ARTE- Pagina 144

“Ivan Theimer. Selva simbolica” All’ “Accorsi-Ometto” di Torino

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Realtà e mito si fondono nella grandiosità delle sculture dell’artista franco-ceco  Fino al 19 settembre

Assai sinteticamente (ma in modo decisamente riduttivo) per molti è l’“artista degli obelischi”. In Francia – dov’è emigrato nel 1968 dalla natia Olomouc, dopo l’occupazione sovietica della Cecoslovacchia – per tanti è sempre lo “scultore di Mitterand”, in quanto proprio dall’allora (1989) Presidente della Repubblica francese gli fu commissionato il “Monumento dei diritti dell’uomo e dei cittadini”, situato nel Champ de Mars e i tre obelischi in bronzo per il Palazzo dell’Eliseo.
Solo alcune delle grandi opere monumentali, obelischi soprattutto, realizzate per numerose piazze d’Europa. Oggi Ivan Theimer vive fra Francia e Italia, fra Parigi e Pietrasanta, coltivando ancora una forte passione per i viaggi in luoghi remoti alla ricerca di paesaggi che ama fissare in deliziosi acquerelli, ben studiati nei giochi di luce e trasparenze di colore. A lui il Museo “Accorsi-Ometto” di Torino dedica oggi, e fino al 19 settembre, una personale, di quelle da non perdere. Una mostra, curata da Marco Meneguzzo, articolata in un’ottantina di opere (fra sculture, dipinti, grafica e disegni) che partono dal Cortile del Museo di via Po per accedere al secondo piano negli spazi espositivi interni della Galleria. Già ben esemplificativo, oltreché suggestivo, il titolo: “Selva simbolica”. E il perché ce l’abbiamo subito al primo impatto, davanti agli occhi, varcando la soglia del Cortile, in cui svettano (sempre in verticale, direzione-cielo) opere scultoree che rappresentano l’esatto emblema della sua vita e del suo lavoro come incontro continuo di due elementi: “uno minoritario, di rappresentazione della realtà e uno preponderante, di allegoria, metafora, mito, simbolo”. Ecco allora quell’antico Cortile diventare altro. Ci si aggira fra immagini di perfetta assoluta realtà, grandiose e monumentali, un “urlo” d’arte pura, trasformate in simboli strettamente legati al mito. Una selva, riflessa nello sviluppo plastico in verticale, con le sue tipologie ripetute. Ma “selva simbolica”. Dove una serie di obelischi in bronzo dipinto fa da cornice a un gruppo di bambini con copricapi orientaleggianti, con frutti e pesci tenuti fra le mani e poi tartarughe e stele su cui svetta l’imponente “Arione”, Arione di Metimna o di Lesbo, il citarista dell’antica Grecia prediletto da Periandro, tiranno di Corinto, tratto in salvo dalle acque del mare da un delfino che lo portò fino al santuario di Poseidone a Capo Tenaro. Mito e ancora mito. Allegorie che sfidano il reale. In un percorso stilistico di grande preziosità e raffinate cesellature che richiamano ad un manierismo toscano alla Benvenuto Cellini, ma anche al simbolismo e agli antichi classicismi, dalla civiltà egizia a quella greco-romana. Dal Cortile alla Galleria interna. Qui troviamo dipinti legati agli esordi dell’artista (allievo all’“Ecole des Beaux-Arts” di Parigi, dove riprende gli studi d’arte già conclusi in patria), minuziosi disegni su carta e i suoi “trous” o “buchi” dipinti dalla fine degli anni Sessanta e “scavati in un terreno metafisico – ricorda Marco Meneguzzo – in un luogo assolutamente non realistico, più vicino a un paesaggio surreale di Yves Tanguy che a un qualsiasi luogo reale”. Dopo la “Sala Tartaruga” dedicata a Ercole e al suo mito (bellissimo e anche forse un po’ ironico l’“Ercole con obelisco” colto in una posa sbilanciata di grande difficoltà con quel peso non indifferente da reggere anche per una montagna di muscoli come quelli attribuiti all’unico mortale riuscito a diventare dio, figlio di Giove e della regina Alcmena), il “Salone Cinese” vede la rappresentazione scenografica della “selva simbolica” con le opere concentrate al centro e svettanti sin quasi a toccare il soffitto, creando una sorta di foresta di obelischi. La sala attigua è infine occupata da altre opere dell’artista come i “d’après” di grandi pittori del passato e dal bozzetto del monumento per il bicentenario della “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo”, eretto in Champ de Mars a Parigi. A concludere il percorso espositivo, troviamo i pilastri/lampade (mirabili opere di moderno design) e gli acquerelli di viaggio dedicati ai luoghi visitati dall’artista nell’arco della sua vita. Attenti. Poetici.Capaci di rendere appieno la volontà di fissare un’emozione nello spazio morbido di una pennellata e nel gioco, atteso anche per ore, del cambio di luci, atmosfere e colori.
Gianni Milani
“Ivan Theimer. Selva simbolica”
Museo di Arti Decorative “Accorsi-Ometto”, via Po 55, Torino; tel. 011/837688 int. 3 o www.fondazioneaccorsiometto.it
Fino al 19 settembre
Orari: da mart. a ven. 10/18 – sab. dom. e festivi 10/19
Nelle foto
– “Tartaruga con tempio”, bronzo
– “Stele paesaggio vegetale II”, bronzo dipinto, 1981-1995
– “Arione”, bronzo, 2008

Mantelli rituali e non solo in mostra al Mao

A partire da martedì 7 settembre il MAO Museo d’Arte Orientale propone una nuova rotazione di kesa e paraventi nella galleria del Giappone, sostituzione che si rende necessaria per consentire alle fibre dei tessuti di distendersi dopo lo stress a cui sono sottoposte nel periodo di esposizione al pubblico e ai manufatti più delicati di non essere sovraesposti alla luce.

I kesa, preziosi mantelli rituali indossati dai monaci e composti da fasce verticali di stoffa unite da cuciture sovrapposte, costituiscono un elemento essenziale nella pratica buddhista: donare un tessuto conferisce merito all’offerente e la sua confezione è intesa come un atto di devozione per il monaco.

La nuova rotazione prevede l’esposizione di tre mantelli di fattura, epoca e iconografia differente.

