ARTE- Pagina 157

Inseguendo l’aurora

Appuntamento l’8, il 9 ed il 10 luglio con l’inaugurazione della nuova mostra dell’artista torinese Roberto Demarchi dal titoloInseguendo l’aurora”, sul tema dell’alba, tanto amato dalla letteratura e dellarte e più che mai attuale

Inseguendo l’aurora è il titolo della nuova mostra dell’artista torinese Roberto Demarchi, titolo che vuole essere esso stesso metafora non soltanto di una auspicata rinascita nel periodo storico che stiamo vivendo, ma anche del valore profondo dell’opera artistica e pittorica.

Con questa esposizione l’artista Roberto Demarchi appuntamento ai visitatori, collezionisti ed appassionati d’arte, per la sua prima mostra promossa dopo l’emergenza sanitaria che ha cambiato le nostre vite. E lo fa con tre serate artistiche distinte, in conformità alle norme vigenti, onde evitare affollamenti, mercoledì 8 luglio, giovedì 9 e venerdì 10 luglio prossimi, dalle 18.30  alle 21, nel suo spazio espositivo di corso Rosselli 11.

Il tema dell‘aurora ha ispirato l’opera ed il pensiero dell’artista torinese già in tempi antecedenti la pandemia, prendendo corpo e vita soprattutto nella produzione artistica di questi mesi dell’anno, contraddistinti dal lockdown e da una fase delicata che l’umanità si è trovata a vivere ed affrontare, sia dal punto di vista sanitario sia da quello psicologico. E le opere pittoriche di Roberto Demarchi in mostra, dedicate al tema dell‘aurora, declinano perfettamente questo tema sotto varie forme, alcune anche con riferimento ad opere liriche che presentano dei brani contenenti dei riferimenti ad essa.

Da sempre metafora della rinascita a nuova vita, l’aurora, che rappresenta la fase di passaggio tra la notte ed il giorno, si manifestacon il primo chiarore del mattino, ed è stata da sempre oggetto e fonte di ispirazione per la letteratura e l‘arte di tutti i tempi. Se già Shakespeare affermava “Dolce è l’alba che illumina gli amanti”, la poetessa inglese Emily Dickinson sottolineava che “a tutti è dovuto il mattino, ad alcuni la notte. A solo pochi eletti la luce dell’aurora”.

Le opere pittoriche di Roberto Demarchi ci illuminano metaforicamente in questo viaggio verso un’aurora che può benrappresentare un cammino di rinascita, da tutti auspicata in questa fase post Covid, in cui soltanto l‘unione virtuale di tutti, in nome di valori forti, e l’appellarsi ad un patrimonio collettivo di cultura e di arte potrà  consentire di riprendere il cammino, rinnovati nello spirito.

MARA MARTELLOTTA

 

 

Prenotazione

Telefonicamente al numero 3480928218 o via mail all’indirizzo rb.demarchi@gmail.com

Indicando giorno scelto ed eventualmente fascia oraria.

Mantegna, una campagna di monitoraggio della qualità dell’ambiente interno

Andrea Mantegna. Rivivere l’antico, costruire il moderno / La Fondazione Torino Musei ha avviato un progetto di controllo della qualità e salubrità dell’aria all’interno degli ambienti museali, rivolto non solo alla conservazione delle opere, ma anche al benessere e al comfort del visitatore.

L’innovativo progetto è stato realizzato per la mostra Andrea Mantegna. Rivivere l’antico, costruire il moderno, in corso a Palazzo Madama fino al 20 luglio 2020. La campagna di monitoraggio ambientale ha previsto l’installazione di due sensori di ultima generazione, posizionati nelle aree del museo interessate dalla mostra, che rilevano costantemente i parametri che influiscono sulla qualità dell’ambiente interno (composti organici volatili, polveri sottili PM10 e PM2,5, temperatura e umidità dell’aria, elettrosmog e CO2). I dati, elaborati settimanalmente, sono esposti in modo sintetico in museo, per informare le persone sul benessere ambientale e sulla qualità dell’aria che si respira durante la visita alla mostra.

Per l’elaborazione e l’analisi dei dati la Fondazione Torino Musei si è avvalsa della società Onleco S.r.l, esperta nel settore del monitoraggio, del comfort e della sostenibilità ambientale.

I riscontri evidenziano un’elevata qualità dell’aria all’interno dello spazio museale.

Da diversi anni La Fondazione Torino Musei applica procedure consolidate di controllo e manutenzione degli impianti di climatizzazione, di regolazione dei flussi dei visitatori e di accurata pulizia degli ambienti. Grande attenzione viene prestata ai cantieri di allestimento delle mostre, affinché non vi sia propagazione di polveri e inquinanti, attraverso l’accurata scelta dei materiali e la verifica delle lavorazioni.

