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Un trittico di mostre apre l’anno 2024 a Camera – Centro Italiano per la Fotografia

Un trittico di mostre inaugura l’anno 2024 di Camera – Centro Italiano per la Fotografia, esposizioni dedicate a grandi maestri della fotografia internazionale. Dalle immagini della guerra civile spagnola a un grande progetto artistico nella Milano del boom economico, passando attraverso i paesaggi del Piemonte rurale.

La prima mostra intitolata “Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra” ha il suo fulcro nella guerra civile spagnola, momento cruciale della storia del XX secolo, e nel rapporto professionale e sentimentale tra Robert Capa e Gerda Taro, tragicamente interrottosi con la morte della fotografa avvenuta nel 1937. Fuggita lei dalla Germania nazista, lui emigrato dall’Ungheria, Gerta Pohorille e Endré (poi francesizzato André) Friedmann (questi i loro veri nomi), si incontrano a Parigi nel 1934. L’anno successivo nasce il loro sodalizio artistico-sentimentale, che li porta a frequentare i “caffè” del quartiere latino e a impegnarsi nella fotografia e nella lotta politica. In una Parigi in gran fermento, invasa di intellettuali e artisti da tutta Europa, Gerta si inventa il personaggio di Robert Capa, ricco e famoso fotografo americano approdato da poco nel continente, alter ego con il quale André si identificherà con il resto della sua vita. Anche Gerta cambia il suo nome e assume quello di Gerda. L’anno decisivo per entrambi è il 1936, quando raggiungono Barcellona per documentare la resistenza repubblicana.

Prima di approdare in Spagna, Robert fotografa le elezioni a Parigi, la vittoria del Fronte Popolare, gli scioperi e le manifestazioni, pubblicando alcuni servizi sulla stampa francese. A inizio agosto del 1936 raggiungono Barcellona per documentare la resistenza repubblicana, e nei mesi successivi ritornano in Spagna più volte, insieme o singolarmente.

La mostra si conclude con la morte di Gerda, avvenuta sul fronte spagnolo, a Brunete. Negli anni successivi, Robert Capa viene riconosciuto come il più grande fotoreporter della storia, ma è accanto a lei che la sua leggenda inizia. È proprio del 1936 lo scatto leggendario di Capa rappresentante “Il miliziano colpito a morte”, mentre Gerda Taro scatterà la sua immagine più iconica ne “una miliziana in addestramento” con la pistola puntata e scarpe con i tacchi, da un punto di vista inedito della guerra fatta e rappresentata da donne.

L’intensa stagione fotografica, guerra e amore di questi due straordinari personaggi è narrata nella mostra di Camera, curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi, attraverso le fotografie di Gerda Taro e Robert Capa, nonché grazie alla riproduzione di alcuni provini della celebre “valigia messicana”, contenente 4.500 negativi scattati in Spagna dai due protagonisti della mostra e dal loro amico e sodale Davide Seymour, detto Chim. La valigia, di cui si persero le tracce nel 1939, quando Capa la affidò a un amico per evitare che i materiali venissero distrutti o sequestrati dalle truppe tedesche, è stata ritrovata alla fine degli anni Novanta a Mexico City, permettendo l’attribuzione corretta di una serie di immagini di incerta provenienza.

La seconda mostra è una personale dedicata a Michele Pellegrino, intitolata “Michele Pellegrino. Fotografie 1967 – 2023”, curata da Barbara Bergaglio, si compone di 50 immagini del fotografo nativo di Chiusa di Pesio nel 1934. Un’essenziale antologica del suo percorso creativo, tra montagne, ritualità, volti e momenti del mondo contadino che narrano la passione per la sua terra e per la fotografia. La mostra si compone di cinque sezioni che costituiscono una sintesi del lavoro dell’autore nel corso della sua lunga attività professionale e artistica: Esodo, Storie di uomini e di montagne, Visages de la contemplation, Scene di matrimonio, Le nitide vette e Langa.

La prima sezione contiene reportage realizzati negli anni Settanta dal fotografo tra le valli cuneesi, ritratti di abitanti, mezzadri, margari, uomini, donne, bambini e anziani vissuti in condizioni durissime che hanno portato all’abbandono della montagna e alla ricerca di una vita migliore a valle. Con “Visages de la contemplation” si entra nel progetto artistico dedicato al tema della clausura. Pellegrino indaga questa realtà nascosta in cui viene ammesso gradualmente, conquistando fiducia e riuscendo a entrare attraverso il passaparola, all’interno di abbazie e conventi italiani e francesi. “Scene di matrimonio” nasce dai servizi fotografici di nozze durante i quali, oltre alle fotografie ufficiali, il fotografo fissa sulla pellicola momenti dei preparativi e della festa, colti con simpatia e un pizzico di ironia. Siamo negli anni Cinquanta, ed egli ritrae la bella sposa fiera del suo abito, i camerieri sull’attenti, le damigelle in attesa, le coppie felici e i gruppi di famiglia dalla significativa prossenica. Le fotografie dedicate alla montagna sono proposte nella sezione “Le nitide vette”, frutto di pazienti attese e lunghi appostamenti per cogliere la luce migliore nel momento giusto, mentre altri scatti sono stati realizzati “al volo”. Langa è la sezione dedicata a un territorio molto noto, attraversi poche e intense immagini lontane dagli stereotipi attuali.

