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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Brigitte Riebe “Una vita da ricostruire” -Fazi- euro 17,50

Questo è il primo romanzo -a sfondo storico- della scrittrice tedesca pubblicato in Italia, è anche il primo della trilogia “Le sorelle del Ku’damm” ed inizia nel maggio del 1945 in una Berlino quasi rasa al suolo dalla guerra.

Protagoniste sono le giovani sorelle Thälheim; rampolle di una famiglia di ricchi commercianti, proprietari dei grandi magazzini di lusso nella via centrale della città – il viale Kurfürstendamm- che ora si trovano di fronte a un cumulo di macerie. La loro fortuna è stata disintegrata dalle bombe e loro devono ricominciare a costruire la loro vita e il loro futuro.

Sono la 26enne Rike, energica, determinata e abile negli affari; la solare, spensierata e bellissima Silvie che attira gli uomini come mosche; e la piccola Flori che sogna di diventare una pittrice.

Devono affrontare un mare di difficoltà in una Berlino che fa i conti con la sconfitta e si arrabatta come può tra penuria di cibo, fame e freddo, mercato nero. Poi ci sono anche le violenze da parte dei Russi entrati in città, che fanno man bassa di tutto, compresa la magnifica villa della famiglia Thälheim.
A requisirla per le sue truppe è il durissimo ufficiale Natalia Petrowa con al seguito una ciurma di soldati che devasta letteralmente la casa.

Le sorelle trovano rifugio nell’alloggio della nonna in un altro quartiere, angosciate dall’eventualità che i soldati russi scovino il tesoretto che la famiglia ha sotterrato in giardino, e incerte su come sopravvivere senza mezzi.
Ad aggiungere patos c’è anche l’attesa di riabbracciare il padre Friedrich e il fratello Oskar dei quali non hanno più avuto notizie.

Di altro vi anticipo solo che sarà Rike ad avere l’idea vincente di recuperare due macchine da cucire e scampoli di stoffe messi in salvo, per dare vita a una sfilata di moda tra le macerie.
Una sorta di riscossa per alleggerire gli animi piegati dal conflitto, che prelude a futuri successi, anche grazie all’accortezza della fanciulla.

Godetevi il racconto tra colpi di scena, eredità, e paternità incerte. Tutto condito dalla piacevolissima scrittura dell’autrice che, nata nel 1953, ha al suo attivo molti romanzi ambientati in epoche storiche molto diverse tra loro e una serie di thriller collocati sullo sfondo degli anni 90…..e già vorremmo il seguito di “Una vita da ricostruire”.

 

Hervé Le Tellier “L’anomalia” -La Nave di Teseo- euro 20,00

Avveniristico, visionario, geniale e inquietante. E’ il romanzo dello scrittore, poeta e linguista francese Hervé Le Tellier che ha fatto man bassa di successo di critica e pubblico, ha vinto il prestigioso Premio Goncourt 2020 e ispirerà anche una serie tv .
“L’anomalia” è’ un romanzo costruito intorno a un’ipotesi tecnologico-filosofica: affronta il tema del doppio e viaggia ad alta quota, tra realtà e fantasia, scienza e mistero quasi diabolico, ed è di quelli che inchiodano il lettore e lo avviluppano fino all’ultima pagina.
Tutto ha inizio il 10 marzo 2021 quando un Boeing della Air France partito da Parigi, destinazione New York, sfiora la tragedia durante 5 minuti di puro terrore per i 243 passeggeri. Viene come risucchiato dai turbini, e ne esce grazie alla bravura del comandante David Markle, che riesce a farlo atterrare apparentemente senza grandi danni.
Ma lo stesso aereo, con lo stesso equipaggio, e identici passeggeri – eccetto due che nel frattempo sono morti- atterrerà una seconda volta il 21 giugno. Due aerei identici nel giro di pochi mesi; decisamente un’incredibile anomalia sulla quale si scervelleranno presidenti di mezzo mondo, i migliori scienziati e i principali capi religiosi.
All’atterraggio del clone i servizi segreti riuniscono in un hangar tutte le persone a bordo e si spaccheranno la testa per capire come sia stato possibile e che cosa voglia dire un evento così eccezionale.
E qui il romanzo diventa corale grazie alle vicende di alcuni passeggeri che l’autore ricostruisce.
Inspiegabile ma affascinante è il fatto che nel frattempo, tra marzo e giugno, le loro vite sono andate avanti; alcuni si sono amati, altri lasciati, altri ancora sono morti. Come David che non è riuscito a sconfiggere un cancro fulminante e lo scrittore senza successo Victor Miesel che si è suicidato lasciando al suo editore il manoscritto “L’anomalia”, che pubblicato postumo diventerà un caso letterario.
A dare corpo al rebus, contribuisce la maestria di Le Tellier che ricompone le vite di 11 passeggeri in particolare, che si sono sdoppiati; tanto che la bambina Sophia March (atterrata a marzo) si trova a giocare con il suo clone Sophia June (atterrata a giugno).
Tra gli altri, il sicario Blake –spietato, abile e calcolatore- che per non essere scoperto si è costruito una vita borghese con moglie e figlia.
La montatrice per il cinema, Lucie, amore perduto dell’archistar André Vannier; un rapper diventato famoso grazie a Youtube; un’avvocatessa di colore in attesa del figlio dall’uomo che ama. E altri ancora, in un avvicendarsi vertiginoso che costringe ogni personaggio a confrontarsi con il suo doppio.

