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La Venaria diventa reggia degli zar con le meraviglie russe

VENARIA NOTTEE’ un  video emozionante: dà l’illusione di entrare alla corte dei Romanov, con  l’arazzo che celebra l’impresa di Pietro il Grande che salva i marinai di una barca in balia della tempesta e il ritratto  di Caterina II su Brillante, il suo cavallo bianco, gli abiti di corte, vasi pregiati, oggetti sacri. E inoltre porcellane, un orologio con ben 65 quadranti, diversi dipinti, fra cui una veduta di Amalfi e una del Vesuvio in inverno. La Reggia di Venaria si muta nel palazzo imperiale di Peterhof, principale tappa del turismo culturale in Russia e fra i più sontuosi d’Europa. Il tutto a ‘Meraviglie degli Zar’, la mostra allestita nella residenza sabauda alle porte di Torino dal 16 luglio al 29 gennaio. Decine di opere e oggetti provenienti dalle sale  del palazzo sul Mar Baltico, scovati dii Romanov nei loro Gran Tour o commissionati ad artisti  russi. E’ esposta anche una parte del Servizio Guriev, il più importante servizio da tavola dei Romanov : 4 mila 500 pezzi per 50 coperti.

Cultura in terra occitana

monvisoProseguono gli appuntamenti culturali di Occit’amo e dintorni, Eventi collaterali al Festival Terre del Monviso e Valli Occitane, rassegna di conferenze, proiezioni, spettacoli teatrali, tutti ad ingresso gratuito, imperniati sulla cultura occitana e locale a 360°. Il programma, organizzato da Espaci Occitan con il Comune di Saluzzo, propone appuntamenti serali e pomeridiani per adulti e per bambini, chiamati ad avvicinarsi alle usanze delle valli occitane e della pianura del Monviso. Nel mese di luglio è in programma a Crissolo il recital a due voci Li Valdés: storia e canti di un popolo chiesa con Maura Bertine Jean-Louis Sappè del Gruppo Teatro Angrogna. Gli artisti ripercorreranno la lunga e appassionante vicenda dei Valdesi del Piemonte, dalle origini ai giorni nostri in uno spettacolo che ha girato Piemonte, Italia, Francia e Danimarca e ha toccato- nella primavera del 2013 – anche le comunità valdesi del Rio de La Plata in America Latina. Per una sera i valdesi torneranno a Crissolo, che nell’estate del 1686 fu saccheggiata proprio da valdesi di Bobbio e Villar Pellice. Appuntamento il 31 luglio alle ore 21 presso la Sala Polivalente “Guide del Monviso” in Piazzale Seggiovia. Numerosi altri appuntamenti sono in programma nei mesi di settembre e ottobre per una rassegna che coinvolge le Valli Po, Varaita, Maira, Grana e Stura e Saluzzo, Verzuolo, Manta, Lagnasco, Scarnafigi e Moretta, cinque valli e sei città, ricche d’arte ai piedi del Monviso, per tre stagioni, dalla primavera inoltrata sino all’autunno, dedicate alla cultura occitana.

Massimo Iaretti

 

I Ricchi e Poveri “approdano” nel Canavese

Iricchi poveri Ricchi e Poveri “approdano” nel Canavese. Lo storico gruppo – oggi ridotto a due unità – sarà il protagonista di un concerto domenica 31 luglio, alle ore 21.40, nella frazione Ceretti di Front nell’ambito della festa patronale in onore di San Dumine. Il costo di ingresso è di sei euro, gratis per i bambini sino a 12 anni. Al momento musicale con lo storico gruppo ligure seguiranno il 1 agosto l’orchestra italiana Bagutti, il 2 agosto l’orchesra Pietro Galassi ed il 3 agosto Baz, Gian Luca Impastato, Gianluca Fubelli ed Alberto Farina. La storia dei Ricchi e Poveri è iniziata nel lontano 1968 a Genova. Ma il loro debutto – Angela Brambati, Angelo Sotgiu, Franco Gatti e Marina Occhiena – avvenne al Cantagiro con “L’ultimo amore”, cover in lingua italiana degli americani Love Affaire. Notati da Franco Califano – poi loro produttore per alcuni anni – sono arrivati a vendere oltre venti milioni di dischi in tutto il mondo e a vincere nel 1985 il Festival di Sanremo con il brano “Se m’innamoro”. A quell’epoca, però Marina Occhiena aveva già abbandonato la band dal 1981. Alcuni loro brani come “La prima cosa bella”, cantata in coppia nella città dei fiori con l’autore Nicola Di Bari, “Che sarà” nella straordinaria interpretazione di Josè Feliciano o “Sarà perché ti amo” sono state tappe fondamentali nel percorso della musica leggera italiana. Nel 2016 un altro componente del gruppo, Franco Gatti, dopo 48 anni, ha deciso di abbandonare le scene. Dunque sul palco di Ceretti di Front ci saranno Angela Brambati (“la brunetta dei Ricchi e Poveri) e Angelo Sotgiu.