Il primo è un kesa a motivi floreali, con draghi e fenici multicolori della prima metà del XIX secolo. Sullo sfondo ocra del mantello si alternano fiori di peonia e di pruno alternati a draghi avvolti ad anello tra nuvole e simboli augurali, mentre le fenici in volo riprendono il dinamismo rotatorio dei draghi grazie alle loro lunghe code piumate che ne cingono il corpo.

Il secondo tessuto, che risale al XVIII secolo, è impreziosito da minuti motivi floreali: si tratta di una stoffa di colore bruno preziosa e leggera, piuttosto sobria nonostante il largo uso di filati metallici.

Il terzo kesa esposto, risalente al XIX secolo, presenta un motivo di draghi allineati e avvolti su loro stessi a formare tanti anelli sormontati da tralci vegetali con peonie in fiore, elementi dal profondo significato beneaugurale, ulteriormente impreziositi da rade foglie di gelso ricamate in oro. Per dimensioni e fattura, possiamo ipotizzare che questo mantello sia stato ricavato da un uchikake, un kimono nuziale femminile.

Contestualmente ai kesa, saranno allestiti anche tre piccoli paraventi a due ante.

Il primo presenta una decorazione con ritratti di grandi poeti del periodo Fujiwara (898-1185): le immagini del monaco Shun’e, del cortigiano Fujiwara no Kiyosuke, del letterato Fujiwara no Mototoshi e della dama Akazome Emon, applicati sul fondo a foglia d’oro, sono poste accanto ad alcuni dei loro versi più celebri.

Gli altri due paraventi formano una coppia e raccontano scene di famosi scontri militari: sul supporto in carta spruzzata di laminette d’oro appaiono alcuni episodi celebri della battaglia di Ichinotani (1184), teatro di uno degli scontri conclusivi della lunga guerra tra i clan dei Taira e dei Minamoto, che si contesero il dominio sul Giappone alla fine dell’epoca Heian.

Al via la 60ª Mostra della Ceramica di Castellamonte

La Mostra della Ceramica di Castellamonte giunge finalmente, dopo un periodo segnato pesantemente dalla pandemia globale, al suo grande traguardo: la sessantesima edizione.

L’Amministrazione comunale, rappresentata dal Sindaco Pasquale Mazza e dall’Assessore alla Cultura Claudio Bethaz, il curatore Giuseppe Bertero, già responsabile delle precedenti mostre, con i ceramisti di Castellamonte propongono un’importante serie di eventi ed esposizioni, con l’intenzione di coniugare lo sguardo rivolto al futuro e la memoria delle edizioni passate.

La Mostra, come noto, fu ideata e promossa da Carlo Trabucco, Sindaco di Castellamonte dal 1960 al 1964, giornalista, scrittore e politico, ed è stata più volte inaugurata da importanti cariche dello Stato. «La mostra – sottolinea l’Assessore alla cultura, turismo e commercio Vittoria Poggio – è un ponte tra passato e futuro che perfeziona la trasmissione di un antico sapere rendendo omaggio alla bellezza. La lavorazione della ceramica è un’arte secolare risalente all’età del bronzo quando gli uomini iniziarono a costruire oggetti per la conservazione degli alimenti. Diventata un’eccellenza Piemontese e italiana oggi è espressione artistica e contenitore di cultura, scuola e tradizioni artigiane che si tramandano da generazioni. Il Piemonte è una terra dove si saldano abitudini antiche e impiego della tecnica ai massimi livelli. La Regione Piemonte è orgogliosa di sostenere iniziative come questa che mettono in vetrina la nostra storia e il nostro sapere».

La sessantesima edizione avrà il suo cuore nel «Ritorno alla Rotonda Antonelliana». Il grande piazzale circondato dalle imponenti mura della chiesa incompiuta di Alessandro Antonelli, sede storica della Mostra, potrà vedere dopo molti anni un’esposizione con grandi opere in ceramica realizzate principalmente da artisti di Castellamonte e del Canavese, per sostenere e diffondere i loro pregevoli lavori e farli conoscere ad un pubblico sempre più vasto, premiandoli anche per il loro costante legame con la città e il territorio. Nel cortile dell’Ex centro anziani, adiacente alla Rotonda Antonelliana, saranno ospitate le opere realizzate dall’«Associazione artisti della ceramica in Castellamonte», esposizione a tema libero che racchiude diverse competenze e sensibilità. Di fronte alla Rotonda Antonelliana, sotto i portici di Palazzo Antonelli, sede del Comune la cui facciata è stata recentemente restaurata, si potrà ammirare una selezione delle Stufe di Castellamonte, il prodotto che più di ogni altro caratterizza la produzione ceramica castellamontese, e che ne rappresenta l’eccellenza.

Torna anche il concorso internazionale «Ceramics in love-three», per il quale sono state selezionate pregevoli opere provenienti dall’Italia e da tutte le parti del mondo, 120 artisti provenienti dall’Italia e 25 diverse nazioni, che potranno essere ammirate al piano terra e in parte anche al piano nobile di Palazzo Botton. Al piano nobile dello stesso Palazzo Botton un doveroso omaggio, a vent’anni dalla scomparsa, al grande artista scultore e ceramista castellamontese Renzo Igne. Con la collaborazione di Maria Morandini Igne, sono state selezionate alcune fra le più significative e avvincenti opere dell’artista. Al secondo piano del Centro Congressi Piero Martinetti, è stata allestita la mostra permanente delle «ceramiche sonore», ovvero la collezione dei fischietti di terracotta donati alla Città da Clizia, il grande ceramista Mario Giani. Un’occasione unica per ammirare tanti piccoli capolavori dell’arte popolare e naïf in attesa della loro definitiva sistemazione museale. L’esposizione sarà una selezione dei circa 3000 pezzi di ceramiche sonore accuratamente catalogate provenienti da tutto il mondo. Al primo piano del Centro Congressi un secondo omaggio, questa volta alla figura di Nicola Mileti, storico, indomito e infaticabile curatore delle Mostre della ceramica di Castellamonte dal 1981 al 2001. Grande appassionato d’arte, egli stesso artista, ceramista e grafico. Grazie al suo impegno Castellamonte ha potuto vantare la presenza di grandissimi artisti italiani ed internazionali, come Carlo Zauli, Nino Caruso e Arnaldo Pomodoro. Autore, quest’ultimo, dell’ardito ed originalissimo “Arco in Cielo”, un’opera che è ormai l’emblema della Città di Castellamonte. Al piano terra, un’esposizione di gioielli che valorizzano quest’uso dell’arte ceramica, le sue «Ceramiche da indossare» allestite in collaborazione con la CNA.

