ARTE

“Ritratti…”. 90 e tutti “da incorniciare”

In mostra al “Museo Nazionale del Risorgimento Italiano”, un secolo di grande Fotografia internazionale in arrivo dalla “Collezione Bachelot”

Fino al 5 ottobre

Correva l’anno 1960. Una bellissima, poco più che ventenne e dal sorriso irresistibile Romy Schneider (icona cinematografica della “Principessa Sissi”), accanto a un cinquantenne, un po’ distratto, Luchino Visconti, ammicca divertita al “paparazzo” che la “punta”, benevolmente “minacciandolo” di diventare lei la fotografa e lui, a breve tiro, il bersaglio del suo scatto. Il “povero” malcapitato fotografo è il celebre americano Sanford H. Roth (grande amico e fotografo quasi “personale” di James Dean che considerava Roth e la moglie come una sorta di “genitori adottivi”) e la foto è una delle circa 90, originali, esposte, fino a domenica 5 ottobre, negli spazi del “Corridoio della Camera Italiana” – Museo Nazionale del Risorgimento” di piazza Carlo Alberto (Palazzo Carignano) a Torino. Tutte in arrivo  da Parigi, dalla “Collezione Florence e Damien Bachelot”, fra le più importanti raccolte fotografiche private a livello europeo, rappresentano una suggestiva, protratta nel tempo, “città di ritratti” – secondo la calzante definizione assegnata alla mostra dalla curatrice Tiziana Bonomo (“ArtPhotò”) cui si deve anche, quale immagine guida, la scelta di “Lanesville”, 1958, di Saul Leiter – promossa dall’Associazione Culturale “Imago Mundi” di Torino e titolata, in linea con i soggetti esposti, “Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”.

 Una “città di ritratti”, per l’appunto: antologia di volti e figure che sono narrazioni di vite, le più varie e intense, immagini glamour e di umane miserie, di infinite gioie e struggenti dolori, di amori e odi senza fine, uno “sguardo rivolto – ancora Bonomo – alla nostra umanità fatta di miti, di emozioni e di concrete attuali realtà sociali”. Articolato, infatti, in quattro emblematiche sezioni – “Attualità”“Miti”“Società” ed “Emozioni” – l’iter espositivo ci porta dallo scatto iconico (che fece il giro del mondo) del neozelandese Brian Blake, immortalante Pablo Picasso mentre assiste a una corrida con la moglie Jacqueline Roque e Jean Cocteau alla potente capacità documentaria di Lewis Hine, che nella prima metà del Novecento fece dell’arte fotografica uno prezioso strumento di denuncia sociale, ritraendo i volti dei bambini migranti italiani negli States per raccontare la brutalità del lavoro minorile, fino ad arrivare ai toccanti ritratti dei soldati ritratti dal fotoreporter francese  Gilles Caron in Israele, durante la “Guerra dei sei giorni” (giugno, 1967) e in Irlanda del Nord, in occasione  del “The Troubles”, il conflitto fra comunità cattolica e i protestanti dell’Ulster, che durò circa trent’anni. Ma anche scatti meno “impegnativi” come quelli di un’inedita Nan Goldin, fotografa e attivista statunitense, oggi 71enne, con due immagini dedicate a una seducente (classe ’62) Jennifer Jason Leigh, attrice considerata, secondo la Rivista “Harper’s”, una delle dieci donne più belle d’America.

E’ davvero una lunga, suggestiva galoppata attraverso il Novecento della Fotografia fino alla contemporaneità, quella cui ci invita (e l’invito, in ogni istante, è sempre particolarmente ben accetto) dalla rassegna, “attraverso – si specifica in nota – un genere, quello del ritratto, che ben prima dell’era del ‘selfie’ e dei “social”, ha seguito un proprio percorso, riflettendo i mutamenti di costumi, identità e visioni del mondo”. Così, accanto a ritratti di “quotidiana umanità”, regalatici da grandi maestri come Dorothea LangeSaul LeiterWilliam KleinElliot Erwitt e la panamense Sandra Eleta (oggi, a 82 anni, la fotografa forse più famosa a livello internazionale) presente in mostra con “Siembra” (1976) eccezionale “reportage” sulla vita quotidiana degli abitanti e delle “campesinas” di Portobelo, troviamo anche un raro “lightbox” contenente immagini di Brigitte Bardot, firmato dal romano Elio Sorci, fotografo “maximus” della “Dolce Vita” e “cacciatore” super agguerrito delle più note celebrità del “jet set” americano.

Nota interessante: la mostra in naturale armonia con il “Museo”, propone anche in un video un saggio del patrimonio dei 17mila documenti fotografici custoditi. Tra i protagonisti del Risorgimento spiccano i ritratti della Contessa di Castiglione, pioniera nell’Ottocento nell’utilizzo della fotografia come strumento per costruire e diffondere la propria immagine e il proprio fascino. Sottolinea, in proposito, Luisa Papotti, presidente del “Museo”: “La fotografia, inizialmente percepita come surrogato del ritratto pittorico, diventa rapidamente linguaggio autonomo e strumento di propaganda e costruzione dell’identità nazionale. I ritratti di sovrani, patrioti, combattenti non solo eternano i volti del Risorgimento, ma diffondono l’ideale unitario. Esporre questi materiali accanto ai ritratti contemporanei della ‘Collezione Bachelot’ significa restituire continuità al racconto dell’identità attraverso l’immagine”.

Gianni Milani

“Ritratti. Collezione Florence e Damien Bachelot”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimento.it

Fino al 5 ottobre –  Orari: mart./dom. 10/18

Nelle foto: Roth H. Sanford “Romy & Luchino Visconti”, ca. 1960; Brian Brake “Picasso’s Bullfight, Valauris, 1955; Gilles Caron “Israel …” 1967; Sandra Eleta “Siembra”, 1976  

Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, ecco il programma

Prosegue l’attività della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT per il secondo semestre 2025

Torino, 14 luglio 2025. Dal 2000, la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, ente “art oriented” della Fondazione CRT, mette in campo azioni concrete volte a valorizzare talenti e ad arricchire il patrimonio culturale, alimentando al contempo un’estesa collezione di opere d’arte contemporanea, diventata nel tempo tra le più prestigiose a livello nazionale e internazionale.

 

Nel venticinquesimo anno dalla sua costituzione (27 dicembre 2000), la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT prosegue con impegno crescente nell’implementare le linee strategiche del proprio programma, consolidando di anno in anno la sua visione e il suo impatto grazie a singoli eventi e a progetti speciali: Spazio pubblico, scelto come luogo privilegiato per realizzare opere attraverso un processo di coinvolgimento attivo di abitanti, enti locali, associazioni, rendendo l’arte accessibile e partecipata; Internazionalizzazione: un’apertura a progetti oltre i confini della città di Torino e del Piemonte; Comunità, filo conduttore che attraversa tutti i progetti della Fondazione, intesa come destinazione dei progetti di Fondazione e come approccio diretto alla costruzione di una pluralità di gruppi, con l’obiettivo di creare connessioni e rafforzare il tessuto sociale attraverso l’arte; Professioni, quelle dell’arte contemporanea, un settore che richiede competenze specifiche che vanno incoraggiate e formate; Educazione, da sempre un pilastro dell’azione della Fondazione e strumento fondamentale per avvicinare persone di tutte le età ai linguaggi dell’arte, promuovendone la comprensione e l’apprezzamento; Collezione, il cuore dell’identità istituzionale della Fondazione, un patrimonio artistico a disposizione della collettività.

