AMBIENTE- Pagina 46

L’attualità di CinemAmbiente

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Si svolgerà dal 5 all’11 giugno l’edizione numero 26 del Festival “CinemAmbiente”. Il via non a caso il 5 giugno giornata mondiale dell’ambiente. Un Festival condotto dal direttore Gaetano Capizzi, che fin dalla sua nascita, ha con i suoi film focalizzato l’attenzione sulle tematiche ambientali. Mai come in questo periodo con i suoi lungometraggi e cortometraggi fa riflettere pensare ed agire sulla stretta attualità della crisi climatica. Novità di quest’anno oltre alle proiezioni gratuite del cinema Massimo, vi saranno eventi sparsi tra piazzetta Reale e il cortile del Rettorato dell’Università. Debutto lunedì 5 alle 20 con protagonista papa Francesco introdotto dall’arcivescovo Roberto Repole e preceduto da il Punto di Luca Mercalli. Intitolato “The Letter: a Message for Our Earth” di NicolasBrown, ispirato dall’enciclica di papa Francesco “Laudatosi”. Domenica 11 alle 19 chiusura con premiazione alla Mole. Vi saranno 82 pellicole provenienti da 38 paesi dei 5 continenti divise tra documentari cortometraggi e nelle 2 non competitive Panorama e Made in Italy. Tanti ospiti tra cui l’attore Andrea Pennacchi a cui verrà consegnato il ciak verde. Il regista russo Victor Kossakovsky insignito del Premio Stella della Mole 2023. Due masterclass. Una affidata al regista cileno Pablo Larrain e l’altra a Kossakovsky. Un Festival con 320 mila euro a disposizione. I biglietti per le proiezioni saranno distribuiti al cinema Massimo.

Pier Luigi Fuggetta

Spazzare 200 kg di mozziconi per aiutare a pulire la Terra

Rimuovere da terra oltre 50mila mozziconi di sigaretta, pari a 200 chilogrammi, in 100 appuntamenti in tutta Italia, di cui 5 anche in Piemonte. È con questo ambizioso obiettivo che Plastic Free Onlus, l’organizzazione di volontariato impegnata dal 2019 nel contrastare l’inquinamento da plastica, celebra la Giornata dell’Ambiente 2023 nel weekend del 3-4 giugno. La finalità è quella di sensibilizzare tutti i cittadini, e in particolar modo i fumatori, sul corretto smaltimento e sui rischi connessi all’inquinamento e alla salute dell’incivile gesto di gettare per terra i mozziconi. I volontari di Plastic Free saranno in azione sabato 3 ad Alpignano (TO) e domenica 4 a Torino, Dronero (CN), Novara e Cerano (NO).

In Italia si stima che ogni anno finiscano nell’ambiente 14 miliardi di mozziconi di sigarettedichiara Luca De Gaetano, presidente di Plastic Free OnlusAll’interno di ognuno ci sono 4.000 sostanze chimiche, molte delle quali tossiche e cancerogene, compresi arsenico, formaldeide, ammoniaca, acido cianidrico e nicotina. Queste tossine danneggiano gravemente gli ecosistemi marini e rappresentano un rischio anche per i più piccoli che, inconsapevolmente, possono mettere in bocca un mozzicone lasciato per terra in un parco o su una spiaggia”.

Si stima che circa il 65% dei fumatori non smaltisca correttamente i mozziconi delle sigarette, così oggi una grande quantità invade fiumi, coste e spiagge finendo inevitabilmente in mare. Scambiati per cibo, vengono inghiottiti da uccelli, pesci, tartarughe e altri animali marini, che possono arrivare anche a morire a causa di avvelenamento da tossine o soffocamento. Inoltre, le nanoplastiche contenute al loro interno impattano negativamente nella catena alimentare. Basti pensare che la quantità di polveri sottili prodotte da una locomotiva sono pari a quelle rilasciate da 5 sigarette nello stesso lasso di tempo.

In pochi anni, grazie ai nostri 250mila volontari, abbiamo rimosso dall’ambiente oltre un milione di mozziconi di sigarette durante le tante iniziative sul territorio nazionale prosegue il presidente De GaetanoUn argomento che ci sta molto a cuore e che abbiamo inserito nella mozione Plastic Free presentata alla Camera lo scorso 30 maggio, dove chiediamo la creazione di smoking area per il rispetto dell’ambiente e delle persone, risorse per enti e associazioni per contrastare il fenomeno con controlli e sensibilizzazione nonché l’inasprimento delle multe per i trasgressori”, conclude.

Scopri gli appuntamenti su www.plasticfreeonlus.it

Una nuova valutazione ambientale strategica

Conclusa il 4 maggio la discussione generale, si è proceduto all’esame dell’articolato con l’approvazione di 13 emendamenti. Quelli presentati dalla Giunta regionale e dal consigliere Valter Marin (Lega), sono volti a precisare meglio il testo, in linea con la ratio semplificatoria del Ddl. Due delle richieste di modifica approvate sono state invece presentate da Giorgio Bertola (Ev) con lo scopo di accogliere alcune osservazioni formulate dalle associazioni ambientaliste. Relatori del provvedimento sono Matteo Gagliasso (Lega) e Bertola.

Poco prima, in congiunta con la terza, è stato espresso parere preventivo favorevole alle delibere della Giunta regionale che dichiarano “la non sussistenza di un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque”, nel caso si rinnovino, con gara ad evidenza pubblica, le concessioni scadute di grande derivazione idroelettrica, rispettivamente, sull’asta del Torrente Orco e dell’impianto Po Stura – San Mauro.

Il Ddl, per poter approdare in Aula, dovrà passare in prima Commissione per il parere sulla norma finanziaria.

