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Non dimentichiamoci di Pavese

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Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, certo non modelli di ortodossia morale di sinistra: il primo imputò a Pavese -da che pulpito- la “vanità” e un irrimediabile decadentismo; il secondo -addirittura- la mediocrità della scrittura

 

di

Enzo Biffi Gentili

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In questo 2018 ricorre il cento decimo anniversario della nascita di Cesare Pavese. Si presume, trattandosi di uno dei più importanti scrittori piemontesi del Novecento -e molto probabilmente di quello più noto al grande pubblico- che Torino, la Regione e altre istituzioni culturali stiano all’erta. Per ora, a livello locale il clima culturale non pare febbrile: sulla home page del Centro interuniversitario per gli studi di letteratura italiana in Piemonte “Guido Gozzano – Cesare Pavese” ancora campeggia l’annuncio del primo centenario della morte di Guido Gozzano, che ricorreva due anni fa; mentre la Fondazione Cesare Pavese ha organizzato il febbraio scorso un tour sui luoghi dello scrittore nell’occasione della festa di San Valentino, non a caso denominato “InnamoraTI di Cesare Pavese”, a prezzo scontato. A livello nazionale si nota maggiore preoccupazione, soprattutto da parte di siti dedicati agli studenti, perché un tema sul nostro potrebbe uscire alla prima prova dell’Esame di Stato, della Maturità. Intendiamoci: non si pretende certo che a ogni decennio si programmi una grande celebrazione, considerando che va tenuta presente anche la data di morte, il 1950, e quindi nel 2020 sarebbero settant’anni tondi… Ma la situazione d’oggi, politica e culturale, rappresenta un contesto particolarmente interessante per un confronto storico-critico spregiudicato sul corpus pavesiano.

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Difatti, in tempi nei quali la tradizionale dicotomia destra-sinistra appare in gravissima crisi, teorica e pratica, e la riflessione sul tema di Norberto Bobbio molto dépassée, l’ambiguità pavesiana si può rivelare, non solo letterariamente, una virtù. E sono stati proprio alcuni studiosi piemontesi nonostante la narrazione dazeglina e antifascista dominante a sottolineare aspetti quasi imbarazzanti del pensiero e dell’opera di Pavese, quali l’irrazionalismo e l’influsso di letture e figure allora poco frequentabili, da Karoly Kerenyi a Mircea Eliade, che fu sostenitore in Romania della parafascista Guardia di Ferro di Codreanu, sino persino a Julius Evola, ed eravamo, occorre ricordarlo negli anni Quaranta, e nella sede dell’Einaudi. Va quindi reso omaggio ai fondamentali interventi, nel secolo scorso, di Furio Jesi (Cesare Pavese, il mito e la scienza del mito, in “Sigma”, n. 3-4, 1964) e di Lorenzo Mondo, che su “La Stampa” dell’8 agosto 1990 rivelò parti censurate del Taccuino segreto di Pavese. Ma anche recentemente un altro piemontese illustre, Franco Ferrarotti, amico personale di Pavese, ha dichiarato l’impossibilità di considerarlo storicista, crociano o marxista (http://www.calabriaonweb.it/2013/10/15/il-mio-amico-cesare-pavese-e-quelli-che-non-lhanno-mai-capito-mi-telefono-prima-di-suicidarsi-ma-io-ero-al-mare-3/). E quindi possono essere oggi ancor meglio compresi e più severamente giudicati i correlativi e ingiustificabili attacchi di colleghi letterati romani, come quelli di Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, certo non modelli di ortodossia morale di sinistra: il primo imputò a Pavese -da che pulpito- la “vanità” e un irrimediabile decadentismo; il secondo -addirittura- la mediocrità della scrittura.