La terza mostra è quella dedicata a Ugo Mulas, che ha fotografato l’opera realizzata nel 1961 da Saul Steinberg, una straordinaria decorazione a graffito dell’atrio della palazzina Mayer, a Milano. Si trattava di un lavoro importante che seguiva altre analoghe imprese compiute dal grande illustratore nel decennio precedente. Per aiutare Mulas nel suo lavoro, Steinberg redige un breve testo che spiega l’iconografia e il senso dell’opera, e decide per la prima e unica volta di lavorare sull’intonaco fresco, popolando i muri di personaggi e allegorie che affondano le proprie radici nella vita personale dell’artista. I graffiti andarono distrutti e le fotografie di Mulas rimangono l’unica testimonianza del lavoro di Steinberg.

 

Camera – Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino

www.camera.to

 

Gian Giacomo Della Porta

Apocalisse di San Giovanni, opera da 250 x 3 metri di Enrico Mazzone

Ospitiamo l’intervento dell’artista torinese Enrico Mazzone attualmente “rifugiatosi” in Finlandia

 

Si conclude in data 1 febbraio 2024, in Finlandia il primo segmento dell’opera colossale inerente alla rappresentazione dell’ Apocalisse di San Giovanni, riprodotto su di un foglio da 250 x 3 metri.
La bobina di carta nera ( tinta NERO VANTA ) è sponsorizzata dalla cartiera tedesca Koehler, con sede a Greiz, non distante dalla celebre Foresta Nera.
Materiale, trasporto e presentazione ad Amburgo è stato offerto e sponsorizzato dall’organico della sede principale con a vertice Holbach- Basler-Braun-Rühling.

Il foglio nero è disegnato con penna rossa, a l fine di giorcare sulla visione ottica di raccapezzare la trama avvicinandosi al foglio. A differenza dell ́opera precedente ( Rubedo ), diligentemente disegnata a tecnica puntinista e in stile figurativo sul foglio da 97 x 4 metri , L’Apocalisse ha segni definiti da linea di contorno, in quanto il nero e´in grado di assorbire in prominenza parziale la visione . Inoltre, in quanto anche conosciuto come ” Libro della Rivelazione ” le immagini letteralmente si rivelano all’osservatore in un percorso in cui l´avvicinamento è
parte della performance dell’opera ( per non citare una retta oculazione alla fede di vedere apparire qualcosa ).
L´opera nasce da un incidente accaduto alla Filanda di Monesiglio , in cui l’opera Rubedo accidentalmente collassa nella sua struttura e si strappa, creando un danno notevole che porta l’opera ad essere restaurata al centro restauro di Venaria, grazie all’ intervento certosino della Dottoressa  Maddalena Trabace. Lo strappo ha creato di primo acchito dolore e rabbia, ma per tale motivo ho scritto di polso ( e stomaco ) delle rime , che oggi ufficialmente fanno da “invocazione o Proemio ” verso la città ́di Torino, che in modo funesto fa da scenario ad una possibile futura esposizione alla Mole Antonelliana.
Da questa trafila di pensieri contorti ma molto articolati ( ed accurati ) nasce dunque la voglia di mettermi in gioco e riprodurre in immagine il mio pensiero, anche al fine di trascendere l’amarezza passeggera, terminati con una bella gita a Genova, nel sontuoso Cimitero di Staglieno che diede il colpo di grazia per essere stimolato dalle voluttuose statue, unica su tutte la Tomba Pizzorni dello scultore Vittorio Lavezzari.
Vorrei dissacrare il Tuo funerale
con il canto del Capro ed il grugnito del maiale
per versare sul tuo capo, battezzato Augusta
il solenne pentimento di vantare un’eta’ si funesta.

Fosti creola per convenienza,
imputtanita di abbellimenti e simulacri cristiani ,
egizi fortuiti ardenti gia’ mai su fondazione coesa
o per riluttante e schietta demenza dei tuoi incensi
ove i figli senili circondan le falde.

Taurasia fu un sogno ch’il disagio manco’
al Giovanni Padre assalito dalla visione dell’Apocalisse
che rende sì attuale delle sette cetre ,
le Corde a timone delle tue coscie calde
sui rispettivi peccati.

La fuga di un Sudario ( se lercio s’ affoga )
Fu’l sussulto d’Emilio ” degli Antecristi e’ mai l’ora !
 ” Augusta superba dinanzi al Gemello,
 concedi perdono al Suicida Novello “
Tra Praga e Salgari, mai metter coltello !”

Del poliamorismo poi fosti corteccia
sul suolo fangoso ( con lacrime e feccia )
a renderti otre, pelosa bisaccia
lussuria d’incanto e dincesto due fiumi
ti rigan feconda dei malvagi numi .

L’Avaro poi avanza dal basso dei Monti
fe’ del periscopio il ragguaglio dei Conti
 mai al 45 la storia s’avvinse
se nel Settentrione l’unione ammalata
dei gradi abbassaron diottria si oculata.

 Accidio il terreno per ogni stagione
i Figli s’atteggian con la presunzione
di aver tra le cinta un gran benestare
tra flemma, distacco e pretesa di amare
Giaveno qui insegna l’istina pittura
di Vera certezza su Coerva Bravura

Augusta ricordi di esodi libici
austera all’invidia di Templi Augustei..?
Se fosse diaspora di ebrea matronale
Cuciresti due nei tra il Giovane Oriente e la Madre Puttana perinealmente

Di Gola e Mestizia intercedano tre fochi
Tre Punti Superbi che lascino rochi
per grida iraconde le Anime Avulse
A chi pensa ” Io Folle o Io Apocrifo !:
” Espulse !” da quella grondaia attraverso la quale
il Gran Vecchio primeggia su di una Torino letale.


