandosi come sua consuetudine di cultura, istruzione e diritti umani.

Trasferitosi a Torino, dove conseguirà la laurea in Giurisprudenza, Leo vive la dimensione del cattolicesimo sociale tramite una militanza attiva nel movimento studentesco, convinto che quei valori incarnino pienamente l’ansia di rinnovamento e giustizia sociale che animano con grande generosità la gioventù di allora, diventando capolista dell’aggregazione universitaria degli studenti cattolici ed aderendo a Comunione e Liberazione, subendo per il suo impegno varie peripezie, in anni animati da una grande carica ideale, ma anche attraversati da tensioni e violenze.
Il percorso di Giampiero Leo dal 1985 in avanti è cosa nota a tutti gli operatori culturali, che non hanno mai smesso di seguirlo, trovando in lui un amico sempre pronto a comprendere ed a sostenere le ragioni di chi opera in questo settore.

Eletto in Regione nel 1990, ricopre subito il ruolo di Presidente della Commissione Cultura, per poi diventare Assessore in varie Giunte, dal 1994 al 2005.In quegli anni concorre alla realizzazione di innumerevoli iniziative, tra cui si ricorda il restauro della Sacra di San Michele, la realizzazione dell’Università di Pollenzo e del Museo Nazionale del Cinema, la nascita della Film Commission ed il recupero di molti beni architettonici, fino allo straordinario intervento di restauro e valorizzazione della Reggia di Venaria.
Più volte sollecitato a candidarsi al Parlamento ed a ricoprire importanti incarichi nazionali, ha sempre declinato l’invito preferendo occuparsi della sua Città e della sua Regione, fatto che gli fa indubbiamente onore.

In questi ultimi anni Giampiero Leo si è occupato di diritti civili e tolleranza religiosa, giocando sempre un ruolo attivo nello scenario cittadino e nazionale.
Dal 24 ottobre 2017 è consigliere di indirizzo della Fondazione CRT. Le fondazioni bancarie giocano un ruolo fondamentale, in un’epoca di scarse risorse, per la sopravvivenza di molte realtà culturali e Leo è attento coadiuvatore del Presidente Giovanni Quaglia nell’opera di sostegno ai progetti delle Associazioni Culturali.
Quella di Giampiero Leo è stata, e continuerà ad essere, una vita spesa a sostegno della cultura e del sociale.
L’Accademia Albertina è fiera di conferirgli, per questi motivi, il titolo di Accademico d’Onore.

Il Direttore dell’Accademia Albertina
Prof. Edoardo Di Mauro

Il Premio Pannunzio alla Presidente del Senato Alberti Casellati

La Presidente del Centro “Pannunzio”, Chiara Soldati, ha conferito il Premio “Pannunzio” 2020 alla Senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica Italiana, prima donna a ricoprire tale incarico nella storia della Repubblica.

La Presidente Casellati è avvocato ed è stata per due volte sottosegretario di Stato e componente del Consiglio Superiore della Magistratura. E’ il terzo Presidente del Senato insignito del Premio “Pannunzio” dopo Giovanni Spadolini e Marcello Pera.

La Presidente ha aperto l’anno scorso, l’11 ottobre 2019, il 52° Anno Accademico del Centro “Pannunzio” con una lectio magistralis sul tema “Donne e politica” nell’Aula Magna del Rettoraro dell’Università di Torino.

E’ tempo di “CuneiForme”

Da Racconigi a Bra, da Fossano a Cavallermaggiore Nuova rassegna culturale in Granda a firma di “Progetto Cantoregi”

Dal 26 settembre al 27 novembre Racconigi (Cuneo)