Gli ottimi risultati rilevati dal monitoraggio dell’aria dimostrano l’efficienza degli impianti installati e delle misure di tutela adottate.

PALAZZO MADAMA – MUSEO CIVICO D’ARTE ANTICA – piazza Castello, 10122 Torino

Nuovi orari di apertura: giovedì e venerdì: 13.00 – 20.00, sabato e domenica: 10.00 – 19.00.

Chiuso il lunedì, martedì, mercoledì. La biglietteria chiude un’ora prima per l’ingresso alla collezione permanente e un’ora e mezza prima per l’ingresso alla mostra su Andrea Mantegna.

Biglietti collezione permanente e mostra Argenti preziosi: intero: € 10; ridotto: € 8; gratuito minori 18 anni, Abbonamento Musei, Torino + Piemonte card

Il Ri-nascimento di otto giovani artiste da Brera a Moncalvo

 La mostra Ri-nascimento organizzata da ALERAMO ONLUS nel Museo Civico di Moncalvo proseguirà fino al 26 luglio

Otto giovani artiste del collettivo” La Masca”, con alle spalle una approfondita formazione all’Accademia di Brera accolgono ogni suggestione dell’arte contemporanea, arte povera, body art performance, installazioni, concettuale, design ed ogni innovazione delle grandi avanguardie senza perdere i punti di riferimento del passato.

Le loro opere non sono indifferenti ai problemi della vita, non appartengono al nichilismo verso cui ci si avvia sempre più; specializzate in teoria e pratica della terapia artistica, non svuotano l’arte di espressività e simbolismi, recuperando il passato annodato alla contemporaneità.

Anna Bassi attraverso la tessitura di tappeti, che ha valenza di preghiera, riporta in vita spunti letterari e miti; Monica Rocca con ritratti si affida al figurativo indagando temi esistenziali; Giulia Lungo evidenzia temi sociali attraverso intense fotografie; Anastasia Talana propone fotografie sottilmente ironiche alla base di studi antropologici; Letizia Huancahuari con scritti su carta e sul corpo, esso stesso opera d’arte, rielabora antichi riti per riaccendere valori perduti.


In ognuna prevale la tendenza a sciogliere la linea di demarcazione tra arte applicata e arte vera e propria col dare dignità ai materiali poveri, stoffa, carta, pelle, legno.
Così è per Francesca Pellone che in frammenti di carta scrive momenti della propria vita; per Marta Gianinetti con simbolici abiti in stoffa e per Beatrice Canavesi con scatole in legno colme di bustine di the affiancandosi al Dada e al Ready Made.

Giuliana Romano Bussola

 

 

Orari mostra sabato-domenica 10-18
Altri giorni su appuntamento cell 3519493084
Museo Civico Moncalvo Via Caccia 5

Un omaggio alle pennellate e ai paesaggi di Alfredo Ciocca

“Sessant’anni di pittura” nella Chiesa di Santa Croce a Avigliana

Una bella tappa, festeggiare i sessant’anni di una professione che ha occupato, fin qui, un’intera esistenza.

Una professione completa, di vita, a tutto tondo. Fortunatissima. E Alfredo Ciocca, casalese di nascita ma dal 1980 tra i primi cittadini di Avigliana – dove opera attraverso manifestazioni, una scuola di pittura, lasciti e tele nelle chiese della città medievale (ma la sua attività negli anni si è spinta pure assai lontano, basterebbe ricordare all’inizio degli anni Novanta le mostre in Sud Africa) -, questa lunga carriera la festeggia in questi giorni (“Sessant’anni di pittura” appunto, patrocinata dalla Città di Avigliana in collaborazione con l’Associazione “arte per Voi”, fino a domenica 5 luglio, orari giovedì venerdì sabato dalle 15,30 alle 19,30 e la domenica dalle 11 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 19,30) presso la Chiesa di Santa Croce, in piazza Conte Rosso. Un’occasione per vedere riaffermata la piena maturità di un’Arte, di un percorso – iniziato con gli insegnamenti di Dario Treves – che è avanzato guardandosi sempre intorno tra paesaggi assolati o nevosi, tra scorci di paese magari rintanati nella propria solitudine o aperti a piccole presenze, tra gli spazi sempre conservati per quei ritratti, per quei tipi che altre volte popolano quasi con prepotenza certe sue opere, ma anche per riaprirsi gioiosamente al mondo dopo la necessità dell’io resto a casa, per rivedere la partecipazione del proprio pubblico, per riguardarsi negli occhi con l’amicizia e l’interesse di sempre.