Massimo Iaretti

 

 

Bilancio, in Comune mancano 6 milioni di euro. Le Circoscrizioni temono i tagli

palazzo civicoL’assestamento di bilancio di Palazzo Civico deve essere approvato entro il 31 luglio .E si presenta la prima prova con le schermaglie d’aula per la  maggioranza pentastellata che per la prima volta potrebbe fare i conti con l’ostruzionismo delle opposizioni, in particolare da parte della Lega Nord, che deciderà il da farsi dopo avere esaminato le proposte della Giunta sui tagli da effettuare. Ad oggi l’assessore al Bilancio Sergio Rolando ha messo in evidenza  un disallineamento tendenziale annuo tra le imposte e le previsioni di bilancio di circa 6 milioni di euro. Il pareggio di bilancio si potrà ottenere con i tagli delle spese correnti del 3,3% per ciascun settore mantenendo  però le risorse per il welfare, la scuola, i contratti di servizio in essere, come con Amiat. In Comune si evidenzia che i risparmi ottenuti con i tagli sugli staff e sui dirigenti fiduciari pari al 56%, consentiranno di utilizzare  740mila euro di competenza del 2016 per ridurre l’impatto dei tagli sui settori. Confermato il  fondo a sostegno dei giovani per  5 milioni di euro, uno per ogni anno di mandato. Malumore tra i presidenti delle Circoscrizioni che temono di essere il bersaglio dei tagli più significativi.

(foto: il Torinese)

Estate nel Piemonte “curioso” all’insegna del “Gran Tour”. E il rilancio parte dal turismo

ORTA1Il rilancio economico può partire dal turismo, attraverso un’alleanza tra Torino e le province circostanti. Gran Tour prosegue anche d’estate con le sue proposte alla scoperta di itinerari curiosi del Piemonte e dal 23 luglio al 30 ottobre offre numerose occasioni di visita tra arte e paesaggio.

I nuovi itinerari del progetto dell’Associazione Torino Città Capitale Europea, realizzato con il sostegno e la collaborazione di Regione Piemonte, Città di Torino, Fondazione CRT, Compagnia di San Paolo, propongono una nuova chiave di lettura : il patrimonio artistico narrato nei secoli attraverso lo sguardo di scrittori e poeti e commediografi. Sono 15 le passeggiate a Torino con le quali scoprire il tessuto urbano attraverso le parole e la vita di Gobetti, Gramsci, De Amicis o farsi guidare nella città contemporanea da scrittori piemontesi. Quattro dei 25 itinerari che da Torino partono in direzione del territorio regionale sono dedicati ai musei compresi nell’Abbonamento Musei Torino Piemonte: la Pinacoteca di Varallo con un percorso dedicato a Gaudenzio Ferrari insieme al Sacro Monte, i resti dell’antica Acqui Terme romana, i luoghi di Pellizza da Volpedo e un percorso tra VALENTINO2Savigliano-Lagnasco-Saluzzo in occasione dei 200 anni dalla nascita di Emanuele Tapparelli d’Azeglio.

Si può scoprire, per esempio a Torino, come nasce un quotidiano come La Stampa, capire il lavoro della Film Commission Torino Piemonte, o ripercorrere la storia dei teatri ancora attivi o ormai scomparsi, così come quella dei caffè storici.