Dalle attrici Lella Costa ed Eliana Cantone insieme a Saverio La Ruina, agli storici Giovanni De Luna e Aldo Agosti, dal meteorologo Luca   Mercalli alla Compagnia di danza “Abbondanza Bertoni” fino all’alpinista che ha scalato tutti i quattordici Ottomila del pianeta, senza ossigeno né portatori d’alta quota, Nives Meroi: tra letteratura, teatro, danza, musica e sport atterra in Granda, da sabato 26 settembre e fino a venerdì 27 novembre, la prima edizione di “CuneiForme”. L’evento che si presenta all’insegna della “pluralità” – più discipline e linguaggi artistici contemplati, più luoghi attraversati, più varietà nella scelta degli ospiti, più tematiche su cui riflettere e varianti di anno in anno, nonché più soggetti pubblici e privati coinvolti – è ideato ed organizzato dalla Compagnia Teatrale “Progetto Cantoregi” e idealmente intende impugnare il testimone del Festival “La Fabbrica delle idee” che la stessa Compagnia (guidata da Marco Pautasso) ebbe a realizzare fino al 2017 nell’ex Ospedale Psichiatrico di Racconigi. “Il nome scelto, ‘CuneiForme’, ospita in sé diverse suggestioni – tengono a precisare gli organizzatori- perché richiama il territorio del Cuneese, ma anche le forme espressive delle diverse discipline artistiche, rimanda inoltre a uno strumento incisivo come il cuneo (perché incisiva intende essere la rassegna) e a una scrittura, quella cuneiforme, usata dai Sumeri e dagli Assiro-Babilonesi, innovativa per quei tempi, così come innovativo intende essere il nuovo progetto culturale”. Innovativo e itinerante. In giro per la terra di Langa. Il palcoscenico dell’iniziativa vedrà infatti coinvolte tante piazze del cuneese, con Racconigi (e con la Soms, sede di “Progetto Cantoregi”, come quartier generale), ma anche, per questa prima edizione, con il coinvolgimento delle Città di Bra, Cavallermaggiore e Fossano. Al centro del programma e fil rouge dei molti eventi, sarà un tema di stretta attualità. E diverso ad ogni edizione. Tema di quest’anno: “Re(L)azioni”, giocando sul doppio lemma “relazioni” e “reazioni”. “Il mondo in cui viviamo – dicono ancora i responsabili – è, infatti, continuamente plasmato da relazioni e reazioni sul piano sociale. Oggi, per giunta, largamente rivoluzionate a seguito della crisi sanitaria che attraversiamo e che ha dettato nuove regole per l’espressione degli affetti. Molti legami si sono stretti, in modo imprevisto, altri sono svaniti. Si indagherà quindi a tutto campo sul mondo relazionale: dai rapporti famigliari a quelli amorosi, da quelli con il diverso a quelli di amicizia (virtuale o digitale), dalle relazioni e dagli scambi tra comunità, paesi e civiltà, al rapporto tra il singolo e la natura e l’ambiente, dal rapporto con le passioni, la morte, la sessualità e la vecchiaia, fino alla relazione con se stessi”. Sette gli appuntamenti con ospiti e spettacoli di grande interesse e programmati per circa due mesi, secondo questo calendario:

  • Sabato 26 settembre, ore 21, Soms di Racconigi: l’attrice Eliana Cantone, de “Il Mutamento Zona Castalia, porta in scena “Favola di un’altra giovinezza”
  • Venerdì 2 0ttobre, ore 21, Soms di Racconigi: gli storici Giovanni De Luna e Aldo Agosti indagheranno sulla passione per il calcio e la propria squadra, l’unica relazione che dura una vita
  • Mercoledì 30 settembre, ore 21, Soms di Racconigi: l’attore Saverio La Ruina si esibisce in “Mario e Saleh”
  • Sabato 3 ottobre, ore 21, Cinema-Teatro “I Portici” di Fossano: l’attrice e scrittrice Lella Costa in “Questioni di cuore”
  • Mercoledì 4 novembre, orario da definire, Teatro “Politeama” di Bra: il meteorologo Luca Mercalli parlerà della nostra relazione con ambiente e clima, com’era e come sarà dopo la pandemia
  • Novembre, giorno e ora da definire, Soms di Racconigi: la Compagnia di danza “Abbondanza Bertoni” in “La morte e la fanciulla”
  • Venerdì 27 novembre, orario da definire, Teatro “San Giorgio”, Cavallermaggiore: l’alpinista Nives Meroi metterà a nudo il rapporto dell’uomo con la montagna e con la natura estrema.

Gli appuntamenti con gli autori sono a ingresso gratuito. Prenotazione consigliata 335.8482321 –– info@progettocantoregi.it

Gli spettacoli sono a ingresso a pagamento. Info: 335.8482321338.3157459 – www.progettocantoregi.it – info@progettocantoregi.it Fb ProgettoCantoregi – Tw @cantoregi – IG progettocantoregi

g.m.

 

Nelle foto

– Lella Costa
– Giovanni De Luna
– Eliana Cantone
– “Abbondanza Bertoni”
– Nives Meroi

 I Musei Reali festeggiano le Giornate Europee del Patrimonio Sabato sera ingresso a 1 Euro

Un ricco calendario di iniziative, laboratori e performance dal vivo

 

Sabato 26 e domenica 27 settembre i Musei Reali celebrano le Giornate Europee del Patrimonio con visite, incontri, laboratori e un’apertura serale straordinaria. “Imparare per la vita” è il tema proposto dal Consiglio d’Europa e rilanciato dal MiBACT per questa edizione della manifestazione internazionale, che ogni anno coinvolge in tutta Italia i luoghi della cultura e i musei statali: un richiamo ai benefici che derivano dall’esperienza culturale e dalla trasmissione della conoscenza nella società contemporanea.

 

Sabato 26 settembre

 

Il ruolo educativo dell’arte e l’alleanza tra scuola e museo sono i temi centrali dei due appuntamenti che i Musei Reali dedicano nella giornata di sabato ai progetti didattici condotti nella primavera 2020.

Dalle 10 alle 12, è previsto l’Incontro conclusivo del progetto “Quante storie in Galleria!”, con gli alunni della scuola primaria Rignon di Torino pronti a narrare le storie che ruotano attorno a due capolavori della Galleria Sabauda.