Alpinia, la storia del giardino di piante alpine e di montagna

Le piante e i fiori per l’uomo hanno sempre rappresentato qualcosa di molto importante

 

Inizialmente erano l’espressione della natura in cui poteva riconoscere un interesse pratico, concreto: erano le piante (alimentari, medicinali o tessili) che lo aiutavano a vivere, cibarsi, curarsi, vestirsi. Alcune piante erano considerate “magiche” e rappresentavano un punto di vista religioso rilevante. Con il passare del tempo furono costruiti i primi giardini botanici, per piacere estetico e puro spirito di ricerca, senza nessun legame con le eventuali applicazioni pratiche delle loro proprietà. Questi giardini erano luoghi frequentati per imparare a riconoscere le piante tant’è che, attraverso la testimonianza di Diogene Laerzio, si è saputo che Teofrasto aveva fondato ad Atene, a questo scopo, un giardino botanico. Dai giardini pensili di Babilonia ai giorni nostri, per varie fase e con tecniche e finalità diverse, il giardino è diventato uno degli ambienti che hanno accompagnato le varie civiltà. Una delle forme più originali è quella del “ giardino di piante alpine e di montagna”. In Italia il giardino alpino, in senso stretto, nacque nel 1897 con la fondazione di “Chanousia” sul Piccolo S.Bernardo e proseguì trentasette anni dopo, nel 1934, con l’apertura di “Duxia” (l’attuale “Alpinia”) sulle pendici del Mottarone, la “montagna dei milanesi” che domina Stresa, sulla sponda piemontese del lago Maggiore. In questo caso, si trattò – anche grazie alla non elevatissima ma pur sempre rispettabile altitudine d’Alpinia – di un felice compromesso tra un giardino roccioso (con funzioni estetico-decorative) e un giardino alpino (dove sono riunite specie floristiche proprie dei monti, a scopo di studio e conservazione).

Un balcone sul golfo Borromeo

L’orto botanico Giardino Alpinia, di fatto, è uno splendido balcone naturale sul golfo Borromeo del Lago Maggiore e, con gli anni, è diventato una meta irrinunciabile per il turista e per l’appassionato naturalista. C’è chi lo visita, e sono molti, solo per sostare al “Belvedere” – posto nel punto più alto e panoramico del giardino – e godersi lo spettacolo offerto dalla vista che si perde sul lago Maggiore verso Luino e la sponda lombarda, sul golfo Borromeo e le sue isole, sul lago di Mergozzo e sul semicerchio di oltre 150 chilometri di montagne, dalla cima del Fletschhorn alla Zeda, dal Limidario allo Spluga, dal Bernina al monte Generoso fino alle prealpi lombarde. Non vi è dubbio che il verdazzurro del contrasto tra boschi, prati e lago crea una suggestione del tutto particolare. Ma ad Alpinia si va anche per ammirare, passeggiando nei viali, le specie botaniche, soprattutto alpine, che vivono in aiuole e terrapieni. Alpinia è collocato a circa 800 metri d’altitudine, in territorio di Stresa, appena dopo la località “Alpino” di Gignese ed è raggiungibile agevolmente e comodamente sia passando da Gignese e salendo le curve nervose che portano sulla strada che conduce alla vecchia via “Borromea”, sia con la funivia che dal Lido di Carciano a Stresa raggiunge la vetta del Mottarone, fermandosi alla stazione intermedia, che dista poche centinaia di metri dall’entrata del giardino. Sorto per tutelare dall’interesse privato la sua affascinante posizione panoramica, è stato il secondo giardino botanico alpino fondato in Italia, dopo quello di Chanousia in valle d’Aosta. La fruibilità dell’area nuova del giardino (i due ettari d’ampliamento “sotto” l’area storica, che anni fa hanno consentito il raddoppio della superficie del giardino, oggi di 4.000 mq) ha reso possibile la realizzazione della passeggiata sul nuovo percorso, permettendo di visitare questa parte d’Alpinia che è stata espressamente dedicata alle specie autoctone, alla flora spontanea del Mottarone, realizzando così una saldatura con la parte storica del giardino dove dimorano le essenze botaniche più pregiate. In aggiunta venne predisposta anche un’area umida con tutte le essenze acquatiche.

“Tanto magro era il suolo, quanto pregiato era l’ambiente”

Nei primi anni ‘30, il terreno sul quale sorge Alpinia era incolto e quasi improduttivo per la sua natura acida e silicea. Eppure, tanto magro era il suolo quanto pregiato era l’ambiente, grazie soprattutto alle visioni panoramiche di grande ampiezza e bellezza. “In quegli anni – scriveva l’Ambrosini nel 1953 – una sola panchina di legno grezzo, su un dosso a 800 metri d’altitudine, prospiciente il gran quadro del bacino centrale del Lago Maggiore, era quanto di turistico esisteva in posto; vi si giungeva per mezzo di uno stretto sentiero tra ginestre e felci. Quello era il “belvedere” e si sapeva che da quel posto, nel gran silenzio dell’isolamento dal resto del mondo, la vista poteva spaziare su laghi e monti fino a più di centocinquanta chilometri di lontananza “. Il terreno era comunale ma vi furono dei privati che pensarono che lassù potesse sorgere una bella villa, con una vista da sogno. Per non dar nell’occhio, furono offerti venti o trenta centesimi al metro quadro. Appena si seppe della proposta, scattò l’allarme e un ristretto gruppo di “innamorati della montagna “ (come li definì Ambrosini) chiese all’allora Podestà di Stresa di non vendere la località ai privati per conservarla al godimento pubblico. E fu lanciata l’idea: “Farne un giardino di piante alpine aperto a tutti”. Era appena uscito, in ristampa, un libro di Penzig e Fenaroli sulla flora alpina e i “buongustai della scienza gentile”, cioè la botanica, si entusiasmavano per il giardino alpino Chanousia, al piccolo S.Bernardo. In breve la proposta fu formalizzata e il 28 gennaio del 1934, accettata l’idea dal comune di Stresa, nell’aula di segreteria del Municipio, dall’iniziativa d’Igino Ambrosini e Giuseppe Rossi nacque Alpinia (che inizialmente si chiamò “Duxia”, poi ribattezzato “Alpinia” nel 1944). Avviatosi come iniziativa turistica, il progetto divenne anche botanico-forestale. Fu subito redatto il programma iniziale, quello che si può a buona ragione definire il “manifesto” d’Alpinia.

“E’ il più bel posto tra quanti ne vidi girando il mondo!”

