di Giorgio Merlo
Era usuale dire nei convegni culturali e storici nella prima repubblica che la proporzionale era lo strumento politico e istituzionale decisivo e discriminante per garantire la presenza dei cattolici popolari e democratici dello scenario politico nazionale. Perche’, si aggiungeva, senza la proporzionale difficilmente quella presenza poteva essere salvaguardata e declinata. Ora, senza sapere cosa sarebbe successo dopo l’uragano di tangentopoli e la fine della seconda repubblica, cioè del bipolarismo tra il vecchio centro sinistra e l’agglomerato forza leghista, non possiamo non riconoscere che quella intuizione politica e culturale era sufficientemente fondata. Ce lo siamo detti molte volte e, purtroppo, e’ un dato oggettivo. Il cattolicesimo politico italiano, che ha segnato una pagina importante e feconda nella vita pubblica del nostro paese, da tempo ormai è caduto in letargo. Per responsabilita’ oggettive e soggettive, come sempre capita. Certo, una situazione che è stata determinata dai sistemi elettorali che, di fatto, hanno costretto quella cultura politica ad attenuare progressivamente la sua identità e la sua specificità. Ma la causa principale e’ dovuta anche al fatto che gli eredi, i protagonisti e tutti coloro che bene o male si riconoscevano in quel filone ideale hanno accettato, inconsapevolmente ed ingenuamente, di cadere in letargo e di ritagliarsi un ruolo di osservatori e di commentatori più che non di attori politici in prima linea. Una situazione che, inesorabilmente, ha contribuito a spegnare quel ruolo politico, culturale e programmatico che è stato giocato per svariati lustri nella vita pubblica italiana. Ecco perché il ritorno, seppur mascherato, del sistema proporzionale da un lato e il fallimento dei partii plurali con il conseguente rafforzamento dei partiti personali dall’altro, può e deve favorire la ripresa di una iniziativa politica di una cultura che adesso, paradossalmente, viene richiesta ed invocata anche da opinionisti e commentatori estranei ed esterni al cattolicesimo politico. Penso a Cacciari, Panebjanco e Galli della Loggia, solo per citarne alcuni. E lo scenario indecente e sempre più indescrivibile a cui abbiamo assistito in queste ultime settimane dopo il voto del 4 marzo rafforza questa richiesta. E cioè, alla politica e alla democrazia italiana serve una cultura, un soggetto politico e una proposta programmatica capace di rilanciare alcuni caposaldi che in questi ultimi anni sono letteralmente scomparsi: dalla cultura delle alleanze al riconoscimento e alla valorizzazione dei corpi intermedi; dalla salvaguardia della democrazia rappresentativa alla conservazione del sistema parlamentare; dalla riaffermazione della centralità della persona al rilancio dei diritti sociali e via discorrendo. Serve, cioè, rilanciare la tradizione del cattolicesimo politico. E chi lo può fare se non i cattolici democratici e popolari dispersi qua e là?