Dalle 15 alle 16, webinar online “Qui si fa arte! scopro, gioco, creo, imparo”, per raccontare il progetto che ha visto i Musei Reali collaborare con la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e la casa editrice Pearson Italia nell’ambito del programma Riconnessioni, con il coinvolgimento dell’Istituto IC Pertini di Torino. Protagonisti i bambini e le nuove tecnologie, in un’esperienza che permette di imparare l’arte attraverso il digitale e giocare con le opere della Galleria Sabauda mettendo in campo creatività e ingegno, con un approccio innovativo e inclusivo. Partecipazione gratuita iscrivendosi al link: https://attendee.gotowebinar.com/register/8829839642752113424.

 

La giornata di sabato 26 settembre è anche l’occasione per visitare la Biblioteca Reale e scoprirne il prestigio. Dalle 14 alle 18 il pubblico, guidato da alcuni esperti, potrà ammirare gli affreschi della volta del Salone Monumentale. Un’opera di straordinaria bellezza progettata per il re Carlo Alberto dall’artista di corte Pelagio Palagi, dipinta a monocromo con immagini che celebrano i diversi campi del sapere e i grandi protagonisti delle scienze e delle arti. Ingresso gratuito su prenotazione obbligatoria con almeno 24 ore di anticipo all’indirizzo: mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it, e compilando il modulo presente alla pagina: https://www.museireali.beniculturali.it/scheda-di-registrazione-anagrafica-biblioteca-reale/.

 

Sabato sera, dalle 19.30 alle 22.30, l’apertura straordinaria con ingresso a 1 Euro offre la possibilità di riscoprire le architetture, gli ambienti, le collezioni dei Musei Reali e passeggiare nel Giardino Ducale, recentemente rinnovato e impreziosito da una scenografica illuminazione serale.

 

Laboratori

 

Sabato 26 settembre alle ore 14.30, il laboratorio “Dietro lo scavo, dentro il Museo” invita a immedesimarsi nel ruolo dell’archeologo e a collaborare con i professionisti dei Musei Reali. I partecipanti ripercorreranno tutte le attività che precedono gli studi ricostruttivi e l’esposizione dei reperti, al termine dello scavo: il lavaggio, la suddivisione dei materiali e la documentazione. Costo: 5 Euro adulti, 2 Euro 18-25 anni, gratuito 9-18 anni. Partecipazione fino a esaurimento dei posti disponibili (massimo 10 persone) con prenotazione obbligatoria al numero +39.011.19560449 (dal lunedì al venerdì: ore 9.00-13.00) e via mail info.torino@coopculture.it. Consigliato abbigliamento sportivo e calzature chiuse. L’attività prevede contatto con l’acqua.

 

Attività nei Giardini Reali

 

Sabato 26 settembre

 

Alle ore 9.30, in una cornice del tutto eccezionale come quella dei Giardini Reali, sarà possibile praticare yoga con una lezione all’aria aperta, della durata di un’ora. Un’occasione unica per riscoprire sé stessi, riconnettendosi con la terra e l’ambiente circostante. L’attività si terrà ogni sabato di settembre al costo di 15 Euro. Per prenotazioni e informazioni, 011.19560449 o info.torino@coopculture.it. In caso di maltempo, l’attività si svolgerà al secondo piano di Palazzo Reale.

 

Domenica 27 settembre

 

Dalle 10 alle 13, i Musei Reali propongono la visita “Dai Giardini ai Musei: incontri con curatori ed esperti tra storia, arte e natura”. Un interessante percorso, un’insolita chiave di lettura, attraverso il quale scoprire la stretta relazione tra gli elementi naturali dei Giardini e le opere d’arte custodite all’interno delle sale museali. Attività gratuita.

 

Dalle 14.30 alle 17.30, le famiglie sono invitate a partecipare all’attività “Tessendo i colori del re”, ispirata ai tessuti preziosi che rivestono le pareti e i mobili negli appartamenti reali: un laboratorio all’aria aperta in cui sbizzarrirsi con la fantasia, dove adulti e bambini verranno guidati da una restauratrice nella realizzazione di piccolo arazzo. Attività gratuita adatta a bambini dai 6 anni di età. Partecipazione fino a esaurimento dei posti disponibili (massimo 12 persone) con prenotazione obbligatoria al numero +39.011.19560449 (dal lunedì al venerdì: ore 9.00-13.00) e via mail info.torino@coopculture.it.

Dalle ore 14 alle ore 19, in collaborazione con le associazioni culturali Speculum Historiae, TerraTaurina, Okelum e Le vie del tempo, i Musei Reali propongono l’attività “Dai druidi al Grand Tour. Esperienze per imparare a vivere”. Il pubblico è invitato a riscoprire il ruolo che la formazione ha avuto nel tempo. Un viaggio nel mondo dell’istruzione attraverso canti e storie della tradizione orale, un excursus tra le figure dell’apprendista e l’insegnante, il pedagogo, il maestro artigiano o il mastro d’arme.