“ L’iniziativa di ornare uno dei più bei posti panoramici del nostro paese, il Belvedere d’Alpino sopra Stresa con un giardino di piante alpine, ha i seguenti scopi: conservare al pubblico godimento un luogo di primissimo ordine che altrimenti avrebbe avuto la sicura destinazione a villa privata; dar vita, col giardino, ad un’opera di bellezza aristocratica e popolare insieme, istruttiva, educativa, ricreativa; offrire un ambiente di serena poesia che costituisca un importante richiamo turistico per i visitatori italiani e stranieri...”. La descrizione, più dettagliata, del giardino seguiva lo slancio di queste frasi ma soprattutto, nel concreto, (“con ben scarsa competenza ed esperienza”) prese forma il progetto. Dalla ditta Correvon di Ginevra furono acquistate un centinaio di specie di piantine tipiche delle Alpi. Il prof.Correvon non fece un grande affare con quella fornitura perché, per disporre le prime aiuole, mandò espressamente e gratuitamente suo nipote per insegnare come si doveva procedere e venne poi egli stesso in Italia, prima al giardino (e lo definì “ il più bel posto tra quanti ne vidi girando il mondo”) e poi a Milano, dove tenne una memorabile conferenza sotto gli auspici del Cav.Giuseppe Rossi, uno dei fondatori del Club alpino Italiano. Un evento che costituì l’inaugurazione ufficiale della fondazione d’Alpinia. Iniziatosi il giardino con una cinquantina di piante alpine, nei due-tre anni successivi le specie salirono di numero rapidamente, sfiorando le 500, in gran parte molto preziose, dono di Chanousia, il giardino alpino del Piccolo S.Bernardo, unico all’epoca in “funzione” in Italia, dov’era custode il prof. Lino Vaccari, continuando in alta quota (tra Valle d’Aosta e Savoia, a 2170 metri) l’opera dell’abate Pietro Chanoux.Un passo alla volta continuarono le semine, le piantagioni, le erborizzazioni e – in pochi anni – Alpinia raggiunse le 2500 specie (delle quali 200 di piante officinali – con la campionatura di pressoché tutte le specie che riescono a vivere all’aperto in un clima temperato piuttosto freddo – e 150 arboree).

 

La collina brulla iniziò a fiorire..

Il lavoro mutò il panorama della collina brulla: nei 12.ooo metri quadrati recintati furono disposte scogliere e aiuole, ruscelletti e cascatelle, prati e macchie di bosco. Il giardino fu aiutato,Chanousia a parte, da molti orti botanici universitari che inviarono semi e piantine. E’ un lungo elenco, che si snoda tra Parigi, Coimbra, Losanna, Basilea, Ginevra, Dublino, Graz, Uppsala, Stoccolma, Glasgow, Copenaghen, Cambridge, New York, Vienna, Edimburgo e ancora Pavia, Torino, Sanremo, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Villa Taranto a Pallanza. Una vera e propria “gara di cortesia e altruismo in onore della scienza” che fu per anni a senso unico, con Alpinia che “riceveva senza poter contraccambiare” ma che vide poi, alla fine degli anni ‘40, anche il giardino affacciato sul lago Maggiore partecipare attivamente agli scambi, entrando nell’elenco dei donatori d’altri orti botanici. La crescita d’Alpinia, in quegli anni, fu impetuosa. Le piante e i fiori non seguirono un itinerario prestabilito, suddiviso per specie e classificazioni, ma si badò di più all’estetica, al piacere di stupire il visitatore con i lampi cromatici delle fioriture stagionali. Si prestò molta attenzione alle erbe alpine, alle piante pioniere, belle e tenaci. Una filosofia, che venne riassunta da Ambrosini in un rustico cartello, posto all’entrata del giardino: “ Non cercare qui, visitatore, vegetazioni di lusso, fiori doppi, disposizioni sapienti. Questo è un giardino di piante alpine, minuscole, feconde, frementi di vitalità, come offre natura”. Un risultato veramente straordinario, che valse l’approvazione, l’aiuto e la medaglia d’argento del Ministero per l’Agricoltura e foreste. Igino Ambrosini aveva compiuto, con i suoi collaboratori, un miracolo, che descriveva così:“..le piante alpine, con le loro magnifiche fioriture ed il loro modo di vivere, raccolgono sempre l’incantata ammirazione dei visitatori e sono per quanto possibile in aiuole, rocce , scogliere, ruscelli, il che costituisce pure una singolarità del giardino” . In quegli anni si erano succedute anche alcune coltivazioni (l’orto di Guerra, ndr) di piante alimentari e industriali. Venne dimostrata, ad esempio, la possibilità della coltivazione in luogo della valeriana, della digitale, lavanda e cumino. E, com’era inevitabile, non mancarono per altre specie di piante i risultati negativi, seppur “ugualmente istruttivi”.

“Portentoso calmante per lo spirito in questi tempi turbinosi”

Agli inizi del gennaio 1944, in piena guerra, cogliendo l’occasione del “decennale” del giardino, la Commissione Direttiva , presieduta da Giuseppe Rossi e composta da Ambrosini e Rovelli, tirò le somme di un primo bilancio, ammettendo innanzi tutto che il giardino “ha sempre presentato un notevole interesse turistico e scientifico: molto maggiore il primo,più contenuto il secondo”. Il giardino alpino “Duxia” svolgeva anche un’azione di “portentoso calmante per lo spirito in questi tempi turbinosi”. I numeri parlavano di un successo: 86.862 visitatori in dieci anni,con una media di dodicimila all’anno in tempo di pace e cinquemila in tempo di guerra. Di questi visitatori, in tempo di pace, 900 all’anno erano stranieri. Allora le automobili che affluivano al giardino, arrancando sui tornanti che da Baveno e Stresa salivano all’Alpino erano circa 1200 all’anno. I costi di “impianto” e manutenzione del giardino furono contenuti in 154.802 lire e …5 centesimi, ripianati dai contributi del Comune di Stresa (proprietario, tra l’altro, del terreno) e di vari enti e privati. La Commissione non mancò, nella relazione, di rilevare come “ gli Enti che ci hanno sussidiato hanno compiuto un eccellente affare sia per l’attività turistica che il giardino ha permesso di svolgere, sia perché esso ha valorizzato in modo cospicuo i terreni circostanti, in pratica per qualche milione di lire”.