In collaborazione con l’Associazione Culturale Ex-allievi «F.Faccio», verranno allestite inoltre le sale del Liceo Artistico, nelle quali si potranno ammirare le creazioni dei giovani talenti che imparano sui banchi di scuola le tecniche di lavorazione della ceramica. Come nelle precedenti edizioni, nei giorni prefestivi e festivi, è prevista una navetta per un sopralluogo ai suggestivi «castelletti», da dove si ricava la famosa argilla rossa di Castellamonte, quest’anno valorizzati da una mostra di quadri, ospitata nei locali della Società di Sant’Anna dei Boschi, realizzati dal ceramista e pittore castellamontese Miro Gianola, che ha voluto con le sue creazioni omaggiare uno dei luoghi più caratteristici delle colline castellamontesi.

Anche per questa 60a Edizione, il manifesto è stato creato da Guglielmo Marthyn, artista, ceramista, grafico ed ex insegnante del Liceo Artistico Statale «Felice Faccio» di questa Città. L’immagine è la stessa delle passate edizioni, tratta da una delle opere più viste e celebri del Museo del Louvre di Parigi, «Amore e Psiche» dello scultore neoclassico Antonio Canova. Interpretata anche questa volta con grande forza espressiva, trasformando il raffinato erotismo della scultura in una visione molto colorata, quasi POP, quanto lo sono talvolta i colori della ceramica.

Durante la mostra saranno presenti tutte le realtà della produzione ceramica di Castellamonte, nota per le sue stufe, di antica tradizione ed elegante valore estetico,  attualizzate da un moderno design di sapore contemporaneo, insieme con le numerose botteghe che portano avanti con tanta passione il fascino arcano dell’argilla quando incontra l’ardore dei forni e il fuoco della creatività. Le vicende  dell’arte non sono soltanto quella delle grandi realizzazioni clamorose, dei nomi famosi, dei musei prestigiosi, ma anche quelle minute, fatte di impegno quotidiano nei laboratori, negli atelier e nelle botteghe artigiane, portavoce di cultura e tradizioni locali, senza dimenticare che sono una dimensione importante anche per l’economia e il sistema produttivo, in grado di stringere un forte legame con il territorio, sulle tracce della sua storia, della sua identità, ma soprattutto per la capacità  di prevedere ulteriori sviluppi futuri.

Gli orari della mostra previsti sono i seguenti: dal martedì al venerdì ore 17, 00 – 21,00; sabato e domenica dalle ore 10,00 alle 21,00 per tutti i punti espositivi tranne il Liceo Artistico e l’esposizione di quadri a S.Anna dei Boschi, aperti solo durante il fine settimana. L’ingresso è libero.

The Flashback Special Project Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto

Flashback, l’arte è tutta contemporanea

Lucrezia Testa Iannilli
Gates (2021)

Inaugurazione mercoledì 28 luglio, alle ore 18.30
piazza Bottesini, Torino
e in diretta Facebook (@flashbackfair)

 

Mercoledì 28 luglio alle ore 18.30 si inaugura in piazza Bottesini a Torino e in diretta Facebook @flashbackfair – il quarto manifesto di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto dalla fiera d’arte Flashback, con l’opera Gates di Lucrezia Testa Iannilli (2021).


Il racconto che mese dopo mese si dispiega in questa settima edizioneprosegue ora con la sua quarta puntata, Gates, il manifesto ideato e realizzato da Lucrezia Testa Iannilli, fotografa e performer.

La sua ricerca predilige come strumento di percezione il corpo umano e quello animale, che diventa il soggetto delle sue azioni e immagini fotografiche: secondo il suo pensiero, infatti, la condizione non-umana è probabilmente l’unica in grado di salvare l’essere umano. Anche il suo lavoro riflette dunque – da un ulteriore punto di vista rispetto a quello delle precedenti autrici – sulle conseguenze drammatiche ma anche interessanti della pandemia, in particolare sulla psiche umana. Iannilli si sofferma sull’animale come cura: “Ansia e depressione, catalizzati da solitudine, paura del contagio, disagio e limitazioni delle libertà personali, sono stati diagnosticati sempre più diffusamente, e si sono trasformati per molti in uno stress post-traumatico. Gli animali hanno fatto in qualche modo scudo alla nostra salute mentale. Se avevano già una buona connessione, questa èstata ulteriormente rafforzata.”

Nell’immagine l’autrice propone una fusione ‘dolce’ tra animali e umani, all’insegna della reciprocità e dell’interscambio continuo dei ruoli. Questi Nuovi Umani – a loro volta vere e proprie ‘porte’, varchi verso altre dimensioni ricordano da vicino le “Nuove Creature” indagate da Jim Morrison nella sua seconda raccolta poetica, pubblicata nel 1970: “Donna lucertola / con i tuoi occhi d’insetto / con la tua selvaggia sorpresa. / Calda figlia del silenzio. (…) Cani dormono distesi. / Il lupo ulula. / Una creatura sopravvive alla guerra. / Una foresta. / Un fruscìo di parole spezzate, soffocante / fiume” (Jim Morrison, I Signori. Le Nuove Creature, Kaos Edizioni, Milano 1993, p. 93).

La visione di Lucrezia Testa Iannilli disegna dunque uno scenario in cui, dopo la fine – dopo una fine – il nuovo inizio si presenta come un fecondo cedimento di quote e porzioni identitarie, una fiduciosa ibridazione delle specie e un superamento felice dell’ottica unicamente umana, occidentale, tecnologica che evidentemente oggi mostra tutte le sue crepe e le sue criticità.

Lucrezia Testa Iannilli (Roma, 1977) fotografa e performer utilizza strumenti di indagine inter-disciplinari.  Nelle sue pratiche di ricerca interviene con installazioni e cicli performativi in spazi decontestualizzanti, utilizzando come strumento di visione il corpo umano e quello animale, soprattutto cavalli, leitmotiv di molte azioni e opere fotografiche. Nel 2015 inizia la collaborazione con la Galleria FPAC di Francesco Pantaleone con il quale presenta una serie di scatti a MIART 2015 e 2016 e nel gennaio 2016 partecipa nella sezione Open Wall alla mostra Fuori Formato: una collezione working-pro di 22 scatti selezionati in un anno di lavoro e trasferte a fianco l’attrice italiana Sabina Guzzanti. Dal 2016 inizia il progetto Game of Vanth dove riunisce uomini e animali in performance e installazioni site-specific per dare forma all’immateriale visione dei Varchi in cornici decontestualizzanti, Nel 2021 inizia il lavoro a lungo termine New Humans, un’indagine sulla preservazione dell’essere umano in una prospettiva inusuale, non-umana.