 

“La programmazione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT racconta ciò che questi 25 anni sono stati, ma anche ciò che la Fondazione CRT ha voluto e continua a volere: promuovere la cultura come bene collettivo, generare valore attraverso l’arte, rendere il patrimonio accessibile a tutta la comunità – dichiara Anna Maria Poggi, Presidente della Fondazione CRT -. Nata nel 2000 per valorizzare un nucleo di opere di Arte Povera, la Fondazione è cresciuta fino a diventare una realtà culturale di riferimento a livello internazionale, con una collezione di oltre 930 opere di 330 artisti, messa a disposizione della collettività e dei musei torinesi. Nel tempo abbiamo ampliato il nostro impegno, avvicinandoci sempre più al territorio, come con il progetto di arte pubblica Radis, e sostenendo attivamente il sistema dell’arte contemporanea piemontese. Abbiamo promosso progetti di rete nei campi della formazione e dell’educazione, come Aperto e aulArte, riconosciuti come best practice a livello nazionale. Oggi la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT continua a contribuire a rafforzare l’identità di Torino come capitale italiana dell’arte contemporanea: il ritorno in Italia del summit internazionale del CIMAM, proprio a Torino dopo oltre cinquant’anni, rappresenta un riconoscimento importante di questa visione aperta, dinamica e attenta alle nuove sfide, come quella dell’AI e della contaminazione tra arte e tecnologia, che trova una delle sue case naturali alle OGR Torino, hub di cultura e innovazione della Fondazione CRT, da dove CIMAM prenderà il via”.

 

“È per me una gioia veder riunite in questo ricco calendario le attività che vedranno la luce nei prossimi mesi, a testimonianza della continuità e dello sviluppo del programma 2024-2027 – dichiara Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT -. Le sei parole chiave, con le quali abbiamo sistematizzato la strategia dell’istituzione, rispecchiano le sue vocazioni originarie, collezionistiche ed educative e, d’altra parte, ne indirizzano gli investimenti, progettuali ed economici, verso programmi innovativi nell’ambito dell’arte nello spazio pubblico, dell’alta formazione e dell’internazionalizzazione. Intorno alla collezione, giunta all’importante traguardo dei suoi 25 anni, la Fondazione è oggi più che mai un’istituzione impegnata a favore della comunità dei pubblici dell’arte, del sistema e delle sue istituzioni. Sono certa che, dopo il successo delle prime edizioni, i programmi di arte pubblica Radis e di alta formazione Aperto confermeranno il valore strategico che rivestono per l’istituzione e il territorio. Infine, sono felice che la Fondazione CRT, insieme alla Fondazione Arte, sostenga la Conferenza annuale del CIMAM, un evento internazionale che si svolgerà a Torino nel novembre 2025 e che darà nuova visibilità e centralità alla nostra città”.

Il castello di Rivoli per i suoi 40 anni ospita la mostra ‘Inserzioni’

Protagoniste le opere di Guglielmo Castelli, Lydia Ourahmane e Oscar Murillo

Il castello di Rivoli presenta, nel solco dei festeggiamenti dei quaranta anni dell’istituzione, una nuova serie intitolata “Inserzioni”, un  nuovo formato volto a commissionare ad artisti contemporanei un’opera pensata per il castello, che saranno tutte esposte dal 26 settembre prossimo al febbraio 2026.
Gli artisti coinvolti nella prima edizione del progetto sono Guglielmo Castelli, nativo di Torino nel 1987, Lydia Ourahmane, nativa dell’Algeria nel 1992, e il colombiano Oscar Murillo, nativo della valle del Cauca nel 1986.

In  concomitanza con Inserzioni il Museo presenta anche l’opera vincitrice del Premio Collective 2025 ‘Culture Lost and Learned by Heart: Butterfly’,  del 2021 di Adiji Dieye ( Milano 1991)  e la recente acquisizione attraverso il bando PAC del Ministero  della Cultira italiano di “Mare con gabbiano” del 1967 di Piero Gilardi ( Torino 1942- 2023) e di a.C. di Roberto Cuoghi (Modena, Italia, 1973).

Ispirandosi alla formula inaugurata  dal primo direttore Rudi Fuchs per la prima mostra Ouverture del 1984, ogni artista è  invitato a creare un’opera specificatamente  concepita per una delle sale auliche del castello, quasi a collaborare con esse, attraverso il tempo storico.
Come per la prima mostra gli artisti verranno messi al centro del progetto, sottolineando il valore delle ricerche individuali di ciascuno di loro. Il Museo Intende mantenere la sua caratteristica apertura alle voci degli artisti come momento chiave nella scrittura della storia dell’arte. Questo modus operandi incorpora principi che oggi appaiono di sempre maggiore urgenza, come quello dell’inclusione, dell’apertura ad altre culture e di partecipazione sociale e culturale.
Una delle caratteristiche del castello di Rivoli è il suo carattere di luogo non finito, carattere che lo trasforma in contenitore che gli artisti possono letteralmente o metaforicamente completare inserendosi, tanto da far nascere degli allestimenti unici. Spesso le opere sono arricchite dal dialogo con le sale in cui vengono allestite e, dall’altro fronte, le sale a volte diventano più forti grazie agli interventi artistici in esse contenuti.
‘Inserzioni’ apre al pubblico da venerdì 26 settembre al febbraio 2026. Il progetto è sostenuto da Radical Comissioning Group, un gruppo ristretto di benefattori che crede, come il Museo, nella necessità di dare agli artisti carta bianca  per creare opere visionarie, dando la possibilità all’istituzione di estendere la propria voce.

Guglielmo Castelli ha lavorato a un nuovo corpo di opere da inserire nella sala affrescata dedicata ai Continenti. L’artista presenta una nuova serie scultorea, che vede alcuni personaggi che popolano i suoi dipinti sfuggire da essi per esibire in forma bidimensionale  in curiosi ambienti tridimensionali, un’idea di infanzia silenziosa e d’attesa. Realizzate su ritagli di carta, le figure umane delle opere sono coreografate attorno a piccole maquette di tavoli progettati dall’artista di un ambiente casalingo e teatrale immaginario. Alle pareti una serie di nuovi dipinti, tra cui uno monumentale di oltre tre metri, raffigurano le atmosfere fantastiche e condensate tipiche di Castelli, in cui si svolgono molteplici azioni, ripetute cadute e altrettanti fallimenti. Nella sala adiacente, lunga e sottile, sono esposte alcune opere su carta e, per la prima volta, una speciale presentazione dei materiali preparatori e dei quaderni di schizzi di Castelli, che comprendono  studi per i personaggi del suo mondo inventato, apparenti scarti che divengono ecosistema e stratificazione insieme a prove di composizione, che rivelano il processo di realizzazione delle sue opere.