Prepotenza, si diceva. È prepotente è anche la pennellata di Ciocca, massiccia tanto da non lasciare nulla all’immaginazione e rendersi corpo, ricreando la realtà, che stabilisce i piani visivi, vicini o meno; è bello quel suo caricare di ampi colori e di giusti particolari la tela, irrobustendola con preziosi giochi di luce, senza ingombrarla con quel di più che certo potrebbe sbilanciare il piacere dell’occhio di chi guarda, è da sottolineare (se ancora ce ne fosse bisogno) quella semplicità e quella naturalezza che ci appaiono senza nasconderci i messaggi di vita che il pittore vuole da sempre suggerirci. Certe nevi che ricoprono la campagna o fanno di un perso cancello un panorama quasi surreale, certi angoli cittadini con le vecchie case imbiancate o i muri scrostati o le sagome che avanzano a fatica sono impronte di verità, di immediata autenticità o di trasognata poesia, lasciano avvertire sulle tele emozioni che non ci possono lasciare indifferenti, e quel discorso sul paesaggio e sulle diverse stagioni che sta a cuore all’artista reclama è vero una propria e precisa personalità senza dimenticare le radici che affondano nei terreni di Tavernier e di Enrico Reycend, di Matteo Olivero e di Giulio Boetto. E di molti altri. Una natura e una vita tranquillamente intesa che sono le aree dentro cui continua a vivere la pittura di Ciocca, regalando emozioni, con successo.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, alcune opere di Alfredo Ciocca

Riapre il rivellino degli invalidi della Cittadella

Dal 28 giugno e tutte le prossime domeniche nel periodo orario 15-19 e 21-23

Domenica 28 giugno, riapre di nuovo alle visite, come avanguardia per l’apertura del museo Pietro Micca, l’Area Archeologica del Rivellino degli Invalidi della Cittadella, l’ultimo dei siti scoperti del prezioso patrimonio sotterraneo di Torino, che rende la città speciale in ambito europeo.

Il Rivellino degli invalidi rappresenta il primo recupero in assoluto di un settore delle opere fortificate “di superficie” della Cittadella di Torino dai tempi della sua demolizione, iniziata dalla seconda metà del XIX secolo.

Riemersi nel corso degli scavi del parcheggio iniziati nel 2015, i resti delle fortificazioni costituiscono parti significative delle opere difensive della cittadella appartenenti al fronte sud compreso fra i bastioni “Il Duca” e “S. Lazzaro”, dove a inizio nel 1639 iniziò la costruzione di una ulteriore opera di difesa a pianta triangolare composta da un terrapieno rivestito da solide muraglie a scarpa dotate di parapetto lungo le due facce rivolte verso il nemico e un muro sul lato rivolto verso la cinta principale della Cittadella da cui era separato da un ampio fossato. Queste difese, che furono contemporaneamente costruite anche tra gli altri bastioni, si chiamavano in termine tecnico Rivellini e quello ritrovato, unico esempio rimasto, è il Rivellino detto “degli Invalidi” perché durante l’assedio non venne interessato agli attacchi diretti e vi furono pertanto destinati in prevalenza i soldati con rminori capacità operative.

Si accede all’Area archeologica attraverso un ingresso autonomo all’altezza del nr 14 di corso Galileo Ferraris, che porta a circa 6 metri sotto il livello stradale dove è visibile un buon tratto del fossato e del fronte di gola del Rivellino rivolto verso la Cittadella e anche l’unico segmento ritrovato delle mura del primo ampliamento urbanistico della Città, risalente al 1619, che costituisce la struttura muraria più antica fra quelle rinvenute, fino ad oggi l’unica testimonianza visibile delle difese della prima espansione della Città, che attraverso la via Nuova (oggi via Roma) e la piazza Reale (oggi San Carlo) univa piazza Castello con la Porta Nuova, l’attuale stazione, che dava accesso al nascente borgo di San Salvario e alla residenza sabauda estiva del Castello del Valentino.  L’ampliamento della città e le relative mura furono iniziati da Ercole Negro di Sanfront proprio nel 1619 e terminate da Carlo di Castellamonte negli anni ‘30 del XVII secolo.

Attraverso un ponticello si entra poi nei resti della polveriera delle mine, salvaguardata solo in parte e unica trovata tra quelle dell’epoca e pertanto testimonianza unica di tali infrastrutture operative e di servizio; dalla polveriera si accede poi nella galleria di collegamento tra la polveriera e la cittadella che passava al di sotto del fossato, entrambe risalenti agli anni ‘80 del XVII secolo. Quest’ultima, analoga alla cinquecentesca comunicazione del Pastiss, messa in luce nel 2001, e alla settecentesca “Grand Galerie”, parte delle contromine della Mezzaluna del Soccorso, recuperata nel 1958 e accessibile dal Museo Pietro Micca, è la prima grande galleria di comunicazione fino ad oggi recuperata databile a questo periodo. Un tratto del fossato principale della Cittadella e le adiacenti rampe di accesso al terrapieno del rivellino, conservate in buona parte, concludono la visita delle strutture principali.

