Rubriche- Pagina 61

Gli effetti del lockdown sulle abitudini alimentari

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera

La Dottoressa Elisabetta Gatti, medico dietologo, ci parla di nutrizione al tempo del Covid.

Il virus ha cambiato definitivamente la nostra vita. Questa imprevista e duratura pandemia ha stravolto le abitudini quotidiane portando con sé un cambio di paradigma che per molti aspetti sarà irreversibile. L’isolamento forzato, per esempio, ha prodotto un notevole incremento delle postazioni lavorative da remoto, smart working, viste le innegabili abilità della tecnologia, come l’interconnessione e l’elevato potenziale produttivo, ma grazie anche ad una nuova ed imperante “cultura manageriale” fondata sugli obiettivi e sulla formazione piuttosto che su rigidi orari di lavoro. La Dottoressa Elisabetta Gatti, medico dietologo a Torino, ci spiega come questa modalità di lavoro flessibile, fondata sull’autonomia di gestione e sulla responsabilità personale, ha cambiato anche le abitudini alimentari delle persone, a volte affinandole ma più spesso creando delle disfunzioni . “Da una parte”, spiega infatti la Dr.ssa Gatti, “e purtroppo in percentuale minore, troviamo chi ha approfittato di questa situazione per migliorare la qualità della propria alimentazione dedicando più tempo all’acquisto di prodotti freschi e alla cucina sana e casalinga, dall’altra, sfortunatamente in quantità maggiore, il consumo dei pasti principali, in presenza, a casa ha creato o peggiorato alcune abitudini scorrette”.
Tra le “cattive” pratiche alimentari, in questo periodo pandemico, si registra per esempio l’aumento del consumo di prodotti conservati e processati (cibo industriale contenente additivi, preparati attraverso cotture con oli di scarsa qualità o grassi saturi, saccarosio, fruttosio e sodio), l’incremento della vendita di bibite gassate, l’intensificazione dello spilluzzicamento di snack confezionati sia dolci che salati. Al di là di alcune positive e riconosciute prerogative collegate al lavoro da remoto, ci sono indubbiamente diverse conseguenze negative che l’isolamento socio-professionale sta arrecando alla popolazione. La tensione, l’inquietudine, la pigrizia ma anche la trascuratezza, infatti, stanno causando problematiche di natura differente tra cui comportamenti alimentari nocivi come l’emotional eating (fame emotiva) che porta gli individui a mangiare in modo incontrollato e ipercalorico. La chiusura delle palestre e la ridotta possibilità di fare attività motoria e sport ha diminuito, inoltre, il consumo calorico giornaliero provocando aumento di peso, ritenzione idrica e problemi più seri come danni alle ossa, alla circolazione e la comparsa o l’aggravamento del diabete. Cattive abitudini alimentari, poca attività fisica e debilitazione del sistema psicologico-emotivo, che spesso sfocia in vere e proprie depressioni, possono portare le difese immunitarie ad un livello basso con diverse conseguenze sul nostro organismo. Ma vediamo come proteggerci da consuetudini e pratiche poco salutari attraverso alcuni semplici accorgimenti e una condotta alimentare regolare.

3 domande alla dottoressa Elisabetta Gatti

Dr.ssa Gatti quali sono le abitudini alimentari corrette da ristabilire per mantenere una buona condizione fisica e mantenerci in salute quando si lavora da casa?
E’ necessario partire dalla spesa, abituarsi quindi ad acquistare prodotti freschi e di qualità, se invece non si riesce sempre ad andare al mercato si può ricorrere anche ai surgelati, ma l’essenziale è che non siano precotti. In secondo luogo è importante il tempo che dedichiamo ai pasti, soprattutto alla colazione che, oltre a dover contenere i nutrienti che diano l’energia per buona parte della giornata, deve essere consumata lontano dal computer o dal cellulare e senza fretta, magari ci si può alzare un po’ prima e farla comodamente seduti. Inoltre è consigliabile seguire la regola dei 3 pasti al giorno, contenenti carboidrati, proteine e grassi nelle giuste dosi, e dei 2 spuntini evitando sicuramente quelli confezionati ma prediligendo al contrario frutta fresca, frutta secca come noci e mandorle, oppure uno yogurt. Infine è indispensabile bere molta acqua, ancora meglio se povera di sodio.

Come possiamo gestire il lavoro da remoto senza che questo diventi totalizzante e ci porti ad una vita eccessivamente sedentaria e relegata davanti ad uno schermo?E’ importante alzarsi spesso, fare delle pause e se possibile anche delle passeggiate all’aria aperta. Quando siamo in ufficio, sul posto di lavoro, ci spostiamo, interagiamo con i colleghi, alterniamo il tempo passato alla nostra postazione con brevi attività fisiche e sociali, è necessario intervallare il nostro tempo lavorativo con esercizi e scambi interpersonali anche quando lavoriamo da casa.