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Nelle foto, dall’alto:

Manuele Fior. Cesare Pavese da L’ora dei miraggi Oblomov 

Ben Heine DeviantArt Mircea Eliade

Camila Martins Saraiva. Norberto Bobbio

 

Una fetta di torta a Torino

Come si fa a rinunciare ad una fetta di torta? Ingredienti meravigliosi, sapori dolcissimi, colori armoniosi e profumi invitanti, non si può resistere. Una colazione energica per iniziare la giornata magari insieme ad un cappuccino cremoso, una pausa rilassante accompagnata da una tazza di cioccolata fumante a merenda, la sera per terminare il percorso con gioia. Mangiare sano, stare a dieta sono cose importanti per la nostra salute, avere uno stile di vita corretto e pulito sono principi fondamentali per curare il nostro benessere, tuttavia la nostra benefica disciplina non deve impedire di concederci un gesto affettuoso, una lusinga, una dolce indulgenza. Studiamo, lavoriamo, ci muoviamo, ci stanchiamo quindi, non possiamo contare sempre le calorie, ogni tanto, una volta la settimana o forse al mese se vogliamo essere più attenti permetterci una infrazione alimentare non può che migliorare il nostro umore e rilassarci.

Nella nostra città ci sono delle deliziose torterie, incantevoli posti dove indulgere un piacevole gâteau è una meravigliosa esperienza:

 

Torteria Berlicabarbis Corso Moncalieri, 214/D – tisane e magnifiche torte in un locale informale. dallo stile provenzale.

Miss Cake – Via Goito, 17/B – Torte, biscotti e cupcakes e il brunch domenicale in un ambiente cordiale.

OlsenVia Sant’Agostino 4/bis – Caffetteria un po’ retrò con torte dolci e salate fatte come nelle ricette della nonna.

Sweet Lab – Via Principe Amedeo 39 –  Muffin, cupcakes, cookies, cioccolato e torte di ogni genere.

Torteria Café Marconi – musica jazz di sottofondo, tisane, infusi, torte, crostate e pasticcini.

Chloé Bistrot – Via Barbaroux 12 – un angolo di Parigi a luce soffuse, crepes, pancakes e vari tipi di torte.

 

“I dolci in tavola sono come i concerti barocchi nella storia della musica: un’arte sottile” diceva Isabel Allende. Un piacere irrinunciabile si potrebbe aggiungere.

 

Maria La Barbera

 

 