Guida il visitatore a scoprire il complesso sistema difensivo e i resti delle opere eccezionalmente rinvenute e preservate un dettagliato apparato illustrativo consistente in 17 grandi pannelli didattici disposti lungo le pareti dell’area archeologica,

Quest’anno, il patrimonio sotterraneo di Torino facente capo alle gallerie di Pietro Micca, della Fortezza del Pastiss e del Rivellino degli Invalidi è inserito nei “LUOGHI DEL CUORE” del FAI Italia, per i quali è in corso la votazione fino al 15 dicembre.

 

La gestione delle visite è affidata alla Associazione Amici del Museo Civico Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706 che ha aperto alle visite, secondo le previste norme di sicurezza del Covid, già il 24 giugno e proseguirà in

tutte le prossime domeniche nel periodo orario 15-19 e  21-23

con visite continuative secondo l’orario di arrivo.

 

Per assicurare una visita piacevole nella massima sicurezza l’accesso è organizzato nel rispetto di semplici norme di comportamento (distanza interpersonale, uso della mascherina per tutta la permanenza nel sito, misurazione iniziale della temperatura, disponibilità di erogatori di gel igienizzate all’ingresso e durante il percorso, pulizia frequente dei mancorrenti delle scale).

 

Non è prevista la prenotazione e le visite sono gratuite.

Il sito non è abilitato per disabili motori.

 

Per visite in altri momenti, è possibile solo a prenotazione, nell’intesa che la visita sarà organizzata quando si raggiunge un gruppo/numero adeguato di visitatori.

 

Per il museo Pietro Micca e per la Fortezza del Pastiss, sono in corso le procedure per garantire il prima possibili le visite in completa sicurezza. Ci scusiamo dell’a attuale impossibilità alle visite.

 

Informazioni e prenotazioni c/o Museo Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706:

 

Per contatti e informazioni particolari:

gen. Franco Cravarezza, direttore@museopietromicca.it

Alla “Venaria Reale” l’arazzo ispirato all’opera di Raffaello Sanzio

“Madonna del Divino Amore, 1523-1538”, restaurato dal Centro Conservazione e Restauro della Reggia. Fino al 6 settembre

L’evento rientra nelle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520). E’, infatti, in questo importante e ricco solco commemorativo, che ritorna alla Reggia de “La Venaria Reale”, dopo l’accurato lavoro di restauro compiuto dal Centro Conservazione e Restauro della stessaresidenza sabauda e dopo essere stata esposta nei mesi scorsi (fino alla chiusura imposta dall’emergenza sanitaria) al “Museo della Ceramica” di Mondovì, la “Madonna del Divino Amore o della Benedizione”: 307 x 202 cm., si tratta di un prezioso arazzo realizzato ad inizio Cinquecento dalla raffinata Manifattura di Bruxelles, su cartone di Lambert Lombard (artista belga fra i più dotati del Rinascimento nord europeo), da un’opera di Raffaello e proveniente dal Museo Pontificio “Santa Casa” di Loreto. L’arazzo, esposto fino al prossimo 6 settembre nella sacrestia della Cappella di Sant’Uberto a “La Venaria”, sarà visibile gratuitamente nel percorso di visita della Reggia etraduce, con filati preziosi, una delle immagini più note della produzione pittorica dell’Urbinate, olio su tavola databile verso il 1516 che ebbe grande fortuna critica, soprattutto nel XIX secolo, quando venne denominataper l’appunto “Madonna del Divino Amore”. Per la storia, il dipinto raffaelliano che vede raffigurati laMadonna con Bambino, Sant’Anna e San Giovannino, è identificato con quello citato dal Vasari per Lionello Pio da Carpi, in seguito acquistato da Alessandro Farnese il Giovane nel 1564 ed oggi conservato per l’ appunto nella Collezione Farnese del Museo di Capodimonte aNapoli. L’opera, ad esso ispirata e presentata alla Reggia, era parte di una serie tessuta su modello raffaellesco narrante episodi della vita della Vergine, commissionata dal potente Vescovo di Liegi Érard de la Marck. Nel XVII secolo divenne proprietà di Papa Alessandro VIII Ottoboni e nel 1723 il nipote, il Cardinale Pietro Ottoboni, ne fece dono al Santuario di Loreto. L’odierno allestimento dell’arazzo è l’ultima tappa di un progetto nato dalla collaborazione tra la Fondazione CRC e il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, nell’ambito di un programma pluriennale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e che ha come concept quello di portare un’opera importante nei laboratori del Centro per un intervento di studio, analisi e conservazione, i cui risultati possano essere espressi in un’esposizione pubblica. Così, dopo i progetti che hanno riguardato opere di Manet e Kandinskij, con Mostre nel 2017 e 2018 presso il Museo della Ceramica di Mondovì, consueto partner dell’iniziativa, l’operazione 2019- 2020 è stata dedicata appunto alle celebrazioni del Cinquecentenario della morte di Raffaello. Il progetto– sottolinea Stefano Trucco, presidente del Centro Conservazione e Restauro – ci ha permesso fra l’altro di continuare la collaborazione con il Museo Pontificio di Loreto, iniziata anni fa con interventi su altri arazzi delle serie raffaellesche lì conservate. Abbiamo voluto che quest’anno ci fosse anche una valorizzazione del nostro lavoro non solo sul territorio cuneese per il quale il progetto con la Fondazione CRC è nato, ma anche nella Reggia di Venaria. L’esposizione nella Sacrestiadella Cappella di Sant’Uberto è un’ambientazione perfetta che ricrea il senso e lo scopo per il quale l’opera era stata creata, per la devozione privata di un grandissimo collezionista del Cinquecento”.