 

Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto VII edizione

Un progetto di Alessandro Bulgini

A cura di Christian Caliandro

4° artista: Lucrezia Testa Iannilli, Gates (2021)

Cimasa 50530 – Piazza Bottesini, Torino

Inaugurazione, 28 luglio ore 18.30 e in diretta @flashbackfair

28 luglio – fino al 30 agosto 2021


Con il supporto della Fondazione CRT

Con il Patrocino della Città di Torino e della Circoscrizione 6


Flashback, l’arte è tutta contemporanea

Torino, 4 / 7 novembre 2021


Per informazioni:

e. info@flashback.to.it

e. operaviva@flashback.to.it

www.flashback.to.it

 

 

Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy

Il “Museo Diocesano” di Susa espone una quarantina di opere del poliedrico artista borgognone

Dal 10 luglio al 10 ottobre Susa (Torino)

Fu pittore, miniatore, ma anche maestro vetraio nonché autore di disegni per ricami. Artista quanto mai poliedrico e itinerante, a lungo attivo in Piemonte, Antoine de Lonhy viene documentato per la prima volta nel 1446 in Borgogna e la sua morte si colloca nel 1490 nel ducato di Savoia. Dall’identità sconosciuta, messa in luce solo in anni relativamente recenti, grazie a lavori di ricerca condotti in parallelo da vari studiosi, de Lonhy era in precedenza indicato con diversi nomi convenzionali: dal “Maestro delle Ore di Saluzzo”, da un manoscritto miniato oggi conservato alla “British Library”, al “Maestro della Trinità di Torino” , da uno dei suoi principali dipinti custodito a “Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica” di Torino. E proprio in stretta complementarietà fra “Palazzo Madama” ed il “Museo Diocesano” di Susa è stata concepita ed organizzata (con il sostegno della Compagnia di San Paolo, la sponsorizzazione tecnica della Società Reale Mutua di Assicurazioni e il contributo della Città di Susa) la mostra “Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy”, ospitata nel Museo segusino dal 10 luglio al 10 ottobre e a “Palazzo Madama” dal prossimo 23 settembre al 9 gennaio 2022. Non casuale la scelta della sede valsusina, ma motivata dal legame particolarmente stretto che l’artista di origine e formazione borgognona (a contatto soprattutto con la pittura fiamminga di Jan Van Eyck e di Rogier van der Weyden) ebbe con la Valle di Susa. L’unico documento savoiardo attualmente noto del pittore lo dice infatti residente nel 1462 ad Avigliana. Per non dire delle molteplici testimonianze dell’attività di de Lonhy legate alla Valle (come un frammentario polittico della “Sabauda” di Torino proveniente dalla frazione Battagliotti di Avigliana e presente in mostra così come gli affreschi dell’abbazia della Novalesa) o della sua bottega con tanto di stretti seguaci, di cui si conserva il polittico oggi presso la Parrocchiale della Novalesa e un ciclo di affreschi che orna la cappella della Madonna delle Grazie a Foresto (Bussoleno).

 

Curata da Vittorio Natale, l’esposizione al “Museo Diocesano” è incentrata su una quarantina di opere, alcune delle quali mai esposte al pubblico, provenienti da diverse collezioni pubbliche e private che, da una parte, focalizzano lo stretto legame di de Lonhy con la Valle di Susa e la Valle d’Aosta – dove nella collegiata di Sant’Orso del capoluogo si conservava un grandioso polittico scolpito, progettato e dipinto da Antoine per il priore Georges de Challant – mentre dall’altra evidenziano l’influenza esercitata da Antoine de Lonhy (attivo in Borgogna, a Tolosa e a Barcellona, prima di approdare nel ducato sabaudo) su altri artisti, fra cui pittori suoi seguaci o collaboratori e, soprattutto, scultori e plasticatori. Ecco il perché dell’articolazione della mostra in cinque sezioni che conducono il visitatore in un percorso di alto interesse storico-culturale che si avvia con le “aperture europee della Valle di Susa” e il suo naturale scambio con i territori oltralpini (documentato, fra le varie opere, da una rara “Madonna” allattante in pietra calcarea di un artista borgognone databile intorno al 1430) per proseguire con la narrazione dei “legami fra de Lonhy e la Valle d’Aosta”, rappresentati in particolare – ma non solo – dai numerosi elementi dipinti e scolpiti che componevano il grandioso “altare” della Collegiata di Sant’Orso ad Aosta, oggi dispersi in varie sedi.

 

A seguire, le testimonianze del concreto influsso esercitato da de Lonhy scultore (con quel suo particolare modo di “panneggiare, soffice e voluminoso”) su artisti sabaudi come il cosiddetto “Maestro del Compianto di Chivasso” o nord-europei come il “Maestro della Madonna delle nevi” e, in genere, su alcuni grandi pittori del Ducato di Savoia: da Martino Spanzotti (suggestiva la serie dei quattro elementi di predella, prestati da un importante istituto bancario svizzero e presentati in mostra per la prima volta al pubblico) all’astigiano Gandolfino da Roreto, rappresentato da opere giovanili come una “Annunciata”, parte di uno sportello di altare proveniente da Genova e una “Maddalena” di collezione privata. A chiudere il percorso espositivo il privilegiato rapporto dell’artista con la Valle di Susa: dai frammenti di intonaco affrescato (recuperati in scavi archeologici) eseguiti per Giorgio Provana e provenienti dal Museo della Novalesa, alla “Pala di Sant’Agostino”, prestata da un generoso colleziosta privato. Certo è che alla fine del Quattrocento Antoine de Lonhy con la sua bottega doveva aver segnato profondamente la Valle, come testimoniano ancora un affresco staccato con la “Pietà” appartenente a Palazzo Madama, di cui si discute il riferimento ad Antoine o a uno stretto seguace, ma anche opere di artisti ancora anonimi, come l’autore di un “Breviario” miniato proveniente dalla Sacra di San Michele della Chiusa appartenente alla Biblioteca Nazionale di Torino.