Quali sono gli alimenti migliori da consumare quando si è in smart working?

La Dieta Mediterranea, riconosciuta in tutto il mondo, è perfetta per alimentarci correttamente ma anche per difenderci e mantenerci in forma. In questo momento delicato e complesso sarebbe opportuno mangiare cibi ricchi di nutrimento utili per il nostro sistema immunitario come il merluzzo, l’aringa, il salmone, il latte, le uova e i funghi che contengono la vitamina D, legumi, cereali integrali, semi di zucca contenenti lo zinco, agrumi e kiwi ricchi di vitamina C e per dare il giusto apporto di magnesio, modulatore dell’umore e miorilassante naturale, anche un quadratino cioccolato fondente al giorno. E’ molto importante che, in un regime di attività lavorativa poco dinamico, si trovi la voglia e il tempo per alimentarsi nella giusta maniera, evitando il cibo processato ma anche ridimensionando le porzioni. Gli obesi in Italia sono 5 milioni, le persone in sovrappeso 18 milioni e in queste condizioni la possibilità di ammalarsi di Covid aumenta del 50%.
Come diceva Ippocrate “Fai che il cibo sia la tua medicina”.

 

Omosessuali e nozze benedette

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il responsum della Congregazione per la dottrina della fede sulla impossibilità di benedire in Chiesa le coppie omosessuali, avallato dal Papa che in un’intervista si era dichiarato “aperturista “ sulle famiglie gay, non cessa di sollevare polemiche specie in Europa,  mentre in Italia l’interesse è oggi di nuovo rivolto soprattutto all’aborto che per alcuni è diventato un normale contraccettivo. 

Omosessualità ed aborto sono temi su cui la Chiesa non può modificare le sue posizioni, al di là delle battute polemiche di qualche prete progressista e magari omosessuale e di qualche cattolica femminista. A parere di chi scrive la Congregazione per la dottrina della fede ha molto opportunamente affermato l’impossibilità di equiparare il matrimonio cristiano tra uomo e donne e le Unioni civili tra persone dello stesso sesso. E questo senza intenti omofobi di sorta che condanno senza riserve. Per altri versi, anche la famiglia laica a cui si richiama l’articolo 29 della Costituzione Repubblicana  si fonda sul matrimonio tra uomo e donna perché quell’aggettivo “naturale“ non può avere altre letture. I Padri costituenti discussero a fondo il tema della famiglia, ma nessuno dei costituenti, magari omosessuale, si pronunciò per una famiglia gay. I tempi non erano maturi, diranno alcuni, ma anche oggi quel testo resta un punto fermo della Costituzione. Concordo con Massimo D’Alema che richiamo’  quell’articolo, prendendosi gli improperi della Concia e della Cirinna’. Un omosessuale come lo scrittore Gian Piero Bona che ebbe una lunga convivenza gay era fermamente contrario ad ogni vincolo e soprattutto ad ogni esibizione così frequenti nei giovani gay. Ne parlammo a volte e un giorno si scagliò con violenza contro il Gay Pride che definì sguaiato e volgare. Anche Angelo Pezzana che fu il primo a rivendicare l’ orgoglio omosessuale, non si confuse mai con certe manifestazioni estremiste. Pezzana fu monarchico nella sua giovinezza ed un certo stile gli è rimasto innato.
Questo tentativo recente di forzare la mano e di voler il matrimonio tra persone dello stesso sesso benedetto da un prete è  un vero e proprio arbitrio e un non senso. In Germania c’è un vescovo che si è schierato decisamente contro la Congregazione, come hanno fatto 350 sacerdoti austriaci che continueranno a benedire le coppie omosessuali, affermando che l’amore non è mai peccato. Anche il vescovo di Anversa ha preso una posizione ribelle contro il responsum.  Anche nella Svizzera calvinista serpeggia la protesta. Nessuno però prende in considerazione il problema dei figli di coppie gay,  ottenuti con pratiche che la legge italiana non consente.  La Corte costituzionale si è pronunciata su questo tema con una sentenza che invita il Parlamento a cambiare le leggi vigenti che restano in vigore e andrebbero fatte rispettare. Anche il solito Wladimiro Zagrebelski ha voluto dire la sua a favore naturalmente delle coppie omosessuali.  Da un punto di vista esclusivamente laico ( non invoco motivazioni religiose ) ritengo la famiglia omosessuale con figli un’aberrazione altamente diseducativa che impone a dei minori modelli di vita che sono una vera e propria violenza nei loro confronti. Il genitore uno e il genitore due e’ cosa aberrante.