Lydia Ourahmane ha realizzato la nuova commissione in collaborazione con la sorella Sarah, compositrice e musicista. Una composizione scritta per tre cantanti ipovedenti si sviluppa in tre stanze del museo. Appena visibile, ma percepibile al tatto, la partitura è incastonata nelle pareti di ogni stanza e rimane dunque permanentemente a disposizione per future esecuzioni. Ogni cantante, per leggere la partitura, si muove lungo i muri o le ringhiere del castello, seguendo con il tatto le frasi musicali.
Negoziando i limiti della composizione come linguaggio e della stessa in Braille come mezzo, la partitura viene interpretata dai cantanti mentre si muovono; il margine dell’interpretazione è  aumentato dalla coreografia spaziale perché i cantanti camminano mentre parlano. Quando si traduce una frase musicale  in Braille, la cella  a sei punti riporta uno dopo l’altro vari dati, tra cui l’altezza e il ritmo di ogni nota, oltre alla chiave e all’ottava in cui è  scritta la composizione. Le partiture si presentano come un’unica riga, con le loro note, la loro durata, l’altezza in ottave , le legature, le pause e le istruzioni comunicate in sequenza. Riducendo la quantità di ornamenti o istruzioni interpretative, ogni cantante apporta la propria logica personale ad ogni frase.  A dare forma alla partitura contribuiscono il coro di elementi composto dall’architettura, lo spazio e il corpo.
L’artista Oscar Murillo, in seguito ad una visita al Museo ha scelto la stanza 18 come ambientazione per la sua installazione site-specific,  “A See of History” del 2025, opera che riunisce 48 dipinti della serie Disrupted Frequencies di Murillo, esperendo l’opera dal basso, come un affresco caduto e sospeso nel tempo. Composta da un arazzo di tele intrecciate, provenienti dal database ‘Frequencies’ di Murillo, l’installazione esplora una tensione tra visione e vastità,  immaginando nuovi territori scolpiti in un mare di segni stratificati. Iniziata nel 2013, Frequencies prevedeva il posizionamento di tele vuote sui banchi di scuola di tutto il mondo e la cattura dei segni consci e inconsci lasciati dagli studenti. Concepite dall’artista come dispositivi di registrazione analogica, queste tele fungono da registro frammentato di una sequenza culturale e sociale globale. Su questi frammenti Murillo ha lavorato in varie tonalità di blu, applicando pennellate gestuali di pittura a olio e una miscela di pigmento iridescente che ricorda sia l’oceano sia il cielo, elementi che contemporaneamente legano e separano lo spazio geografico. In questo terreno sospeso, storia e tempo diventano fluidi, incerti, aperti alla riconfigurazione.

Mara Martellotta

Fondazione Torino Musei protagonista dell’International Training Program in Museums con l’Arabia Saudita

Sessanta giovani professionisti sauditi hanno completato un percorso formativo di quattro settimane nei musei torinesi, culminato con la realizzazione di proposte progettuali per GAM, MAO e Palazzo Madama. Tra i progetti realizzati, venerdì 11 luglio apre al pubblico “The Journey of essence. From Matter to Meaning”, la mostra curata dai partecipanti a Palazzo Madama

La Fondazione Torino Musei consolida la propria vocazione internazionale realizzando  l’International Training Program in Museums promosso e sostenuto dalla Museum Commission dell’Arabia Saudita, che vede coinvolti anche il Victoria and Albert Museum di Londra e il Grand Egyptian Museum del Cairo. L’iniziativa, che si inserisce nel quadro del Piano Strategico dell’istituzione, ha visto Fondazione Torino Musei con l’Ufficio Relazioni Esterne e Attività Internazionali coordinare il programma italiano, un’esperienza formativa d’eccellenza che ha coinvolto sessanta giovani sauditi.

Dal 16 giugno al 12 luglio 2025, studenti universitari, professionisti e operatori museali dell’Arabia Saudita hanno vissuto un’esperienza immersiva nell’ecosistema museale torinese, acquisendo competenze avanzate in educazione museale, conservazione delle collezioni ed exhibition design. Il programma, sotto la direzione scientifica di Mariachiara Guerra, ha rappresentato un modello internazionale innovativo di capacity building.

 “Questa collaborazione rappresenta un’importante conferma del ruolo della Fondazione Torino Musei quale punto di riferimento e centro di eccellenza a livello internazionale per la formazione e l’innovazione nel campo museale” – dichiara Massimo Broccio, Presidente della Fondazione Torino Musei. L’iniziativa si inserisce  nel percorso di sviluppo e nel processo di internazionalizzazione dei Musei Civici avviato con il Piano Strategico, che ha visto la creazione, nel modello organizzativo, di una apposita funzione che ha l’obiettivo di creare un network internazionale, definire e attivare una strategia unitaria di branding e comunicazione che supporti l’internazionalizzazione delle Linee Culturali, promuovere il patrimonio storico-artistico attraverso touring exhibitions e  co-progettazione di mostre. In questa occasione e nell’ambito dello sviluppo dell’offerta di servizi culturali e di cooperazione internazionale,  la Fondazione ha assunto un ruolo di regia e coordinamento – attraverso il rafforzamento della  rete di collaborazione con gli altri  musei e istituzioni culturali del territorio – dando l’opportunità ai giovani professionisti sauditi di confrontarsi, approfondire e  acquisire il know-how del sistema museale di Torino e del Piemonte.”

“Per favorire lo sviluppo strategico del settore museale in Arabia Saudita, anche attraverso questo programma stiamo investendo nel capitale umano saudita, supportando le giovani generazioni e potenziando le loro competenze” – commenta Taghreed Alsaraj, General Manager of Education & Talent Development della Museum Commission del Ministero della Cultura saudita. “Crediamo che i musei non siano solo luoghi di conservazione ed esposizione ma piattaforme essenziali per l’educazione e lo sviluppo culturale. Per i nostri trainees, l’esperienza torinese ha rappresentato la possibilità di partecipare a un programma di alta formazione, di sperimentare pratiche e stabilire connessioni internazionali, che li renderanno capaci di apportare un contributo fondamentale alla crescita dell’ecosistema museale del Regno.”

“Questo progetto, che segue pluriennali esperienze in Arabia Saudita,  dimostra quanto i musei siano capaci di costruire ponti e come la cultura e l’educazione siano strumenti strategici per la cooperazione internazionale”, commenta Mariachiara Guerra. “I partecipanti non solo hanno acquisito competenze tecniche, ma hanno anche contribuito con le loro prospettive culturali ad arricchire la nostra visione del patrimonio.”

