Un lavoro oscuro, quello della “maschera” del cinematografo ma, leggendo il racconto di uno di loro, anche ricco di sorprese e mai noioso. Ferruccio Piana, nel suo “La maschera racconta” , agile libro in cui narra trent’anni di storia del Cinema Teatro “Sociale” di Omegna, accompagna il lettore dentro questo mondo. Strutturata la trama narrativa come fosse un film, Ferruccio ( classe 1938, da Fornero in Vallestrona ma ormai omegnese di diritto) inizia dal primo tempo, parlando del pubblico, del palcoscenico e dello storico
“cineforum” del giovedì, con alle spalle mezzo secolo di proiezioni. L’ironia e l’arguzia caustica di Piana prendono forma e sostanza nel “secondo tempo”, come nel caso dell’incontro con Paolo che, rischiando di essere scoperto dalla fidanzata mentre assisteva ad una pellicola a “luci rosse”, impietosito il bonario Ferruccio, venne “aiutato” a svignarsela dalla porta di sicurezza che dà sul retro del cinema. Così, salvò la storia d’amore dei due e poté godere a suo modo, da frequentatore di feste e d’osterie, della riconoscenza dell’incauto giovanotto. Stupendo il racconto dell’esame a Torino
per conseguire il patentino di operatore di cabina cinematografica e delicatissimo quello dei “saggi consigli” che Ferruccio, dimostrando una sensibilità fuori dal comune, ha sempre saputo dare a chi che avesse bisogno. Arricchito dalle belle foto di Enzo Franza, il libro di Ferruccio Piana è un prezioso contributo alla storia di una vera e propria istituzione culturale non solo omegnese come è il cine-teatro Sociale, costruito nel 1902 dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso e , come già citato, ospitante uno dei Cineforum più importanti d’Italia per qualità delle pellicole proposte e per numero di soci. Non a caso parte del ricavato delle vendite del libro è stato destinato a sostegno della campagna di raccolta fondi che ha reso possibile l’installazione del nuovo sistema di proiezione digitale. Ma è la conclusione delle “confessioni” di Ferruccio ad offrire l’immagine più bella e più vera del suo essere “la maschera del cinema”. Eccone un brano: “Come vedo io i film? La prima volta seguo la trama; la seconda volta
ascolto la musica, cioè la colonna sonora…la terza volta guardo la scenografia: come è bella quella casa, come è tenuto bene quel giardino, come sono posteggiate le automobili; la quarta volta, la più bella, mi sostituisco all’attore protagonista e in questo modo ho girato tutto il mondo…e quante donne ho incontrato, le più belle dell’universo. A sognare non si fa peccato ed è tanto bello”. Come il piccolo Totò di “Nuovo Cinema Paradiso”, il capolavoro di Tornatore, Ferruccio Piana ha accompagnato quasi per mano intere generazioni davanti al grande schermo del “Sociale”. E se un giorno qualcuno pensasse ad un riconoscimento anche per loro, le “maschere”, Ferruccio avrebbe buon diritto di riceverlo.

proprio buon nome. E’, in particolar modo, la cosiddetta ‘web reputation’ a farne le spese: quella che, in parole povere, appare in termini di risultati cronologici in fila sullo schermo a chiunque digiti una o più parole chiave di proprio interesse sui motori di ricerca: determinando dunque, di fatto, l’ago della bilancia sulla prima impressione che ci si fa di qualcuno. E, spesso, anche puntando ingiustamente il dito. Una recente ricerca ha stimato che in Italia, allo stato attuale, nei Tribunali vi siano pendenti circa 4 milioni di persone accusate ingiustamente. Uomini e donne innocenti per cui lo Stato – con i soldi di tutti i contribuenti, sia chiaro – ha corrisposto circa 640 milioni di euro di costi, tra celebrazione di processi e oneri risarcitori. Le fake news infestano tutti i settori, indistintamente. Anche l’informazione sanitaria passa sul web: si stima che oltre 11 milioni di italiani cerchino dati su patologie e rimedi attraverso la rete. Persino la nota virologa Ilaria Capua, secondo ‘Scientific American’ tra i 50 più autorevoli e influenti scienziati al mondo – vittima essa stessa di un abominevole sciacallaggio mediatico e giudiziario mondiale (da genio della scienza era stata accusata e additata di essere un trafficante di virus per procurate epidemie) – ha affermato pubblicamente, sul quotidiano ‘La Stampa’, che ‘le false notizie su Internet sono il nemico dei vaccini’.Mentre invece, dalle pagine di ‘Repubblica’ si apprende di una sentenza epica e storica di condanna emessa dal Tribunale di Palermo nei confronti di un soggetto, reo di aver pubblicato su Wikipedia (l’enciclopedia libera sul web) contributi diffamanti, oltraggiosi e falsi a danno della buona reputazione del noto giornalista e scrittore Gerry Palazzotto, scrivendo persino che quest’ultimo era morto. Condanna dura ed esemplare, consistente in sei mesi di reclusione (pena sospesa) e nel versamento di una provvisionale di euro 1.000,00 alla vittima, che nel frattempo si era costituita parte civile. 


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Il 7-14-21 novembre dalle 18 alle 20, presso l’Informaticheria di Escamotages in via Sacchi 28 bis si terrà un corso di organizzazione che ha come tema: mettere in ordine dentro e fuori dal computer.