Il dopoguerra e il “salotto” d’Alpinia

Nel 1946 Alpinia segnò una notevole ripresa. I visitatori furono 8942 in confronto dei 4215 del 1945 e dei 12 mila d’anteguerra. Il 31 gennaio 1947, nella sua “Relazione sull’attività d’Alpinia durante il 1946”, la Commissione Direttiva, presieduta da Giuseppe Rossi e composta da Ambrosini e Rovelli, scriveva: “Tra i motivi di soddisfazione, oltre alle consuete manifestazioni di simpatia dei visitatori, segnaliamo l’intensificata corrispondenza con Istituti nazionali e stranieri; gli scambi di semi e piantine con Istituti esteri;le richieste avute da amatori intenzionati di dar vita ad altri giardini alpini; le visite d’alte autorità governative, scientifiche, turistiche; l’aver ospitato artisti di buon nome per riprese cinematografiche; l’essere stato oggetto di citazione in numerose pubblicazioni”. L’eccezionale vista panoramica che si godeva dal “belvedere”, dove fu costruita una capanna, il “salotto d’Alpinia”, dotata di un potente cannocchiale, la raccolta di una moltitudine d’essenze botaniche e l’acqua oligominerale di sorgente furono gli “ingredienti” del successo e il giardino divenne meta di moltissimi visitatori. Nel 1953 sorse , all’entrata, la “casa d’Alpinia”. Igino Ambrosiani, insieme all’associazione degli “amici d’Alpinia”, presieduta da un infaticabile divulgatore delle bellezze botaniche come il professor Albano Mainardi, rappresentarono per molti anni il braccio operativo, colto e appassionato, che fece crescere “Alpinia” in valore e prestigio. E fu proprio Mainardi a ricordare come “ i fondatori non ne fecero un “orto botanico” con rigide , scientifiche divisioni per famiglie, provenienze, terreni adatti. Finalità principale è stata quella di far conoscere ed amare, senza pesantezze, una serie di vegetazioni in modo che il visitatore generico, quando girerà per i monti, le riveda, le riconosca e le rispetti, e “l’amateur” non più profano possa, nella sintesi del giardino, salutarle come vecchie conoscenze e rinsaldarne l’amicizia”.

“Ogni filo d’erba ha la sua storia da raccontare”

In quegli anni Ambrosini pubblicò “Alpinia intimo”, un utilissimo e documentato tascabile, una sorta di trattato di “botanica leggera”. Il volumetto si soffermava anche sulle virtù salutari d’alcune erbe officinali che “oggi ridivengono attuali di fronte a questo pover’uomo contemporaneo, obbligato per fuggire ai suoi mali, ad ingurgitare passivamente pastiche, vitamine, ormoni, antibiotici, sonniferi, ansiolitici, analgesici e antistaminici”. L’anima del giardino era condensata in questo “flash” d’Ambrosini che,   ispirandosi alla memoria dello scrittore Amiel, scrisse “..ogni filo d’erba ha la sua storia da raccontare”. Sono le “creature” che amava crescere e che descriveva come “piccole, minuscole piante “tutto fiore”, avvinghiate da robuste radici alla terra, ma capaci coi loro minuscoli e vitalissimi semi di disseminarsi ovunque, portati dal vento, uncinarsi a nuova terra, conquistarla, germogliarvi, moltiplicarsi. Piantine minuscole, non flaccide, capaci di vivere sul magro, unite strette per difendersi, organismi di lunghissima vitalità che sanno – con cento mezzi – nutrirsi e mantenersi sani, senza l’assistenza dell’uomo e senza alimentazioni pletoriche; esseri che cedono alla carezza dell’aurora mattutina ma non temono la bufera; che si muovo senza darlo a vedere, che utilizzano la collaborazione altrui e la compensano traendo beneficio; generazioni d’aristocrazia millenaria, depositarie di segreti e di misteri. Piantine che camminano in cerca di nutrimento, che emettono anche dai rami, radichette laddove sentono che vi è alimento o sostegno; che si difendono con spine, peli, ragnatele, verniciature, veleni; che girano il fiore in cerca di luce ed il seme in cerca di terra; che impazziscono per azione di parassiti; ma soprattutto di mostrano frementi nell’attività riproduttiva”.

Drosera e Parnassia, una tenera “associazione a delinquere”

Alcune di queste piantine sono talmente minuscole che occorre osservarle con la lente e, conoscendole, non mancano di stupire. E’ il caso della Drosera rotundifolia, pianta carnivora, e della Parnassia che vivono l’una accanto all’altra in una specie di simbiosi o, se vogliamo, in una vera e propria “associazione a delinquere”. La Parnassia, col suo bianco flabello richiama i piccoli insetti che, posandosi anche sulla Drosera, ne sono da questa invischiati, asfissiati e poi digeriti. Nello stesso tempo, la Parnassia – complice della “killer” – cacciando le sue radichette sotto la Drosera, succhia quei sali minerali che alla vicina (nutrendosi specialmente di sostanze organiche) non interessano.

Il declino e la “svolta” del 1977

Dopo molti anni difficili e bui, seguiti al ritiro d’Igino Ambrosini dalla carica di Direttore, con il rischio che tutto andasse in malora e che Alpinia imboccasse la via del degrado ambientale, dell’incuria e dell’oblio,ci fu la svolta del 1977. La fase di rinnovamento coincise con la nuova gestione del giardino, assunta da un consorzio d’enti pubblici guidato dall’allora Comunità montana Cusio-Mottarone. Su Alpinia, gradualmente, si riaccesero i riflettori. Aiuole e roccere tornarono ad essere curate e le poche decine d’essenze sopravvissute ricevettero nuove cure e attenzioni. Il passo decisivo, dopo questi primi interventi, avvenne con il progetto degli architetti paesaggistici Giacomo Prini e Patrizia Pozzi. L’area del giardino si ampliò, raddoppiando. Furono aperti nuovi percorsi e sentieri, creando la zona umida a nord, aumentò il patrimonio vegetale con nuove essenze arbustive, arboree ed erbacee. Gli sforzi degli enti che gestirono il giardino, accompagnati dalla passione e competenza del giardiniere-custode Michele Ferrier, fecero “rifiorire” Alpinia.