Con quanta rivalsa io noto gibboso
sul metabolismo di spazio concesso
non dato, non visto, sentito e odorato
da generazioni private del sesso:
L’eterno riposo , schifoso latrato
dal canto del capro mi sento umiliato.
Vorrei infine lanciare un appello a Michelangelo Pistoletto ed avere un fraterno ma profondo confronto al fine di smantellare la messa in mostra di Arte Povera in una città´come Torino, in cui banche e fondazione private hanno da 60 anni impegnato grandi quantità di  denaro che hanno in parte rattrappito luoghi pubblici con opere non consone e forse un po’ oblique al patrimonio artistico cittadino.  Se mi sono infatti rifugiato in FInlandia è proprio grazie all’ottusità ed aridità che in campo artistico a Torino primeggia sotto l’ípocrisia di street Art , Gallerie da circoli e “Arte Povera” per ricchi.
Enrico Mazzone
foto di  Riitta-Liisa Metsämarttila

Palazzo Madama, “Europa”: fino al 2 aprile 2024

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Palazzo Madama inaugura il 2024 proseguendo la propria missione di Museo Civico nell’ottica della valorizzazione delle collezioni comunali torinesi e del dialogo con il territorio, della presentazione delle donazioni e della proposizione di nuovi allestimenti temporanei.

Se all’inizio dell’anno si andava a ridefinire, per motivi di conservazione e tutela dei beni, la sezione dedicata ai tessuti, si presenta per la prima volta al pubblico l’importante collezione di peltri, donata da Attilio Bonci e presente nel piccolo Guardaroba e nel Gabinetto cinese. Febbraio è il mese consacrato al completamento del progetto iniziato nel 2022 e dedicato ai valori fondanti dei popoli europei. Con i suoi 2000 anni di storia, palazzo Madama incarna la storia e le identità europee, nel primo secolo era porta decumana di Augusta Taurinorum, dal XIII secolo castello medievale e residenza rinascimentale; nel Settecento fu capolavoro del Barocco e nell’Ottocento sede del Senato che decretò l’Italia unita; dopo aver redatto lo Statuto Albertino, la Carta Costituzionale, nata dal ciclo rivoluzionario e dai moti europei del 1848, spesso definiti “la primavera dei popoli” in Europa. Promulgato da Carlo Alberto di Savoia Carignano il 3 marzo 1848, con l’Unità d’Italia del 17 marzo 1861, lo Statuto divenne la carta fondamentale del Regno, fino all’entrata in vigore della nostra Carta della Costituzione Repubblicana, che trova ancora in esso i suoi fondamenti.

Palazzo Madama, dopo la commissione da parte del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in occasione della Giornata dell’Europa del 9 maggio 2023, a integrazione di quanto compiuto nel maggio 2022 nelle sue sale per la riunione del Consiglio d’Europa, sta avviando il progetto “Europa – l’illustrazione italiana racconta l’Europa dei popoli”, che ha accompagnato in 43 Paesi del mondo in cinque continenti. Palazzo Madama ha scelto di completare questo intervento con un’illustrazione dedicata allo Statuto Albertino, realizzata da Marta Signori, che ha preso spunto dalla chiosa del proclama che annuncia lo Statuto con le parole di Carlo Alberto. Un’accelerazione della nostra storia moderna che vede protagonista nuovamente palazzo Madama con un nuovo documento essenziale per la costituzione dell’Europa: 18 ottobre 1961 ospitò i firmatari della Carta Sociale Europea, il Trattato del Consiglio d’Europa, che protegge i diritto di ogni individuo nella sua vita quotidiana. Sono il diritto all’abitazione, alla protezione della salute, all’istruzione, al lavoro, alla tutela giuridica e sociale, alla libera circolazione delle persone e alla non discriminazione. Sono i diritti generati dai valori fondanti dei popoli europei, la libertà, il rispetto della dignità umana, l’uguaglianza, la democrazia, la scienza e il rispetto dei diritti umani, a cui si affiancano i valori primari dell’Unione Europea, la fraternità, il lavoro, la cultura, la pace, l’ambiente, lo stato di diritto e l’inclusione. Le illustrazioni sono state compiute nel 2022 da Lucio Schiavon, Ale Giorgini, Emiliano Ponzi, Bianca Bagnarelli, Marina Marcolin, Francesco Poroli e Giulia Conoscenti. Ora si completano con l’opera dedicata ad Andrea Mongia alla Carta Sociale Europea. Si tratta di un insieme di immagini capaci di raccontare un’Europa composta da una comunità di Nazioni che si riconoscono nella convivenza pacifica di una molteplicità di linguaggi, sensibilità e valori in costante dialogo tra loro.

Palazzo Madama, Museo Civico di Arte Antica, piazza Castello, Torino

Orari: lunedì e da mercoledì a domenica 10:00/18:00 – martedì chiuso

 

Mara Martellotta

San Valentino al museo: un solo biglietto a chi si presenta in coppia

Mercoledì 14 febbraio

offerta valida per le mostre temporanee e le collezioni permanenti

Tutti gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

Anche quest’anno i musei della Fondazione Torino Musei – GAM, MAO e Palazzo Madama – celebrano San Valentino e l’amore in tutte le sue forme.

Mercoledì 14 febbraio i musei offrono un solo biglietto a chiunque si presenterà in coppia (coniugi, fidanzati, genitori e figli, amici o parenti). La promozione è valida sia per le collezioni permanenti sia per le mostre temporanee Hayez e Gianni Caravaggio alla GAM, Tradu/izioni d’Eurasia al MAO e Liberty a Palazzo Madama.