UN PERCORSO FORMATIVO DI ECCELLENZA

Il programma si è articolato in 115 ore di attività intensive, suddivise tra:

– 60 ore di progettazione dedicate all’elaborazione di proposte innovative per la rilettura delle collezioni di GAM, MAO e Palazzo Madama, creando dialoghi inediti tra patrimonio italiano e cultura saudita

– 55 ore di attività plenarie con seminari, visite di studio e workshop che hanno coinvolto l’intero ecosistema museale cittadino e anche il progetto Luci d’Artista.

Il network di collaborazioni ha incluso istituzioni di primo piano: Archivissima, CCW – Cultural Welfare Center, Museo Egizio, Reggia di Venaria, Centro di Conservazione e Restauro di Venaria Reale, Castello del Valentino e Politecnico di Torino, Musei Reali, Gallerie d’Italia, Castello di Rivoli, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Museo del Risorgimento e PAV – Parco d’Arte Vivente.

Il programma ha inoltre beneficiato dell’intervento di personalità di spicco del settore culturale: il Prof. Alessandro Crociata, economista della Cultura e direttore della candidatura di L’Aquila Capitale della cultura 2026, ha inaugurato il percorso con la lectio magistralis “Beyond the Glass Case: Museums as Catalysts for Social Innovation and Community Wellbeing”, esplorando il ruolo dei musei come catalizzatori di innovazione sociale;  la Prof.ssa Francesca Cominelli, economista della Cultura presso l’Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne, ha approfondito il tema del patrimonio immateriale con il keynote “Beyond the Object: Museums and the Power of Intangible Cultural Heritage”; Adrien Gardère, importante museografo francese, ha guidato il workshop “Weaving space, Choreographing the gaze”, accompagnando i partecipanti nell’elaborazione dei concept narrativi delle loro proposte progettuali; Fabio Viola, leader mondiale nella gamification museale, ha concluso il percorso con “Challenges and opportunities of the digital transformation”, dedicato all’innovazione digitale e alla valorizzazione delle collezioni.

La chiusura dei lavori e la presentazione dei progetti finali si è svolta alla presenza d Adrien Gardère e Taghreed Alsaraj, General Manager of Education & Talent Development della Museum Commission del Ministero della Cultura saudita, e ha suggellato un’esperienza che rappresenta un modello di diplomazia culturale attraverso i musei, replicabile a livello internazionale.

“Manuale operativo per Nave Spaziale Terra”: la 32esima edizione di Artissima

Artissima annuncia le Gallerie e i premi della sua trentaduesima edizione, che si terrà  da venerdì  31 ottobre a domenica 2 novembre prossimi all’Oval Lingotto di Torino.
L’edizione 2025 è  intitolata “Manuale operativo per Nave Spaziale Terra”, ispirato all’eclettica figura di Richard Buckminster Fuller e al suo omonimo libro del 1969 delle edizioni del Saggiatore. Per il quarto anno consecutivo Artissima trae ispirazione dal pensiero di una figura visionaria  per proporre una riflessione collettiva che, attraverso l’arte, la sua comunità e pluralità di linguaggi, intende offrire strumenti per interpretare e attraversare la complessità del presente.

“Il concetto di Manuale operativo – spiega il direttore di Artissima Luigi Fassi – invita a riflettere sulla nostra presenza sul pianeta Terra, “una nave spaziale” affidata alla responsabilità collettiva di chi la abita e che ci rende tutti suoi piloti. Come possiamo prendercene cura bilanciandone risorse e sostenibilità  per tutti i viventi?  Il destino non ci ha lasciato istruzioni, ma Fuller esorta il lettore a superare le barriere  tra discipline e cooperare con uno sguardo più  ampio e consapevole. Sono i grandi visionari come gli artisti a tracciare nuove rotte per comprendere il nostro ruolo di timonieri della nave spaziale terrà. Gli artisti pensano in modo olistico e indipendente, intuitivo e creativo. Sanno trascendere gli specialismi e il valore d’uso immediato, immaginando soluzioni oltre i confini disciplinari.
Proprio loro potranno ispirare la stesura di un Manuale operativo. Artissima, crocevia di mondi e personalità che ruotano intorno al sistema dell’arte contemporanea, invita la sua comunità di visitatori e partecipanti a riflettere su questo tema, per guidare il pianeta nel viaggio attraverso le sfide del tempo presente”.

L’edizione 2025 di Artissima vedrà accolte negli spazi della fiera le  quattro sezioni principali, Main Section, New Entries, Monologue/Dialogue e Art Spaces & Editions, e le tre sezioni curate, Present Future, Back to the future e Disegni.
Saranno 176 le Gallerie italiane e internazionali a partecipare, di cui 62 presenteranno progetti monografici.
Tra le caratteristiche della 32esima edizione spicca la capacità consolidata da parte delle gallerie di presentare progetti inediti, capaci di aderire al tema cardine di Artissima, coinvolgendo sia giovani artisti sia altri già affermati.
Oltre al calendario di talk, presentazione di progetti, libri, incontri con artisti e curatori, Artissima presenta e organizza progetti speciali all’Oval e diffusi in città, realizzati in sinergia con importanti partner e istituzioni. Si tratta di una fiera di ricerca, a partire dall’individuazione di quelli che saranno gli artisti di domani alla rilettura dei grandi maestri del passato recente, dall’esplorazione di formati nuovi e piattaforme digitali, alla sua capacità di essere un appuntamento di mercato e, al tempo stesso, curatoriale.

Le Gallerie partecipanti ad Artissima 2025 provengono da 33 Paesi e cinque continenti. Significativa è la presenza di gallerie provenienti dall’Europa dell’Est, tra cui Vilnius, Kaunas, Riga, Praga, Varsavia, Lubiana e Bucarest, e dall’America del Sud e centrale come Città del Messico, San Paolo e Buenos Aires. Sul fronte  europeo si conferma una viva partecipazione  di gallerie provenienti da Austria, Francia, Germania, Regno Unito,  Croazia, Grecia e Slovenia.

Nella sezione New Entries, dedicata alla gallerie aperte da meno di cinque anni e presenti per la prima volta in fiera, partecipano 12 gallerie provenienti da tre continenti, a partire da una galleria di Pescara, che esplora tematiche interdisciplinari contemporanee con opere di Adriano Costa, Gaëlle  Choisne, Berenice Olmedo; ArtNoble di Milano che presenta sculture di Jermay Micheal Gabriel sulla natura delle relazioni coloniali; ASNI di Riga, che promuove artisti baltici emergenti; Bliss di Varsavia, che propone l’arte spirituale di Urszula Broli; Bremond Capela di Parigi che ospita una mostra  bipersonale di Corinna Gosmaro e Madeline Peckenpaugh tra astrazione, paesaggio e memoria; Matteo Cantarella di Copenaghen che presenta un’installazione site specific di Therese Bülow e Vibe Overgaard sulle ambiguità  tra natura e industria; la brasiliana Galatea di San Paolo Salvador trasforma lo stand in un’installazione sensoriale di Carolina Cordeiro; Pipeline di Londra esplora la scultura e la fotografia di Giorgio van Meerwijk; Soup di Londra propone nuove pitture di Nina Silverberg su di uno sfondo murale dipinto a mano. Seguono le gallerie nella sezione New Entries Trotoar di Zagabria, che dedica uno stand monografico a Marko Tadić; la galleria Vohm di Seul, che cura una selezione di opere di Hana Kim e Eun Yeoung Lee su spontaneità e nostalgia. La galleria milanese Zazà presenterà l’installazione di Shaan Bevan, reinterpretazione contemporanea della pittura murale antica.