Le mille specie d’Alpinia

Questa è, in sintesi, la storia di questa straordinaria realtà, tutt’oggi meta – da aprile a metà ottobre – di decine di migliaia di visitatori. La “filosofia” di Ambrosini, nel tempo, è stata rispettata. Infatti, il successo di un giardino come Alpinia deriva da questa mescolanza di specie diverse: erbe, felci, bulbose, licheni, piante legnose, arbusti, provenienti da regioni e habitat differenti, da aree geografiche in quota non solo sulle Alpi ma anche in zone più remote ed esotiche, dagli Urali al Giappone, alla catena Hymalaiana. Piante diverse ma unite dall’obiettivo comune di dare senso e immagine al giardino e da caratteristiche morfologiche abbastanza simili. Una delle prime, e più ardue difficoltà nella formazione di un giardino roccioso alpino come questo consiste nella conoscenza delle esigenze delle piante, la cui sopravvivenza è strettamente legata alla specificità degli elementi naturali. La natura del suolo per l’apparato radicale e gli elementi nutritivi, le proprietà chimiche del terreno, le necessità d’acqua e di drenaggio, l’esposizione alla luce del sole e il riparo dai venti: nulla è lasciato al caso e le scelte sono frutto di tecniche, esperienza, ripetuti tentativi e sperimentazioni, successi e fallimenti. Una delle caratteristiche d’impianto adottate ad Alpinia è stata quella delle “aiuole rialzate”, che propongono due vantaggi. Innanzi tutto, sopraelevando il suolo dell’aiuola dal terreno naturale si ottiene un drenaggio più efficace e , in secondo luogo, con materiale di riempimento molto differente rispetto alla composizione del terreno, si possono assicurare alle piante tutti gli elementi minerali più opportuni per la loro crescita. Attualmente le aiuole e le roccere d’Alpinia ospitano centinaia di specie, appartenenti ai vari generi di piante alpine. Fra i gerani (geranium) ci si può sbizzarrire: dai più comuni come i geranium sanguineum al geranium platypetalum, nativo del Caucaso, alto circa 30 cm e capace di formare masse compatte di foglie lobate e magnifici fiori azzurri-purpurei del diametro di 4-5 cm, che si aprono in successione. Altro genere tipicamente alpino è quello dei garofanini (Dianthus), che spesso nell’ambiente montano costituiscono formazioni a tappeto o a “monticello”, con foglie lineari, fusti eretti e petali profumati e multicolori. Le diverse specie di campanule sono una delicata e affascinante presenza ad Alpinia: dalla più comune Campanula Medium, biennale sudeuropea di media altezza, a piante d’assoluta rarità come la Campanula Marchesettii, pianta endemica dei boschi del Trentino. Si trovano piante ornamentali come il mediterranei lino giallo, il talittro (Thalictrum aquilegifolium) con i suoi fiori formati non da petali ma solo da organi sessuali, la celebre stella alpina (Leontopodium alpinum) dalle strane e singolari brattee biancastre, ai gigli. L’elenco può essere lunghissimo, quasi interminabile, di piante che le montagne crescono, esibiscono e, a volte, nascondono. Appare evidente anche al profano come il “valore” di un Orto Botanico sia determinato dal numero delle specie che ci vivono. Per una buona germinazione delle due semine annuali, autunnale e primaverile, le terrine sono poste nel semenzaio, in un lettorino freddo e , successivamente, la plantula è invasata singolarmente o a mazzetti. Così, al riparo in un tunnel ombreggiato fino alla crescita, si consente un sicuro trapianto a dimora. Questo lavoro ha permesso nel tempo di arricchire Alpinia di molte nuove specie, tra le quali un certo numero arbustive. In questo modo si passò dalle 400 specie del 1987 alle circa mille attuali con l’obiettivo , molto ambizioso ma non impossibile, di tornare alle quasi duemila del 1953.

Una “vetrina” sui fiori, tra lago e montagna

Alpinia, negli anni a venire, dovrà essere sempre più un museo a cielo aperto, un laboratorio di conoscenze botaniche, una “vetrina” sui fiori montani, collegandolo alle migliori tradizioni floricole del lago maggiore che,in tutto il mondo, è conosciuto per le sue produzioni d’acidofile, in particolare azalee e rododendri. Un progetto meno ambizioso di quanto possa apparire e comunque “ in linea ” con quanto aspirano i tanti che, dopo aver percorso i viali d’Alpinia, manifestano il loro entusiasmo per aver potuto godere di quest’angolo di natura sulle pendici del Mottarone, tra l’azzurro del lago e quello del cielo.

Marco Travaglini

Ecospiritualità, una quercia e una targa dedicate a Giancarlo Barbadoro

Presso il giardino della Biblioteca Comunale di Fiano Torinese

Domenica 4 giugno 2023 alle ore 17 verranno inaugurate la quercia e la targa dedicate a Giancarlo Barbadoro, Filosofo, Poeta, Musicista, Giornalista, Scrittore.

L’inaugurazione avverrà presso il giardino della Biblioteca Comunale di Fiano Torinese, via Roma 59, nel Comune a lui caro e con cui ha collaborato per molte iniziative.

La scelta del luogo è significativa in quanto proprio alla Biblioteca Comunale Giancarlo Barbadoro aveva presentato numerosi suoi libri di saggistica e poesia e dove teneva periodicamente serate di letture, musica e filosofia. Molte sue opere sono state date in dono alla Biblioteca.

Giancarlo Barbadoro è stato molto legato al Comune di Fiano, tanto che ha fondato l’Ecovillaggio di Dreamland che si trova in via G. Agnelli 2 dello stesso Comune, un centro policulturale in cui aveva fatto erigere un grande cerchio di pietre ispirato alla cultura celtica. Inoltre alla Scuola Media “Rosselli” di Fiano Barbadoro teneva corsi di Kemò-vad (meditazione dinamica) che ora continuano seguiti dall’attuale presidente dell’associazione Rosalba Nattero.

Giancarlo Barbadoro è stato definito “Teorico dell’Ecospiritualità” in quanto con esponenti di Comunità native di tutto il pianeta ha fondato la Ecospirituality Foundation, ONG in stato consultivo con le Nazioni Unite, per diffondere il concetto della filosofia ecospirituale, che egli riteneva potesse risolvere tutti i mali di una società basata sull’antropocentrismo. Con la Ecospirituality Foundation si è schierato a fianco di molte Comunità native di tutti i continenti portando le loro istanze all’ONU di New York e Ginevra.

È stato un grande attivista per i diritti degli animali, causa che sentiva più di ogni altra poiché li riteneva gli esseri più sfortunati della Terra. Sognava un futuro di pace e di fratellanza per tutti gli esseri viventi, un mondo basato sulla fratellanza e l’armonia tra tutte le specie viventi, tutti cittadini dell’universo che coabitano sullo stesso pianeta. Ora l’immenso patrimonio intellettuale che ha lasciato verrà portato avanti da chi ha raccolto la sua eredità spirituale che verrà conservata e divulgata presso il Centro Studi a lui dedicato.

All’inaugurazione interverranno:

Il Sindaco di Fiano, Dott. Luca Casale

L’assessore alla cultura, Andrea Nepote

Il direttore del Risveglio, Antonello Micali.