Grande offerta di visite guidate speciali a tema a cura di Theatrum Sabaudiae: il pubblico potrà scegliere per scoprire le infinite declinazioni dell’amore nelle collezioni e mostre di GAM, MAO e Palazzo Madama.

GAM | LOVE IS LOVE (collezioni permanenti del ‘900)

Mercoledì 14 febbraio ore 16, sabato 17 febbraio ore 16:30 e domenica 18 febbraio ore 15

Il percorso nelle sale del 900 intende affrontare uno dei sentimenti universalmente riconosciuti e da sempre motivo d’indagini e rappresentazioni, l’Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le sue infinite declinazioni. Passionale, coniugale, materno ma anche amore per gli animali, la natura, amore verso se stessi e per l’arte. Un viaggio tra pittura, scultura e materiali a partire dall’inizio del 900 fino ai giorni nostri.

GAM | HAYEZ IN LOVE (mostra Hayez)

Mercoledì 14 febbraio ore 16:30, sabato 17 febbraio ore 15 e domenica 18 febbraio ore 16:30

La mostra dedicata al genio di Francesco Hayez, massimo esponente del Romanticismo in Italia, permette di affrontare uno dei sentimenti universalmente riconosciuti e da sempre motivo d’indagini e rappresentazioni nell’arte, l’Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le sue infinite declinazioni. Da quello passionale ed extraconiugale – guardando, nello specifico, la sua musa prediletta, nonché amante, Carolina Zucchi – ma anche politico e tormentato, con, ad esempio, L’ultimo addio di Giulietta e Romeo, la tela intitolata Imelda de Lambertazzi e L’Accusa segreta, appartenente al famosissimo Trittico della vendetta. Un viaggio tra alcuni dei più importanti capolavori dell’artista che ci permettono di scoprirne un lato narrativo ricco di spunti legati alla nostra contemporaneità che hanno, come punto di partenza, l’aspetto amoroso e di coppia.

Costo della visita guidata: 7€ a partecipante

Costo aggiuntivo: un biglietto di ingresso alla collezione 900 o alla mostra Hayez per ogni coppia (gratuito con Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino Piemonte Card)

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Prenotazione obbligatoria e pagamento online

MAO | LE MILLE E UNA DECLINAZIONI DELL’AMORE NELLE OPERE DEL MAO

Domenica 11 febbraio ore 10.30 e mercoledì 14 febbraio ore 16:30

Il percorso di visita condurrà i partecipanti alla scoperta delle opere d’arte del museo accomunate dal tema amoroso e sessuale in ambito buddhista e induista. L’apprezzamento dell’estetica delle opere del Subcontinente indiano e della Regione Himalayana andrà di pari passo con l’approfondimento di tematiche connesse alla sfera amorosa nelle sue innumerevoli sfumature, dalla castità al tantra.

Prenotazione consigliata, disponibilità fino ad esaurimento posti.

Costo della visita guidata: 6 € a partecipante.

Costo aggiuntivo: biglietto di ingresso al museo per ogni coppia (gratuito con Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino Piemonte Card).

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio

Palazzo Madama | AMORI DA MITO

Domenica 11 febbraio e mercoledì 14 febbraio ore 15

In occasione della ricorrenza di San Valentino il museo propone una visita guidata ispirata agli amori famosi rintracciabili fra dipinti, decorazioni, lambriggi, ceramiche e oggetti di lusso custoditi nelle sale di Palazzo Madama.

Diana e il suo amato Endimione, Giove che si trasforma in pioggia d’oro per la sua Danae, Venere e Cleopatra. Amori celebri fra mitologia e realtà. Il percorso di visita si snoda sui tre piani, dalla sala Acaja fino alla sala ceramiche, ricercando le coppie famose, i putti, gli amorini che scoccano dardi d’amore, i nodi di fedeltà che testimoniano legami e nobili biografie.

Un San Valentino diverso, arricchito da una interessante visita, ricercata e inedita.

Costo della visita guidata: 6 € a partecipante

Costo aggiuntivo: biglietto di ingresso al museo per ogni coppia (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

Per te, che puoi fare a meno di me

Mostra-evento effimera dedicata alle Storie d’Amore interrotte, allo spazio Antro

Antro, 14/02/24, Torino, Largo Saluzzo 34/e – In occasione della festa degli innamorati, che quest’anno coincide con il Mercoledì delle ceneri, dopo l’ultimo giorno di Carnevale, Antro accoglierà una mostra-evento effimera dedicata alle storie d’amore interrotte. Questo evento trae ispirazione dal progetto Brokenships e dal Museum of Broken Relationships di Zagabria, promuovendo una riflessione sulla natura mutevole e spesso dolorosa dell’amore.
La giornata del 14 febbraio sarà un’opportunità alternativa per esplorare e riscoprire il significato dell’amore attraverso una varietà di esperienze artistiche e interattive. La mostra-evento si propone di celebrare il gioco delle forme che l’amore assume nelle vite di ciascuno di noi, offrendo uno spazio sicuro per la condivisione e la riflessione sulle esperienze passate.
Gli oggetti esposti rappresenteranno testimonianze tangibili di storie d’amore finite, invitando i visitatori a esplorare la complessità delle relazioni umane e a riconsiderare il significato dei simboli materiali o virtuali che hanno segnato il proprio percorso sentimentale.
La mostra-evento, aperta al pubblico dalle 16 fino alle 23, offrirà un’occasione unica per partecipare ad un’azione di risignificazione personale e collettiva. Antro e le sue stanze si trasformeranno in uno spazio di introspezione e meditazione, dove ognuno sarà invitato a esplorare la propria connessione con l’amore e la sua presenza nella vita quotidiana attraverso le emozioni che accompagnano una rottura d’amore. Sul tema, l’evento ospiterà anche un concerto, una performance e una stand-up comedy.