In occasione del suo venticinquesimo anniversario,  la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT incrementa per il terzo anno consecutivo, per un totale  di 300 mila euro, lo storico fondo acquisizioni a beneficio delle collezioni della Gam Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino e del Castello di Rivoli Museo di Arte contemporanea, stanziando il budget più elevato degli ultimi dodici anni. La Fondazione, nel corso degli anni, grazie anche alle acquisizioni effettuate ad Artissima, ha costituito una collezione di oltre 930 opere di arte contemporanea, tra le più prestigiose a livello nazionalé e internazionale,  con un investimento complessivo superiore a 41 milioni di euro.

Anche quest’anno Artissima presenta un articolato programma di Premi, tra cui il Premio Illy  Present Future , promosso da Illycaffé dal 2001, giunto al suo 25esimo anniversario, assegnato al progetto più interessante della sezione Present Future, dedicata alla scoperta di nuovi talenti; il Premio Diana Bracco , imprenditrici ad Arte, nato nel 2023 e promosso dalla Fondazione Bracco, dedicato a valorizzare una gallerista donna emergente quale imprenditrice attenta alla ricerca e alla qualità artistica. Seguono i premi Orlane per l’Arte, che premia lo stand con la migliore proposta espositiva  per la cura e valorizzazione degli artisti presentati, il Premio Tosetti Value per la Fotografia, che seleziona un artista che, oltre a ricevere un riconoscimento in denaro, svilupperà un progetto in dialogo con “Prospettive, l’economia delle immagini” dedicato alla fotografia contemporanea; il Premio Vanni #artistroom, promosso da Vanni Occhiali, che selezionerà un artista in fiera che disegnare una capsule collection di occhiali d’artista in edizione limitata. Infine il Premio Oelle Mediterraneo Antico, promosso dall’omonima fondazione di Catania, giunto alla sua quarta edizione, che premia un artista con la partecipazione ad una residenza artistica in Sicilia; il Premio Pista 500, nato nel 2023 in collaborazione con la Pinacoteca Agnelli, che offre all’artista selezionato l’opportunità di creare un’opera per il billboard sulla Pista 500, ex circuito del Lingotto; il Matteo Viglietta Award, riconoscimento promosso per ricordare il  grande vignettista; il Premio Ettore e Ines Fico, promosso dal Museo Ettore Fico, per premiare , attraverso un’acquisizione, il lavoro di giovani artisti a livello internazionale.
Ultimo ma non meno importante è il Premio “ad occhi chiusi”, nato nel 2021 dalla collaborazione con la Fondazione Merz, che seleziona un artista che parteciperà ad una residenza in Sicilia, i cui risultati saranno visibili presso la Fondazione Merz.

Mara Martellotta

“Cortile in Festa”: dove l’arte incontra la magia del tempo sospeso

UN CORTILE, UNA COMUNITÀ ARTISTICA, UNA CITTÀ CHE RISCOPRE IL SENSO DELL’INCONTRO.

OGGI, A TORINO, L’ARTE NON SI GUARDA: SI VIVE.

Intervista a Sabrina Rocca: l’arte che apre porte, spazi, coscienze

Piazza Fontanesi 8B, Torino – 9 luglio 2025, ore 18.00–21.00

 

Oggi a Torino, un antica corte si trasforma in un arcipelago creativo. È qui che Sabrina Rocca, pittrice e ideatrice di “Cortile in Festa” insieme ad altri artisti, artigiani, architetti e performer, ci invitano a vivereun’esperienza immersiva fuori dal tempo e dentro il cuore dell’arte. Un luogo speciale che, in qualche modo, ha segnato la storia dell’arte, anche dell’”arte povera”.

Sabrina, da cosa nasce “Cortile in Festa”?

Da un’esigenza semplice e potente: far uscire l’arte dai luoghi istituzionali per riportarla alla sua natura più viva e condivisa, far “esplodere” il suo potere generativo. Quando, circa un anno fa, sono entrata per la prima volta in quello che qualcuno ha definito “il cortile delle meraviglie”, è stato amore a prima vista. Un luogo magico, dove si respira il fare di altri tempi: artisti e artigiani che lavorano, creano, si contaminano, si aiutano. Un cortile autentico, senza retorica, ma pieno di sostanza.

È qui che ho desiderato e poi creato il mio atelier, in questo microcosmo di creatività: pittori, scultori, fotografi, artigiani… linguaggi creativi che si intrecciano, che si fondono tra loro. È un luogo sospeso nel tempo, in cui si respira la libertà di creare. Ho pensato: perché non aprirlo alla città, consentire anche agli amici del quartiere e della città tutta di sperimentarne la magia?

Chi varcherà il portone di Piazza Fontanesi cosa troverà?

Un’esperienza immersiva, autentica. Gli studi si aprono, si respira l’odore delle tele, dell’argilla, si ascoltano i racconti degli artisti. Ma c’è anche musica dal vivo, installazioni animate, workshop, teatro. È un’osmosi di linguaggi e sensibilità. Un invito a rallentare, osservare, lasciarsi permeare dalla bellezza. E poi scopri che qui Salvo ha avuto lo studio per quasi tutta la vita, che Penone ha fatto apprendistato con Lorenzoni — scalpellino, scultore e restauratore — , che Mertz faceva realizzare i suoi neon proprio in uno di questi laboratori e che entrare nello studio di Santo è come attraversare un pezzo di storia viva.

E poi c’è la Dora, che scorre lì accanto e amplifica l’energia speciale di questo luogo.

Hai parlato spesso della bellezza come “atto sociale”. Cosa intendi esattamente?

L’arte deve aprirsi al mondo, espandere la sua energia costruttiva, che genera consapevolezza, cura, connessione. E di più: deve custodire saperi, tecniche antiche che rischiano di disperdersi, coltivare attenzione. Questo evento è anche un atto di “resistenza gentile”: creare comunità attorno all’arte, celebrare la bellezza come forma di armonia e impatto culturale.

Un consiglio a chi vorrà esserci?

Venite con occhi curiosi e mente aperta. Camminate piano. Osservate e perdetevi nei dettagli. Fermatevi a parlare con gli artisti, dialogate con loro e le loro opere.