San Giuseppe, Casale guarda a Torino

La tradizione sarà rispettata anche quest’anno, per la settantaduesima volta. Alle ore 18 di venerdì 16 marzo, quasi a voler seguire un rituale antico, ma al tempo stesso sempre ricco di novità, ci sarà il taglio del nastro dell’edizione 2018 della Mostra Regionale di San Giuseppe a Casale Monferrato. L’evento, che si svolgerà sino al 25 marzo sarà ancora una volta l’occasione per “mettere in vetrina” Casale, il Monferrato, il suo tessuto socio – economico, le tante peculiarità di un territorio che è a cavallo tra più province e due Regioni, Piemonte e Lombardia, ricche di potenzialità per il futuro e di ricordi del passato. La presentazione ufficiale è avvenuta martedì pomeriggio nella sala consiliare di palazzo San Giorgio alla presenza del vice sindaco ed assessore alle attività economiche Angelo Di Cosmo. Il sindaco Titti Palazzetti e l’assessore alle manifestazioni, non hanno potuto intervenire per altri impegni concomitanti. “Quella del 2018 è un’edizione all’insegna della continuità nella tradizione ma con lo sguardo ben fisso, in prospettiva, verso il domani, E questa continuità, come organizzazione, si rileva dalle presenze degli espositori che la contraddistinguono da sempre con operatori del commercio, dell’artigianato, dell’industria e dell’area agricola” ha sottolineato Carlo Manazza, amministratore, con grande esperienza nel settore fieristico, della D&N Eventi srl, la società di Casale Monferrato, che organizza la Mostra. Manazza ringrazia poi l’Amministrazione comunale di Casale Monferrato, “per aver creduto nella nostra impresa”. L’edizione 2018, infatti, ha il patrocinio del Comune di Casale Monferrato, ed il supporto di due importanti associazioni di categoria, Confartigianato Alessandria (che presenterà in Mostra la sua App, ConfiApp) e la Federazione Coldiretti di Alessandria. Dal canto suo l’assessore Di Cosmo ha evidenziato che: «La Mostra è un importante appuntamento di aggregazione sociale che la città ripropone da ben 72 anni; un’iniziativa nata per valorizzare e promuovere le realtà economiche del territorio. Si tratta di un’occasione per le imprese che hanno la possibilità di presentare le novità, di fare rete e di incrementare i rapporti commerciali, offrendo una considerevole dose di vitalità all’economia locale». Massimo Iaretti, consigliere delegato dell’Unione dei Comuni della Valcerrina, che sarà presente in Mostra con n proprio stand, dopo aver ringraziato Carlo Manazza, ha evidenziato come verrà portata avanti proprio in sede di fiera la proposta di percorsi che vadano, partendo da Crea e viceversa in direzione della Città Metropolitana di Torino, nell’ambito di uno slogan “Tre chiese (Crea e il sistema devozionale della Valle, Santa Fede a Cavagnolo ed il Cristo Pantocratore di San Mauro Torinese), tra tre Unesco (Langhe-Roero e Monferrato, i Sacri Monti e la Collina Po), L’edizione 2018, che si svolgerà sino al 25 marzo, al PalaFiere nel Quartiere Fieristico della Cittadella e vedrà, come negli anni dal 2011 in poi, l’ingresso gratuito per tutti i visitatori ed il percorso obbligato a giorni alterni. Quest’ultimo accorgimento consentirà a tutti i visitatori di prestare la necessaria attenzione a tutte le proposte innovative che verranno presentate dagli espositori nei vari settori merceologici, agricolo, industriale, artigianale, commerciale, terziario. Un punto “catalizzatore” nell’arco del percorso mostra, sarà la Piazzetta del Gusto, attorno alla quale ci saranno un nutrito numero di alimentaristi con un’offerta enogastronomica da tutta Italia.

 

Linee e frammenti. Fotografia, spirito e immanenza

Un lavoro prezioso, quasi intimista, che ci pone, tutti, davanti alla necessità di rallentare e ricostruire, così, una nuova consapevolezza

Giovedì 15 è stata inaugurata “Linee e frammenti. Fotografia, spirito e immanenza”, del giovane fotografo Samuele Mollo. Numeroso e partecipe il pubblico che ha riempito le sale della Burning Giraffe Art Gallery. Anche noi ci siamo lasciati ispirare dal particolare lavoro di ricerca di Mollo: un viaggio rigorosamente a passo d’uomo, una metafora dell’uomo e del tempo, che aiuta a rendere visibile l’invisibile, dentro ciascuno di noi. Ben riuscita l’evocazione pittorica dell’allestimento, così come la scelta dei supporti.  Un lavoro prezioso, quasi intimista, che ci pone, tutti, davanti alla necessità di rallentare e ricostruire, così, una nuova consapevolezza.

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La mostra è visitabile fino al 17 marzo. 

Via Bava 8/a, Torino. Dal martedì al sabato, 14:30 – 19:30 (o su appuntamento, tel. 0115832745, 3477975704)

 

“Neroaurora”, le persone narrano il quartiere

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Per vincere la paura e al contempo far emergere i talenti 

Incominciano ad affluire alla segreteria del C.I.C. – Centro di Iniziative per le Comunicazionele prime iscrizioni al Premio Letterario “neroaurora” concepito per far emergere le capacità di racconto delle persone che a diverso titolo vivono la realtà del quartiere Aurora a Torino. I gruppi BOOKsMAKERs e CIAO Aurora, che fanno capo a quella associazione senza fini di lucro, hanno unito le forze per creare una miscela culturale a servizio della costruzione di comunità. La proposta ai partecipanti è di redigere dei racconti brevi del genere noir ambientati in questo territorio: una sfida all’immagine diffusa fra i non residenti di un luogo off-limits, per affrontare la quale è richiesta una buona dose di auto-coscienza al fine di oggettivare paure e attese.