I partecipanti saranno accompagnati nelle Langhe nei luoghi di Pavese e Fenoglio dalle rispettive Fondazioni, ad Agliè sulle tracce di Gozzano, nella Novara narrata da Sebastiano Vassalli autore de ”La chimera”, nei luoghi di villeggiatura scelti dai letterati di inizio ‘900 o in quelli diventati lo scenario di film come “Riso amaro” o di recenti produzioni televisive. Ad Asti non può mancare un percorso dedicato a Vittorio Alfieri con l’omonimo palazzo appena riaperto e il teatro cittadino che conserva la sala ipogea dedicata a Giovanni Pastrone, produttore e regista protagonista del cinema italiano di inizio ‘900. E ancora il teatro è lo spunto per la visita a Vercelli, tra i dipinti a langhetema del Museo Borgogna, e il teatri cittadino sede del prestigioso concorso internazionale di musica Viotti, insieme al museo del teatro aperto in esclusiva per l’occasione. Le storie nascoste di Orta, tra i suggestivi paesaggi del lago e del Sacro Monte, ispiratori di Nietzsche e Rodari, sono la meta di uno degli itinerari, così come il borgo di Gattinara immerso nei vigneti narrato dallo scrittore e regista Mario Soldati. Il programma completo

Continua l’agevolazione per chi possiede l’Abbonamento Musei Torino Piemonte con la possibilità di usufruire di una tariffa scontata in tutti gli itinerari, oltre ad accedere liberamente ai musei aderenti visitati in alcuni appuntamenti.

Per questi nuovi tour sono aperte le prenotazioni dal 14 luglio al numero verde 800329329, o presso Infopiemonte-Torino Cultura in piazza Castello 165. Informazioni: www.abbonamentomusei.it

da- www.regione.piemonte.it

Un tocco piemontese per “Irlanda in musica”

irlanda maffei 2“Irlanda in musica” è una manifestazione che il Comune di Bobbio, in Provincia di Piacenza, organizza ogni anno. L’edizione 2016, la diciannovesima della serie, che si svolge dal 22 al 24 luglio, presenta una novità, ovvero presentazioni letterarie che riguardano la “Isola di Smeraldo”. Sabato 23, alle ore 21, in piazza San Colombano, i protagonisti saranno la scrittrice piemontese (casalese per la precisione) Maura Maffei e l’autore irlandese Rónán Ú. Ó Lorcáin che presenteranno il loro romanzo scritto a quattro mani “La fragilità irlanda maffeidella farfalla” (Parallelo45 Edizioni). Un ltro appuntamento importante è invece previsto venerdì 22, con Paolo Gulisano, che “Il Toirinese” aveva intervistato quando era venuto a Caslae Monferrato per presentare il suo saggio “Per l’onore d’Irlanda”, sulla rivolta di Pasqua 1916 di cui si è celebrato quest’anno il centenario. Gulisano è anche l’autore della prefazione del romanzo “la fragilità della farfalla” del duo italo-irlandese Maffei e Ó Lorcáin, che verrà proposto la sera successiva. Il romanzo è una saga familiare ambientata nel Connemara del XVIII secolo, quando in Irlanda imperversavano le Leggi Penali, e narra il coraggio, l’amore e la fede degli Uí Bhrolcháin e degli Uí Chléirigh, che non si sottomisero al giogo dell’invasori.

Massimo Iaretti

 

VILLA TARANTO E STRESA IN BUS

Puoi iniziare a rilassarti da subito: domenica Gran Turismo guiderà per te! 
 
€ 39 Dal 21/08/2016 al 21/08/2016
info: vacanze@artquick.it
 

TARANTO VILLAPuoi iniziare a rilassarti da subito: domenica Gran Turismo guiderà per te! Sistemazione sul pullman ed inizio del viaggio. Arrivo a Verbania e mattinata dedicata alla visita libera di Villa Taranto. Teatro di questo spettacolo l’ottocentesca Villa Taranto, famosa in tutto il mondo per i suoi splendidi giardini dai quali si può ammirare una suggestiva vista del Lago. Alle ore 12.30 trasferimento a Stresa per il pranzo e pomeriggio libero; possibilità di visita libera del centro cittadino o del Parco di Villa Pallavicino, giardino all’inglese con la stupefacente vista sul lago molto famoso per la straordinaria varietà di piante e con molte specie di animali in libertà. Nel tardo pomeriggio partenza per il viaggio di rientro e arrivo in serata nelle località stabilite.

info: vacanze@artquick.it
Quota bambini 0-2 anni:gratuita
Quota bambini 2-5 anni: € 19

 