Non solo un evento, ma una porta aperta verso un’altrove.

“Cortile in Festa” è la sospensione dell’ordinario: una soglia tra intimità creativa e spazio urbano.

Qui l’arte non intrattiene, ma rivela.

Non si consuma, ma si condivide.

Una comunità che non si rappresenta ma dischiude un modo diverso di pensare il tempo: lento, relazionale, necessario.

Un’occasione rara da non perdere.

“La rosa s’aperse”: al Polo Museale di Druogno

Ampia selezione di opere grafiche e pittoriche raccolte in una suggestiva retrospettiva dedicata ad Elisabetta Viarengo Miniotti

Fino al 28 settembre

Druogno (VB)

Fin dal titolo – “La rosa s’aperse” – il messaggio è da subito ben chiaro. Il “viaggio” sarà tutto “ viaggio di poesia”. Poesia, di quella alta, che non ti lascia il tempo di tirare il fiato e ti porta inesorabilmente in quell’universo silenzioso e appartato fatto di armonia e bellezza dov’è giocoforza arrenderti allo smarrimento e alla pura contemplazione. Tant’è. Questo capita aggirandosi fra le sale espositive del “Polo Museale UniversiCà” di Druogno, storica località turistica della splendida Val Vigezzo (Verbano-Cusio-Ossola), che, fino a domenica 28 settembre, ospita, a cinque anni dalla scomparsa, un’ampia selezione di opere grafiche e pittoriche  dell’artista torinese Elisabetta Viarengo Miniotti, pittrice (allieva di Filippo Scroppo e di Giacomo Soffiantino all’“Accademia Albertina” di Torino) e straordinaria maestra di “incisione”, tecnica approfondita a Venezia al “Corso Internazionale di Incisione Sperimentale” sotto la guida di Riccardo Licata. Questo capita. E al sottoscritto, fidatevi!, è più volte capitato (“experientia docet”) trovandosi, più d’una volta, “vis à vis” con le opere dell’artista (Torino, 1937 – 2020). Realizzata dalla “Fondazione Elisabetta Viarengo Miniotti E.T.S.” (aperta a Torino, in via Villarbasse 30, dov’era lo studio della stessa pittrice), con il patrocinio di “Regione Piemonte”, “Provincia del Verbano-Cusio-Ossola”, del “Comune di Druogno”, dell’“Unione Montana Valli dell’Ossola” e della “Comunità Montana Val Vigezzo”, la rassegna è curata e presentata con fine maestria da Gianfranco Schialvino.

Che proprio a quella “rosa s’aperse” (poetico titolo della mostra e contenuto narrativo della “preziosa” acquaforte esposta in rassegna “Il giardino di re Mida” del 2015) s’appiglia per ricordarne la similare immediata affinità letteraria con il dannunziano “fiore s’aperse” dell’“Oleandro”dall’“Alcyone” del “Vate” pescarese (1903), pur propendendo per un miglior approccio alla “rosa fresca aulentissima”, celebre “contrasto” in “volgare” siciliano (XIII secolo) di Cielo d’Alcamo (giullare o poeta di corte?) poiché  “come la pagina miniata – annota Schialvino – di un ‘incunabulo di nostra gente’ l’avventura artistica di Elisabetta Viarengo Miniotti offre e richiede due metodi di lettura: quello dell’ammirazione per la sua perizia tecnica, che le consentiva di passare con disinvoltura dai pennelli agli acidi, dalle tele alla carta, dal bistro ai colori; e quello per i rischi che un artista ama ogni volta affrontare nella ricerca di soggetti nuovi, mai crogiolandosi su quel che ha già raggiunto in perfezione bensì gettandosi a capofitto in sempre diverse avventure”. E ogni pennellata, per Elisabetta, era davvero un “rischio”, una magnifica “avventura”. Rischio linguistico calcolato, rapido, corposo, inventivo, ma sempre in grado di bloccarsi all’istante, laddove l’impulso creativo rischiava di estromettere dai binari dell’“armonia” racconti di uomini e cose- di inquietanti “Arlecchini” nascosti dietro i tronchi biancastri delle betulle – di oggetti, figure e immagini di natura o di animali (poesia pura quella farfalla con la “polvere di giaggiolo” sulle ali!) che nelle sue opere diventavano “corpo unico” (esemplare in tal senso il corpo del nuotatore che diventa massa confusa fra acque ingorde e voraci) nel vigoroso abbraccio del colore o in una gestualità (per la quale si sono trovate importanti numerose assonanze e influenze con alcuni “grandi” dell’arte internazionale) ma che mai riuscì a sfiorarne il benché minimo tentativo di abbandonare la strada di una mai barattabile “singolarità”.

Nel campo soprattutto di “un’astrazione – scrive la critica d’arte e sua sincera amica Donatella Tavernache era piuttosto indefinitezza, poiché il finito, il netto, il fotografico era secondo lei limitante e in un certo senso ottundente”. Parole chiare di chi ben ne conosceva l’indole, l’onestà e l’afflato artistico. “Elisabetta non ha mai cercato clamore – aggiungono ancora i famigliari dell’artista cui si deve la nascita della ‘Fondazione’ a lei dedicata – eppure chiunque l’abbia conosciuta sa bene quanto fosse intensa la sua dedizione all’arte”. Alla visione di un mondo “di cui come famiglia e come ‘Fondazione’ ci sentiamo custodi, desiderosi di condividerla, di farla sbocciare ancora … come una rosa che continua ad aprirsi”.

Gianni Milani

“La rosa s’aperse”

Polo Museale UniversiCà, via Colonia 2, Druogno (VB); tel. 393/2611963 o www.universica.it  .

Fino al 28 settembre

Orari: luglio festivi; agosto, dall’1 al 17, tutti i giorni; dal 18 al 31, festivi; settembre su prenotazione

Nelle foto: Elisabetta Viarengo Miniotti “Giardino di re Mida”, acquaforte, 2015; “Nascondino (Arlecchino)”, olio su tela, 2011; “In vasca 2”, olio su tela, 2003; “Visitazione”, acquaforte a ceramolle, 20

Ghëddo, il progetto innovativo che promuove l’arte a Torino

/

Ghëddo, associazione culturale no profit guidata da Olga Cantini, Barbara Ruperti, Marta Saccani, Rachele Fassari e Davide Nicastro, nata nel 2021 insieme a TO.BE, l’open call arrivata oggi alla sua quarta edizione, è un progetto finalizzato all’organizzazione di progetti culturali che valorizzino e promuovano la giovane arte emergente, creando una rete dinamica tra artistə e spazi artistici del territorio torinese, come gallerie, spazi indipendenti, fondazioni e istituzioni.