L’ingresso è gratuito per tesserati Antro, la prenotazione è consigliata al fine di garantire un’esperienza migliore. Di seguito il link: https://bit.ly/42G9ndm

Per ulteriori informazioni e dettagli sull’evento:
Pagina Instagram di Antro: @antro_torino Mail: info@antropo.it
Numero di telefono: +39 3667304077

Alla Galleria d’arte Spazio44 “Simboli, segni e sogni”

 

 

“Simboli, segni e sogni” raggiunge la sua terza edizione presso la galleria torinese Spazio44, in via Maria Vittoria 44, una rassegna di arte contemporanea che si terrà dal 16 febbraio al primo marzo prossimo.

Si tratta di una collettiva artistica che mutua un concetto imprescindibile dell’arte: il segno e il suo simbolo.

Ciò a cui assistiamo è una ricerca che accosta  la “realtà altra” alle forme e alle sue significazioni.

L’arte proposta in mostra ha lo scopo di rendere visibile la sacralità del quotidiano e l’interiorità dell’artista in una commistione mai banale di tecnica ed emozioni vissute.

Attraverso il simbolo, come riporta lo studioso Mircea Eliade, il mondo si spiega ed assume significato attraverso di esso.

Sviluppando un cosmo vivente articolato e significativo, secondo il pensiero simbolico il mondo non è solo “vivo”, ma anche “aperto”, perché un oggetto è altresi segno di una realtà che trascende l’essenza stessa dell’oggetto rappresentato.

La collettiva promossa dalla curatrice Elisa Bergamino, in collaborazione con Infinito Arte, pone sulla scena un dialogo bifronte che mostra e svela lo spazio immaginario e immaginatoche divide l’arte dall’espressionismo artistico.

 

Mara Martellotta

“Guercino. Il mestiere del pittore”, dal 23 marzo al 28 luglio nelle Sale Chiablese di Torino

Mentre ancora da noi – a Torino, luogo scelto e deputato – tutto tace, in attesa di un’esplosione che a suo tempo ci dia il giusto merito (“valorizzare un patrimonio che è proprio dei Musei torinesi”, “di prima fascia” è stato tra l’altro ribadito, nucleo d’eccellenza di una corte che con avveduta attenzione amava raccogliere e circondarsi di quella che era l’arte “contemporanea”), già si sono accese le luci, con le due conferenze stampa, a Roma presso il Ministero della Cultura e a Milano nelle sale di Palazzo Litta, sulla mostra intorno alla figura del “Guercino. Il mestiere del pittore” che dal 23 marzo sino al 28 luglio occuperà gli ambienti cittadini di palazzo Chiablese. Una mostra che vuol essere un giusto inserimento nella grande attenzione come negli studi sempre più approfonditi in questi ultimi anni sulla figura dell’artista nato a Cento nel 1591 (morirà a Bologna settantacinquenne), per tacere delle mostre recenti di Madrid e di Francoforte e di quella felice riscoperta che è la riapertura della Pinacoteca Civica della sua città natale. Un fermento, una figura importante dell’arte seicentesca, un “maestro” cui più di altri si deve collegare il termine “mestiere”, un omaggio che vedrà allineate più di cento opere, un preciso “affresco del sistema dell’arte”, una suggestiva proposta dei Musei Reali di Torino – con Direttore avocante Mario Turetta, Segretario Generale del Ministero della Cultura -, un’importante organizzazione dovuta (e prodotta) da CoopCulture (era presente a Milano, lo scorso venerdì, Federica Bianchi, Regional Manager Piemonte) con Villaggio Globale International (con la presenza della consigliera Nicoletta Buffon).

Più di cento opere tra le quali sono comprese alcune di artisti coevi, i Carracci, Guido Reni, il Domenichino, l’importante nucleo delle collezioni sabaude che incontra i prestiti di trenta musei e collezioni – tra cui il Prado e il Monastero di San Lorenzo dell’Escorial – e che per la prima volta, dopo 400 anni, riunifica altresì il ciclo di dipinti commissionati al pittore a Bologna da Alessandro Ludovisi, futuro papa (dal febbraio 1621 alla morte avvenuta nel luglio di due anni dopo) e squisito quanto accanito mecenate, fautore di committenze e di compensi non indifferenti. Un percorso che vuole essere un evento unico e spettacolare, curato da Annamaria Bava dei Musei Reali e da Gelsomina Spione dell’Università di Torino, in perfetta compartecipazione con un prestigioso comitato scientifico, cui partecipano Daniele Benati, David Garcìa Cueto, Barbara Ghelfi, Francesco Gonzales, Fausto Gozzi, Alessandro Morandotti, Raffaella Morselli e Sofia Villano. Tutti d’accordo nel lavorare partendo dalla figura dell’artista per allargare il panorama alla professione del pittore a quel tempo, sottolinea ancora Annamaria Bava, ovvero focalizzare lo sguardo e l’attenzione dello studioso, del visitatore e dell’appassionato alle sfide del mestiere, ai sistemi di produzione, all’organizzazione della bottega, alle dinamiche del mercato e delle committenze, ai soggetti più richiesti. Svelare la quotidianità attraverso l’epistolario e la ricca documentazione lasciata, l’importanza del suo “Libro dei conti”, gli incontri con amici e agenti e mercanti, gli intermediari che coinvolgevano l’artista e i tanti committenti pronti a riconoscere la sua arte, borghesi, nobili, pontefici e prelati, sino alle prestigiose corti europee, curiosare nel prezzario pronto a distinguere tra una figura soltanto e le molte che s’imponessero ad affollare una tela, tra una mezza figura e una piccola testa, le piccole e sempre presenti problematiche di ogni opera terminata, come l’imballaggio, l’eventuale arrotolamento della tela, i deprecabili danni, l’arrivo a destinazione.

Gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori”, ebbe a scrivere nell’ottobre del 1617 Ludovico Carracci in una lettera a Don Ferrante Carli. Questo “miracolo da far stupire” verrà confermato dalle curatrici in un approfondito percorso suddiviso in dieci sezioni: “Come si forma un pittore: il confronto con i maestri”, non soltanto l’apprendistato all’interno della bottega di un maestro più vecchio ma anche il luogo dove Giovanni Francesco Barbieri (questo il suo vero nome: il soprannome gli venne in giovanissima età, per lo strabismo dell’occhio destro colpa del gesto di un tale che, messosi a urlare all’improvviso, svegliò di soprassalto il piccolo che dormiva e che cominciò a stralunare gli occhi, finché il destro si bloccò in quell’accidente che lo avrebbe segnato per tutta la vita) viveva, quella Cento che è a metà strada tra Bologna e Ferrara, la prima con i suoi maestri, l’altra con il grande modello cinquecentesco di Dosso Dossi, habitat ampliato con il viaggio a Venezia che il pittore compì nel 1618, trovandosi a confronto con le opere della stagione cinquecentesca dei Tiziano, dei Tintoretto e dei Veronese; “Rappresentare la realtà: il paesaggio”, con gli esempi di una ricca produzione, se è vero, come attesta il biografo Cesare Malvasia, che Guercino disegnava in ogni momento della giornata, anche la sera dopo la cena, quando s’intratteneva con i familiari; “Da allievo a maestro: l’Accademia del nudo”, un’istituzione in proprio, nel 1616, due stanze messe a disposizione dall’amico Bartolomeo Fabbri, che vede la partecipazione di parecchi giovani, e “L’affermazione del pittore: viaggi, relazioni e committenze”, l’arrivo a Cento di Antonio Mirandola, eccellente promotore, i contatti con i Ludovisi e la protezione, il soggiorno a Roma, con il “Libro dei conti” a renderci conoscenza dei tanti, appartenenti alle differenti classi sociali, pronti a commissionargli opere. E poi ancora: “Nella bottega dell’artista: natura e oggetti in posa”, “Il processo creativo: L’invenzione, la riproposizione dei modelli, l’organizzazione della bottega”, uno sguardo affascinante sopra l’intero lavoro preparatorio delle varie tele (si pensi solo che il Guercino, “d’applicazione indefessa”, per la pala della “Vestizione di san Guglielmo”, oggi a Bologna, realizzò ben 23 disegni), “Il mercato e il prezzo delle opere”, dove ancora ci viene in aiuto il diario giornaliero delle entrate, una redazione che fu sino alla morte (nel 1649) compito del fratello Paolo Antonio e che poi Giovanni Francesco curò di persona sino al 1666, “Il mondo intorno al pittore: scienza vs magia”, “Il gran teatro della pittura” dove al centro si pone lo squillare del Barocco e il pieno coinvolgimento dello spettatore. “Un tema di successo: Sibille e “Femmes fortes”, infine, dove attraverso i nomi di Reni e di Domenichino, di Elisabetta Sirani e di Guercino appunto, si immortala il tema iconografico delle Sibille, coniugando con vivaci composizioni e nuove formule inventive, in un misto “di pudore e sensualità, di chiarezza e di mistero”, l’enigma della profezia e della gioventù intrecciata alla bellezza, il tema dell’arcaico a quello esotico.

Frammento non ultimo della importanza della mostra, le Giornate internazionali di studio promosse il 7 e 8 maggio dai Musei Reali e Università di Torino – Dipartimento Studi Storici, occasione necessaria per chi vorrà meglio conoscere e approfondire la figura del grande artista di Cento.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Guercino, “autoritratto”, 1630-1632, Londra, Schoeppler Collection; Guercino, “Il ritorno del figliol prodigo, Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda; Guercino, “Susanna e i vecchioni”, Madrid, Museo del Prado; Guercino, “Sibilla Persica”, 1647, Roma, Musei Capitolini – Pinacoteca Capitolina

Francesco Hayez, in mostra alla GAM di Torino

Hayez. L’officina del pittore romantico”, in mostra alla GAM di Torino fino al 1° aprile 2024, è il lungo percorso espositivo composto da più di 100 opere in grado di ripercorrere la lunga e vivace carriera di uno dei più importanti pittori romantici della storia dell’arte italiana, Francesco Hayez. La mostra sviluppa, attraverso opere e dipinti sapientemente organizzati in 10 percorsi espositivi, la narrazione tra il racconto della vita personale del pittore e il panorama culturale, politico e sociale del periodo dell’epoca.

Il percorso inizia dagli anni della formazione avvenuta in prima battuta a Venezia, città a cui Hayez è sentimentalmente legatissimo ma dove non ci sono gli stimoli culturali e le condizioni sociali per un giovane talentuoso di fare carriera. Da lì la decisione di spostarsi a Roma e affinare la sua formazione neoclassica grazie alla conoscenza e alla protezione di Antonio Canova. A testimonianza di questo passaggio fondamentale nella vita dell’artista, la prima sala ospita i dipinti più importanti espressione di questo stile come il “Lacoonte” (1812), “L’educazione di Achille” e il supremo “Atleta Trionfante” (1813).