 

Sia sabato 26 sia domenica 27 settembre, in orario di apertura ordinaria, valgono le consuete tariffe d’ingresso. In caso di maltempo, le attività previste in giardino si svolgeranno in spazi alternativi, all’interno dei Musei Reali.

 

Domenica 27 settembre, inoltre, dalle 16.30 alle 18.30, nella Corte d’Onore di Palazzo Reale si terrà il concerto benefico a favore del service LIONS “Bambini Nuovi Poveri”. L’esibizione, promossa dal Lions Club International Distretto 108-la1, con il patrocinio della Città di Torino, vede la partecipazione dell’Orchestra Giovanile di fiati InCrescenDo e della Banda musicale del Corpo di Polizia Municipale della Città di Torino. Prenotazione obbligatoria all’indirizzo: lionsbambininuovipoveri@gmail.com o telefonando al numero: 3923673237.

 

Visite speciali

 

Sabato 26 e domenica 27 settembre alle ore 15 l’itinerario “Benvenuto a Palazzo!” è visitabile con le guide di CoopCulture, alla scoperta delle sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale, con l’Armeria e la Galleria della Sindone, per scorgere il restauro “a vista” dell’altare della Cappella. Il percorso, della durata di circa un’ora, è visitabile in gruppi composti al massimo da 8 persone ciascuno, al costo di 7 euro oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali. Per una visita individuale, è possibile scaricare MRT, l’app ufficiale dei Musei Reali, comprendente l’audioguida completa con oltre 35 ascolti oppure acquistare al Museum Shop la nuova guida a stampa I Musei Reali di Torino pubblicata da Allemandi Editore e realizzata in collaborazione con CoopCulture.

 

Sabato 26 settembre il percorso prosegue nelle Cucine Reali al piano interrato di Palazzo Reale e nell’Appartamento della Regina Elena, al piano terreno, ogni ora dalle 10 alle 17. Le visite, della durata di un’ora, sono condotte dai volontari dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale”. Il biglietto è acquistabile in cassa il giorno stesso al costo di 7 euro.

 

Le attività del Caffè Reale

 

All’interno della suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale, è possibile rigenerarsi con una pausa al Caffè Reale Torino, ospitato in una cornice unica ed elegante, impreziosita da suppellettili in porcellana e argento provenienti dalle collezioni sabaude. Sabato 26 settembre, in occasione dell’apertura straordinaria serale, sarà possibile gustare un aperitivo o una cena accompagnati da un sottofondo musicale. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537.

 

TOward2030. What are you doing?

 

Fino al 17 gennaio il pubblico potrà visitare l’esposizione dedicata al progetto TOward2030. What are you doing? Ideato da Lavazza e dalla Città di Torino per diffondere la cultura della sostenibilità attraverso il linguaggio della street art, il progetto ha previsto la realizzazione di 18 opere murali ispirate ai Sustainable Development Goals elaborati dall’ONU, 17 obiettivi di sviluppo sostenibile più il Goal Zero, pensato da Lavazza per divulgare gli obiettivi stessi. La mostra, curata da Roberto Mastroianni e Filippo Masino, presenta nello Spazio Confronti della Galleria Sabauda fotografie e filmati degli artisti al lavoro, mentre nel Boschetto dei Giardini Reali sono riproposti gli scatti delle 18 opere d’arte urbana presenti a Torino, oltre ai lavori di alcuni artisti dei collettivi Il Cerchio e le Gocce, Monkeys Evolution e Truly Design, realizzati durante il live painting inaugurale con il coordinamento di MurArte Torino.

 

Le iniziative TOward2030. What are you doing e Cinema a Palazzo sono inserite nel programma “Torino a Cielo Aperto” (torinoacieloaperto.it).

 

 

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MUSEI REALI TORINO
museireali.beniculturali.it

Torino Spiritualità, la prima grande Kermesse culturale a Torino dopo il Lockdown

Fra laudi medievali e suonatori sufi senegalesi torna la celebre rassegna

Si potranno ascoltare affascinanti laudi medievali accoppiate a melodie dell’islam sufico senegalese nel cortile di Combo, oppure il filosofo Mancuso parlare del respiro del creato, uomini e piante , o ancora il teologo MACIEJ BIELAWSKI, illustrare le molte tradizioni spirituali, antiche e odierne, che praticano vie di meditazione e preghiera, infine all’alba di domenica 27 settembre risvegliarsi nei Giardini Sambuy con le “ Melodie per l’alba” di MARCO LIENHARD: Torna Torino spiritualità , dal 24 al 27 settembre .

E’ anche questo un segnale che la vita culturale riprende il suo corso dopo la lunga clausura e post clausura: E’ la prima grande kermesse torinese di cultura , mentre ancora non si sa quando si potrà fare e come il Salone del libro: la casa madre è la stessa , Il circolo dei lettori.
Tema di quest’anno di Torino spiritualità: il respiro, in senso materiale e spirituale. Tema quanto mai attuale in tempi di Covid 19.
Una edizione comunque ricca di appuntamenti, anche se con le dovute limitazioni. Ne segnaliamo alcuni.
Apre il festival spirituale , giovedì 24 settembre alle 18.30, in Piazza Carlo Alberto, il già citato incontro con VITO MANCUSO, teologo e ALESSANDRA VIOLA, divulgatrice scientifica, dal ttolo “Di uomini e di piante. Il respiro dei viventi.”

