Beppe Fenoglio 22. “Ën-Pì (Uno in più)”.
Ad Alba “chiamata alla musica e alle strade della memoria partigiana” per celebrare i cent’anni dalla nascita dello scrittore albese
Sabato 7 e domenica 8 maggio
Alba (Cuneo)
L’uomo ha la responsabilità di combattere per l’umanità, sempre, un passo dopo l’altro, una parola dopo l’altra, e deve essere consapevole che la sua scelta è una presa in carico civile di cui deve rispondere a sé stesso, ai suoi contemporanei e soprattutto ai posteri. E’ questo il messaggio principe lasciatoci come testimone dallo scrittore-partigiano Beppe Fenoglio. L’importante, secondo il suo partigiano Johnny (alias lo stesso Fenoglio) “è che ne resti sempre uno” o che ce ne sia sempre e ancora “Ën-Pì – Uno in più”, come suggerisce il titolo del nuovo evento promosso dal “Centro Studi Beppe Fenoglio”, in collaborazione con l’“ANPI” di Alba e ideato da Barbara Borra, per celebrare il centenario dalla nascita dello scrittore (Alba, 1922 – Torino, 1963). Un vero e proprio Festival di musica, storia, cultura e letteratura che si articolerà in un’intensa due giorni, ad Alba, sabato 7 e domenica 8 maggio, in cui musicisti, storici, letterati, registi, studenti e persone comuni avranno la possibilità di approfondire la storia della Resistenza di Alba e del “partigiano Beppe Fenoglio” attraverso la musica e i canti partigiani “letti” nei suoi libri e nelle sue parole e le canzoni scritte, cantate, urlate e “dette” degli “antichi” e dei “nuovi partigiani”.
Si comincia la sera di sabato 7 maggio alle 21 al “Teatro Sociale G. Busca” (piazza Vittorio Veneto, 3) con lo spettacolo di Barbara Borra “La valigia. 20 mesi di lotta partigiana”. Barbara, cantautrice e pianista, proporrà uno spettacolo originale di musica e teatro in anteprima assoluta e tratto da una storia vera. Sarà uno spettacolo-concerto che attraverso canzoni originali in koiné piemontese, in inglese e in italiano e canti della Resistenza, racconterà 20 mesi di lotta partigiana tessendo un filo rosso con la musica descritta da Fenoglio nei suoi libri e soprattutto attraverso le sue citazioni a cui liberamente si ispira. Sul palco con lei i musicisti Pier Renzo Ponzo, Giorgio Boffa, Lorenzo Arese, Omar Mrad, Michele Settimo e gli attori Michela Fattorin e Loris Mosca ( “Teatro di Tela” ).
Domenica 8 maggio la programmazione parte dal mattino (alle 9.30 da Piazza Rossetti 1) con una “passeggiata urbana” sulle strade delle memorie partigiane condotto dagli studenti albesi delle Scuole Superiori. A guidarli sarà il libro pubblicato dall’“ANPI” nella collana omonima, letto e raccontato dai nuovi “partigiani” della città. L’appuntamento sarà aperto anche ai bambini nell’età scolare della scuola primaria che potranno usufruire di un percorso per immagini studiato appositamente per la loro fascia di età dal titolo “La città di Johnny”. Al pomeriggio alle 16.30 ci si sposta a “Palazzo Mostre e Congressi” Piazza Medford, 3) con un appuntamento dedicato alla “musica partigiana”. Il volume “Nel segno di Fenoglio” di Angelo Bendotti (Associazione Editoriale “Il filo di Arianna”) farà da filo conduttore per un incontro con l’autore che servirà ad approfondire in particolare la tematica dei canti e della musica partigiana.
Alle 21 sul palco del “Teatro Sociale G. Busca” sarà la volta del concerto dei “Ginevra Di Marco Trio”. Straordinari musicisti che, come sempre, sapranno portare in scena la loro vita fatta di musica, Resistenza e storie da raccontare.
Per info: “Centro Studi Beppe Fenoglio”, piazza Rossetti 2, Alba (Cuneo); tel. 0173/364623 o www.centrostudibeppefenoglio.it
g.m.