Che la fortissima “lobby gay” sia riuscita addirittura a sfondare in una parte del mondo ecclesiale lascia molto perplessi perché si rivelano “laici” solo su quel terreno, forse perché l’accusa che molti preti abbiano tendenze omosessuali ed abbiano problemi a rapportarsi con le donne, non è infondata. Non c’è bisogno di essere credenti per avere dei forti dubbi etici su certe pretese. Esigere poi anche la benedizione appare una richiesta davvero inconcepibile. I maggiori teorici delle diverse etiche laiche, quelli seri e non i finti pensatori d’oggi, avrebbero un atteggiamento fortemente critico sulle nozze omosessuali benedette in Chiesa. E sia chiaro che queste idee non sono omofobe, ma sono opinioni che hanno diritto di piena cittadinanza in una Repubblica democratica, non prigioniera di minoranze faziose e intolleranti.

“Ieri, l’amore era un gioco…”

Music Tales, la rubrica musicale 

Racconti, curiosità ed eventi…la musica al servizio della gente

Ieri, l’amore era un gioco

così facile da giocare

ora ho bisogno

di un posto dove nascondermi”

“Tra i brani di maggior successo (se non il migliore) dei Beatles c’è sicuramente Yesterday, pubblicato nel 1965 nell’album Help!.

Il brano viene definito da diverse fonti come il più famoso del ventesimo secolo, oltre che il brano con più registrazioni, collezionando più di 1600 cover (ed oggi vi dovrete accontentare della mia).

La creazione del brano Yesterday nacque da un sogno di Paul McCartney. Mentre dormiva a casa della sua compagna Jane Asher, McCartney sognò di comporre una melodia, alzandosi improvvisamente dal letto e correndo verso il pianoforte prima di far svanire il ricordo. Seppur la melodia fosse pronta, mancavano ancora il testo e un arrangiamento che la reggesse. Paul McCartney ci mise molto tempo a completare il brano, facendo spazientire anche gli altri tre componenti del gruppo.

Il 27 maggio 1965 Paul volò a Lisbona per una vacanza, a casa di Bruce Welsh, cantante degli Shadows. 
McCartney completò il brano Yesterday e lo registrò pochi mesi dopo, con l’arrangiamento semplice di chitarra e archi. Quest’ultima decisione, secondo alcune fonti, fu un suggerimento del geniale produttore George Martin, definito “il quinto Beatle” per il suo lavoro nella maggior parte delle registrazioni del gruppo.

Paul McCartney fu totalmente innamorato della canzone (probabilmente anche a causa delle fatiche che gli erano costate). Il resto dei Beatles fu contrario però ad una sua pubblicazione nell’album, in quanto non in linea con l’immagine del gruppo. Il brano Yesterday venne comunque pubblicato successivamente raggiungendo un successo eclatante.

La genialità del brano Yesterday risiede nella sua semplicità. Con un arrangiamento semplice e innovativo, e un testo chiaro e tutto sommato banale, Paul McCartney ha reso possibile un nuovo concetto musicale per l’epoca, secondo cui la melodia poteva essere sinonimo di bellezza o, addirittura, capolavoro.

Ma, si sa, la semplicità è la nota fondamentale di ogni vera eleganza.

Il testo è collegato presumibilmente ad un amore perso, che suscita pena proveniente dal passato per il protagonista:

all my troubles seemed so far away, now it looks as though they’re here to stay | tutti i miei problemi sembravano allontanarsi, adesso sembra che stiano di casa qui”

Ma io ho scelto “yesterday” anche per volergli dare una connotazione che vada al di la’ dell’amore: per esprimere il mio grande desiderio di tornare a “ieri” quel giorno in cui potevo abbracciare, sorridere senza una mascherina e vivere liberamente la mia vita anche respirando quella degli altri.

Ed ho voluto cantarvelo personalmente per farvi sentire che sono tornata, anche senza eventi da segnalarvi, senza musica da potervi fare assaporare dal vivo.

Il mare insegna ai marinai dei sogni che i porti assassinano.”

Buon ascolto, abbiate clemenza.

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=7o4Pmyp628Q&ab_channel=ChiaraDeCarlo

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Serena Dandini  “La vasca del Führer”   -Einaudi-  euro  17,50

L’idea di questo libro è nata dall’incontro dell’autrice con un’emblematica fotografia che  immortala una donna bellissima immersa in una vasca da bagno: lei è la famosa Lee Miller e la foto scattata dal collega David Scherman la ritrae nel bagno di Hitler.

Da questa folgorazione ecco l’idea di raccontare la vita eccezionale di Elizabeth Miller, donna incredibile che si è reinventata più volte ammantando la sua vita di un fascino unico.