Introdurrà Rosalba Nattero, presidente Ecospirituality Foundation.

L’inaugurazione sarà accompagnata dal suono della cornamusa e dalla lettura di alcune poesie di Giancarlo Barbadoro.

La serata si concluderà all’Ecovillaggio di Dreamland, in via G. Agnelli 2, Fiano, con un buffet vegan offerto da SOS Gaia.

DOMENICA 4 GIUGNO 2023 ALLE ORE 17

Presso il giardino della Biblioteca Comunale di Fiano Torinese, via Roma 59

Per informazioni: tel 011 530 846 info@eco-spirituality.org www.eco-spirituality.org

Regimi di qualità dei prodotti agroalimentari, ecco il bando

SVILUPPO RURALE PIEMONTE: APRE IL BANDO DA OLTRE 1 MILIONE DI EURO PER ADERIRE AI REGIMI DI QUALITA’ DELLE PRODUZIONI AGROALIMENTARI E VITIVINICOLE

L’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte ha pubblicato il bando 2023 a sostegno delle aziende agricole piemontesi che aderiscono ai regimi di qualità dei prodotti agroalimentari, istituiti da Unione Europea, Stato e Regione: Dop (denominazioni d’origine protetta), Igp (indicazione geografica protetta), Stg (specialità tradizionali garantite), Doc e Docg per i vini, indicazioni geografiche delle bevande spiritose, vini aromatizzati, sistemi di qualità nazionale per la zootecnia (SQNZ), produzione biologica, sistema di qualità nazionale di produzione integrata (SQNPI), sistemi di qualità per il benessere animale, regimi di qualità di natura etica e sociale, indicazione facoltativa di qualità “prodotto di montagna”.

Il bando è relativo all’intervento SRG03 dello sviluppo rurale del Piemonte 2023-2027 e ha una dotazione finanziaria complessiva di 1.100.000 euro per l’anno 2023.

Con la nuova programmazione dello sviluppo rurale 2023-2027 prosegue l’impegno della Regione a sostegno delle produzioni agroalimentari e vitivinicole di qualità certificata in Piemonte, il cui valore complessivo è di 1 miliardo e 570 milioni di euro, punto di forza dell’economia del Piemonte grazie all’impegno di tutti i soggetti che operano nella filiera, dai produttori ai Consorzi di tutela ai trasformatori”, sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura e Cibo Marco Protopapa.

Possono partecipare al bando le aziende agricole singole o associate, di nuova costituzione o già esistenti, che aderiscono per la prima volta ai regimi di qualità ammissibili o che hanno partecipato ai medesimi regimi nei cinque anni precedenti alla presentazione della domanda di sostegno.

Viene assegnato un contributo a fondo perduto a copertura del 100% dei costi sostenuti per la partecipazione al regime di qualità nel periodo di riferimento di ciascuna annualità,  fino ad un massimo di 3 mila euro all’anno per ciascun beneficiario e per un massimo di cinque anni.

Dal 19 maggio 2023 è possibile presentare le domande di preadesione al sostegno, obbligatorie per la successiva trasmissione delle domande di sostegno a partire dal mese di luglio 2023.

Link al bando: https://bandi.regione.piemonte.it/contributi-finanziamenti/csr-2023-2027-partecipazione-regimi-qualita-srg03

Al Poli di Torino progetto per un’aviazione sostenibile.

Prende il via al Politecnico di Torino il progetto ERC Starting Grant LINING, per un’aviazione sostenibile

 

Il professor Francesco Avallone ha iniziato la sua attività di ricerca al Dipartimento DIMEAS con l’obiettivo di descrivere e modellare l’interazione tra flusso aerodinamico e onde acustiche sui propulsori degli aeroplani, per ridurre l’inquinamento acustico e contenere il consumo di carburante

 

La riduzione dell’inquinamento acustico è uno degli obiettivi primari per un’aviazione sostenibile. L’ACARE (Advisory Council for Aviation Research and Innovation in Europe) – organismo che da oltre 20 anni fornisce un forum aperto per affrontare questioni strategiche, politiche, normative, tecniche e istituzionali dell’aviazione – ha stabilito che, entro il 2050, gli aerei messi in commercio dovranno essere 65 decibel(A) meno rumorosi e il 90% meno inquinanti di quelli commercializzati nel 2000. Per raggiungere questo obiettivo, è richiesto un i intenso lavoro di ricerca per progettare motori aeronautici di nuova generazione con caratteristiche in grado di ridurre allo stesso tempo il rumore e i consumi.

Per questo ha preso il via al Politecnico di Torino il progetto europeo ERC Starting Grant LINING (Acoustic fLow InteractioN over sound absorbing surfaces: effects on ImpedaNce and draG) che si propone di descrivere e modellare in modo accurato l’interazione tra flusso aerodinamico e onde acustiche sia sui liner acustici convenzionali già presenti sugli aeroplani, per i quali una parte della fisica di funzionamento non è ancora ben nota, sia poi per quelli di nuova generazione. Il team di ricerca guidato dal professor Francesco Avallone, che ha preso servizio lo scorso mese di dicembre presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale-DIMEAS del Politecnico di Torino, utilizzerà metodi sperimentali e numerici avanzati e svilupperà tecniche di analisi innovative. Questi obiettivi saranno raggiunti grazie alla collaborazione con centri di ricerca e università estere come ONERA (Francia), NLR (Olanda) e la Federal University of Santa Catarina (Brasile).

In un velivolo convenzionale, il sistema di propulsione rappresenta ancora una delle sorgenti di rumore di natura aerodinamica principali. Convenzionalmente, questa forma di disturbo acustico è mitigata utilizzando dei liner acustici, visibili al passeggero come piastre forate nella gondola motore. I motori di prossima generazione, però, saranno caratterizzati da rumore con caratteristiche diverse da quelli del passato: di larga banda e con toni a bassa frequenza. Utilizzando liner convenzionali, date le loro caratteristiche, tutto ciò non sarebbe possibile; pertanto, liner di futura generazione dovranno essere progettati.