Gianni Milani

“Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy”
Museo Diocesano, via Mazzini 1, Susa (Torino); te. 0122/622640 o www.centroculturalediocesano.it
Fino al 10 ottobre
Orari: dal mart. al sab. 10/12,30 – 14,30/18: dom. e lun. solo pomeriggio

Nelle foto
– “Madonna di Avigliana”, scultore borgognone, fine sec. XV
– Antoine de Lonhy: “Santa Maria Maddalena”, dipinto su tavola di pioppo, ca. 1485
– “Breviario di San Michele della Chiusa”, seconda metà del sec. XV

 

La Forma e l’Idea. Giovanni Taverna Scultore

A Incisa Scapaccino si ricorda la figura del celebre artista alessandrino, allievo di Leonardo Bistolfi

Sabato 24 luglio, ore 18

Incisa Scapaccino

Riprende, dopo l’interruzione causata dall’emergenza sanitaria, la serie di incontri annuali su figure di artisti del territorio, tenuti in “San Giovanni Battista”, Santuario della “Virgo Fidelis”, alla Villa di Incisa Scapaccino, nell’alessandrino.  Guidati come sempre dallo storico dell’arte Francesco De Caria, sabato prossimo 24 luglio, ore 18, si farà dovuta memoria della figura e delle opere del celebre scultore, fra i protagonisti di maggior spessore del nostro Novecento artistico, Giovanni Taverna, nato ad Alluvione Cambiò nel 1911 e scomparso a Torino nel 2008. “La Forma e l’Idea”: Giovanni Taverna “fra lezione bistolfiana e ritorno al classico”, il tema – sottolinea De Caria – su cui s’incentrerà l’incontro-conferenza, corredato dalla proiezione di immagini e da un’essenziale esposizione di alcune opere dell’artista.

Giovanni Taverna si formò dapprima presso la pittrice Mina Pittore (Sale Alessandrino1882-1937, allieva di Pellizza da Volpedo), poi dagli anni Venti a Torino, negli atéliers di due grandi Maestri, il monregalese Stefano Borelli (1895 – 1962) e l’allora sessantacinquenne e all’apice della fama, il casalese Leonardo Bistolfi (1859-1933), nel cui studio, in via Bonsignore presso la Gran Madre, Giovanni Taverna fece compiutamente “sua” l’idea di un fare artistico indissolubilmente legato a “tecnica” ed “etica”. “Forma” e “idea”, per l’appunto. Concetti che divennero per lui (che fu anche pittore di buon livello, pur considerando la pittura come puro divertissement) comandamenti ineludibili, in un periodo non facile per il mestiere d’artista, nel pieno dello scontro fra tradizione e avanguardie  e del generale “ritorno al classico” dopo l’esperienza Liberty. “Nel corso dell’incontro si farà anche cenno – ci anticipa De Caria – all’ampiezza dell’orizzonte culturale di un artista come Taverna, ricco di interessi (perfettamente integrati e perseguiti con estremo rigore anche nella sua produzione scultorea) che andavano dalla letteratura, alla musica, alla filosofia, financo alla matematica”.

L’arte come abbraccio totale di vita. Idea mantenuta anche nell’attività di direttore artistico della torinese azienda di ceramiche “ESSEVI” di Sandro Vacchetti, che Giovanni Taverna portò avanti dalla fine degli anni Trenta, di ritorno dalla campagna d’Africa, sino al ’42, quando in un bombardamento la “ESSEVI” fu distrutta. Erano gli anni in cui si assisteva ai “fulgori” della “Lenci” ed il Taverna firmò anche vari modelli della stessa “ESSEVI”, esposti nel 2015 nella grande mostra sulla “Lenci” al Castello di Monastero Bormida. “Artista faber”: tiene a precisare De Caria. “Artista che progetta con calcoli matematici, sulle proporzioni e sugli equilibri delle masse, i monumenti e le ‘sculture da salotto’, che esegue i modelli in plastilina, che segue l’operazione della formatura e i procedimenti della fusione in bronzo o l’opera degli sbozzatori di marmo, che poi rifinisce anche con le patine – alcune ‘segreto di artista’ – che conferiscono al marmo il tono ‘caldo’ o ‘freddo’ e al bronzo una tonalità brillante o opaca, bruna o grigioverdastra”. A Taverna, il paese natale di Alluvioni Cambiò ha dedicato un’importante Gipsoteca e a lui si devono anche grandiose opere pubbliche, dal “Monumento ai Caduti” di Sale Alessandrino al “Monumento all’Alpino” di Leinì fino al “Monumento al migrante” per la Città di Pittsbourgh. Da ricordare, fra le tante opere, anche un ritratto bronzeo del poeta dialettale piemontese Giuseppe Pacotto (Pinin Pacòt) al Castello di Annone e il busto del ministro Marcello Soleri in Montecitorio. Una minima antologica permanente dello scultore è stata creata anche nelle sale di casa Taverna – De Caria di piazza Bezzi alla Villa di Incisa. Creata e conservata con amore e saggia intelligenza dalla figlia Donatella (giornalista, scrittrice, critica d’arte e, negli anni giovanili, anche pittrice), cresciuta a “pane e arte” fin dalla prima infanzia. Anche lei parteciperà all’incontro del prossimo sabato. “Qualche anno prima di morire – ci racconta Donatella – il papà, perfezionista al massimo che trovava sempre i miei dipinti imperfetti (come del resto i suoi lavori), mi disse ‘Perché non hai continuato a dipingere’? Eri brava!”. E sorride: “Credo comunque che con tutti gli alti e bassi anche di successo che la vita di un artista comporta, quello di esserne la figlia sia stato per me un assoluto privilegio, culturalmente ed umanamente”.

Gianni Milani

Nelle foto:

–         Giovanni Taverna nel suo studio

–         “Vanità”, gesso, 1951

–         “Fior di pesco”, ceramica ESSEVI, 1953

Weekend ai Musei Reali tra musica, talk e visite speciali

Dopo la conclusione dell’importante intervento di rifunzionalizzazione della Fontana dei Tritoni nel Giardino di Levante, del restauro conservativo del muro di cinta con i bastioni e del Teatro Romano, inaugurati lo scorso 15 luglio, i Musei Reali sono pronti ad accogliere torinesi e turisti con un ricco calendario di eventi.