Molto interessante e suggestiva la serata del 25 settembre nell’arena di Combo, il moderno ostello- ristorante che sorge dove un tempo c’era la caserma dei Vigili del Fuoco a Porta Palazzo. Alle 21 risuoneranno le belle note di laudi medievali cristiane e di melodie dell’Islam sufico senegalese: a esibirsi il Coro dell’Abbazia della Novalesa ,accompagnato dai Musici vagantes, e i di sufi senegalesi della confraternita Qadiriyya. Una serata in collaborazione con il Centro Federico Peirone ,che cura appunto lo studio e le relazioni cristiano-islamiche per la diocesi di Torino.
Nel ricco programma di sabato 26 settembre Sabato 26 settembre segnaliamo alle 11.00 al Museo Nazionale del Risorgimento, Aula della Camera RESPIRARE IL NOME DI DIO con MACIEJ BIELAWSKI, teologo he parla delle molte tradizioni spirituali, antiche e odierne, che praticano vie di meditazione e preghiera in cui il pensiero si unisce alla disciplina del respiro, in cerca di pace e contemplazione.

Domenica 27 settembre si chiude con una serie di incontri fra i quali il citato incontro all’alba , alle 6,30, ai giardini Sambuy con la musica dello shakuhachi , il tradizionale flauto verticale giapponese in bambù, strumento suonato dall’artista svizzero Marco Lienhard , che è un vero virtuoso dello strumento. Ascoltare il soffio che si fa suono mentre sopraggiunge l’alba è esperienza di delicata bellezza.

IL ricchissimo programma è consultabile sul sito di Torino Spiritualità https://torinospiritualita.org/
L’accesso alle location di spettacolo è consentito solamente alle persone provviste di mascherina. All’ingresso viene misurata la temperatura ed è necessario presentare il modulo di autocertificazione scarucabile dal sito. Per ogni appuntamento gratuito dell’edizione 2020 è obbligatorio prenotare il posto presso la biglietteria del Circolo dei lettori o telefonando al 366 2107136  o scrivendo alla prenotazioni@torinospiritualita.org , entro 24 ore dall’inizio dell’evento. Per gli appuntamenti a pagamento acquisti online su torinospiritualita.org , o telefonici: call center Vivaticket. Si possono acquistare i biglietti anche alla biglietteria del Circolo del lettori in via Bogino 9

Poetrification_urbanismo _inverso Ne parliamo con Davide Galipò

Nel luogo in cui il capitalismo ha mostrato il crudo volto della sua impotenza, nascevano diamanti nelle bocche degli artisti. Idea, potente poesia, sovversiva e coinvolgente, se questa terra fosse fatta di solo cibo, nemmeno l’ape consumerebbe la pulsione del fiore.

Bellezza, giovane virtù, antico tratto di ciglia, nella potenza che lacera il seme, qualcuno ha reso tangibile la realtà irrazionale dei poeti. L’ultimo week end che questo settembre ha strappato all’estate è stato il preludio di un evento nuovo, che ha avuto la volontà di riconnettersi a un tessuto uscito disgregato dopo il lockdown: Poetrification_urbanismo_inverso, il festival di poesia contemporanea e street art, organizzato e gestito da Neutopia – la rivista del possibile -, festival che dal 2019 esprime la sua arte nel quartiere di Barriera di Milano.

Di seguito l’intervista a Davide Galipò, fondatore di Neutopia magazine, con cui ha vinto il bando Casa Bottega per la gestione di un nuovo circolo culturale, La scimmia in tasca. È uno spazio aperto ai soci di Neutopia e a tutte le realtà no profit che vorranno attraversarlo; un coworking che proporrà laboratori, attività e iniziative rivolte al quartiere, dal teatro all’artigianato alla pedagogia; un centro dedicato alla ricerca della poesia contemporanea, che ospiterà mostre, esposizioni, spettacoli, luogo di incubazione per il festival Poetrification_urbanismo inverso.

Cos’è Neutopia e come nasce?
Neutopia è una piattaforma nata a Milano nel settembre 2016, con la volontà di funzionare da ‘tramite’, nel tentativo concreto di sviluppare nuove idee in campo editoriale. Il magazine, che ha cadenza trimestrale, è stato presentato nei disparati festival e librerie che hanno popolato e che hanno sede a Torino, Milano, Genova, Firenze e Bologna. Il nocciolo da cui i primi rami stanno solcando il terreno si è costituito come associazione culturale nel novembre 2017, con base a Torino, volto alla promozione e organizzazione di eventi culturali, esposizioni artistiche e presentazioni con artisti internazionali.

Poetrification è un festival d’arte, un evento che promuove la poesia nei quartieri di Torino. Com’è nato e perché la scelta di un posto che non fosse centrale alla città?