Si passa poi alla sala focus dedicata ai crociati, dove su un’amplissima parete è esposto il dipinto “La Sete dei Crociati”, capolavoro e opera principale dell’artista che lo impegnò per più di vent’anni.

Lo stile romantico trova espressione a partire dalla quarta sala dove vengono esposte le opere che segnano l’inizio della nuova era pittorica di cui Hayez diverrà massimo esponente. Dal suo trasferimento a Milano, avvenuto nel 1820, il pittore focalizza le sue opere sui moti del 1820/1821 che in quel periodo animano la città. Ne è espressione la “La Congiura dei Lampugnani” (1826) nel quale Hayez descrive gli avvenimenti storici attraverso rappresentazioni simboliche nelle quali emergono i sentimenti che animano la città. Questo stile si pone in netta antitesi al freddo neoclassico finemente perseguito fino a quel momento. Fondamentale per la realizzazione di questo passaggio è l’incontro e la conseguente influenza del Manzoni, che in ambito letterario sta compiendo la medesima impresa dando nuova voce alla rappresentazione della popolazione in chiave “eroica”. Con lo stesso ha infatti stretto ideali e valori creando un’ legame culturale che influenzano molto il suo stile pittorico.

Si passa poi ad una sezione più intima della carriera dell’artista ovvero quella dedicata ai ritratti di Carolina Zucchi. Amante e modella del pittore, la donna viene raffigurata in modo intimo e ravvicinato allo spettatore dando una prospettiva del forte legame che univa i due amanti. Ne è un esempio l’opera “Ritratto di Carolina Zucchi” (1825). Qui Hayez dimostra tutta la sua abilità nell’introspezione psicologica e nella resa dei sentimenti dell’animo umano.

Una lunga sezione è poi dedicata ai quadri legati all’impegno civile dell’artista. A partire dalla fine degli anni ’20 del 1800 lo stesso viene consacrata a “pittore interprete dei destini della Nazione” e in qualità di “pittore civile” le sue opere sono testimonianze ampie e corali degli avvenimenti del periodo. Tra le principali troviamo “I Due Apostoli” (1825-1827). Il quadro è esplicazione dello spirito patriottico dell’artista che, per mezzo della rappresentazione dei due apostoli, ha modo di riprendere per mezzo delle vesti i colori delle vesti dei personaggi i colori bandiera italiana e di esprimere così il concetto di pittore civile per eccellenza.

Le ultime sale sono in la massima espressione dello spirito romantico dell’artista, cifra caratterizzante di questo incredibile artista. Ne è un esempio la sala dei ritratti ove sono raccolte numerose rappresentazioni che esprimono al meglio la capacità di Hayez di raccontare la “dimensione interiore del personaggio”. Tra queste il “Ritratto dell’imperatore Ferdinando I” (1840) dove il protagonista è colto in tutta la contraddizione: se pur nelle vesti vi è vigore e forza, dal suo sguardo emerge la sua fragilità e l’incapacità di affrontare le situazioni.

La mostra si chiude con un’ultima ed emozionante sala dedicata a Venezia, città che l’artista non ha mai dimenticato e che riesce a raccontare attraverso un racconto artistico dal quale emergono i sentimenti che prova nei confronti della città. Tra di essi in mostra il “Trittico della Vendetta”( 1851) e “L’accusa segreta” (1847-1848).

L’ultima sala è dedicata ai dipinti degli ultimi anni di carriera dove ancora, con vivacità e fermento, Hayez si dedicò all’arte.

La GAM offre al visitatore la possibilità unica non solo di approfondire la lunga e prodigiosa carriera dell’artista, di fare esperienza nei colori, linguaggi e nelle atmosfere che Hayez, con unica raffinatezza, è riuscito a rappresentare nei suoi dipinti. Questo grande uomo, che come ricordato da Giuseppe Mazzini, “nato da parenti poveri a Venezia, né pagano, né cattolico, né eclettico, né materialista: è un pittore idealista del secolo XIX. La sua ispirazione emana direttamente dal proprio genio e l’opera è la consacrazione della vita”.

Valeria Rombolà

Foto Gam

Metamorfosi: è la parola chiave della mostra ospitata a palazzo Madama “liberty. Torino capitale”

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Rimarrà aperta fino al 10 giugno prossimo l’esposizione “Liberty. Torino Capitale”, curata da Palazzo Madama e dalla Società degli Ingegneri e Architetti in Torino, con la collaborazione di Mondomostre, che vuole favorire l’ingresso di Torino nel RANN, Réseau art Nouveau network di Bruxelles e la sua candidatura a città patrimonio Mondiale UNESCO per il liberty, in questo modo valorizzando gli oltre cinquecento capolavori risalenti al quarantennio della belle Epoque e distribuiti su tutto il territorio cittadino, dalle botteghe al parco del Valentino.

La mostra, articolata in cinque sezioni vuole condurre un’analisi sulla società e cultura della seconda metà dell’Ottocento, fino al passaggio al Novecento sotto molteplici punti di vista. Lo stile liberty consiste in questa contrapposizione fra lo stile floreale, classico e decorativo, e lo stile modernista, inquieto e all’avanguardia.

A Palazzo Madama Torino riconquista il ruolo di capitale di quello “stile senza stile”, che avrebbe apportato il vero nel mondo vegetale e floreale, aggiungendovi gli elementi di una nuova modernità anti classica.