“Come gruppo, al biennio di Comunicazione, temevamo di non avere tutti gli strumenti necessari per il nostro futuro lavorativo nel mondo dell’arte, sia noi come curatorə e comunicatorə, sia per lə giovani artistə – racconta il team di Ghëddo – É dalla necessità di colmare il vuoto che percepivamo, quello tra la formazione e l’effettivo lavoro nel mondo dell’arte che nasce Ghëddo, ma soprattutto il suo progetto di lancio TO.BE che permette allə artistə di esporre in gallerie e spazi del territorio di Torino. Concepiamo l’arte come strumento comunicativo, e al contempo come messaggio in grado di mettere in moto azioni e di generare valori nuovi all’interno di una comunità. Il nostro progetto mira a creare una rete dinamica con artistə e spazi indipendenti del territorio, favorendo esperienze di cooperazione e di scambio tra artistə e realtà cittadine al fine di costruire un legame solidale e generare delle dinamiche di scambio umano, etico, artistico coerenti con il tema dell’accessibilità, attraverso eventi gratuiti ed equi (parità di genere)”.

Ghëddo è guidato da cinque persone che operano in maniera orizzontale, condividendo responsabilità e decisioni. Olga Cantini si occupa di una parte della comunicazione, in particolar modo dei social media, dei rapporti con i partner e i media partner e dell’ideazione dei progetti e la loro messa in pratica. Rachele Fassari, tesoriera dell’associazione, si occupa della gestione economica e dei rapporti con lə collaboratorə esternə, si impegna a gestire i fondi. Barbara Ruperti cura la linea artistica e curatoriale, si occupa dell’ideazione dei progetti, della scrittura dei contenuti critici e delle relazioni con i partner culturali. Marta Saccani si occupa dell’ideazione, coordinamento e gestione dei progetti, gestisce i rapporti con lə artistə, collaboratorə e amicə di Ghëddo. Davide Nicastro è una figura jolly e trasversale, dall’ideazione dei progetti al reperimento di materiali utili.

“Oggi in Italia assistiamo a un panorama artistico estremamente frammentato, ma anche fertile, dove convivono pratiche tradizionali e sperimentazioni ibride – spiega il team di Ghëddo – Il panorama degli spazi indipendenti, dei collettivi e artist-run space è vitale e in fermento, ma spesso manca un riconoscimento istituzionale o una vera continuità progettuale. In questo contesto, molte realtà faticano a creare progettualità sostenibili e accessibili, non solo per lə artistə, ma anche per la sperimentazione artistica e curatoriale tout court. Spesso mancano gli spazi, le risorse economiche, ma anche i contesti relazionali in cui pratiche artistiche, riflessioni critiche e coinvolgimento attivo possano coesistere fuori dalle logiche di sistema. Ghëddo e le altre realtà come la nostra nascono in risposta a questo vuoto. La nostra proposta si colloca in una zona di confine tra spazio espositivo, laboratorio di pensiero e piattaforma di cura delle relazioni. Intendiamo l’arte non solo come produzione di oggetti o di mostre, ma come occasione di incontro, di interrogazione, di ricerca aperta e condivisa. Più che mancare in senso assoluto, realtà come la nostra rispondono a un bisogno diffuso ma ancora inascoltato. Quello di spazi che non siano solo contenitori, ma contesti dove attivare e riflettere su diverse qualità del fare. In un ecosistema artistico frequentemente orientato alla produzione, alla competizione e alla visibilità, riteniamo essenziale preservare luoghi di sperimentazione viva, in cui l’arte possa entrare in dialogo con la città, con le istituzioni e con le gallerie, mantenendo intatta la propria radicalità e accogliendo la complessità che caratterizza il panorama”.

“Per quanto riguarda la nostra open call TO.BE – continua il team di Ghëddo – selezioniamo lə artistə sulla base dei criteri del nostro bando: originalità dell’opera, efficacia espressiva, capacità innovativa nel campo delle arti visive. Lavoriamo con qualsiasi disciplina: scultura, installazione, sound art, performance, video, fotografia, pittura, grafica, arte multimediale o testuale. Quando collaboriamo con lə artistə nel progetto TO.BE, il nostro impegno non si esaurisce con la fine del programma: cerchiamo di dare continuità al dialogo e al supporto, creando occasioni future di collaborazione e valorizzazione delle loro ricerche. Per portare qualche esempio: l’artista torinese Silvia Basano, che negli ultimi due anni ha preso parte a due mostre collettive all’interno del progetto TO.BE (nel 2023 con Kissinkemmer e nel 2024 in Questo il mondo non lo saprà), a gennaio è stata coinvolta per partecipare alla prima edizione del nostro programma di residenza. In occasione della restituzione del progetto che Silvia Basano ha realizzato durante la residenza, in collaborazione con l’antropologo Mirko Vercelli, è stata coinvolta anche lə performer e artista Lux Aeterna, con cui avevamo già collaborato in occasione della mostra collettiva Il futuro è una schiuma cosmica. L’artista Rac Montoro, già presente nella mostra collettiva Kissinkemmer nel 2023, è statə nuovamente coinvoltə nel febbraio 2025 con la performance Broken Violet Dream, da noi curata, insieme ad altrə artistə con cui collabora abitualmente: Sirius Alexander Venus Rose, Erauqave e H’im. Nel luglio 2024, abbiamo portato un lavoro dellə artistə Lorenzo Peluffo e Enrico Turletti, che hanno partecipato alla mostra collettiva Il futuro è una schiuma cosmica, nella mostra curata da Osservatorio Futura al Forte di Exilles, intitolata Materie: sulla linea temporale del progresso la vita danza in cerchio. Nella stessa mostra, era presente anche un lavoro di Volga Sisa, artista che aveva esposto alla mostra personale Flor Inmortal da A PICK Gallery nel 2024. Entrambe le ricerche sono state oggetto di una riflessione critica a firma di Ghëddo, pubblicata all’interno del catalogo della mostra a cura di Osservatorio Futura. Al di fuori del bando TO.BE abbiamo avuto la possibilità di conoscere, interessarci e lavorare con altrə artistə torinesə e non solo. Nel novembre 2023, in occasione di Artissima, abbiamo curato la perfomance Sintetico di Plurale, collettivo di Verona insieme al quale abbiamo realizzato la fanzine Body of evidence: power, desire, desolation. Nel 2024 abbiamo esposto due lavori di Emma Scarafiotti e Virginia Argentero, artiste selezionate nella prima edizione del Premio promosso dalla Fondazione Recontemporary, a cui Ghëddo ha partecipato come partner in qualità di partner per una menzione speciale”.

“Nell’ambito del progetto TO.BE – conclude il team – abbiamo una novità per l’edizione 2025: oltre alle gallerie, fondazioni, e spazi indipendenti che collaborano e ospitano le mostre dellə giovani artistə, ci saranno anche alcune istituzioni torinesi. Questo ci rende molto felici perché significa ampliare le possibilità di crescita per lə artistə oltre ad essere una manifestazione di crescita di Ghëddo stesso. Per il nostro futuro ci auguriamo di raggiungere maggiori finanziamenti, in modo da poter dare ulteriori opportunità allə artistə e avere uno spazio in città tutto nostro. Ci piacerebbe sostenere le spese di produzione delle opere, offrire più budget per i trasporti delle opere e per tutte quelle spese di realizzazione di una mostra, ci stiamo lavorando. Se si scava bene e nel modo giusto, la città di Torino offre buone possibilità a realtà come la nostra”.