Nata nel 1907 a Poughkeepsie, nello Stato di New York, a 20 anni è una modella di “Vogue”, ricercatissima e considerata la donna più bella del mondo. Ma l’esteriorità non le basta e le copertine patinate lasciano un vuoto…lei è alla ricerca di ben altro. Così a 22 anni la troviamo a Parigi dove strega il cuore del grande Man Ray e da lui si fa insegnare tutto sull’arte della fotografia.

E’ l’ingresso nella leggenda che la vede personaggio fuori dagli schemi, avanti e indietro nel mondo, macina amori che prende e lascia, è inafferrabile, inquieta e coraggiosa al limite dell’incoscienza. Diventa amica di personaggi del calibro di Picasso, poi a 27 anni sposa un  ricchissimo egiziano, Aziz Eloui Bey, che la lascia libera di inseguire se stessa e perdersi nei deserti della vita.

A Parigi incontra l’artista surrealista e curatore di mostre importanti, Lord Roland Penrose: il loro sarà un amore libero, capace di attraversare la Manica, continuare a Londra, sopravvivere alla guerra e sfociare in nuovo matrimonio con tanto di erede.

Lee è riuscita a convincere “Vogue” ad arricchire le sue pagine con le crude immagini della devastazione e diventa la sua corrispondente di guerra, una delle poche donne fotografe ammesse al fronte. Si troverà spesso al momento giusto nel posto giusto, finalmente fa il lavoro al quale si sentiva destinata, quello che dà il senso più profondo alla sua vita, ma che la consuma anche nell’anima.

E’ tra le prime ad entrare nel campo di concentramento di Dachau, dove di fronte alle “pile di morti accatastate come legna da ardere” ingaggia la sua personale battaglia contro l’orrore, stringendo la sua Rolleiflex tra le mani tremanti.

Ha 38 anni e il volto segnato, le viene assegnato l’alloggio di Hitler, dove entra quasi in trance scoprendo un ambiente squallido e mediocre. E’ nella vasca da bagno del Führer che cerca di lavare via la disperazione e l’odore di morte.

Quello che ha visto, raccontato e fotografato cambierà per sempre la sua vita, sprofondandola tra depressione e alcol. Non basterà diventare Lady Penrose, avere un figlio a 40 anni, Antony -che vive più come fastidio e col quale il rapporto sarà sempre difficile-. Non basterà rifugiarsi a Farley Farm (nel Sussex, oggi un museo) per salvarla dalla caduta. Gli ultimi tempi, divorata dal cancro, sono il triste epilogo di una vita irripetibile e camaleontica. Muore a 70 anni, nel 1977, e le sue ceneri sono disperse nel terreno della fattoria.

 

Tra i libri fotografici dedicati a Lee Miller vi segnalo di Antony Penrose  “The Lives of Lee Miller”  – Thames &Hdson-  in cui il figlio ricostruisce con dovizia di immagini la vita della madre. Dai primi anni tra 1907-1929, prosegue in una carrellata che attraversa il periodo fulgido nell’affascinante New York, poi gli anni di guerra, per arrivare all’ultima tranche della sua vita. Un volume ricco di foto famose scattate dalla Miller, ma anche foto private che la ritraggono con amici, affetti e conoscenti

 

 

Juliet Grames “Storia di Stella Fortuna che morì sette o forse otto volte”  –

HarperCollins-   euro   19,50

Questa è la storia dell’incredibile resilienza di una donna di altri tempi. E’ Stella Fortuna della quale seguiamo la vita a partire dai suoi 16 anni –quando lascia il povero paesino calabrese di Ievoli- e attraversa l’oceano alla volta degli Stati Uniti. Siamo nei primi anni del 900 in cui l’emigrazione poteva essere la svolta verso una vita meno grama per milioni di italiani.

Stella è frutto della fantasia, ma il quadro generale della sua vita è in parte ispirato ad Antonia Rotundo, nonna della giovane scrittrice americana Juliet Grames: editor della Soho Press, nata ad Hartford nel Connecticut, ma di famiglia italo-americana.

Il romanzo è un portentoso affresco familiare che segue le protagonista nel corso della sua lunghissima vita fino a 95 anni: tra sacrifici, forza interiore, sentimenti profondi ed energia portentosa.

C’è di più: la sua esistenza è costellata da gravi incidenti: ustioni gravissime, attacchi di maiali, rischi di soffocamento e altre inspiegabili disgrazie che l’hanno condotta ogni volta sulla soglia della morte. Alla fine il suo corpo è distrutto, ricoperto di cicatrici e suture, ma è anche la testimonianza vivente del suo tenace attaccamento alla vita, con toni da realismo magico.

Stella nasce in Calabria nel 1920 e cresce in un mondo di donne, con l’adorata madre Assunta e la sorella minore Cettina (Tina) alla quale è legatissima. E’ bellissima, intelligente e sogna una vita libera e indipendente in cui essere padrona di sé stessa e del proprio corpo.