Si parte giovedì 22 luglio, dalle 19,30 alle 23,30 (ultimo ingresso 22,30), con la visita speciale Archaelogica. Esplorazioni Notturne tra le antichità dei Musei Reali, uno straordinario viaggio nel Museo di Antichità e nel Teatro Romano alla scoperta dell’archeologia di Torino alla tariffa speciale di 2 euro. Negli stessi orari sarà possibile passare una piacevole serata nella splendida atmosfera dei Giardini Reali, usufruendo dei servizi del Caffè Reale.

Apertura straordinaria serale anche venerdì 23 lugliodalle 19 alle 23 sarà possibile visitare la mostra Cipro. Crocevia delle civiltà alle ore 21 partecipare al concerto Something Old! Something New? eseguito da Bongcloud Jazz Quartet, il secondo della serie Torino. Crocevia di sonorità. Realizzato in collaborazione con il Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino, a cura della prof.ssa Valeria De Bernardi, il ciclo di concerti condurrà il pubblico ogni venerdì attraverso un viaggio musicale dalle sonorità del Mediterraneo al jazz americano, sulle tracce di Palma di Cesnola, scopritore delle antichità cipriote e primo direttore del Metropolitan Museum of Art di New York. Il costo della visita guidata serale è di € 20 con concerto gratuito. In caso di maltempo l’evento si svolgerà nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale. Info e prenotazioni: info.torino@coopculture.it.

 

Attività nei Giardini

Nella rigenerante atmosfera dei Giardini Reali, venerdì 23 luglio dalle 17 alle 19 si terrà il terzo appuntamento della rassegna Chiamata alle arti. Conversazioni in giardino sui piaceri della culturaL’iniziativa, promossa dall’Archivio di Stato di Torino e dai Musei Reali, vedrà dialogare in questa occasione Chiara Devoti, direttrice della Scuola di Specializzazione in “Beni Architettonici e del Paesaggio” del Politecnico di Torino con il direttore dell’Archivio di Stato Stefano Benedetto e il curatore architetto dei Musei Reali Filippo Masino.

 

Sempre venerdì 23 luglio alle ore 17, nei Giardini Reali, le famiglie potranno partecipare all’iniziativa Quante mosse per un cavallo? Grandi a bambini saranno coinvolti nella realizzazione di un cavallino in argilla, sul modello dei reperti ritrovati a Cipro. L’attività comprende anche una breve visita alle sale della mostra Cipro. Crocevia delle civiltà, per conoscere da vicino i modelli antichi dei nostri cavallini.

Costo: € 5 a partecipante. Informazioni e prenotazioni: mr-to.edu@beniculturali.it. Prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento dei posti disponibili. In caso di maltempo l’attività sarà svolta in Museo.

 

Visite speciali

Sabato 24 alle ore 11 domenica 25 luglio alle ore 15,30 le guide di CoopCulture condurranno il pubblico alla scoperta della mostra Cipro. Crocevia delle civiltà. Un percorso emozionante alla scoperta del fascino millenario dell’isola, raccontato attraverso le collezioni del Museo di Antichità, che costituiscono un nucleo pressoché unico nel panorama dei grandi musei europei, arricchito da prestiti provenienti da illustri istituzioni straniere tra cui il British Museum di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York. Costo dell’attività € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto in mostra. Biglietti online su www.coopculture.it – mail info.torino@coopculture.it.

 

Sabato 24 alle ore 15,30 e domenica 25 luglio alle 11 le guide di CoopCulture condurranno inoltre la visita Benvenuto a Palazzo lungo le sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale e dell’Armeria, un percorso per scoprire o riscoprire la storia e la magnificenza della prima reggia d’Italia. Il costo della visita è di € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali (€ 13 ordinario, € 2 da 18 a 25 anni, gratuito under 18). Biglietti online su www.coopculture.it – mail info.torino@coopculture.it

 

Le mostre in corso

Il fascino millenario di Cipro, cuore del Mediterraneo e ponte tra Oriente e Occidente, è protagonista della mostra internazionale Cipro. Crocevia delle civiltà, che si terrà fino al 9 gennaio 2022 nelle Sale Chiablese, realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e curata da Luca Bombardieri, docente di Archeologia cipriota, ed Elisa Panero, curatrice delle collezioni archeologiche dei Musei Reali. Si tratta di un’occasione unica per lasciarsi conquistare da una delle isole mediterranee più misteriose, il cui incanto è a tutt’oggi immutato: mitica culla di Afrodite, che nasce dalla spuma del mare cipriota, l’isola è crocevia di scambi commerciali e approdo di culture differenti in cui si forma la moderna concezione del mondo mediterraneo. La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso ore 18). I biglietti possono essere acquistati su www.museireali.beniculturali.it o su www.coopculture.it.

 

Allestita nello Spazio Scoperte al secondo piano della Galleria Sabaudafino al 7 novembre il pubblico può ammirare la mostra dossier Come parla un ritratto. Dipinti poco noti delle collezioni reali. L’esposizione presenta opere poco note della Pinacoteca e di Palazzo Reale che permettono di seguire l’evoluzione della ritrattistica di corte dal tardo Cinquecento alla metà del Settecento. Alcuni dipinti sono esposti per la prima volta dopo interventi conservativi eseguiti dalle restauratrici dei Musei Reali. Studi e ricerche sono stati condotti in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino. La visita alla mostra è compresa nel biglietto di ingresso dei Musei Reali.

 

Nel Medagliere Reale è prorogato fino al 5 settembre il percorso Il Volto delle Donne. L’altra faccia della storia. Nato da un progetto di ricerca avviato nel 2019 con il sostegno di Soroptimist Torino, questa prima tappa della ricerca mira a studiare il ruolo dei personaggi femminili attraverso la lente delle collezioni numismatiche dei Musei Reali. Si propone quindi di ritrovare e rinnovare nella memoria del pubblico l’immagine di una selezione di figure femminili, talora donne importanti nella storia antica e moderna, più spesso emblema di come la figura della donna, pur frequentemente esaltata e immortalata, sia stata molte volte un semplice simbolo ideale e immateriale che travalica la donna reale.

Il percorso è fruibile anche online sul sito dei Musei Reali: un percorso virtuale per conoscere alcune figure femminili che hanno contribuito a fare la Storia http://www.museireali.beniculturali.it

 

La Biblioteca Reale

La Biblioteca Reale estende l’orario di visita ed è aperta al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, il sabato dalle 9 alle 13. Le consultazioni dovranno essere prenotate con almeno 24 ore di anticipo scrivendo all’indirizzo mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it, indicando tutte le informazioni disponibili per la richiesta. Per conoscere le modalità di accesso e registrazione consultare la pagina www.museireali.beniculturali.it/events/biblioteca-reale-riapertura/.