La mostra è una sorta di appendice postuma alla prima Esposizione di arte decorativa moderna del 1902, lo stesso parco in cui la fontana dei Mesi, unico elemento architettonico ancora esistente dell’apparato di edifici costruiti per l’Esposizione generale del 1898, organizzata a Torino per celebrare il cinquantenario dello Statuto Albertino, è simbolo della vitalità artistica della città. La fontana dei Mesi fu progettata da Carlo Ceppi, costruita in moderno cemento e attualizza gli elementi del rococò secondo i nuovi modelli del liberty, tanto che all’Esposizione Universale di Torino del 1902 partecipò anche la Liberty & CO, azienda specializzata nella compravendita di tessuti, ornamenti e oggetti importati dall’Estremo oriente, fondata a Londra nel 1875 e ben presto sinonimo in Italia delle nuove manifestazioni di arte applicate e di artigianato.

L’esposizione si apre con un omaggio all’eterno femminile, una celebrazione dell’immagine della donna che emerge con straordinaria forza visiva tra Ottocento e Novecento. Le opere di maestri quali Corcos, Canonica, Bistolfi e Boldini trasportano il visitatore in un’epoca di cambiamento sociale e estetico.

Presso la palazzina Turbiglio si potrà apprezzare in toto l’elemento architettonico che ha caratterizzato il panorama liberty torinese. Ci si potrà muovere tra abiti d’epoca molto eleganti, complementi d’arredo e accessori pregiati, sotto la luce dei lampadari dell’officina Mazzucotelli. Si potrà inoltre prendere coscienza dell’importanza nel liberty del ruolo della danza e del movimento, attraverso opere e immagini che comprendono il vaso portafortuna di Leonardo Bistolfi.

Fulcro della mostra è la Gran via, che narra la storia di Torino, la sua architettura e il suo ruolo cruciale per il mondo e l’Europa.

L’esposizione internazionale del 1902 viene rievocata attraverso opere originali e apparati iconografici che restituiscono la vivacità culturale del tempo e indagano profondamente l’essenza del liberty torinese.

All’interno della mostra vi è una sezione che celebra l’industria dell’arredamento e degli interni, delle pubblicazioni scolastiche, fino alla grafica pubblicitaria e alle riviste. È allora che il liberty diventa un linguaggio unificante che abbraccia l’intera società italiana, trovando in Leonardo Bistolfi il suo maggior interprete. Il centinaio di opere presenti nella Sala del Senato di palazzo Madama non bastano a definire tutto il liberty di Torino, anche se sono compresi pezzi eccellenti come il “Fuoco d’artificio” di Giovanni Boldini, il manifesto pubblicitario di Alfons Mucha, il modello in gesso per la vita nel monumento funebre Abegg di Leonardo Bistolfi.

Si può definire una mostra diffusa con tutti gli esempi architettonici che vengono fatti del liberty a Torino, dalla scuola elementare Santorre di Santarosa, ai bow window di villa Scott, protagonista del film “Profondo rosso” di Dario Argento, alle vetrine del caffè Mulassano in piazza Castello, per non parlare delle tracce in architettura come nella Bottega di Erasmo di Gabetti e Isola, edificio per abitazioni, uffici e negozi di Pietro Derossi in corso Unione Sovietica e la Casa dell’Obelisco di Sergio Iaretti ed Elio Luzi.

La parola chiave che rende conto di questa stagione europea molto feconda nel superamento del naturalismo, in nome di un simbolismo decorativo è ‘metamorfosi’, che ben indica il passaggio tra Otto e Novecento dal punto di vista estetico, sociale e geopolitico.

 

Mara Martellotta

 

“Impressioni oltre lo sguardo” in mostra a Bardonecchia

 

“Impressioni oltre lo sguardo”. E’ il titolo della mostra fotografica di Maria Laura Verdoia, che sarà inaugurata il prossimo 10 febbraio, alle 16.30, al Palazzo delle Feste di Bardonecchia.

“Una virtuale passeggiata al ritmo lento” nella quale Maria Laura Verdoia, guida naturalistica innamorata della bellezza e della fotografia, accompagnerà i visitatori in un percorso di meraviglia e contemplazione.

“Lo sguardo dei bambini, interrogativo, mai ovvio, uno sguardo che sogna, che ammira, che si stupisce: in questo caso lo sguardo di Zoe, la nipotina tanto amata e fotografata; lo sguardo degli animali, guardingo, attento, diffidente eppure incuriosito, fotografato sempre immerso nella luce, del cielo, dell’acqua, del bosco; lo sguardo sui paesaggi nel quale l’occhio si posa sul colore che sale e scende insieme alla luce sulle montagne; paesaggi che seguendo il ritmo delle stagioni, parlano di bellezza e che esistono perchè li vediamo, li chiamiamo, li fotografiamo”.

Tutto questo è raccontato nelle circa 35 fotografie esposte. Un itinerario tra gli sguardi degli animali, i paesaggi colti nelle quattro stagioni, per arrivare agli scatti più astratti del ghiaccio, della neve,della brina, dell’acqua, delle rocce e del sole. Un percorso che si conclude rasentando ‘il pittorico’, ossia fotografie realizzate con tecniche che richiamano la pittura. A chiusura di tutto due immagini dove l’assenza e’ il soggetto perchè spesso “in fotografia più togli meno è”. Un elogio dell’essenziale. Un modo per imparare a guardare oltre.

La mostra sarà visitabile fino al prossimo 3 marzo.
Orario di apertura: dalle 14.30 alle 17.30

Con cortese richiesta di pubblicazione