Il nome fu inventato da Ivan Fassio (Asti, 24 dicembre 1979 – Torino, 28 luglio 2020), un pomeriggio. L’idea nasceva da una volontà precisa, giocata sul concetto di gentrificazione: poetizzazione anziché gentrificazione della città, basata sul flusso della psicogeografia, un orientarsi imparando a farlo nel disorientarsi. La psicogeografia è una metodologia che indaga lo spazio urbano decostruendolo, al fine di esplorarlo attraverso la ridefinizione creativa degli spazi stessi. La tecnica applicata è quella della deriva, ossia un cambiamento improvviso di passaggio, orientandosi non più in base a quanto conosciuto, ma su ciò che si palesa intorno: una reintepretazione dello spazio inteso fuori dai suoi luoghi comuni. Si tratta di una bellezza che si manifesta in itinere, una potenza inespressa finché non arriva l’artista ad esprimerla. È un metodo, quello della deriva, che insegna a perdersi e ci vuole poesia per farlo, per cogliere l’attimo e avere partecipazione attiva del momento. Questa teoria induce a recuperare il lato umano dei luoghi che viviamo. È un urbanismo inverso, con e attraverso la poesia.
La scelta del luogo, oltre al fatto che alcuni di noi abitano quelle vie, quel quartiere, è stata indotta dalla volontà di portare un significato nuovo in Barriera di Milano, qualcosa che fosse motivo di aggregazione e di cultura, in un ambiente di emarginazione. Poetrification è una critica al processo di gentrificazione: non serve ripulire le strade per nascondere i problemi sociali, noi che viviamo la periferia vogliamo avere questo impegno per il quartiere.

L’arte è un corpo con molteplici facce. Poesia elitaria e poesia beat, il luogo è sempre qualcosa di strettamente legato a una necessità di espressione, propria e circostante, dell’artista. In che modo l’arte che Neutopia offre può avere risonanza nel quartiere? È un’arte di strada, per strada o con la strada?

La scimmia in tasca, nome del progetto che lo scorso week end ha portato in piazza Foroni l’evento ‘Poeti in fieri’, ha come scopo quello di creare un ponte tra la natura irrazionale, se vogliamo anarchica, dell’arte e il lavoro di un’associazione che opera secondo schemi organizzati. La nostra sede è in Barriera di Milano e non solo la abita, ma offre la disponibilità del suo spazio al quartiere che in tal modo non si riduce a mero spettatore e fruitore passivo, ma lo rende promotore di proposte e progetti culturalmente validi, ospitando associazioni a cui serve un luogo in cui gestire, ad esempio, scuole di italiano per gli immigrati, o a onlus e no profit in cerca di luoghi in cui creare cultura; vogliamo portare luce laddove c’era solo una serranda abbassata. Il nostro vuole essere uno spazio dedicato alla promozione della cultura, in passato abbiamo organizzato (e tuttora abbiamo eventi in programma) incontri culturali, premi di poesia in musica, performance in piazza, presentazione di libri. La nostra programmazione prevede che tutte le settimane ci sia un evento, una mostra, un laboratorio… Sostenere e promuovere arte in un luogo di emarginazione vuol dire apportare un’alternativa a livello culturale, corsi a pagamento di professionisti, laboratori teatrali aperti a tutti e progetti in coworking: l’arte non può e non deve salvare nessuno, ma solo dare espressione di questo cambiamento in atto, e basta, se no diventa una didascalia.
Reprimere non è mai corretto, quello che ci impegniamo a fare è dialogare e per fare questo occorre conoscenza, trovare un linguaggio comune, per non essere colonizzatori di un luogo che non ci appartiene.
Tutti i martedì alle ore 18.00 abbiamo un’assemblea in cui parlare di nuovi progetti ed è aperta a tutti, senza tesseramento.

Cos’è stato Poeti in fieri?
Poeti in fieri è un evento interno al festival Poetrification, un happening collettivo di performance singole che si sono svolte in Piazza Foroni. Una sorta di mercato, non inteso come mercato dell’arte quanto piuttosto come arte di mercato. Ad ogni artista è stato assegnato uno ‘square’, un quadrato all’interno del quale immaginare un modo nuovo di interagire con il pubblico.
Poeti in fieri, e più in generale il festival Poetrification_urbanismo inverso, è stato pensato nei termini di una possibile interazione tra le varie forme della poesia contemporanea e il tessuto urbano; giunto alla sua seconda edizione, il Festival è realizzato con il sostegno di Fondazione San Paolo, Casa Bottega e Comune di Torino.