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Il progetto è stato sùbito accolto con molto interesse dal Presidente della Circoscrizione 7, Luca Deri, che ha dato volentieri il patrocinio. Si sono coinvolti nella promozione dell’iniziativa l’Officina della Scrittura, museo-laboratorio sui codici della comunicazione scritta, il Cecchi Point, hub culturale di zona, Accademia dello Spettacolo, scuola di formazione che fa capo al Teatro Murialdo, il giovane e dinamico Comitato per la Riqualificazione del Quartiere Aurora, e il servizio PRONTOLIBRI per la promozione della produzione editoriale “made in Piemonte”.

A dare qualità al Premio in fase di esame delle opere presentate è la disponibilità di un gruppo di professionisti articolato per esprimere un giudizio articolato:

Marco Bardesono, caporedattore di Cronacaqui, Maria Giangoia, direttrice del Sistema Bibliotecario Torino Nord, Massimo Giardini, attore e docente di Accademia dello Spettacolo, Elena Morea, editor specializzata in giallistica al femminile, Davide Paglia, presidente del Cecchi Point, Rocco Pinto, organizzatore di eventi letterari e titolare della libreria Ponte sulla Dora, Bruno Quaranta, firma autorevole di Tuttolibri de La Stampa,Giulia Venuti, direttrice di Officina della Scrittura.

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I premi per i primi classificati nelle due sezioni “under 21” e “over 21” saranno due penne Aurora, offerte dall’Azienda sponsor principale dell’iniziativa. Gli altri premi consisteranno in buoni-spesa da usare negli esercizi commerciali del quartiere: un modo per far conoscere le eccellenze di prossimità e per incontrare le concrete esigenze delle famiglie. Il Premio Letterario è aperto anche a chi non risiede ad Aurora ma frequenta la zona per lavoro o nel tempo libero; prevede inoltre la possibilità di presentare opere in lingue stranierepurché corredate da adeguata traduzione in italiano: un chiaro segnale di invito ai moltissimi immigrati che frequentano questo quartiere che va da Porta Palazzo a corso San Maurizio, oltre la Dora e verso piazza Baldissera. Il termine per l’iscrizione è a metà marzo (salvo proroghe); le opere possono essere inviate entro quel mese. La premiazione avverrà in due fasi: prima nella sede del Salone Off ad Aurora e poi al Salone internazionale del Libro di Torino, a metà maggio.

Maggiori informazioni si trovano nel sito https://neroaurora.wordpress.com, con aggiornamenti nella pagina Facebook Premio Letterario neroaurora. È anche possibile rivolgersi telefonicamente al numero fisso 011 546076 o direttamente a Gabriele Galvagnoal numero cellulare 333 7592448, o scrivere un e-mail a cic.associazione@gmail.com .