Sul grattacielo Sanpaolo il ristorante più alto d'Italia

  • È situato al 35° piano, con vista sulla città e sull’arco alpino per un’esperienza unica di cibo, atmosfera e accoglienza
  • Fa parte di un “sistema gastronomico” che comprende inoltre un lounge bar panoramico al 37° piano e una caffetteria snack al piano terra
  • Completa l’identità di un edificio concepito per condividere con la città innovazione, cultura, arte e intrattenimento

grattacielo notte

A Torino è stato presentato oggi Piano35, il ristorante “più alto” d’Italia, concepito e ospitato da Intesa Sanpaolo presso il proprio grattacielo nel capoluogo piemontese. Il gruppo bancario vuole raggiungere nel campo della ristorazione i riconoscimenti ottenuti dalla torre in cristallo e acciaio bianco – progettata dallo studio Renzo Piano RPBW – in campo architettonico: un segno di innovazione e di apertura alla città nel solco di una tradizione d’eccellenza. Una cucina trasversale e di qualità accompagnerà l’esperienza unica di trovarsi quasi alla stessa altezza della Mole Antonelliana, in un edificio completamente trasparente, circondati da una bioserra di essenze esotiche e mediterranee, con vista a 360° gradi su Torino e sull’arco alpino. Interprete del progetto gastronomico, messo a punto dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, è lo chef Ivan Milani, affiancato dal maître Adalberto Robbio e da uno staff di 34 persone. La gestione è di Affida, Gruppo CIR food, newco specializzata nell’alta ristorazione. Oltre al ristorante gourmet Piano35, il “sistema gastronomico” realizzato da Intesa Sanpaolo nel grattacielo prevede un raffinato lounge bar al 37° piano, teatro delle creazioni del bartender Mirko Turconi e la caffetteria snack Chiccotosto a piano terra, a sud della torre. Il ristorante aprirà al pubblico il 28 giugno, il lounge bar il 15 giugno, mentre già nelle prossime settimane si potrà accedere alla caffetteria snack. L’intento è assicurare in tutti e tre i luoghi un’esperienza di cibo e di accoglienza di qualità elevata. Lo chef sarà quindi anche supervisore dell’offerta del lounge bar, della caffetteria snack, nonché del servizio di catering disponibile per gli eventi in programma nell’auditorium del grattacielo. Piano35 conta 60 coperti e sarà aperto dal lunedì al sabato per il pranzo e per la cena. La carta dei piatti attinge dalle nobili materie prime del territorio, dal pescato, dai prodotti delle migliori cucine del mondo, inoltre fa uso di cibi selvatici (erbe spontanee, radici, muschi, licheni, ecc.) presenti nei nostrigrattacielo sanpaolo ecosistemi selezionati in collaborazione con Wood*ing – wild food lab. Sono previsti tre menu degustazione e una proposta “leggera” disponibile solo a pranzo. La cantina è composta da circa 300 etichette. Ivan Milani esordirà con alcuni dei piatti che lo hanno fatto emergere tra i cuochi di rango della cucina italiana, come “Il tempo delle uova d’oro”, dedicato alla moglie, intanto sta già elaborando nuove proposte ispirate al grattacielo. Una particolare attenzione è stata posta nella selezione e preparazione del personale di sala: tutti giovani capaci di raccontare anche in altre lingue la particolarità del luogo e dell’offerta enogastronomica. L’ambiente è di un’eleganza essenziale e l’atmosfera giocata sulla trasparenza delle pareti: tavoli tondi e quadrati, poltrone color avorio, apparecchiature sobrie create su disegno di artigiani locali. L’ingresso a piano terra è da corso Inghilterra 3, attraverso una scala mobile si raggiunge il desk di accoglienza e da qui, in meno di 30 secondi d’ascensore, la cima della torre. Per informazioni e aggiornamenti sull’apertura al pubblico è disponibile il sito www.piano35.com. Durante la conferenza stampa di presentazione è stato infine “alzato il velo” sul logo del ristorante: una forma stilizzata che richiama il pulsante di prenotazione dell’ascensore con due posate al centro, ideato dallo Studio Migliore + Servetto