La sua ribellione però viene schiacciata dal dominio assoluto del padre Antonio, uomo violento e pervertito che ne piegherà la volontà a suon di cinghiate. Perché nel loro ambiente una donna poteva lasciare la casa paterna solo per sposarsi, altrimenti era vista come una prostituta.

E’ così che si ritrova sposata al giovane Carmelo, che la violenta durante il viaggio di nozze e sfoga il suo forte appetito sessuale mettendola in cinta più volte, al ritmo di una gravidanza dopo l’altra, per un totale di 10 figli sopravissuti e dei quali seguiamo le vite.

Poi il sommo degli incidenti: quando sta per compiere 69 anni un’emorragia cerebrale rischia di ucciderla e viene sottoposta a un’operazione del lobo frontale. Invece di vivere come un vegetale, ancora una volta Stella sorprende tutti, anche se il suo carattere cambierà per sempre e determinerà un’insanabile frattura nei confronti della sorella …e scoprirete  perché.

 

 

Julian Barnes “L’uomo con la vestaglia rossa”  -Einaudi.  Euro 22,00

Questo libro raffinatissimo ci immerge nella Belle Époque europea, decadente, narcisista e affascinante. L’uomo con la vestaglia rossa del titolo compare in un famoso dipinto di John Singer Sargent ed è il dottor Samuel-Jean Pozzi, famoso e ricercatissimo ginecologo vissuto tra il 1846 e il 1918.

Figlio di un pastore di provincia, esteta decadente, abile seduttore seriale di nobildonne, ereditiere, artiste ed intellettuali; ma soprattutto uomo di scienza che riuscì ad entrare nel bel mondo della noblesse parigina di fine 800.

La sua vita è ai massimi livelli: diventa il medico dell’alta società, cura reali, aristocratici, attrici, scrittori e drammaturghi.

Si muove nell’orbita di personaggi del calibro della famiglia Proust, del conte Robert de Montesquiou, Flaubert, Oscar Wilde, Edmond de Goncourt, il principe Edmond de Polignac e la moglie  Winaretta Singer (erede della famigli produttrice delle macchine per cucire e grande mecenate) e Sarah Bernhardt (anche lei cadde nelle spire del Don Giovanni col bisturi).

Nel 1980 pubblica il suo “Trattato di ginecologia clinica e operatoria” in due volumi, corredato di diagrammi e  illustrazioni perlopiù  basati sui suoi stessi disegni. E’ qualcosa di assolutamente innovativo nel panorama medico, nato dallo studio delle pratiche inglesi, tedesche e austriache alle quali Pozzi aggiunge le proprie osservazioni ed esperienze, maturate negli anni come internista presso l’ospedale pubblico Lorcin-Pascal.

Il Trattato gli assicura fama in Europa e America, ricchezza ed entrature privilegiate anche presso il presidente della Repubblica francese col quale va a caccia nella foresta di Rambouillet.

Amicizie altolocate e una vita privata costellata di amanti sono i tratti salienti della sua vita nel corso della quale non solo diventa famoso, ricco e stimato, ma è eletto anche senatore della Dordogna e sindaco del suo paese.

Difficili i rapporti con la moglie totalmente sottomessa e con la figlia Catherine che nelle sue memoria altalena giudizi negativi sul padre ad altisonanti dichiarazioni di amore figliale.

Tutto raccontato sullo sfondo di un’epoca che ancora oggi conserva un fascino tutto suo, che Barnes ricostruisce attraverso le vicende di personaggi passati alla storia.

Purtroppo dopo tanto splendore  una fine imprevedibile e violenta stronca la vita del dottor Pozzi.

 

 

Toshikazu  Kawaguchi  “Basta un caffè per essere felici”   -Garzanti-  euro 16,00

Dopo il successo del libro di esordio “Finchè il caffè è caldo”, ora lo scrittore 44enne giapponese ci regala il secondo capitolo della quadrilogia ambientata in un locale leggendario di Tōkyō, dove bevendo una tazza di caffè e rispettando certe regole è possibile tornare indietro nella propria vita al momento in cui si era presa una decisione errata.

La caffetteria centenaria è in un piano seminterrato nel centro della città ed è un luogo decisamente speciale. Chi entra perché vuole tornare nel passato deve sottostare alle seguenti norme.

Le uniche persone che si possono incontrare nell’altra dimensione devono essere entrate a loro volta nel locale; qualsiasi cosa si faccia quando si torna indietro non si potrà cambiare il presente; c’è solo una sedia che veicola nel passato e da quella non ci si può alzare altrimenti si è immediatamente rispediti nel presente; il tempo che si può trascorrere all’indietro comincia quando il caffè viene versato nella tazza e dura solo finché è caldo.