Mario Pannunzio cinquant’anni dopo

di Pier Franco Quaglieni

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A Cinquant’anni dalla morte diventa difficile ricordare Pannunzio che appare piuttosto dimenticato dopo che in occasione del centenario della nascita nel 2010 era stato oggetto di ricordi un po’ in tutta Italia soprattutto per iniziativa del Centro che, unico in Italia, ne ricorda il nome per volontà di Arrigo Olivetti, di Mario Soldati e di chi scrive che nel 1968 era diventato appena maggiorenne. Si è anche assistito ad una sorte di beatificazione laica di Pannunzio che non ha consentito la sua storicizzazione soprattutto ad opera di chi si vantava di una eredità quasi del tutto abusiva, come scrisse Pierluigi Battista. Pannunzio fu in effetti un uomo complesso e semplice nello stesso tempo,capace di scelte fermissime e di dubbi laici che lo portavano a considerare come sue le valutazioni dei suoi avversari.In questo senso fu un liberale nell’accezione più ampia e più vera del termine. Pannunzio fu davvero un discepolo non banale di Benedetto Croce che fu l’ispiratore più alto del suo giornale e su maestro in campo etico e politico,come dimostra il Carteggio Croce-Pannunzio che pubblicai nel 1998 e che non fu possibile completare per la morte di Alda Croce che,sola,sapeva decifrare la calligrafia a volte illeggibile del padre. Leo Longanesi chiamava scherzosamente Mario Pannunzio “piede lavato” per evidenziare un tratto del suo carattere compassato e un po’ freddo,che in effetti celava un’innata timidezza. Arrigo Benedetti,che fu il suo amico più intimo,lo definì “un laico direttore di coscienze” per il rigore morale e civile che caratterizzò il suo impegno culturale e politico. Indro Montanelli non ha esitato a scrivere che Pannunzio “non dovette aspettare i capelli grigi per diventare maestro” in quanto tutti gli attribuirono ”naturaliter” un’autorità morale e intellettuale che ci fa pensare al giovane Gobetti: uomini come Croce, Salvemini ed Einaudi “lo riconoscevano direttore d’orchestra e si mettevano volentieri sotto la sua bacchetta”. Lo stesso Montanelli,ridimensionando un giudizio che potrebbe sembrare un po’ retorico,se non rispondesse alla pura verità,annotò che Pannunzio”all’osteria, ai caffè e con le ragazze,beveva e peccava gagliardamente”. Nato a Lucca il 5 marzo 1910, Pannunzio si trasferì a Roma ragazzo,seguendo il padre, un avvocato abruzzese di idee comuniste,costretto dai fascisti ad abbandonare la città toscana.

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Studiò a Roma e fin dagli anni dell’Università,dove si laureò in legge,svolse attività culturali e giornalistiche rifiutando,per ragioni estetiche ed etiche,prima ancora che politiche,la retorica fascista. Collaborò con Longanesi alla redazione di “Omnibus”,il primo rotocalco italiano. In quegli anni Pannunzio si dedicò anche alla pittura e al cinema.Ma la sua vera passione erano il giornalismo e la letteratura. Partecipò alla Resistenza insieme a Carandini, Libonati e Cattani e diresse il quotidiano clandestino “Risorgimento Liberale” su cui solo Gerardo Nicolosi e Mirella Serri hanno finora condotto un’ adeguata ricerca storica. Fu rinchiuso per alcuni mesi a Regina Coeli,rischiando di finire alle Fosse Ardeatine; ma a chi gli ricordava quei mesi drammatici affrontati con coraggio,replicava accendendo una sigaretta,con un gesto vago e affrettandosi a cambiar discorso. Il capolavoro di Mario Pannunzio fu il settimanale “Il Mondo”,fondato nel 1949 e da lui diretto fino all’ultimo numero ( 8 marzo 1966 ). Con “Il Mondo”- come ha scritto Ennio Ceccarini-il giornalismo avanzato e moderno cessava di identificarsi con Longanesi e prendeva il nome di Pannunzio. Bisognerebbe tornare a domandarci cosa sia stato effettivamente “Il Mondo” soprattutto dopo aver letto un profilo biografico di Pannunzio sul dizionario Treccani che appare non adeguato. Il giornale fu un’iniziativa paragonabile,nella storia della cultura, a “L’Unità” di Salvemini, alle riviste gobettiane, alla “Voce” di Prezzolini.  E’ stato sicuramente il giornale culturale più significativo del nostro secondo dopoguerra. Tutti i nomi più importanti del giornalismo e della cultura di quegli anni e di quelli successivi scrissero su “Il Mondo”. Vanno almeno ricordati i nomi di Croce, Salvemini ed Einaudi(che Mario Soldati ha definito”i padri ideali”del”Mondo”) e quelli di Ernesto Rossi,Carlo Antoni e Vittorio De Caprariis, che furono le “colonne” del giornale. “Attorno a Mario Pannunzio- ha scritto Rosario Romeo- si riunì un gruppo di intellettuali tra i più impegnati moralmente e politicamente che conosca la storia del nostro Paese”. E Alberto Moravia ricordò che”in Italia,in quegli anni,c’erano i comunisti e loro, senza alternative”. Pannunzio scriveva pochissimo,ma era l’ispiratore diretto di molti articoli,il regista di tutto il giornale di cui sceglieva personalmente anche le fotografie. “Il Mondo”esprimeva un gusto e un’eleganza che purtroppo non hanno fatto scuola. Uno dei motivi della caduta verticale dei settimanali italiani è anche il loro involgarimento: un prodotto giornalistico molto distante da quello di Pannunzio. L’eleganza grafica di Pannunzio oggi appare del lutto scomparsa.