Gianni Milani

“Madonna del Divino Amore”

Reggia “La Venaria Reale” – Cappella di Sant’Uberto, piazza della Repubblica 4 Venaria Reale (To); tel. 011/4492333 o www.lavenaria.it

Fino al 6 settembre

Orari: mart. – ven. 14,30/18,30 ; sab. – dom. e festivi 10,30/18,30

Riaprono in sicurezza castelli e dimore storiche

Sono molteplici i castelli e le dimore storiche presenti sul territorio della provincia di Torino. Luoghi spesso poco conosciuti che conservano un fascino antico, legato a storie, intrighi e passioni e oggi più che mai adatti alla ripartenza. In base alle tendenze attuali, infatti, domina il turismo di prossimità privilegiando gli spostamenti con mezzi propri e scegliendo formule di intrattenimento nel tempo libero all’aria aperta, in luoghi non affollati e spazi incontaminati.

DA DOMENICA 28 GIUGNO VISITE NELLE DIMORE NOBILIARI DEL CANAVESE, PINEROLESE, COLLINA TORINESE E VALSUSA

Al via quindi l’VIII edizione dell’iniziativa “Castelli e dimore in provincia di Torino” realizzata dall’ATL Turismo Torino e Provincia con l’obiettivo di promuovere il patrimonio storico-culturale rappresentato dai castelli e dimore storiche del territorio della Città Metropolitana di Torino con la collaborazione dei proprietari dei castelli, dei Comuni coinvolti e, per il Pinerolese, dell’Associazione Dimore Storiche Italiane.

Si parte DOMENICA 28 GIUGNO – nel rispetto delle misure previste dal Decreto del Presidente della Giunta Regionale relativo alle riaperture del Piemonte – e si prosegue DOMENICA 26 LUGLIO, DOMENICA 30 AGOSTO, DOMENICA 27 SETTEMBRE.

I castelli e le dimore storiche coinvolte sono:

CANAVESE
Castello e Parco di Masino
Palazzo D’Oria a Ciriè
Castello di Foglizzo
Castello dei Conti Frola di Montanaro

PINEROLESE
Castello di Osasco
Castello di Piobesi
Casa Lajolo a Piossasco
Castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo
Palazzotto Juva a Volvera

COLLINA TORINESE
Giardino delle Erbe Aromatiche di Casa Zuccala a Marentino
Castello di Pralormo

VALLE DI SUSA
Torre e Ricetto di San Mauro di Almese
Castello e Borgo Medievale di Avigliana
Castello Contessa Adelaide di Susa

Per visitare i castelli e le dimore storiche è obbligatorio l’uso della mascherina, tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene (la dimora ospitante mette a disposizione idonei mezzi detergenti all’ingresso oppure presso i servizi igienici) e osservare le distanze interpersonali di almeno 1 metro, in particolare negli spazi chiusi.
La prenotazione è obbligatoria via telefono o via mail ai recapiti indicati sulle pagine web e social dei singoli aderenti al fine di garantire piccoli gruppi di visita contingentati a cadenza oraria.
Sarà responsabilità del castello e della dimora storica organizzare l’ingresso contingentato, prevedere un percorso monodirezionale, contrastare il rischio di prossimità tra persone, impedire l’aggregazione negli spazi all’aperto nel rispetto della normativa vigente.
L’ingresso ad alcune dimore storiche è a pagamento, è previsto il biglietto ridotto per i possessori di Torino+Piemonte Card.
Per ulteriori dettagli su tutte le aperture ed iniziative delle singole dimore e sulle modalità di accesso consultare:
https://www.turismotorino.org/it/castelli-e-dimore-storiche-2020 https://www.facebook.com/events/1928439690788647/

“Dalla parte dei Renoir…”

“Per me, in tutto il mondo, non esiste un villaggio comparabile con questo. Qui ho vissuto gli anni più belli della mia infanzia…”. Così il regista Jean Renoir descriveva il suo rapporto con Essoyes, paesino dello Champagne, dove Aline e Pierre-Auguste Renoir acquistarono nel 1896 una casa nella quale, per 30 anni, insieme ai loro figli Pierre, Jean e Claude, trascorsero lunghe estati.