In  questo secondo capitolo nel locale entrano più personaggi intenzionati a ripercorrere le  loro vite.

Sono Gotaro che non ha mai detto la verità sulla sua nascita alla ragazza che ha cresciuto come una figlia dopo che i genitori erano morti in un incidente e vuole rincontrare l’amico deceduto.

Yukio che ha inseguito i suoi  sogni e trascurato la madre nel momento  in cui avrebbe avuto più bisogno della sua vicinanza.

Katsuki che temendo di far soffrire la fidanzata le ha nascosto una dolorosa verità; e ancora, Kiyoshi che non è riuscito a dire addio alla moglie come avrebbe voluto.

Alla fine dei loro incredibili viaggi a ritroso tutti arriveranno a capire che per ritrovare la felicità non occorre cancellare il passato, piuttosto imparare a perdonare se stessi e gli altri per guardare più serenamente al futuro.

Onore al generale Figliuolo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / C r o z z a, più invecchia, più diventa fazioso e più perde la sua  ormai consunta comicità. E’ lui stesso che è  diventato inconsapevolmente   comico di se’ stesso. A volte è davvero  intollerabile.

Ieri sera ha voluto fare un’infelice imitazione del  generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario nominato da Draghi per porre rimedio al disastro di Arcuri nell’approvvigionamento del vaccino anti Covid . Il generale Figiuolo  ha ereditato una situazione compromessa che con diuturna fatica sta cercando di recuperare con la passione del soldato valoroso  e del patriota che crede in certi valori che forse  solo chi porta le stellette conosce e sa servire  fino in fondo.  .Il Generale ha ottenuto nella sua lunga e brillante carriera di ufficiale degli Alpini, anche nel corso delle molte missioni all’estero, numerosissime decorazioni militari e onorificenze anche straniere. E‘ decorato dell’Ordine Militare d’Italia, già Ordine Militare di Savoia, che rappresenta da solo un altissimo riconoscimento. Incredibilmente, considerando il grado di generale di corpo d’Armata, è “solo” commendatore al Merito della Repubblica: con il suo grado e il suo curriculum gli spetterebbe il cavalierato di Gran Croce . C r o z z a, il comunistoide e disfattista C r o z z a, ha fatto della bassa e volgare ironia sui molti nastrini del  generale. Non c’è da stupirsi. L’invidia e  l’ignoranza miscelate insieme producono effetti imprevedibili. E’ un  gran brutto segno che un servitore dello Stato, impegnato in una missione importantissima a tutela di tutti gli Italiani, venga messo alla berlina per le decorazioni che attestano i suoi meriti militari e civili. Non c’è’ da stupirsi. Cent’anni fa ci fu chi offese e picchio’ i reduci della Grande Guerra decorati al Valor Militare. Mi auguro che l’ Istituto Nazionale del Nastro Azzurro fra decorati al Valor Militare voglia elevare la sua protesta. Mio nonno, tornato dalle trincee decorato, fu oggetto di un tentativo di linciaggio a cui seppure rispondere con il  vigore del soldato che aveva conosciuto la durezza della guerra. Addirittura il grande invalido Carlo Delcroix venne aggredito. Era cieco e senza mani. Queste cose accadevano un secolo fa. Oggi un comico può offendere in Tv un alto ufficiale impunemente. Un  altro segno del degrado morale di questo paese.

Garage rock USA 1966. Discografia minore (parte 2.)

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60 

Continua in questo articolo l’ampia discografia “minore” del garage rock statunitense dell’“annus mirabilis” 1966, allorquando nascevano dal nulla bands di liceali in qualsiasi luogo degli States, dalla metropoli atlantica al centro medio del Midwest, dalla cittadina della “rust belt” a quella della costa californiana, dalle terre dei tornados fino al confine canadese dai rigidi inverni. Ovunque era un pullulare di formazioni musicali rock spinte da entusiasmo e incoscienza giovanile, ma sempre attive nonostante i budget ridotti e i “mezzi di fortuna” a volte poco ortodossi…

 