“Questo progetto mi permetterà di studiare un problema complesso dal punto di vista di ricerca fondamentale ma con un impatto applicativo notevole – spiega Francesco Avallone – Alla fine del progetto puntiamo a descrivere le interazioni tra onde acustiche e flusso turbolento, così da progettare liner con strutture interne e superficiali complesse, attualmente possibile grazie al continuo sviluppo di stampa 3D, che garantiscano massima riduzione del rumore e minimo impatto sulla resistenza. Allo stesso tempo, tale conoscenza contribuirà anche a migliorare le nostre capacità di eseguire calcoli numerici con costi di calcolo minori, grazie al miglioramento delle condizioni al contorno basate sulla fisica che verrà descritta durante il progetto LINING. Le collaborazioni con gli enti esterni e le varie anime all’interno del Politecnico contribuiranno al raggiungimento di questi obiettivi complessi, grazie ad un continuo scambio di idee.”

Marazzato Soluzioni Ambientali diventa società benefit

 

• CON LA FIRMA DAL NOTAIO L’AZIENDA SI IMPEGNA A PERSEGUIRE FINALITÀ CHE VADANO A BENEFICIO DELLA COLLETTIVITÀ

• TRA GLI OBIETTIVI: LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE ATTRAVERSO LA RIDUZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE E LA PROMOZIONE DI PRATICHE SOSTENIBILI NELLO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ 

• LA SOCIETÀ BENEFIT PROMUOVE ANCHE LA CREAZIONE DI UN AMBIENTE DI LAVORO INCLUSIVO E POSITIVO E IL DIALOGO COLLABORATIVO CON GLI STAKEHOLDERS AL FINE DI RAGGIUNGERE UN MODELLO DI BUSINESS CHE TENDA ALLA NEUTRALITÀ CLIMATICA

Marazzato Soluzioni Ambientali è diventata una società benefit, con l’atto firmato dal notaio che ha suggellato quanto programmato da tempo. Con questa mossa l’azienda, a fianco del perseguimento degli scopi di lucro tipici di un’attività imprenditoriale, si impegnerà a perseguire anche finalità che vadano a beneficio della collettività.

Per raggiungere i nuovi obiettivi, l’oggetto sociale è stato arricchito con l’introduzione di una nuova finalità: la protezione dell’ambiente riducendo l’impatto ambientale e promuovendo pratiche sostenibili nello svolgimento delle proprie attività.

Nello specifico, tante saranno le best practice adottate: la gestione dei rifiuti, la manutenzione del servizio idrico, il risanamento ambientale con la rigenerazione dei territori e il recupero di siti produttivi dismessi, il sostegno allo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni sostenibili per la gestione dei rifiuti e la protezione dell’ambiente per il raggiungimento di un’economia circolare efficiente.

Il tutto promuovendo anche la creazione di un ambiente di lavoro positivo e inclusivo tra i collaboratori, che ne tuteli i diritti e doveri, la sicurezza, la formazione, la valorizzazione e lo sviluppo delle potenzialità, compresa l’adozione di misure concrete di welfare aziendale.

Marazzato Soluzioni Ambientali si impegna anche nella promozione di un modo consapevole e sostenibile di condurre l’attività d’impresa, anche attraverso il dialogo collaborativo con gli stakeholder come enti del terzo settore, società e enti profit o benefit, il cui scopo sia allineato e sinergico con quello della società, per contribuire al reciproco sviluppo, ampliando l’impatto positivo. L’impresa si pone l’obiettivo di attuare un’evoluzione progressiva del proprio modello di business e operativo verso un’economia a zero emissioni di gas climalteranti, in linea con gli obiettivi europei di neutralità climatica e quelli nazionali di transizione ecologica.

La reportistica dell’impegno 

Il primo output tangibile di questo impegno è la produzione del report di sostenibilità, disponibile sul sito del Gruppo, che prende in esame lo status quo e i relativi margini di miglioramento.

Un obbligo importante di ogni società benefit è infatti quello della rendicontazione delle azioni intraprese a livello di responsabilità sociale. L’espressione di questa rendicontazione è un documento, di solito redatto su base annuale, che riassume le misure adottate e il relativo impatto positivo su ambiente e persone.

Marazzato Soluzioni Ambientali ha scelto quindi di redigere un report di sostenibilità che permette all’azienda di identificare il proprio impatto e predisporre le azioni correttive a seguito dell’analisi.

https://www.gruppomarazzato.com/sostenibilita/ 

Da febbraio c’è la Fondazione Marazzato

La trasformazione in una società benefit si inserisce in un percorso verso la sostenibilità non soltanto ambientale ed economica, ma anche sociale, avviato a inizio anno con la nascita della Fondazione Marazzato, costituita lo scorso 24 febbraio.

La Fondazione Marazzato è sorta con l’obiettivo di raccogliere sotto di sé e coordinare tutte le attività di Corporate Social Responsibility dell’azienda Marazzato Soluzioni Ambientali e della Holding Gruppo Marazzato, e quelle di Marazzato Mezzi Storici nell’ambito della conservazione e condivisione del patrimonio culturale.

La Fondazione, che è un ente senza scopo di lucro, persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, con particolare attenzione alla tutela dell’ambiente e della cultura industriale legata ai mezzi storici.

Gli obiettivi che si propone di perseguire vanno dal contributo attivo alla sostenibilità e allo sviluppo del territorio, anche in termini di lavoro ed economia, all’educazione e all’orientamento scolastico dei giovani, alla cultura. A questo si aggiungeranno anche attività di sostegno alla sanità, alle tematiche di inclusività sociale e allo sport.

https://www.gruppomarazzato.com/fondazione-marazzato/ 

Il Gruppo Marazzato

Il Gruppo Marazzato, nato nel 1952, si occupa di servizi ambientali con 8 sedi nel Nord Ovest e un raggio d’azione nazionale grazie alle reti d’impresa a cui aderisce. Con 300 dipendenti e un parco mezzi di oltre 250 unità fornisce servizi di gestione, intermediazione e trasporto rifiuti industriali, bonifiche ambientali, rimozione amianto e serbatoi e spurghi civili e industriali.

Lo scorso febbraio 2023 il Gruppo ha dato vita alla Fondazione Marazzato, che si occupa di tutte le iniziative legate al mondo della CSR, della sostenibilità ambientale e della preservazione del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla collezione privata di mezzi storici di oltre 250 esemplari custodita presso lo showroom di Stroppiana.