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Si dice che Pannunzio fosse pigrissimo,che il suo problema più assillante fosse quello di trovare parcheggio all’automobile di cui si serviva anche per andare a comprare le sigarette. A questa apparente indolenza corrispondevano una vivacità intellettuale,una capacità creativa ed un rigore nel lavoro che non lasciavano spazio all’improvvisazione. Era,come ha osservato Giovanni Ferrara,”amante delle piccole comodità d’ogni giorno,ma praticante e teorico della grande scomodità della dissidenza di tutta la vita”. Nel 1962 non esitò a separarsi da Ernesto Rossi e da altri amici,tra cui Parri,pur di rimanere fermo su certi princìpi irrinunciabili. L’intransigenza di Pannunzio era assoluta. Da aristocratico qual era da parte di madre,discendente di una delle più vecchie famiglie lucchesi,disprezzava ogni forma di compromesso e di favori;la sua vita fu quindi punteggiata da continui e dolorosi distacchi e da una profonda solitudine,mitigata solo dall’affetto della moglie Mary e di pochissimi amici. Eppure in quest’uomo,che assumeva a volte i toni duri del moralista laico,c’era una profonda,sofferta umanità, venata dal metodo del dubbio con cui era solito procedere nella sua vita e nella cultura. A cinquant’anni dalla sua morte,ecco un passo d’una lettera che inviò nel 1966 a Ernesto Rossi:”Non dimenticherò mai i nostri lunghi anni di amichevole concorde collaborazione e le tue coraggiose libere campagne che hai combattuto sul”Mondo””.Essa dimostra come Pannunzio, al di là delle amare contingenze che provocarono la frattura con Rossi,era davvero uomo superiore che non serbava rancore a nessuno. Era un raffinatissimo letterato che amava Proust e Gide,un laico che aveva fatto della crociana “religione della libertà”il suo riferimento. Era però anche un intellettuale impegnato che si batteva per un’Italia più libera e meno provinciale,più avanzata socialmente,pur sentendo il fascino della tradizione liberale e risorgimentale. Volle come ultimo compagno nella bara i”Promessi sposi” di Alessandro Manzoni. In quell’anno era iniziato il ’68 e i contestatori avrebbero idealmente e forse materialmente bruciato quel grande libro che il laico Pannunzio volle con sé nell’ultimo viaggio. Un motivo di riflessione su cosa significhi per davvero essere laici.

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La balaustra reale torna all’antico splendore per turisti e torinesi