 

Caffè Reale

Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale è possibile rigenerarsi con una pausa al Caffè Reale Torino, ospitato in una ambientazione unica ed elegante, impreziosita da suppellettili in porcellana e argento provenienti dalle collezioni sabaude. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net.

 

Lo street artist cuneese Gec Art completa l’opera

“Wine in Progress”: Completata a Monforte d’Alba l’opera di arte pubblica 

Monforte d’Alba (Cuneo)

Se mai, e per buona sorte, vi capitasse di passare per Monforte d’Alba (fra i borghi medievali più suggestivi di Langa e fra gli undici Comuni di produzione del nobil Barolo) o, ancor meglio, di andarci a proposito (ne vale per davvero la pena!), non mancate – nel muovervi fra bellezze naturali e storiche del paesaggio – di fare una sosta in piazza Fratelli Viola, proprio di fronte al locale edificio scolastico, e in via Roddino, la via d’ingresso al paese. Sostate e osservate con attenzione. Sui muri della piazza e della via (di cui sopra) potrete godervi e ammirare due poster di grandi dimensioni, dal titolo complessivo e chiarificatore di “Wine in Progress”, realizzati e di recente completati dallo street artist (torinese d’adozione e cuneese di nascita) Gec Art, al secolo Giacomo Bisotto, selezionato nei mesi scorsi attraverso una call promossa dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte nell’ambito del Progetto europeo “Eti”, teso a promuovere il territorio di Langhe e Roero, Patrimonio dell’Umanità Unesco, fra memoria ed innovazione e con la partecipazione attiva dei cittadini, chiamati a raccolta dall’artista, attraverso i social, affinché aprissero gli album fotografici di famiglia alla ricerca delle immagini dei nonni ambientate nelle vigne e nelle cantine di quelle magiche colline. Dal materiale ricevuto Gec Art ha, in un primo momento, selezionato diverse fotografie per poi passare a realizzarne, per l’appunto, due poster di grandi dimensioni, interamente dipinti a mano e applicati con materiali a basso impatto ambientale sui muri di Monforte. Spetterà ora al pubblico continuare l’opera dell’artista e dirottarla sul mondo digitale attraverso Facebook e Instagram, per farla vivere nel tempo e continuare tutti insieme la riflessione sulle nostre radici e sul nostro legame con la terra e le tradizioni. Il tutto per non perdere la memoria collettiva del territorio. Allo stesso tempo “Wine in Progress” intende essere anche documento storico, “per tracciare una linea temporale immaginaria che parte dalla fotografia di fine ‘800 in bianco e nero e arriva al digitale usa e getta postato sui social di oggi”.

Il trascorrere del tempo e gli agenti atmosferici, infatti, interferiranno e agiranno sulle opere, facendole via via deteriorare fino a farle scomparire, “ma non annullando la loro presenza, il loro ricordo e la forza, che invece continuerà online”. Attraverso un nitido e rigoroso tracciato segnico, il poster di piazza Fratelli Viola è stato tratto da una foto di famiglia ambientata a Castagnole delle Lanze, alla fine degli anni Settanta, quando ancora il lavoro in vigna era a conduzione famigliare (nonostante già iniziasse a svilupparsi il florido periodo del boom vitivinicolo) e ritrae due simpatici contadini che, in piedi e in una breve pausa dalle fatiche della vigna, davanti ad un carretto dalle grosse ruote in legno carico di tino si versano l’un l’altro un generoso bicchiere di vino. Frutto del loro sudore. Il poster di via Roddino, invece, è tratto da una immagine proveniente da un collezionista di fotografie antiche del territorio ed è datata tra fine Ottocento e inizi Novecento. Mostra come il lavoro in campagna fosse una questione di famiglie e di comunità. Quattordici lavoratori si aiutano accanto a una grossa trebbia in legno durante il periodo della mietitura.

“Questa immagine non è legata alle fasi del vino – commenta Gec Art – ma l’ho scelta perché, durante il mio percorso di conoscenza del territorio, attraverso le tante foto ricevute, ho scoperto che un secolo fa non si lavorava solo nelle vigne, ma si seminava, si mieteva il grano, si svolgevano diversi lavori agricoli non necessariamente legati al settore vinicolo, sfruttato solo negli ultimi sessant’anni. Mi interessava cioè far emergere il fatto che ciò che oggi vediamo in Langa è legato a un periodo breve e recente e ho sentito la forte necessità di rendere omaggio a tutta l’agricoltura in senso più ampio, vero motore del territorio prima della grande esplosione turistico-vitivinicola degli ultimi anni”. Infine, sul muro della “Biblioteca Pinacoteca Mario Lattes” (in via Garibaldi, 14) è stata realizzata una parete su cui sono presenti tutti gli studi e i bozzetti realizzati da Gec Art per la progettazione delle opere e una serie di fotografie inviate all’artista dagli abitanti del luogo. Un racconto per immagini dove sono svelati aneddoti e curiosità che fanno memoria. E danno senso al vivere d’oggi.

Per info“Fondazione Bottari Lattes”, via Garibaldi 14, Monforte d’Alba (Cuneo): tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

Gianni Milani

La “pittura multisensoriale” dell’artista giapponese Liku Maria Takahashi

“Il Metodo Maris: sinestesie d’arte per abilità differenti” In mostra al Museo del Tessile di Chieri Sabato 17 luglio, ore 15

Chieri (Torino)  A ragione è stato definito il “braille della pittura”. Che permette anche a chi non vede di percepire non solo le forme ed i loro contorni, ma anche i colori e le loro sfumature. Parliamo del cosiddetto “Metodo Maris” che, combinando elementi visivi, tattili ed olfattivi percettibili attraverso i sensi, rende la fruizione di un’opera d’arte accessibile anche a persone con disabilità visiva.