La tranquillità e la serenità del piccolo borgo del quale era originaria la moglie Aline consentiva al pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir di realizzare le proprie opere, trovando la propria ispirazione nel paesaggio che lo circondava, nel borgo, nella chiesa e le modelle nelle ragazze del paese che il suo pennello velava di colore, quasi dissolvendone i contorni e, così, eternizzandole.
Renoir aveva aderito alla “Societé anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs”, istituita su suggerimento di Pissarro per organizzare esposizioni, della quale facevano parte anche Monet, Sisley, Degas e Berthe Morisot e il 15 aprile 1874 fu tra gli artisti della mostra organizzata presso lo studio del fotografo Nadar, mostra che suscitò l’ilarità di molti critici sostenitori delle linee classiche dei dipinti dell’Accademia e che portò uno di loro a coniare il termine “impressionisti” in spregio al dipinto “Impression, soleil levant” di Claude Monet, definito simile ad una carta da parati.

© Archives Cagnes sur Mer – Renoir peut-être dans son atelier essoyen, vers 1895

La luce, ossessione di Monet, rappresenta uno degli elementi principali anche dei dipinti di Renoir, una luce che accarezza, dissolve, sfuma, attraversa gli edifici, gli alberi, i capelli e la pelle, i volti dei bambini, le carni delle bagnanti opulente, una luce che sembra illuminare dall’interno ogni soggetto e che si riverbera sullo spettatore esterno.  Oggi, a cento anni esatti dalla morte di Pierre-Auguste Renoir tutto ad Essoyes continua ad essere permeato dalla stessa luce dei suoi quadri, influenzato dal suo passaggio. Attraversando Essoyes si ha l’impressione di procedere alla ricerca di un tempo perduto, di quella “parte dei Renoir” che, passo dopo passo, rivela al visitatore le sue storie, quelle dei momenti conviviali di una famiglia felice, quelle dei tanti dipinti realizzati in questi luoghi, ma anche quelle dolorose degli anni di malattia di Renoir, costretto da un’artrite reumatoide su una sedia a rotelle a dipingere con i pennelli legati alle mani, e, infine, a rifugiarsi nel Domaine des Collettes a Cagne sur Mer in Costa Azzurra, alla ricerca di un clima più favorevole alla sua malattia.

Il “percorso Renoir” si snoda nelle vie del borgo, lungo le sponde dell’Aube, nell’atelier che conserva, tra i ricordi, la commovente sedia a rotelle dell’artista, nella casa dove tutto è rimasto intatto, quasi pietrificato dal tempo, fino al cimitero nel quale riposano Pierre-Auguste Renoir, sua moglie Aline e i loro tre figli. Aline si spense a Nizza nel 1915, Pierre-Auguste a Cagne-sur-Mer il 3 dicembre 1919. Inizialmente sepolti nel vecchio cimitero del castello di Nizza, il 7 giugno 1922 vennero trasferiti nel piccolo cimitero di Essoyes, secondo la volontà da loro espressa in vita. I loro figli Pierre, Jean e Claude, condividendo quella stessa volontà, riposano nel cimitero del piccolo villaggio dello Champagne: Claude, il ceramista insieme alla madre, Pierre, l’attore, e Jean, il regista, nella stessa tomba del padre.  La commemorazione per il centenario della morte di Pierre-Auguste Renoir, che si terrà nel camposanto di Essoyes il 3 dicembre prossimo, non rappresenterà soltanto un omaggio al pittore impressionista, ma un tributo a tutta una “famiglia di artisti”.  Quest’anno ricorre anche il 40° anniversario della scomparsa di Jean Renoir.
Al destino piace giocare con le date, mescolare le carte, creare strane coincidenze: 1919 muore Pierre-Auguste, 1979 Jean.

Le “village des Renoir” continua a conservare la stessa serenità dei tempi lontani e, cristallizzato nella sua semplice bellezza, trasmette pace e di tranquillità, quelle stesse sensazioni che emanano i dipinti di Renoir: una pacata, semplice felicità. Scriveva Jean Renoir “Ho girato dei film che ho desiderato girare. Li ho girati con persone che erano più che dei collaboratori, erano dei complici. Ecco, io credo, una ricetta della felicità: lavorare con persone che si amano e che vi amano molto”.  In queste parole viene svelato anche il segreto della gioia di vivere leggera, ma palpabile che emanano le opere di Renoir: sono il lavoro di un artista circondato da persone che lo amavano e che amava molto.