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I visitatori dei Musei Reali di Torino possono tornare ad ammirare la splendida balaustra che caratterizza la sala del trono di Palazzo Reale nella sua versione restaurata, grazie al sostegno del Consiglio regionale del Piemonte. L’intervento è frutto di un protocollo di intesa che prosegue nel tempo con progetti destinati alla valorizzazione di Palazzo Reale. L’opera è stata oggetto di un intervento condotto dalla ditta Doneux con la direzione di Franco Gualano, curatore delle collezioni d’arte della residenza. Gli strati di pulviscolo atmosferico accumulatosi negli anni, specie negli interstizi del raffinato intaglio difficilmente raggiungibili durante le normali attività manutentive, ne avevano infatti offuscato lo splendore. Oggi, grazie al lavoro di attenta pulitura, si può nuovamente ammirare la lucentezza della foglia d’oro che ne ricopre l’intera superficie. Situata al piano nobile del Palazzo, la sala del trono venne riplasmata per volontà di Carlo Alberto dal bolognese Pelagio Palagi nella prima metà del XIX secolo, precedentemente l’ambiente fu utilizzato come Camera da Parata, prima delle duchesse e poi delle regine. Palagi modificò gran parte delle decorazioni rendendole adatte al nuovo uso, inserendo anche capolavori già presenti nelle collezioni palatine. Fulcro dell’intervento fu l’ideazione di un nuovo trono, disegnato dall’artista bolognese e realizzato dall’ebanista Gabriele Capello. Sormontato da un ricco baldacchino, il trono fu cinto da un prezioso arredo già presente nelle collezioni reali: la balaustra in legno intagliato, scolpito e dorato realizzata da Francesco Bolgié per racchiudere il letto di Maria Teresa d’Asburgo Lorena-Este, giovane sposa del Duca d’Aosta. Infatti, in occasione del suo matrimonio con il futuro re Vittorio Emanuele I, nel 1789, si rimodernò l’Appartamento dei duchi al secondo piano di Palazzo Reale e la balaustra, ornata da putti, girali d’acanto, vasi, fiaccole e colombe, trovò collocazione. Il restauro si inserisce tra gli interventi sostenuti dal Consiglio regionale del Piemonte, primo tra tutti il recupero della Cappella privata di Carlo Alberto, nel 2016.

Dal Lungo a Chiarabella, vecchi e nuovi nomignoli della politica torinese

di Enzo Biffi Gentili

Denise Pardo sul numero de “L’Espresso” attualmente in edicola dedica un saporoso articolo, intitolato Com’è veloce er moviola, alla figura apparentemente sottotono e all’azione al rallentatore, con qualche compiacimento vernacolare, di Paolo Gentiloni. Nell’occasione, partendo dal soprannome “er Moviola” dato al Presidente del Consiglio, osserva che nella Capitale da sempre vengono affibbiati vividi nomignoli ai politici. A questo irriverente umorismo romano dobbiamo, integrando l’elenco redatto dalla Pardo e risalendo nel tempo, a esempio “er Piacione” per Francesco Rutelli, “Belzebù” per Giulio Andreotti, “lo Squalo” per Vittorio Sbardella, “er Varechina” per Giorgio Moschetti, “er Pennacchione” per Nicola Signorello, “er Monaco” per Alberto Giubilo, “er Pecora” per Teodoro Buontempo “er Caccola” per Stefano Delle Chiaie, “er Puzzone” per Benito Mussolini… Una consuetudine molto romana, ma che trova la sua origine, come la nostra lingua, in Toscana, dove questa tradizione non si è mai spenta: non a caso sin da bimbo Matteo Renzi, per la sua propensione a spararle grosse, era chiamato dai compagni “il Bomba”. Ma occorre fare un po’ di revisionismo storico, rammentando che anche a Torino, tra gli anni ’70 e gli ’80, assistemmo a una straordinaria proliferazione di nickname, molti dei quali nati nell’area socialista, e spesso creati da quel personaggio esuberante che fu Silvano Alessio. Citiamone alcuni, omettendo tuttavia, per rispetto, nomi e cognomi beneficati da nomignoli forse troppo irriguardosi. La narrazione della scena socialista aveva tra i suoi protagonisti, al di là dei piuttosto ovvi “Barbone” per Giusi La Ganga o “Genio” per Eugenio Bozzello o “Scico Scico” per Libertino Scicolone, “il Pavone” per Piergiorgio Boffa, “il Bombo” per chi scrive, “l’Uomo della collina” per lo stesso Alessio, “il Pesce” per Gabriele Salerno, “Fitty Fitty” per Gianni Daffara, “Gambone” per Giuseppe Rolando, “l’Uovo” per Salvatore Gallo e poi i più insolenti “la Pennoira” e “Grondaia”. Anche seconde file, simpatizzanti o lobbysti non sfuggivano al destino: circolavano infatti “Senza collo”, “l’Albino”, “Pallone”, “il Cervo” (evidenti le ragioni della mancata indicazione delle relative corrispondenze). Pure i comunisti non erano risparmiati: “Barbaperu” era Gianni Dolino, “Nasello” Diego Novelli, “il Lungo” Piero Fassino, “Benny Goodman” Giancarlo Quagliotti, per via di suoi improbabili variopinti panciotti (poi diverrà, copyright Bruno Babando, “l’Eminenza grigiastra”). E ora stiamo assistendo a una certa ripresa, vittime i Grillini: al di là della folgorante crasi “Chiappendino”, sempre copyright “Lo Spiffero”, è Gabriele Ferraris a rialimentare questa illustre tradizione: ed ecco comparire “Mainagioia” per l’Assessora alla Cultura Francesca Leon e “Chiarabella” per Chiara Appendino, probabilmente allusiva alla disneyana spilungona e dinoccolata Clarabella, fidanzata del cavallino Orazio Cavezza, ma che ebbe anche una sbandata per Pippo. E che fu tra l’altro la principale attrice della saga a fumetti Gli anni muggenti di Clarabella, nei quali noi tutti ora stiamo vivendo.