Per scoprirne di più e “toccarne con mano” la validità, l’appuntamento è per il prossimo sabato 17 luglio, alle ore 15, presso il “Museo del Tessile” di Chieri (Sala della Porta del Tessile in via Santa Chiara, 5) che, proprio in quella data, inaugurerà la personale dell’artista giapponese Liku Maria Takahashi, presidente della “World Diversity Art Society” e lodevole e sensibile ideatrice nel 2009 dello stesso Metodo. Pittrice, scultrice, teorica dell’arte, docente, nonché maestra di arti marziali, la Takahashi verrà anche premiata, nell’occasione, con la “Navetta Arcobaleno” (medaglia fusa in bronzo dallo scultore lucano Antonio Saluzzi) “per essersi distinta nel coniugare un linguaggio multisensoriale di inedito conio con l’arte tessile, le sue suggestioni e i suoi intrecci culturali così da stimolare creatività e realizzare una comunione d’intenti fra persone di ogni dove”. Perché “in termini filosofici – sostiene l’artista di origini nipponiche – il ‘Metodo Maris’ crea incontri facendo sì che l’arte getti i semi della comprensione”. Una “visione”, un modo condivisibile e personale di approcciarsi all’arte, che meglio si potrà comprendere visitando la mostra di Chieri. Ad iniziare da due delle sue famose “Zebre”, per proseguire con una selezione delle “Bandiere del Maris National Flag Project” (2012-2019) realizzate da bambini e adulti di tutto il mondo, fino alla “Maris World Standard Table” (2014), una vera e propria tavola di regole pittoriche che mostra la corrispondenza fra diverse granulometrie di sabbia, essenze e “nuances” di colore. Pittura multisensoriale, appunto. Mezzi utilizzati: grani di sabbia disponibili in dieci granulometrie corrispondenti ad altrettanti colori e fragranze con dieci valori di luminosità cromatica e intensità olfattiva. Più è grande la granulometria della sabbia, più scura è la tonalità del colore ad essa associata.

Inoltre, ciascuna tonalità è abbinata ad una fragranza specifica. Così, una volta apprese le semplici regole della “Maris World Standard Table”, chiunque può iniziare a cimentarsi nella pittura con questa tecnica, “superando – sottolinea Takahashi – le barriere fisiche che impediscono o inficiano il coinvolgimento di persone con disabilità visiva nel processo creativo e cognitivo, e permettendo di superare anche le barriere culturali che impediscono, in tutto o in parte, l’apprezzamento dell’arte di tradizione diversa”. L’arte al servizio della socialità. Con forti connotazioni simboliche. Testimoniate per altro dalla piantumazione di un gelso (“Bombyx mori”), l’albero dei bachi da seta, che si terrà, a seguito dell’inaugurazione della mostra, nell’Orto botanico del “Museo del Tessile” e che, in chiusura, vedrà anche servita al pubblico una profumata granita al gelso. Un gesto ispirato alla “scultura sociale” di Joseph Beuys e delle sue “7000 querce”, opera realizzata dallo scultore tedesco con pietre di basalto per “Documenta” a Kassel, “un gesto che rinnoviamo con l’intento di legare idealmente – dice Melanie Zefferino, presidente del Museo chierese – Chieri e il quartiere Satagaya di Tokyo, dove ha sede la Scuola di Belle Arti in cui sono stati preparati materiali e supporti per il ‘workshop’ dell’artista”. Nei tre giorni successivi all’inaugurazione della mostra (18, 19 e 20 luglio), Takahashi condurrà infatti laboratori con l’impiego della tecnica “Maris”, riservati a bambini e adulti con disabilità visiva. I partecipanti saranno chiamati a riprodurre un disegno tessile creato negli anni Venti dallo “Studio Serra & Carli” di Chieri, un motivo vegetale stilizzato, per la precisione un “Trifoglio blu”, di cui il “Museo del Tessile” conserva la messa in carta millimetrata nel suo archivio storico. Saranno, inoltre, organizzate visite esperienziali gratuite all’Orto botanico, a cura di Giulia Perin, mentre all’interno del Museo saranno previste alcune stazioni tattili, a cura dell’artista Lisa Fontana, anch’esse riservate a persone non vedenti o ipovedenti.

Gianni Milani

“Liku Maria Takahashi. Il Metodo Maris”
Sala della “Porta del Tessile”, via Santa Chiara 5, Chieri (Torino); tel. 329/4780542 o www.fmtessilchieri.org
Apertura straordinaria: dom. 18, lun. 19, mart. 20 luglio, ore 9,30/12,30

Nelle foto
– Liku Maria Takashaki
– “Maris World Standard Table”
– Studente dell’Accademia d’Arte di Setagaya (Tokyo) prepara supporti per il “Trifoglio Rosso”

Dal monumento di Theimer alla monumentalità egizia

VISIONI D’EGITTO

A cura di Generoso Urciuoli e Marta Berogno

Tutti i sabati e le domeniche alle 17.30 visita guidata con l’egittologo

Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, Torino

Il mondo dell’arte ha sempre subito il fascino della terra dei faraoni, anche se, da un punto di vista scientifico, la conoscenza della cultura egizia è avvenuta solo nel XIX secolo con la decifrazione del geroglifico. Dall’epoca romana ad oggi la ripresa consapevole di forme, elementi, simboli e miti tratti dall’antico Egitto è stata una componente presente e costante in pittura, scultura e architettura.

Anche Ivan Theimer ha dimostrato un profondo interesse per la cultura egizia. Questa fascinazione, tradotta nei numerosi viaggi intrapresi in Egitto e nella prolifica produzione di obelischi, viene alimentata fin dagli anni Settanta, grazie alla visita del Museo Egizio di Torino e alla possibilità di consultare i taccuini originali di Jean François Champollion, il padre dell’egittologia che nel 1822 riuscì a decifrare la scrittura geroglifica degli antichi Egizi.

Visti i numerosi riferimenti culturali ed estetici di matrice egizia nelle opere dell’artista franco-ceco, si è pensato, quindi, a una visita con l’egittologo: Generoso Urciuoli e Marta Berogno hanno studiato un percorso all’interno della mostra IVAN THEIMER. SELVA SIMBOLICA (Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, Torino │ Fino al 19 settembre 2021) che permetterà di fare uno scavo archeologico virtuale nella stratigrafia dei miti e dei simboli usando l’antico Egitto come elemento di lettura.

La mostra di Theimer diventa così il punto di partenza per un viaggio attraverso l’immortalità del simbolo secondo la visione egizia.

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QUANDO: tutti i sabati e le domeniche alle 17.30

COSTO: € 8,00 oltre al biglietto d’ingresso (se dovuto)

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: t. 011 837 688 int. 3

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INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO:

MUSEO ACCORSI-OMETTO

Via Po, 55 – Torino │T. 011 837 688 int. 3 | info@fondazioneaccorsi-ometto.it

www.fondazioneaccorsi-ometto.it