Quali eventi presenti e prossimi ospita il vostro spazio?
Al momento lo spazio ospita, in forma permanente, l’alfabeto realizzato da Luc Fierens per l’ ‘Abbecedario di poesia contemporanea (2017’). Tra le novità di quest’anno, l’esposizione collettiva di poesia visuale, collage e Digital Art II codice poetico [CTRL C + CTRL V] vuole indagare le possibilità offerte dalla transmedialità e dal codice HTML nella poesia visiva contemporanea.
Questo 25 settembre, invece, è programmato un evento dedicato a Ivan Fassio – poeta, insegnante, curatore di arte contemporanea, teatro, letteratura -, presentando I corpi del culto (Raineri Vivaldelli Editore), di Andrea Cavallo – pianista, tastierista e compositore – e Ivan Fassio, una performance poetico-musicale a ingresso gratuito con tessera associativa e prenotazione consigliata.

Alessia Savoini

Per approfondimenti e informazioni sull’evento, il programma è consultabile al seguente link
https://www.facebook.com/events/2077818735687204/

Giuseppe Chiari, “musica visiva” e sperimentazioni artistiche

Il compositore fiorentino in mostra alla VideotecaGAM di Torino. Da venerdì 12 giugno a domenica 27 settembre

Le dita giocano ad intrecciarsi, le mani si sovrappongono, l’una guarda in su e l’altra in giù, sulla tastiera di un pianoforte.

Fra i più classici e tradizionali degli strumenti musicali. Ma suoni e musica possono anche essere prodotti da oggetti banalmente e comunemente assai “comuni” utilizzando, ad esempio, acqua, carta, vetro o capelli o sassi. E allora l’artista, il compositore “suona stanze, suona le città, immagina partiture per il traffico di automobili”. E quant’altro possa essere frutto di confronto fra immaginazione – la più alta e bizzarra – e quotidiana realtà. Musicista, pianista ed artista concettuale, figura cult delle neo-avanguardie estetiche legate alle ricerche sperimentali condotte nell’ambito della “musica visiva”, a Giuseppe Chiari (Firenze, 1926 – 2007) la VideotecaGAM di Torino dedica il secondo appuntamento, curato da Elena Volpato, del ciclo di esposizioni realizzate in collaborazione con l’Archivio Storico della Biennale di Venezia. In mostra troviamo due video realizzati da Chiari (fra gli elementi di spicco del gruppo internazionale “Fluxus”, nato nel ’62 in USA e incentrato sulla continua e coraggiosa “combine” di arte visiva e musicale) ad “Art/Tapes 22”. Al ’74 risale il video “Spoleto Concert”, in cui la tecnica pianistica si apre ad ogni possibile gesto. “A tratti, l’iconica teoria di tasti bianchi e neri – scrive la curatrice – si riduce a semplice sfondo visivo, mentre le mani di Chiari si muovono al di sopra, nell’aria”. E del resto, sosteneva lo stesso Chiari: “L’uomo non conosce l’esistenza dei tasti, la tastiera per lui è una lunga striscia bianca. Egli ha però capito che le sue mani, le sue braccia, possono lasciare un’impronta sulla tastiera come sulla sabbia”. E ancora: “Sul fronte delle arti visive, l’astrattismo e il concettuale conquistano irreversibilmente l’incorporeità tipica dell’espressione musicale”. Teoria che trova forma iconica in “Kunst ist einfach (L’arte è facile)”, seconda opera presente in mostra, datata 1973, in cui l’artista riprende in studio, a telecamera fissa, le parole che compongono la frase del titolo, tracciate a inchiostro di china su grandi fogli bianchi. La frase è uno dei suoi più noti statements, in cui si trova riassunto il senso del suo intero operare. Brevi affermazioni come “L’arte è facile”, “La musica è facile”, “L’arte è una piccola cosa” tornano frequentemente nel suo lavoro a significare che ogni gesto, ogni segno, ogni suono, ogni rumore, non importa quanto apparentemente insignificanti e comuni, possono essere arte: e lo sono in quanto aspetti della totalità di cui si compone la vita. Che è caos senza regole. “Spalancata voragine”, in cui la musica “risuona degli echi e delle vibrazioni del tutto, senza gerarchia, senza architettura né ordine”. In mostra, accanto alle due opere video, troviamo anche “La musica è facile”, realizzata nel 1972 e presentata da Chiari presso la Galleria Martano di Torino nella mostra personale del ’76. L’opera è composta da quindici grandi fogli. Su ciascuno l’artista ha scritto una delle quindici lettere che compongono la frase. I caratteri, tracciati con gesto continuo, sembrano unire idealmente il fluire gestuale della calligrafia a china giapponese con la consapevolezza che il suono del pennello che scivola sulla carta è parte di quella musica totale di cui Chiari ci dispone all’ascolto. E, al contempo, quei fogli sono dunque “spazio della parola, del disegno e del suono”. I libri d’artista in esposizione sono parte del Fondo Giorgio Maffei realizzato dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

Gianni Milani

Giuseppe Chiari
VideotecaGAM, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it
Fino a domenica 27 settembre
Orari: mart. – dom. 10/18

 

Nelle foto

– “Spoleto Concert”, 1974 (still frame)
– “Kunst ist einfach”, 1973 (still frame)

La “fase non oggettiva” della fotografia italiana dal 1935 al 1958

“Forma/Informe” In mostra alla GAM di Torino.  Dal 24 giugno al 27 settembre

Qui, la realtà non è di casa. Se non di sguincio. In pochi tratti e in minima parte. Frazionata e immaginifica. Giocosa e visionaria. Intreccio di audaci, provocatorie sperimentazioni e diavolerie di mestiere, è realtà che non trattiene, ma volutamente allontana e disperde le sue forme.