– Our Gang “Heartbeat / Careless Love” (Warrior W-166);
– The Jaguars “It’s Gonna Be Alright / I Never Dream Of You” (Skoop 1067);
– The Glory Rhodes “I’m Gonna Change The World / Stay Ou Of My Way” (U-Doe 101);
– The JuJus “Do You Understand Me / I’m Really Sorry” (United);
– The Shaynes “From My Window / I’ll Always Be” (Pee Vee Records 142);
– The Reasons Why “Melinda / Don’t Be That Way” (Sound Track ST-2000);
– The Village Outcast “The Girl I Used To Love / Under The Thumb” (Echo 711-2);
– The Five Bucks “Now You’re Gone / No Use In Trying’” (Afton Records 1701);
– The Omens “Searching / Girl Get Away” (Cody Records C007);
– The Tikis “Show You Love / Careful What You Say” (Fujimo Records 917F-6139);
– Shepherd’s Heard “But That’s Life / I Know” (Starlite Records 869S-6052);
– The Palace Guards “Sorry / Better Things To Do” (U-Doe 104);
– The Rogues “Put You Down / Stormy Monday Blues” (MBM MBM-2002);
– The Eye Zooms “She’s Gone / On The Line” (Atila Records A 213 / MT-239);
– The Premiers “Get On This Plane / Come On And Dream” (Faro 624);
– The Torres “Play Your Games / Don’t You Know” (IGL Records 45-114);
– The Saxons “Things Have Been Bad / The Way Of The Down” (Yorkshire Records YO-127);
– The Briks “Can You See Me / Foolish Baby” (Bismark BK-1013);
– Rolling Ramsaxs “You’ve Hurt Me So / Many Nights Go By” (Boot 330-3J);
– The Invaders [of Burdine’s Combo Castle] “She’s A Tiger / Honda Come Back” (Suncrest 3344);
– The Gnomes “The Sky Is Falling / Something’s Going Wrong” (Afton Records 1702);
– The Bentleys “Now It’s Gone/ Night Time In The City” (Devlet Records UB 443-444);
– The Night Crawlers “You Say / Night Crawlin’” (MAAD Records IMP-51166);
– The Monuments “I Need You / African Diamonds” (Alvera 677A-5216 / M-65).

(… to be continued…)

Gian Marchisio

 

La giornata per le vittime del Covid evoca una sconfitta

Nessuno avrebbe  mai pensato nel 1917 di dedicare una giornata alla rotta di  Caporetto . I nostri nonni attesero Vittorio Veneto nel 1918 per festeggiare la Vittoria del 4 novembre.

In questa Italia  “scombinata“, come la definiva Salvemini, tutto è diventato possibile, anche le assurdità più incredibili. Ricordare nel pieno della pandemia con centomila mila vittime e una media di 500 morti al giorno con una giornata dedicata alle  Vittime del Covid con particolare riferimento a quelle  di  un anno fa con gli effetti macabri e terribili dei camion  carichi di morti a Bergamo appare una vera e propria follia . Un disastro di questo genere , tutt’altro che finito , andrebbe dimenticato dalla retorica occasionale  , perché si è conficcato in modo  indelebile nelle nostre vite e nelle nostri menti nei nostri ricordi più sconvolgenti .” Non urlate“ più scriveva disperato Ungaretti, rivolgendosi a chi esaltava ,alzando la voce,  le giornate della guerra civile perché i morti vanno rispettati con il silenzio e ,aggiungo io, con la preghiera dei credenti . Basta giornate in ricordo di tragedie . I giorni disponibili sono solo 365 e sono quasi tutti occupati dalle giornate più strampalate. Questa nuova giornata del 18 marzo che evoca il disastro del COVID e’ una scelta sbagliata . Servirà a ricordare , ad imperitura memoria , il presidente Conte , il ministro Speranza , il presidente lombardo e il suo tragicomico  assessore . Ogni 18 marzo  ricordero ‘ questi nomi  infausti per la storia italiana e per la nostra vita che è uscita stravolta dal vedere quei camion pieni di morti. Noi abbiamo bisogno di guardare avanti, non sopportiamo più discorsi commemorativi, abbiamo necessità di luce e di vita , non di chiacchiere più o meno paludate che creano terrore , depressione , addirittura altri morti che non hanno più la forza di vivere così.
scrivere a quaglieni@gmail.com

