Egli non si è mai lasciato conquistare da facili mode effimere che non tengono conto dei valori autentici dell’arte pittorica dimostrando, non solo in pratica ma anche con scritti, l’importanza di un serio mantenimento della tradizione secolare
Sotto l’aspetto di appariscente piacevolezza decorativa, sospesa tra sogno e realtà, che contrassegna il periodo della maturità stilistica di Giovanni Buschini, si cela una profondissima cultura accademica che non ne condiziona la libertà di pensiero, piuttosto ne esalta la seria preparazione tecnica ritenuta
base indispensabile per l’avventura artistica. La mostra in corso nel Museo Civico di Moncalvo evidenzia il percorso di un pittore, meritevole di essere ricordato, che prima di approdare ad uno stile ben definito e riconoscibile si è costantemente esercitato nel disegno, ha studiato le leggi prospettiche, ha sperimentato l’uso dell’olio, della tempera, dell’acquarello cercando di carpire i segreti dei grandi pittori del passato. Egli non si è mai lasciato conquistare da facili mode effimere che non tengono conto dei valori autentici dell’arte pittorica dimostrando, non solo in pratica ma anche con scritti, l’importanza di un serio mantenimento della tradizione secolare. La pittura per lui doveva essere sostenuta dalla capacità tecnica a sostegno dell’idea che, unite, si trasformano in forma e colore senza aggiunta di materiali estranei che la violentano facendone perdere la purezza.
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L’amore per la storia dell’arte, studiata nei libri e nei musei, il gusto del collezionismo gli hanno fatto sentire l’esigenza di prendere lezione da docenti prestigiosi quali Toniato, Laretto e Piccardo, di confrontarsi con artisti affermati a cui chiedere consiglio senza rinunciare alla propria personalità e, sempre con modestia, non sconfessando l’arricchimento ricevuto. Si è sentito pittore solo dopo aver assimilato un vasto bagaglio culturale ricreando la sensuale eleganza del liberty, il cubofuturismo di Fortunato Depero, l’astrazione mentale dello spazio di Carlo Mattioli,sensazioni oniriche del surrealismo e, non poteva essere altrimenti, i silenzi metafisici dell’amico Mario Tozzi che aveva fatto parte del gruppo” Les Italiens de Paris” insieme a De Chirico, Savinio, De Pisis, Severini, Campigli e Paresce promulgatori del ritorno all’ordine, ancorati ai valori autentici della pittura. Dalla fine degli anni 60 il suo stile subisce un’evoluzione grazie all’abbandono della linea retta a favore della linea curva e avvolgente; il colore assume maggior importanza per le infinite potenzialità, la facoltà di creare, attraverso diversa tonalità e consistenza, volume e prospettiva oltre ad essere vettore di effetti psicologici di gioia o malinconia tramite gradazioni calde o fredde. La stesura a larghe e piatte campiture o a fitti puntini evidenzia l’influenza della pittura evocativa dei Nabis e del pointillisme di Seurat ammirati durante i frequenti viaggi in Francia.
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Non a caso infatti si nota la bivalenza di due anime, la mitteleuropea grazie a entusiastici scorci di Montmartre, Moulin de la Galette e dei bistrot parigini; la provinciale, di uomo vissuto fra langhe
Roero Monferrato, attraverso intimi dipinti di sentieri collinari percorsi da figurine che salgono a piccole pievi nell’ora del vespro, di chiese e di caffé (bellissimo il caffè dei tre re) di Asti. Il paesaggio, costantemente presente, ingloba fondendoli empaticamente personaggi della quotidianità, artisti di strada, giocatori di tennis, mendicanti, gente anonima che passeggia per vie sia astigiane che parigine, che portano dentro ai quadri la vita autentica. Soprattutto è attratto dai musicisti che ispirano dipinti quali “la Ruelle Jazz Band”,”Rytme”,”il chitarrista”,”contrabbasso e clarinetto”. Una poetica, la sua, che fa pensare alla stessa del concittadino Paolo Conte che fonde temi alti e temi quotidiani, musica e poesia. Uno dei più singolari quadri di Buschini,” il Routier “del 1986 mi porta alla mente” Diavolo Rosso” del geniale musicista che allude al mitico ciclista di gare di strada Giovanni Gerbi anch’egli, guarda caso, astigiano come lui e il pittore.