“Forma/Informe”, per l’appunto. Come recita il titolo della rassegna ospitata negli spazi della “Wunderkammer” della torinese GAM, curata da Antonella Russo e dedicata alla fotografia non oggettiva e informale italiana dalla metà degli anni Trenta al concludersi dei Cinquanta. Una sorta di “viaggio al termine della forma”, in cui troviamo una selezione di 50 stampe vintage ed originali, in gran parte inedite – e 23 rare pubblicazioni – provenienti da importanti archivi e da prestigiose collezioni d’arte internazionali, firmate da sette grandi fotografi italiani. Fotografi non esponenti di una specifica avanguardia artistica, ma tutti uniti “dalla comune volontà – sottolinea la curatrice – di contribuire alla diffusione di una nuova coscienza fotografica”. Ecco allora l’immagine “pura”, appagata di luce, essenziale semplice e rigorosa, dal “tono alto” (“high-key”, come dicevano gli americani) de “La pallina” o del “Muretto” di Giuseppe Cavalli (Lucera, 1904 – Senigallia, 1961), fondatore nel ‘47 a Milano del gruppo fotografico “La Bussola”, accanto alle particolarissime opere di uno fra i più importanti fotografi di cinema e teatro del secolo scorso, Pasquale De Antonis (Teramo, 1908 – Roma, 2001), collaboratore per quasi vent’anni di Luchino Visconti e presente in mostra con i suoi lavori che arrivano a fissare direttamente sulla carta sensibile le molteplici forme assunte da gocce e liquidi oleosi o inchiostri densi versati su una lastra di vetro retroilluminata. Pittore, grafico, scenografo, oltreché fotografo, di Luigi Veronesi (Milano, 1908 – 1998), la rassegna presenta “Le stelle dalla mia finestra”, immagine di un cielo senza luna attraversato da graffiature che si concretizzano in scie luminose e puntini bianchi, in un narrato che è sintesi perfetta del lungo percorso artistico di un “formalista che teneva ben presente le lezioni del costruttivismo russo e del surrealismo”. A proseguire nell’iter espositivo, troviamo ancora le “forme virtuali” di Franco Grignani (Pieve Porto Morone, 1908 – Milano, 1999), in cui la fotografia si pone spesso e fascinosamente al servizio della grafica con fotomontaggi, sovrimpressioni ed elaborati grafici che si rifanno ad una sorta di singolare “psicologia della forma”, accanto agli scatti inediti raffiguranti vedute urbane di forte “realismo formalista”– da “Montmartre” alla greca “Mykonos”- di Piergiorgio Branzi (Signa, 1928), che è stato anche giornalista Rai, inviato negli anni Sessanta da Enzo Biagi a Mosca e successivamente a Parigi per terminare con la carica di direttore della sede Rai di Firenze negli anni ’70-’80, per poi riprendere a fotografare negli anni ’90 con un progetto sui luoghi pasoliniani, dedicandosi soprattutto alla fotografia digitale. A concludere il gruppone dei “magnifici sette”, con le sue “astrazioni involontarie”, troviamo in mostra le opere (“un andare alle fondamenta – scrive Antonella Russo – della produzione di forme primordiali”) di uno dei protagonisti più autorevoli della fotografia astratta italiana, Paolo Monti (Novara, 1908 – Milano, 1982), insieme alle “Ossidazioni”, ai “Pirogrammi” e agli “Ideogrammi” prodotti da Nino Migliori (Bologna, 1926), opere di geniale sperimentazione in cui le più curiose stramberie frutto di un’immaginazione e di una giocosità tecnica senza fine (dalle piccole bruciature inferte alla pellicola, alle gocce d’acqua o ai liquidi schiumosi applicati sul lastrino dell’ingranditore) ci consegnano curiose immagini oniriche simili a “un organismo vivente, ad una costellazione di cellule sospese come in un liquido amniotico”.

Gianni Milani

“Forma/Informe”
GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it
Dal 24 giugno al 27 settembre
Orari: ven. e lun. 13-20, sab. e dom. 10-19; mercoledì 24 giugno, Festa di San Giovanni, apertura straordinaria 10-20

 

Nelle foto

– Pasquale De Antonis: “Senza titolo D”, stampa positivo diretto su carta Ansco Color Printon, 1957
– Giuseppe Cavalli: “La pallina”, gelatina bromuro d’argento, 1949
– Franco Grignani: “La folla”, gelatina bromuro d’argento, 1954
– Paolo Monti: “Le astrazioni involontarie”, gelatina bromuro d’argento, 1952
– Nino Migliori: “Pirogramma + Ossidazione”, stampa getto d’inchiostro Fine Art su carta Hahnemuhle Photo Rag, 1948 – 2020