Se l’orologio della politica va a ritroso

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

La politica italiana mette indietro gli orologi della storia e il ritorno di Letta alla politica attiva e’  in effetti un ritorno al passato. Letta ha un buon curriculum e non è  certo l’odontotecnico Zingaretti prestato alla politica attraverso  l’apprendistato nell’ attività delle vecchie cellule del PCI. Come presidente del Consiglio delle larghe intese non ha fatto male, certo molto meglio di Conte 1 e 2
Ha esordito come segretario del Pd lanciando, o meglio, rilanciando delle  idee piuttosto stantie che non hanno aiutato il suo esordio se non verso quella parte di Pd di estrema sinistra appiattita ancora sul redivivo Bersani di cui Letta fu temporibus illis vicesegretario. Invece di porsi il problema di una rinascita di una sinistra moderna capace di parlare nuovi linguaggi  si è affievolito su vecchi slogan che non convincono neppure più i militanti. Riproporre lo ius solis, neppure, lo ius culturae sul quale si potrebbe anche discutere, appare una provocazione intollerabile in momenti in cui le priorità di cittadini e partiti sono la lotta al virus e alla conseguente crisi economica. Deviare il discorso da questi due obiettivi esclusivi  a cui Draghi si sta adoperando anima e corpo, e’ da irresponsabili. L’altra  proposta del voto ai sedicenni è, a dir poco, risibile. Ha diritto di votare chi contribuisce con le sue tasse alla vita dello Stato, non  studentelli che in larga misura vivono alle spalle della famiglia e di politica sanno poco o nulla. C’è da domandarsi la ratio che ha mosso Letta ad avanzare due proposte assolutamente impopolari. L’ unica risposta plausibile  è quella di blandire immigrati e sedicenni al fine di ottenerne il voto. Un ragionamento del tutto astratto ,come dimostra la sonora sconfitta di Fanfani quando volle abbassare il voto a 18 anni. La gente oggi vorrebbe più che mai lavoro sicuro e i giovani vorrebbero una scuola che oggi ha chiuso i battenti causa COVID e che richiederebbe una seria riforma di stampo europeo. Non inizia bene la nuova segreteria del Pd  perché Letta, per ottenere il consenso delle correnti più demagogiche del suo partito, ha dovuto imbellettare il suo discorso con quel sinistrese che piace tanto ad alcuni, ma non porta consensi reali. Letta ha dimenticato una nuova legge che reprima il diritto di opinione, quasi non bastasse la legge Mancino.  Ma, siamone certi, molto presto ritirerà dal cassetto i progetti illiberali già elaborati. A star poco sereni questa volta saranno gli Italiani che non hanno bisogno di movimentismo , ma di serietà e di dedizione assoluta alle vere emergenze di un Paese che da un anno vive sull’orlo del  precipizi. Neppure i grillini vogliono lo Ius soli , un segnale significativo di come Letta sia totalmente   fuori strada. L’Italia ha bisogno di una sinistra moderna e di un nuovo centro- sinistra che va totalmente reinventato. Ma non sono queste le idee che consentano una rinascita per dirla con il titolo della rivista di Togliatti , uno dei pochi veri leader della sinistra in Italia.

Nel 1861 a Torino venne proclamato il Regno d’Italia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

A Santena stamane verrà celebrata la “Giornata dell’Unita’nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera” istituita da una leggina opera di un sottosegretario del Governo Monti che vantava conoscenze storiche in verità molto superficiali

 

In primis il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia e non l’Unita’ per raggiungere la quale mancavano il Veneto, Roma capitale,  Trento, Trieste e le terre italianissime dell’Adriatico Orientale . Una possibile festa della Costituzione esiste già il 2 giugno, anniversario del referendum del 1946 e dell’elezione dell’Assemblea Costituente. La festa dell’Inno sarebbe la sola legittima, mentre la festa della Bandiera tricolore è fissata il 7 di gennaio anche se non sempre non viene celebrata . L’Inno nazionale andrebbe studiato obbligatoriamente in tutte le scuole di ogni ordine e grado, più che festeggiato il 17 marzo. Solo una volta, al termine di una mia lezione sulla Grande Guerra a Trapani, ascoltai con sorpresa e commozione gli allievi di un intero istituto cantare in piedi l’Inno di Mameli.


E’ giusto rendere omaggio alla tomba di Cavour, il più grande statista italiano ed europeo della sua epoca che mise il suo genio politico e diplomatico al servizio del Risorgimento italiano . Ha ancora più valore sapere che anche in tempi di pandemia il Prefetto di Torino si recherà a Santena per ricordarlo solennemente.  Molti suoi precedessori non lo fecero.  Ma non si deve mai dimenticare che Cavour era un convinto monarchico è un fedele servitore di Casa Savoia che fu iniziatrice e protagonista del Risorgimento a partire dal 1848 quando Carlo Alberto , con lo Statuto e il Tricolore con lo scudo di Savoia , iniziò la I Guerra di indipendenza. Il Risorgimento è un fatto storico inscindibile da Casa Savoia che fu il fulcro su cui fecero leva anche molti repubblicani come Garibaldi. Solo l’oscuro sottosegretario di Savona tento’ di occultare questa verità storica che ad alcuni può dare anche fastidio, facendo una vera e propria insalata russa. Il Presidente Napolitano andò nel 2011 a rendere omaggio al Pantheon alla tomba del Padre della Patria ,così come Ciampi in visita a Torino andò davanti al monumento al Re Galantuomo. Solo il presidente Mattarella lo scorso anno ignoro’ totalmente il bicentenario della nascita di Vittorio Emanuele ll.
Almeno in Piemonte non si può però ignorare l’apporto dei Savoia all’Unita ‘ d’Italia, a quello che Benedetto Croce definiva il “ Sorgimento” . Sono le nostre radici che nessuno ha diritto a recidere.