Giuliana Romano Bussola
Mostra antologica di Giovanni Buschini, Museo civico di Moncalvo
Inaugurazione venerdì 4 agosto ore 17
Apertura mostra dal 5 agosto al 1 ottobre, apertura sabato, domenica e festivi ore 10 – 18
Le Imprese Socie della Consulta di Torino promuovono una nuova opportunità di visita alla Biblioteca Reale
“procedendo dall’intelletto, cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma o vero idea di tutte le cose della natura”. I disegni esposti illustrano questa fondamentale unità dell’espressione artistica, al di là delle epoche e delle scuole regionali. Due sono le edizioni antiche delle Vite custodite nella Biblioteca Reale: la prima è un esemplare di quella stampata a Firenze da Lorenzo Torrentino nel 1550. Più tardi, nel 1568 Vasari diede alle stampe l’edizione giuntina, ampliata, corretta e aggiornata con l’inserimento dei ritratti incisi degli artisti: di questa versione la Biblioteca Reale possiede una sontuosa edizione in tre volumi, stampata a Roma nel 1759 con dediche al re di Sardegna Carlo Emanuele III e ai suoi figli Vittorio Amedeo, duca di Savoia, e Benedetto Maria Maurizio, duca di Chiablese. I volumi settecenteschi sono corredati di tavole che riproducono le opere più celebri di Michelangelo. La collezione della Biblioteca Reale offre un’ampia panoramica della storia dell’arte italiana a partire dal Quattrocento, con alcune punte che ne fanno una delle più importanti collezioni pubbliche di disegni in Italia. La più celebre e nota al grande pubblico è certamente l’opera di Leonardo da Vinci: un uomo canuto, con capelli e barba lunghi, ma con ampia stempiatura, dallo sguardo corrucciato e dall’espressione severa. È l’intensa immagine, tratteggiata a sanguigna, che è divenuta nel tempo quasi l’icona simbolica dell’artista rinascimentale intesa come espressione del genio e del talento applicato ai campi più diversi.

Sabato 15 luglio, organizzata dagli Amis d’la Curma, avrà luogo la 13° edizione del concorso di pittura estemporaneo “ Omaggio a Morbelli”
Il Comune di San Gillio, in collaborazione con la Pro Loco Sangilliese, presenta la consueta “Fiera di Primavera”, appuntamento clou degli eventi in programma nel mese di giugno a San Gillio.
Proporre una mostra delle opere di Giorgio Piacenza nel Museo Civico di Moncalvo significa soddisfare due esigenze: da un lato ricordare l’impegno etico sociale di un industriale tessile che ha dato lavoro alla città, dall’altro ampliarne la conoscenza del ruolo di artista non arrivata ad un vasto pubblico se non ad una nicchia riservata a critici ed intenditori.
figurazione. L’amicizia con Tapiè promotore e teorico della corrente informale, “ l’art autre”, in cui confluirono action painting, spazialismo, pittura segnica o materica, espressionismo astratto, cobra e tutti quei movimenti che cancellavano la forma visibile, provocò in Piacenza una radicale svolta. D’ora in poi anch’egli dipinge non ciò che vede al di fuori ma ciò che sente dentro; non è più, come precedentemente, influenzato dal fauvismo di Matisse che gli suggeriva le pur semplificate nature morte e neppure dalle scomposizioni cezanniane e picassiane che, nonostante fossero innovative, mantenevano la forma. Aspirò ad una libertà assoluta anche nell’uso del colore con l’abbandono della pittura ad olio a favore di quella vinilica e si staccò completamente dalla scuola del suo primo maestro Giulio da Milano ancora legato ad esperienze casoratiane. Il suo sguardo è rivolto all’assoluta cancellazione iconica e i suoi riferimenti diventano, tra i molti, Capogrossi, Fontana, Jorn, Wols, Garelli, Gallizio, Tàpies.
l’accostano agli “ostaggi ” di Fautrier, pur avendo una tecnica simile, esprimono una spirito diverso che non ha niente a che vedere con il senso di agonia e impotenza di una livida e putrefatta materia che elude la speranza, anzi, è proprio la materia caotica che sembra riconciliarlo alla vita facendogli ritrovare una vitalità che la malattia gli aveva tolto. Maneggiare i materiali poveri, legno, pietra, metallo, sabbia, era per Piacenza ritornare alla purezza spirituale ed istintiva dell’uomo faber che si affidava fiducioso alla potenzialità interna della materia che già possiede in nuce dimensione artistica e capacità di evocare l’opera suggerendo infinite occasioni di riuscita stilistica.
Giovedì 1 giugno, alle ore 18, al Centro studio Sereno Regis, in via Garibaldi 13, a Torino, verrà proiettato il film “Giardini di piombo”

Renata Guga Zunino, prestigiosa pittrice, scrittrice, poetessa ha respirato sin dall’infanzia il fascino della grande stagione albisolese Anni ’60
esponenti d’avanguardia che resero la cittadina ligure “ l’Atene italiana”.L’innato temperamento e le sollecitazioni culturali l’hanno fatta approdare ad uno stile personalissimo che la distingue, unico artista, per la prerogativa dell’autoritratto sia autonomo che ambientato.Mai si lascia distogliere da questo tema che si esprime attraverso situazioni, visi, corpi che s’intrecciano e mutano di continuo sotto il segno della seduzione tra serietà, enigma e divertissement.