Architects. Un nome semplice, Piano35, abbinato a un logo lineare che racchiude gli elementi principali del ristorante: la posizione, la vista eccezionale e l’alta gastronomia. Il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro ha dichiarato: “Abbiamo la fortuna di poter pensare al cibo in termini di bellezza, cultura e sapienza. Bellezza perché mangiamo prima di tutto con gli occhi e noi abbiamo pensato a un ristorante e un lounge bar posizionati in un luogo dal quale, oltre a poter ammirare la bellezza di Torino dall’alto, si gode di un panorama mozzafiato dell’arco alpino, dal Monviso al Monte Rosa. Cultura e sapienza perché in cucina, per creare qualcosa di nuovo, bisogna saper mescolare i sapori di territori diversi e il grattacielo è il simbolo di un gruppo che ha saputo mescolare esperienze locali per diventare la prima banca nazionale e una delle prime in Europa”. Per Enrico Salza, presidente di Intesa Sanpaolo Highline: “Il grattacielo Intesa Sanpaolo è nato sotto una buona stella nel 2006, quando disegnammo il progetto originario. Oggi, a distanza di dieci anni, possiamo ospitare la città e i suoi visitatori al tavolo del ristorante ‘più alto’ d’Italia. Festeggiamo un luogo di bellezza straordinaria, la prosperità di Torino, i molti talenti nati in questa città e i futuri talenti che questa città saprà attrarre”. Per Vittorio Meloni, direttore Relazioni Esterne del Gruppo Intesa Sanpaolo: “Il ‘sistema gastronomico’ è un altro importante contenuto che amplia e arricchisce l’idea originaria di fare del grattacielo un luogo non solo di lavoro, ma anche di offerta di qualità per il tempo libero. Già dalla stagione in corso l’auditorium della torre si è animato di eventi e proposte che hanno puntualmente registrato il tutto esaurito. D’ora in poi sarà possibile sfruttare anche lo spazio espositivo al 36° piano. Oggi siamo quigrattacielo sanpaolo2 per confermare il proposito di fare del grattacielo sempre più un protagonista della comunicazione e dell’identità del nostro gruppo”. Il delegato alla ricerca di Ateneo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Michele Fino, estensore del progetto preliminare del ‘sistema gastronomico’ del grattacielo, ha dichiarato: “Il grattacielo Intesa Sanpaolo rappresenta per Pollenzo l’occasione di far convergere in un luogo unico istanze e temi della gastronomia contemporanea, altrimenti difficilmente riuniti: coerenza di filosofia all’interno di spazi e modalità di consumo diversi; materie prime di eccellenza nella grande ristorazione come nelle occasioni di consumo quotidiano in caffetteria; professionalità straordinarie con modalità di servizio smart all’interno di una location iconica per la città; progettazione nel segno della riduzione dell’impatto energetico e dell’essenzialità, con il fine ultimo di minimizzare tutti gli sprechi. ‘Piano35’ si candida dunque ad essere un benchmark sotto molti punti di vista, il che riflette perfettamente l’olismo che impronta l’attività dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche”. La presidente di CIR food Chiara Nasi ha dichiarato: “È con entusiasmo che abbiamo scelto di collaborare a questo importante progetto e gestire un ‘sistema gastronomico’ all’interno di questa prestigiosa realtà. Portando il collettivo della nostra esperienza imprenditoriale, ovvero quello di un grande gruppo di ristorazione organizzata, coniugandolo all’individualità creativa di un grande chef e della sua brigata”. Lo chef Ivan Milani ha detto: “Sono consapevole di essere di fronte a una sfida che non è solo gastronomica, ma so di poter contare su una brigata con la quale lavorare in grande sintonia, amalgamando professionalità, leggerezza e creatività, affiancati da una squadra di persone che ci supporterà anche dietro le quinte. Il nostro desiderio è far vivere al pubblico un’esperienza unica, affinché uscendo da qui possa ricordare quello che ha gustato, ma anche come è stato accolto e come si è sentito”.