Barbara Castellaro

I fine settimana dei Musei Reali tra visite speciali e lezioni di cucina

Ogni sabato e domenica guide e storici dell’arte di CoopCulture e dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” invitano a scoprire le sale di rappresentanza e il secondo piano di Palazzo Reale. Al Caffè Reale Torino lezioni di cucina e cene speciali

 

Torino, 18 giugno 2020. Con l’arrivo dell’estate riprendono le attività dei Musei Reali, che il 2 giugno hanno riaperto al pubblico gli spazi del complesso museale nel cuore di Torino: ogni sabato e domenica si potranno visitare due percorsi con storici dell’arte e guide di CoopCulture. Il primo itinerario, “Bentornato a Palazzo!”, alle 12 e alle 15, è dedicato alla scoperta delle sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale, della collezione dell’Armeria e della Galleria della Sindone, dove è possibile scorgere il restauro “a vista” dell’altare della Cappella. Il percorso, della durata di un’ora, è visitabile in gruppi composti al massimo da 8 persone ciascuno, al costo di 7 euro oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali. Le visite in piccoli gruppi sono il valore aggiunto dell’attuale esperienza di fruizione, favoriscono un approccio più lento e consapevole, emozionante e gratificante.

 

Il percorso prosegue al secondo piano, alle ore 11.30, 13 e 15.30, nell’Appartamento dei Principi di Piemonte, con il suggestivo affaccio sul terrazzo dal quale ammirare i Giardini Reali e piazza Castello. Le sale, che presentano l’allestimento realizzato per Vittorio Emanuele II e la consorte Maria Adelaide d’Asburgo Lorena, sono arricchite da una piccola esposizione temporanea dedicata alla figura del sovrano, in occasione del bicentenario della nascita. Le visite sono condotte anche dai volontari dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” alle ore 11, 12, 15, 16, 17 e 18, al costo di 7 euro.

 

Le visite guidate a cura dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” sono acquistabili in biglietteria, mentre quelle condotte da CoopCulture si possono anche prenotare online sul sito www.coopculture.it (maggiori informazioni al numero 011 19560449 o via e-mail all’indirizzo info.torino@coopculture.it).

 

Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale, il Caffè Reale Torino accoglie i visitatori per un momento di ristoro in una cornice unica ed elegante, tra oggetti provenienti dalle collezioni sabaude. A giugno e a luglio la cucina della tradizione piemontese è protagonista di un ciclo di lezioni alla scoperta di specialità del territorio, come flan di spinaci con fonduta (19/6), bagnetto verde e rosso (20/6), verdure ripiene (26/6), savoiardi e tiramisù (27/6), carpione (3/7) e bunet (4/7). Gli incontri si svolgono dalle 17 alle 19 per un numero minimo di 12 persone. Il costo è di 20 euro per gli adulti, 28 euro per chi partecipa con un minore. Ogni venerdì e sabato di giugno è possibile partecipare anche alle cene speciali “Grill and Traditional Arcade”. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net

Osservati da più dimensioni: spiriti e “guardiani di soglia”

Torino, bellezza, magia e mistero     Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e “guardiani di soglia”

A Torino si ha il sospetto di essere sempre osservati, e forse non è solo un’impressione, dato che nella città ci sono più di dieci mila telecamere. Ma non è unicamente la tecnologia a tenere sotto controllo i Torinesi: fessure e fori misteriosi si aprono a terra, ai bordi delle strade, simili a occhi demoniaci, come le fenditure presenti in via Lascaris, inoltre, dall’alto sembrano controllarci incessantemente quegli strani mostri che numerosi si affacciano dalle pareti delle case, quegli esseri grotteschi ed inquietanti, sempre attenti, e sempre enigmatici. Essi sono visibili soprattutto sui palazzi più antichi, caratterizzati dalla presenza di un particolare elemento ricorrente: mascheroni in stucco, collocati sull’architrave dei portoni oppure sopra o sotto i riquadri delle finestre. Sono i “guardiani di soglia”, e hanno un valore altamente allegorico. Simboleggiano il confine tra il dentro e il fuori, ciò che si può vedere e ciò che deve restare nascosto, e impediscono che entrino in casa persone o presenze indesiderate. Come mai hanno un aspetto bislacco? Davanti ad una figura stravagante non si può trattenere un sorriso, ma così facendo, tutte le intenzioni bellicose svaniscono, e la casa è al sicuro da eventuali malignità. Ma se ci fosse ancora qualcun altro che ci osserva? Qualcuno che noi non possiamo vedere, che ogni tanto ci pare di percepire. Qualcuno che forse ci guarda come fossimo delle ombre con cui non si può interagire?