Mostra assolutamente doverosa, a cavallo di quel 25 aprile, Festa Nazionale della Liberazione, che dopo circa ottant’anni, ancora non è riuscita (con l’indispensabile neutralità critica) a mettere in piena luce il ruolo determinante del “Regio Esercito” ai fini della Liberazione dell’Italia a fianco delle Armate anglo-americane. Organizzata dall’“ANARTI-Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia” in collaborazione con il “Museo Storico Nazionale d’Artiglieria”, la rassegna “1943-1945. Dai Gruppi di Combattimento al nuovo Esercito Italiano” vuole essere un racconto per immagini, testi, curiosità varie e reperti d’epoca di un importante capitolo della nostra Storia, dal 25 luglio 1943 al maggio 1945, per il quale ancora manca una valutazione storica corretta rispetto al generoso impegno delle nostre Forze Armate che, dopo l’Armistizio di Badoglio dell’8 settembre e per 19 lunghi mesi di guerra, diedero prova di grande coraggio e amor patrio “da protagonisti e non da gregari” combattendo a fianco degli Alleati contro i tedeschi fino alla Liberazione del Paese. Inaugurata il 22 aprile scorso (relatori gli storici Gianni Oliva e Pier Franco Quaglieni), la mostra è ospitata, fino alla prossima domenica 1° maggio, presso il “Mastio della Cittadella” di corso Galileo Ferraris ed è curata dal giornalista Pier Carlo Sommo. Dall’armistizio badogliano fino al contributo delle Forze Armate alle formazioni partigiane e a quello prestato dai soldati prigionieri negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, l’iter espositivo racconta di guerre, di sacrifici umani e atti eroici, spesso ancora oggi trascurati e molto poco conosciuti. “Oltre ai significativi fatti – si è sottolineato – della difesa di Roma e di Cefalonia, ve ne furono molti altri, in Italia e all’estero, che sono stati dimenticati, come la cacciata dei tedeschi dalla Corsica
rivendicata dai francesi, nonostante il loro ruolo marginale”. “L’8 settembre 1943 fu una tragedia nazionale– hanno ribadito i relatori – ma anche, e principalmente, un punto di svolta in una situazione bellico – politica disastrosa che, per l’Italia, proseguendo invariata, avrebbe portato ad un disastro materiale e istituzionale totale come quello poi subito nel 1945 da Germania e Giappone”. E ancora: “Molto si è discusso sul trasferimento del Re e del governo a Brindisi. È doveroso dire che sul piano politico fu una scelta corretta, in quanto preservare l’operatività del governo legittimo era politicamente giusto, ma il tutto fu fatto in modo maldestro, senza coordinamento né nel lasciare Roma né nell’insediarsi a Brindisi. Il principe ereditario Umberto con coraggio personale e consapevolezza delle proprie responsabilità istituzionali richiese al padre di lasciarlo a Roma per organizzare la resistenza. Vanamente. Questo fatto lese la sua immagine poi spesso collegata a eventi negativi che fu costretto a subire, nonostante il suo coraggioso impegno con l’Esercito che risalì la penisola”. E le immagini raccolte al “Mastio” ben testimoniano lo sforzo incredibile dei soldati italiani nella Campagna d’Italia, a Montelungo, a Monte Marrone, a Filottrano o lungo la “Linea Gustav” (o Linea Invernale”), organizzati – proprio per il loro coraggio – in sei “Gruppi di Combattimento” attrezzati con armi e divise inglesi e in otto “Divisioni Ausiliarie” e tre di “Sicurezza Interna”, che divennero – con ingenti tributi umani- essenziali quando sette Divisioni (tre statunitensi e quattro francesi) furono rimosse dalla penisola per partecipare, il 15 agosto del ’44, allo sbarco nella Francia meridionale. Di rilievo anche la partecipazione dei militari nelle missioni speciali nel Nord Italia. Circa 80mila militari operarono nelle unità partigiane. In totale furono oltre 500mila i militari di tutte le armi e gradi che parteciparono alla Lotta di Liberazione. “Al termine della
guerra – ricorda Pier Carlo Sommo – quel rinnovato ‘Regio Esercito’ fu il nucleo fondante dell’ ‘Esercito Italiano’ che abbiamo oggi”. “La Guerra di Liberazione fu un momento di aggregazione intorno al ricostituito Esercito e riflettere sul sacrificio dei soldati che combatterono per la libertà del Paese con risorse limitate ed un futuro di incognite ha da essere oggi di stimolo a operare con tenacia e al meglio per il bene del Paese”. Così insegna la Storia. La Buona Storia. Spesso inarrivabile alle ottuse orecchie del Potere. A ingresso libero, la mostra ospiterà sabato prossimo 30 aprile un dibattito finale tenuto dallo storico Aldo Alessandro Mola e dai generali Giorgio Blais e Antonio Zerrillo.