(foto: il Torinese)

Dantès

dantes“No, non lo voglio un coso così”, s’impuntò, mettendo il broncio. “Com’è possibile giocarci? E’ talmente piccolo, fragile. No e poi no. Io adesso voglio un cane grosso, robusto. Voglio un cane che sia pronto a scattare ai miei ordini, che mi riporti il pezzo di legno quando lo scaravento lontano. Che mi faccia anche da cavallo quando voglio salirci in groppa. Un cane grosso, capito?”

Guardava fuori dalla gabbia con i suoi occhi da cucciolo. Occhi dolci, stupiti, grandi. Fin troppo grandi per quel batuffolo di morbido pelo. Sembrava uno di quei peluche per i quali vanno matti i bambini. Eppure, nonostante quella sua aria persa che avrebbe spezzato il cuore a chiunque, era stato rifiutato. Sì, proprio così: rifiutato. O, per meglio dire, scartato da quella famiglia di gente – ricca solo nel portafoglio – perché, in quanto a sensibilità, beh… ci sarebbe molto da discutere. Lui, stimato padre di famiglia, sposato con prole, banchiere di successo, aveva promesso al figlio un cane in regalo. Quest’ultimo, di nome Lorenzino, aveva fatto i capricci pur di averne uno tutto per se. Lo voleva piccolo, da coccolare ma, come tutti i capricciosi, era estremamente volubile e, alla vista di quel tenero batuffolo di pelo, cambiò idea. “No, non lo voglio un coso così”, s’impuntò, mettendo il broncio. “Com’è possibile giocarci? E’ talmente piccolo, fragile. No e poi no. Io adesso voglio un cane grosso, robusto. Voglio un cane che sia pronto a scattare ai miei ordini, che mi riporti il pezzo di legno quando lo scaravento lontano. Che mi faccia anche da cavallo quando voglio salirci in groppa. Un cane grosso, capito?”, disse con quella vocina isterica che faceva venire i nervi. E così suo padre, abbandonata l’idea del cagnolino, scelse un grosso alano che portava sulla piastrina già il nome:Bertone. Nulla da dire su quest’ultimo particolare. Ad un cagnone (e quello era davvero un cagnone) quel nome calzava a pennello. Lui, invece, solo e piccino, restò lì, nella sua gabbia. Si era illuso di poter andar via con quel bambino. Aveva un aspetto non proprio gradevole, grasso e pieno dantes4di foruncoli, ma era pur sempre meglio andare con lui che restare chiuso in quella gabbia. Si era fatto notare, scodinzolando allegro, tirando fuori la lingua, allungando la zampa. Ma quello, niente. Nemmeno una piega. Aveva detto qualcosa in quella sua lingua da umano che lui non aveva compreso poi, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, aveva voltato le spalle e se n’era andato via. Da quando era nato, terzo di una cucciolata di quattro bastardini incrociati non si sa bene con chi, era sempre stato lì nel canile. I primi tempi, per lo svezzamento, era rimasto con la mamma e i fratelli, e poi – a due mesi – l’avevano messo lì, solo soletto, in quella gabbia che era diventata la sua cuccia. Aveva guaito a lungo, fino a sfinirsi, ma nessuno si era mosso in suo soccorso. Non si ricordava nemmeno quanto tempo fosse passato. Un paio di volte al giorno (ma qualche volta una sola…) un uomo, che doveva essere il guardiano del canile municipale, gli allungava una ciotola con dell’acqua e un pastone che non sapeva di nulla. Le prime volte l’aveva annusato, senza mangiarlo. Ma cos’era mai quella sbobba? Era insipida, insapore e persino incolore se si eccettuava un vago color grigiastro. Poi, nei giorni successivi, visto che il menù passato dal convento era sempre quello, vinte dalla fame le ultime resistenze, se lo fece andar bene, lasciando la scodella vuota. Le sue giornate passavano monotone in una noia terribile, fatta dei soli pochi gesti che gli erano consentiti: andare avanti e indietro in quella gabbia che ormai conosceva a memoria, dopo averla ispezionata centimetro per centimetro. Poteva seguire il suo percorso obbligato ad occhi chiusi ma, quando lo fece, sbatté il muso contro la rete e, da allora, decise di non fare altri esperimenti e di tenere ben aperti gli occhietti. In poco tempo le gabbie vicine si svuotarono. Non erano molti gli “ospiti” lì dentro ma in breve furono molti di meno. Un pastore tedesco venne prelevato da una guardia giurata che si dilettava d’allevamento e che intendeva