 

4000 FOTO AL SECONDO ALL’ACQUA

Si tratta del più avanzato e più innovativo sistema di monitoraggio della qualità dell’acqua (foto “IMG” allegata) esistente, quello che introduce Acea Pinerolese Industriale S.p.A. sul sistema idrico gestito dalla Multiutility Pinerolese. Si può dire che è una vera e propria rivoluzione nel modo di effettuare controlli sulla qualità dell’acqua servita ai cittadini che porta a un concetto di TELECONTROLLO della qualità in real time, potenziandolo ulteriormente. Il sistema di Telecontrollo (foto in allegato di una postazione), adottato da Acea Pinerolese tra i primi nel settore sin dagli anni ’80, consente già di verificare le portate di rete, i pozzi, le vasche e la richiesta di acqua dall’utenza nei vari periodi dell’anno, ad ogni ora del giorno per gestire al meglio la rete idrica che si estende sul territorio del Pinerolese (Pianura e Pedemontano), Val Chisone e Germanasca, Val Pellice, Alta Valsusa e Val Noce.

Il nuovo sistema, che è complementare e si aggiunge ai già avanzatissimi metodi di monitoraggio presenti sulla rete idrica di Acea Pinerolese che prevedono costanti e continue analisi, scatterà 4000 foto al secondo24 ore su 24, ogni giorno dell’anno, all’acqua distribuita dalla dorsale della Val Chisone per mappare gli aspetti microbiologici.

Acqua fotografata: grazie ad appositi sensori l’acqua viene sottoposta ad una osservazione continua per effettuare uno scan attraverso un sistema ottico di rilevamento. Un sistema di allarmi darà un’immediata comunicazione di eventuali situazioni anomale e consentirà di porre in atto le azioni correttive necessarie.

L’obiettivo finale dell’introduzione di questa nuovissima tecnologia da Acea Pinerolese, è quello di rendere ancora più efficiente il Telecontrollo della qualità dell’acqua che beviamo.

Inoltre, trattandosi di un sistema ottico non necessita di reagenti o additivi chimici per mappare la qualità dell’acqua.

Acea Pinerolese è modello di azienda pubblica che, non solo funziona bene e produce utili, – affermaFrancesco CARCIOFFO A.D. di Acea Pinerolese Industriale S.p.A. – ma è capace di essere leader di efficienza e innovazione tecnologica che diventa esempio per aziende private e pubbliche in Italia ed in Europa. Per questa ragione Acea Pinerolese ha dato vita ad ACSI Acea Centro Sviluppo e Innovazione, un progetto di rilancio per il territorio pinerolese di grande respiro che parte dalla consapevolezza che questo area è Culla di Innovazione Tecnologica e Scoperte”.