Gian Giacomo Della Porta

Paesaggi da sogno. Le 53 stazioni della Tokaido

Il MAO propone la prima selezione dell’omonima serie di stampe di Hiroshige che ci trasporta sulla leggendaria Via del Mare Orientale, fra l’antica capitale imperiale Kyoto ed Edo, l’odierna Tokyo.

 

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

Fino al 3 agosto 2025

Nell’ambito del riallestimento della galleria dedicata all’arte giapponese, il MAO presenta la prima di tre selezioni dedicate alla celebre serie Le 53 stazioni della Tōkaidō di Utagawa Hiroshige, uno dei capolavori assoluti dell’arte giapponese dell’Ottocento, di proprietà di UniCredit. Questa prima selezione prevede l’esposizione di 19 stampe, a cui seguiranno nei prossimi mesi altri due rotazioni di 18 xilografie ciascuna.

Il progetto si inserisce nel programma di rotazioni e interventi dinamici delle collezioni del MAO e, in questa configurazione, propone una lettura inedita della serie Le 53 stazioni della Tōkaidō di Hiroshige. Frutto della collaborazione con il Museo di Belle Arti di Montréal (MMFA), l’esposizione adotta un approccio ecologicamente sostenibile alla progettazione espositiva, in linea con l’orientamento che il MAO sviluppa da alcuni anni, volto a valorizzare il pensiero curatoriale e il contributo scientifico per un uso consapevole delle risorse museali. La serie conservata al MAO è infatti identica a quella presente nelle collezioni del MMFA: questo consente di realizzare una mostra in cui non siano le opere a viaggiare, ma la visione curatoriale e l’apparato educativo che la accompagnano.

Il progetto è curato da Laura Vigo, conservatrice di arte asiatica presso il MMFA, e si avvale dei contenuti didattici sviluppati dal museo canadese in occasione della presentazione della serie nel 2024, proposta allora con la medesima chiave interpretativa.

Installation view, “Paesaggi da sogno. Le 53 stazioni della Tokaido”. Foto: Studio Gonella

Realizzata per la prima volta nel 1833 e pubblicata dalla casa editrice Hōeidō di Takenouchi Magohachi, la serie riscosse un successo immediato, rivoluzionando il panorama degli ukiyo-e, le celebri xilografie a blocchi di legno. Stampata in oltre 15.000 copie, la Tōkaidō divenne un vero e proprio bestseller dell’epoca Edoaccessibile a tutti: le singole stampe costavano quanto una ciotola di ramen e venivano comprate, appese, spesso dimenticate, per poi essere riscoperte e consacrate come opere d’arte in Occidente solo nella seconda metà del XIX secolo.

Ma perché questa serie è così speciale rispetto a quelle che l’hanno preceduta? Hiroshige, artista proveniente da una famiglia samurai, ebbe l’intuizione di trasformare un tema allora già molto frequentato – il viaggio lungo la Tōkaidō, la strada di 490 km che collegava Edo (l’odierna Tokyo) a Kyoto – in un racconto visivo capace di mescolare realtà e immaginazione. Con un linguaggio accessibile e modernissimoispirato all’arte tradizionale giapponese ma con profonde suggestioni occidentali (come la prospettiva centrale, l’ombreggiatura, il formato orizzontale e l’uso del blu sintetico), Hiroshige non si limitò a rappresentare il paesaggio, ma lo reinventò. Ogni stampa è una scena onirica, atmosferica, capace di evocare sogni di viaggio e avventura.

Queste immagini non nascevano come opere d’arte da museo, ma come prodotti editoriali di largo consumo. Eppure, proprio per questo furono rivoluzionarie. Il lavoro editoriale di Takenouchi Magohachi fu cruciale: non solo nella stampa e distribuzione, ma anche nel concept narrativo e visivo dell’intera seriecostruita come una sorta di storyboard ante litteram, pensato per catturare l’attenzione di un pubblico ampio e alfabetizzato, assetato di immaginazione e novità.

La Tōkaidō era una delle cinque grandi arterie del Giappone Tokugawa, istituita nel 1601 e percorsa da daimyo, pellegrini e, col tempo, da mercanti e viaggiatori comuni. Ogni stazione di posta offriva alloggi, cibo, servizi (anche sessuali) e prodotti tipici. Hiroshige restituì tutto questo, e molto di più: trasmise il senso del movimento, la varietà degli incontri, il fascino di un paese in trasformazione. Le sue stampe trasformarono l’ordinario in straordinario, aprendo al pubblico giapponese – e in seguito anche a quello occidentale – un mondo sospeso tra realtà e sogno.

Accesso incluso nel biglietto delle collezioni permanenti.

MAO Museo d’Arte Orientale

Via San Domenico, 11, Torino

ORARI

martedì – domenica: 10 – 18. Lunedì chiuso.

La biglietteria chiude un’ora prima. Ultimo ingresso ore 17.

Anthony McCall – Solid Light alla Reggia di Venaria

Da Sabato 28 Giugno 2025 a Domenica 31 Agosto 2025

Le iniziative espositive della Reggia di Venaria spaziano in campo internazionale con la proposta dei nuovi linguaggi ed espressioni artistiche di Anthony McCall, artista britannico noto per le sue installazioni a luce solida.

Installation Photography of Anthony McCall ‘Solid Light’ Exhibition at Tate Modern

Le sue “sculture luminose” consistono in scenografici fasci di luce piani, curvi e conici tesi a delineare volumi che, come lame fisiche, percorrono spazi oscurati: alla Venaria Reale, attraverso una lettura contemporanea inedita, entrano in dialogo con gli ambienti barocchi e le prospettive della Reggiacoinvolgendo direttamente il visitatore in esperienze che espandono e superano le tradizionali performance del cinema artistico.

La mostra-evento propone alcune delle più significative installazioni dell’artista inglese.

Le opere iniziali documentano le prime esplorazioni di McCall sulle forme geometriche negli anni ’60 e ’70 con disegni e fotografie.
Si prosegue con un video digitale della performance realizzata dall’artista nel film del 1972 Landscape for Fire.
Il fulcro dell’esposizione è costituito da quattro installazioni “solid light works” esplorabili fisicamente da parte del pubblico che può attraversarle con il corpo, interagendovi nella totalità.

Solid Lights si inserisce nell’ambito del programma Into the Light dedicato al tema della luce che denota un ampio cartellone di eventi, iniziative, mostre ed attività fino al 2026.


Realizzata in collaborazione con Tate, UK, con la cura di Gregor Muir, Director of Collection at Tate Modern – Exhibition Curator e di Andrew de Brún, Assistant Curator of International Art at Tate Modern – Exhibition Co-Curator .