addestrarlo per il suo lavoro di vigilanza. Un giovane pitbull condivise un destino più o meno simile, finendo a fare la guardia nel parco di una villa signorile. Il pechinese con il quale, una volta, aveva abbaiato del più e del meno, già male in arnese, finì a fare da “dama di compagnia” ad una contessa che sembrava una vecchia megera con quel grosso naso arcuato sul quale svettava un orribile porro. Ansimava come un mantice, quella vecchia incipriata, ma non rinunciava alle sue sigarette infilate nel lungo bocchino di madreperla. Anche i due bastardini come lui, entrambi volpini mezzosangue, avevano trovato modo di accasarsi dal droghiere, che amava i cani e s’era subito affezionato ai due inseparabilidantes3 animali dal pelo fulvo. Rimanevano solo lui, sua madre e gli altri fratelli, un vecchio Setter quasi cieco e ormai inibito alla caccia, un Rottweiler che sembrava, o voleva sembrare, cattivissimo e Pucci, un bassotto tanto grasso da strisciare la pancia per terra. Erano loro i superstiti del canile, i più sfortunati: relegati nelle gabbie in attesa che accadesse qualcosa o che, meglio ancora, qualcuno venisse a reclamarli. Intanto passavano i giorni e dalle finestre entrava una luce fredda e triste, riflesso di quel cielo d’inverno, color grigio cenere. Una mattina, quando ormai rassegnato e sfiduciato non aveva nemmeno voglia di tirarsi su sulle quattro zampe, standosene sdraiato e sonnacchioso, avvertì un certo trambusto. Dalle stanze degli uffici si udiva una discussione a più voci. Una di queste, cristallina e piuttosto acuta, era senz’altro di una giovane donna. Almeno, così sembrava. Di lì a poco, nell’ampio locale con le gabbie, comparì una ragazza dal piglio deciso e allegro. Non tanto alta, dai bei lineamenti, teneva i lunghi capelli raccolti dietro la nuca, a coda di cavallo. Dopo una rapida ricognizione s’accovacciò davanti alla sua gabbia. “Che bello che sei, con quel musetto”, disse, appoggiando la mano aperta alla rete. Lui, d’istinto, capì che era giunta la sua occasione e non poteva permettersi di sprecarla. Sì alzò e, con delicatezza, leccò il palmo della mano. “Che tenero. Sei proprio un amore”, sospirò la ragazza. Rialzatasi in piedi, si rivolse al signore che stava al suo fianco. “Papà, vorrei lui. Prendiamo questo piccolino? Che dici?”. L’uomo, cingendo con un braccio le spalle della figlia, sorrise e annuì. In pochi minuti, sbrigate le pratiche dell’affido, il cucciolo passò dalla condizione di recluso a quella di cane libero, felice e coccolato. Infatti, la ragazza l’aveva preso in braccio e gli stava lisciando il pelo con un’infinità di carezze. Gli diede subito un nome: Dantès. In fondo anche lui, come Edmond Dantès, il protagonista de “Il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas, aveva subito dei torti e sofferto, così piccolo e indifeso, una vita grama. Dantès venne rinchiuso nella tetra prigione del Castello d’If su una piccolissima isola dell’arcipelago di Frioul, nel golfo di Marsiglia. Lui, nel canile municipale, in una gabbia.  “Dantès, piccolo mio, ti piace il tuo nome?”. Alle parole della ragazza, che si chiamava Carla, replicò guaiendo timidamente e leccando la mano che lo accarezzava, dimostrando la sua felicità. Nella bella casa di campagna dove vivevano Carla e suoi genitori, il piccolo Dantès si trovò a meraviglia. Coccolato e ben nutrito, era diventato la mascotte di quella famiglia. Anche i vicini e gli amici di Carla lo riempivano di coccole e lui, scodinzolando, non si tirava certo indietro.  Gli unici momenti tristi li viveva quando il pensiero andava alla madre e ai fratelli che erano rimasti nel canile. Poverini, chissà quanto dovevano essere tristi! In quel periodo, a poche settimane dalle feste di fine ann