Crisi climatica, l’appello degli agricoltori del Piemonte

 

 

“La recente alluvione che ha colpito la Regione Emilia Romagna non resterà un caso isolato: se non si interviene pragmaticamente con una progettualità diversificata per territorio e piani di manutenzione, assisteremo solo ad altre catastrofi”. Lo ha detto Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte manifestando la massima solidarietà al popolo emiliano – romagnolo che si trova a combattere da martedì scorso per salvare vite e attività, tra fango e disperazione, ancora sotto una pioggia incessante.

Negli ultimi 12 anni, in Italia, abbiamo assistito a più di 500 eventi alluvionali che hanno causato danni al territorio in termini economici ma, soprattutto, per numero di vite perse” prosegue Allasia ricordando che il Piemonte è stato segnato dal 2000 al 2020 da diversi eventi alluvionali, che hanno registrato complessivamente 33 vittime.

Auspichiamo che quanto prospettato nelle ultime ore dal Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, Sebastiano Musumeci possa avverarsi in breve tempo” afferma il presidente; “Concordiamo sul fatto che si debba procedere con la logica della prevenzione e non dell’interventismo eccezionale, con piani di adeguamento delle infrastrutture e della viabilità che tengano presente le peculiarità di ciascun territorio italiano. Suggeriamo di migliorare la governance dei dati rurali, agricoli e forestali affinchè, attraverso una conoscenza dei contesti in cui è necessario operare, sia più snello ogni intervento”.

Confagricoltura Piemonte ravvisa poi un’opportunità di sensibilizzazione della cittadinanza e un momento di formazione al rischio: “E’ necessario educare la popolazione a comportamenti virtuosi e a saper far fronte ai problemi ambientali che purtroppo si presenteranno, sempre più frequentemente, negli anni a venire” propone Lella Bassignana, direttore dell’organizzazione e presidente di Agripiemonteform, suo Ente di formazione. “I nostri imprenditori agricoli sono da sempre sensibili a questo tema, si informano costantemente e operano per calmierare gli effetti della mitigazione del clima, mettendo al primo posto la salvaguardia del territorio” conclude. 

Foto: Mario Alesina

Prosegue con grande successo di pubblico il Festival del Verde: gli appuntamenti

Prosegue con grande successo di pubblico il Festival del Verde  (www.festivalverde.it) la manifestazione itinerante e diffusa in oltre 30 tra giardini pubblici e privati, parchi e orti urbani di Torino e provincia,  e molti altri luoghi “green” con più di 50 iniziative ed eventi diffusi la maggior parte a titolo gratuito: spettacoli, laboratori, open garden, talk, presentazioni di libri, serate benefiche, visite guidate, passeggiate botaniche e azioni di buone pratiche green.

Numerosi gli appuntamenti in programma  giovedì 25 maggio: dalle piccole azioni di pulizia nei Parchi Cittadini con i giardinieri comunali alla visita guidata del Parco Cavour di Santena. Dalla scoperta del Ranch urbano di Casa Ranch al laboratorio con la Libera Scuola del Giardino del PAV, e molto altro ancora

  • “Volontariato nei parchi cittadini”

Dalle ore 9.30 alle ore 12

Presso Parco Stura e Arrivore (Via Enna – Torino)

Presso Parco Villa Genero (Strada Comunale Santa Margherita 77 – Torino)

Organizzatori: Assessorato Uffici del Verde Progetto Torino Spazio Pubblico.

 Incontro con i volontari che affiancano i giardinieri comunali nella cura del parco. Con abbigliamento adeguato sarà possibile svolgere piccole pulizia dei prati e dei viali che attraversano il giardino.  

“Una passeggiata tra natura e storia”

dalle 10.30 alle 12 e dalle 15 alle 16.30

Presso Parco Cavour di Santena (Piazza Visconti Venosta 2 – Santena)

Organizzatori: Fondazione Camillo Cavour

 Una passeggiata guidata alla scoperta del patrimonio botanico e storico del magico Parco Cavour di Santena, fra letture, racconti e curiosità.

Presentazione libro: “Storie di donne, alberi e città” di WeTree

Dalle ore 11 alle 12

Presso Bosco degli altri – Corso San Maurizio 22 – Torino

Organizzatori: WeTree

Presentazione del libro di “WeTree” a cura della Professoressa Maria Lodovica Gullino. 

“Assemblea AIAPP”

Dalle ore 14 alle 19

Presso Campus Einaudi (Lungo Dora Siena 100 – Torino)

Organizzatori: AIAPP

Dopo l’assemblea (ore 16.30 circa) in programma un incontro sul tema della siccità.

“Il Ranch urbano: giardino e rooftop tra casa e coworkshop”

Dalle ore 16.30 alle 19.30

Presso Casa Ranch (Via Frejus 108/A – Torino)

Organizzatori: Suingiardino e WWORKS

Apertura straordinaria e visita guidata del “ranch urbano” di Casa Ranch. 

“Piante perenni e selvatiche d’ornamento”

Dalle ore 17.30 alle 18.30

Presso il Viridarium Lab Garden (Via Eremo s/n fronte Via Mongino – Pino Torinese)

Organizzatori: Associazione Culturale Sguardo nel Verde

 Talk. Le aiuole di piante perenni sono la soluzione migliore per variare forma, colore, portamenti nei nostri giardini e diventano punto di osservazione privilegiato per capire come crescono e si moltiplicano le piante.

 

“Libera scuola del giardino”

Dalle ore 17.30 alle 18.30

 Presso il PAV – Parco Arte Vivente (Via Giordano Bruno 31 – Torino)

Organizzatori: PAV

Un laboratorio per adulti e bambini. La Libera Scuola del Giardino nasce dal desiderio di definire una nuova e specifica identità collettiva basata su esperienze comuni finalizzata alla conoscenza delle risorse naturali presenti nel territorio del PAV. Attraverso le fasi di studio, coltivazione e trasformazione delle specie botaniche, si intende colmare la distanza, che normalmente esiste, tra la produzione e il godimento di un bene culturale. 

 

“La dama degli argonauti”

Dalle ore 19 alle 20

Presso il PAV – Parco Arte Vivente (Via Giordano Bruno 31 – Torino)

Organizzatori: PAV

Storia d’amore e di natura, alla scoperta di un libro antico e raro e di una donna sapiente dimenticata: Jeannette Power. Un libro misterioso stampato nel 1839, praticamente introvabile, che a un attento esame ha rivelato una sorprendente particolarità: è uno dei rarissimi libri di storia naturale pubblicato in Italia dal Settecento ai primi Novecento … scritto da una donna.