Torino pullula di spiriti, è sovraffollata di fantasmi che parrebbero non voler abbandonare la meravigliosa città nemmeno varcata l’ultima soglia. C’è chi sostiene di aver visto una strana vecchia in via XX Settembre, chi invece, sempre nella stessa strada, una coppia di fantasmi, deceduti probabilmente nel 1861, in un incendio, tesi nella ricerca dei loro parenti; al Municipio c’è un fantasma che muove gli oggetti ed emette strani rumori; ancora, in via della Basilica, ogni 10 del mese, compare una donna avvolta in una particolare luce, a chi la incontra chiede di essere perdonata di non si sa quale peccato. Presso la Basilica Mauriziana si aggira lo spirito di Pietro Cambiani, un inquisitore assassinato il 2 febbraio 1365; Piazza Palazzo di Città è infestata dal fantasma di un cordaio che si è impiccato legandosi alla sporgenza di un tetto, pare sia un ectoplasma dispettoso, che fa cadere le cose appoggiate al davanzale. Al Castello del Valentino, nelle notti fredde e buie, si può sentire il cocchio di Madama Cristina, trainato da cavalli infernali imbizzarriti, lo si può intravvedere nell’ombra correre fino a gettarsi nel fiume per poi sprofondare. In via San Francesco da Paola c’è il malinconico spirito della “Bela Caplera” (Bella Cappellaia); ancora degli spiriti regali sono stati avvistati presso la Chiesa della Consolata, forse Maria Adelaide di Savoia, mentre Filippo d’Agliè è solito aggirarsi al Monte dei Cappuccini.

L’elenco è ancora lungo. Luci improvvise nella notte, voci che si perdono tra le vie più strette, oggetti che si spostano, anime che non si arrendono a doversi distaccare da questo mondo. E in questa moltitudine di spiriti vi sono anche delle vittime di tragiche storie d’amore, come quella della figlia di “Monsù Druent”, vissuta a Palazzo Barolo. Elena Matilde Provana di Druento, figlia del conte Giacinto Antonio Ottavio Provana di Druento, si sposò con suo cugino, il marchese Gerolamo Gabriele Falletti di Castagnole, il giorno 3 febbraio 1695. Il matrimonio combinato si trasformò, come in una bella favola, in un matrimonio d’amore, tuttavia i due protagonisti non riuscirono ad avere il loro lieto fine. Il giorno delle nozze avvenne un doppio infausto presagio: crollò un pezzo dello scalone del palazzo e la sposa perse la collana che le era stata regalata dalla duchessa Anna Maria di Orléans. Nonostante gli avvertimenti del destino, la cerimonia non venne interrotta. Dall’unione dei due nacquero tre figli. Successe poi che “Monsù Druent” non volle pagare la dote della figlia e se la riprese in casa. Elena impazzì dal dolore e il 24 febbraio del 1701 si suicidò lanciandosi dalla finestra del primo piano. Quell’anno c’era molta neve e il colpo si attutì, la donna non morì sul colpo, ebbe il tempo di essere riportata nel palazzo e di spirare distesa su una panca di pietra che si trovava nell’androne.

Anni dopo, Ottavio Giuseppe Provana, uno dei figli di Elena, incaricò l’architetto Benedetto Alfieri di ristrutturare l’edificio, quest’ultimo, memore dell’infausto avvenimento, decise di inserire per ornare le finestre delle teste di putti, tutti sorridenti, tranne uno, quello posto sotto la finestra da cui si buttò la giovane sventurata. Ogni fantasma degno di nota compare con la luna piena, e quello di Elena non è da meno. Si dice che in quelle circostanze il suo spirito si aggiri, ancora dolorante per le sventure patite in vita, per le sale di Palazzo Barolo, alcune volte in compagnia dello spirito di Silvio Pellico, (1789-1854), anche lui inquilino dell’edificio, dopo la prigionia nella fortezza dello Spielberg.

Con le più che numerose testimonianze di chi giura di aver visto o sentito “qualcosa”, viene quasi naturale crederci. Una delle testimonianze più ravvicinate avvenne nelle gallerie sotterranee della cittadella: un bambino, durante una classica visita guidata, si era staccato dal gruppo e si era perso. Il piccolo aveva iniziato a correre lungo gli angusti corridoi, in preda al panico, finché un gentile signore non lo accompagnò cortesemente fino all’uscita. Un signore con la divisa settecentesca del battaglione Lyonnais. Ma le storie di fantasmi sono innumerevoli, alcune ci commuovono, altre ci fanno paura, perché gli spiriti sono come le persone, alcuni buoni e altri un po’ meno, ma tutti bisognosi di essere compresi.

Alessia Cagnotto