o, era difficile che qualcuno li adottasse. A lui era andata bene, anzi benone. Ma erano ormai poche le persone che regalavano dei cani ai bambini. Soprattutto d’inverno, quando avrebbero dovuto tenerli in casa gran parte del tempo, almeno fino ai primi tepori della primavera. Oggi vanno di moda solo i videogiochi. Non si lamentano, non sporcano, non si ammalano e quand’anche si rompessero, si buttano nella spazzatura e se ne acquista di nuovi. Un cane, per di più se cucciolo, è delicato, ha bisogno di cure, attenzioni. Bisogna prestare ascolto ai consigli del veterinario, seguire una certa dieta alimentare. Eh, già… erano proprio questi i motivi per cui era pessimista sulla sorte della sua famiglia, quella d’origine.  Una vena di tristezza velava i suoi occhietti e diventata mogio, mogio quando, sdraiato sulla sua copertina di lana, vedeva scorrere sullo schermo televisivo le immagini di cani che si rincorrevano, giocando. Carla, da ragazza intelligente qual dantes2era, non ci mise molto a comprendere le ragioni di quegli sguardi languidi e malinconici. Così, parlandone più volte con i genitori, finì per convincere anche il padre e la madre che la famiglia di Dantès andava in qualche modo riunita. La casa era grande e ampio era il giardino che la circondava. Ospitare più cani non era un’impresa così impossibile. Tornarono al canile ma lì trovarono solo due cuccioli. “ E gli altri?”,chiese Carla. “Che fine hanno fatto gli altri due? Sono stati affidati? ”. Il responsabile del canile tranquillizzò la ragazza. La madre e il terzo componente della famiglia erano stati trasferiti momentaneamente in un altro canile, insieme a vecchio Setter e al bassotto Pucci,  a causa di alcuni lavori che si erano necessari. Se volevano prelevarli là, non c’era problema. La documentazione necessaria l’avrebbe preparata subito. E così fece.  Iniziavano a calare le prime ombra della sera quando l’auto del signor Casolare varcò il cancello di casa con a bordo, insieme a lui e alla figlia, i tre cuccioli e la madre. Ispirata dai racconti di Dumas, Carla non esitò a trovare i nomi per tutti. Così i cuccioli diventarono Athos, Porthos e Aramis, come i tre più famosi moschettieri del Re di Francia, e alla cagnetta che li aveva partoriti assegnò un bel Regina Margot, a parziale risarcimento delle sue umili origini di trovatella. Dantès non stava nella pelle dalla gioia e saltellava felice, giocando a rincorrersi con i suoi fratelli che, più che tre moschettieri, erano tre piccole pesti. La Regina Margot, dalla sua cesta, guardava felice, con una finta aria di distacco, le evoluzioni della sua cucciolata. E non si stupirebbe nessuno se pensasse “Che belli, i miei figlioli. E che fortuna che abbiamo avuto, tutti insieme, ad incontrare queste brave persone”. Una fortuna che, evidentemente non è da tutti. Bastava guardare fuori dalla finestra, verso i prati al limitare del bosco, per capirne il perché. La neve, caduta in abbondanza, si era trasformata in pioggia, rendendo ancora più infido e scivoloso il terreno. Un ragazzino grassoccio stava correndo dietro ad un grosso cane che, a  dire il vero, lo stava letteralmente trascinando. Tentava di trattenerlo con il guinzaglio, ma non aveva forza sufficiente. Piangeva, imprecava, supplicava il cane di fermarsi. Aveva il fiato grosso, incespicò e cadde.  Si rialzò, ansimando. Ma le suppliche non servirono a nulla. Il suo Bertone aveva voglia di muoversi, correre e non prestava ascolto a quel lagnoso ragazzetto. Dantès e tutti gli altri guardavano la scena divertiti dalla finestra, al caldo. Si direbbe, dalle smorfie, che stessero sorridendo. In fondo, non era quello che voleva tanto, quel ragazzino piagnucoloso, tutto bagnato e sporco di neve fangosa? Un bel cane grosso, robusto, scattante…

Marco Travaglini

Patti e Pisano i due nuovi assessori di Appendino

appendino2PATTI PISANO APPENDINO“Sono particolarmente orgogliosa di presentare nella mia squadra questi due nuovi assessori, che vanno a rafforzare la scelta compiuta di aprire Torino al merito ed alla competenza”. Così Chiara Appendino, candidata sindaco per M5S nel presentare i nuovi assessore della sua Giunta, in caso di vittoria alle Comunali. Sono Paola Pisano​, docente di gestione dell’innovazione e direttore del centro di innovazione tecnologica multidisciplinare ICXT dell’università di Torino, e visiting lecturer alla Westminster University (Londra) e Federica Patti​, architetto, dottore di ricerca, insegnante nella scuola secondaria e presidente del Comitato Genitori (CooGen)” ha dichiarato la candidata sindaca del M5S a Torino, Chiara Appendino.