 

Enrico Pandiani “Lontano da casa” -Salani- euro 16,80

Lontani da casa sono i principali protagonisti di questo ultimo romanzo dello scrittore torinese Enrico Pandiani, che ha esordito nel 2009 con la fortunata serie noir “Les italiens”, ed è anche l’autore di altri 3 romanzi con al centro l’investigatrice privata Zara Bodzaves.

Questa storia ruota intorno al senso di lontananza: quella geografica di chi è un immigrato di colore, quella spaesata di chi vive nella periferia più povera di una grande città come Torino, o ancora la lontananza affettiva e sentimentale.

Pandiani entra subito a gamba tesa nel giallo, con il ritrovamento in un giardino pubblico del cadavere, completamente nudo e massacrato di botte, di un giovane di colore che molti definiranno in senso spregiativo “negro”.

E’ Taiwo e per un breve lasso di tempo aveva avuto una relazione con Jasmina. Giovane donna di origine iraniana, che ha messo la sua vita al servizio del prossimo: insegna italiano agli immigrati, tiene compagnia ad un’anziana signora sola e abbandonata dai figli, lavora in un centro che aiuta barboni e disperati in genere a sopravvivere e li soccorre con cibo e attenzioni.
E’ tra le prime ad arrivare sul luogo del ritrovamento e nel volto martoriato della vittima riconosce subito il giovane suo ex allievo col quale aveva avuto una storia ormai finita. Di lui aveva perso le tracce, sapeva solo che si era infilato in un brutto giro. Ma nulla giustifica la furia omicida che ha fatto a pezzi Taiwo.
Per nulla convinta della prima versione ufficiale della polizia -che ritiene si sia trattato di un regolamento di conti tra bande di spacciatori- la giovane vuole capire chi ha infierito tanto brutalmente sul giovane e perché.

Nella sua ricerca dei colpevoli, Jasmina trova un’alleata inaspettata: è l’ispettrice Pandora Magrelli, donna scontrosa e ispida, tendente al razzismo, ma decisa a voler far luce sull’omicidio. Le due donne non potrebbero essere più diverse e per molti versi diametralmente opposte, ma entrambe sono determinate a risolvere il caso. Questo tratto comune sarà alla base della loro collaborazione, che non è ufficiale ma si rivelerà strategica.
Un romanzo in cui Pandiani racconta la difficile vita in periferia e il degrado che affossa la vita di chi vive ai margini e fa di tutto per campare, anche al di là della legge.

 

Alessia Gazzola “Un tè a Chaverton House” -Garzanti- euro 16,40

Alessia Gazzola è davvero abilissima nell’inventare eroine a getto continuo, diverse tra loro, tutte accattivanti e testimonial della fantasia e creatività dell’ex medico legale diventata scrittrice di enorme successo.
Così dopo l’allieva Alice Allevi (trasportata anche su piccolo schermo e incarnata dall’attrice Alessandra Mastronardi), l’illustratrice Lena e la paleopatologa Costanza, ora a prendere vita è la 27enne Angelica Bentivegna.

Il romanzo inizia come una fiaba in cui 3 fate dispensano doni ai nascituri; ad Angelica hanno regalato buonumore, docilità di temperamento e un talento infallibile con i lievitati.
E lei ci è simpatica fin da subito.
E’ una giovane ironica, laureata in lingue e letterature straniere, con una specie di ossessione per i classici inglesi. E’ reduce da una supplenza finita male, e sbarca il lunario lavorando in una modesta panetteria senza futuro.

Quando si trova di nuovo senza un lavoro, più precaria che mai, scansa con abilità i rimbrotti materni che la vorrebbero immersa in una carriera al top -come quelle di suoi due perfetti e vincenti fratelli- e si scervella sulla direzione da dare alla sua vita.
La strada le viene praticamente indicata dall’anziana zia che le chiede di risolvere un mistero di famiglia: scoprire che fine ha fatto il bisnonno che tutti credono sia morto in guerra. Indagine che cade a puntino in un momento di stallo nella vita di Angelica.
Parte in quarta con le ricerche, contatta persone che hanno conosciuto il suo antenato, scopre che era stato fatto prigioniero dagli inglesi e chiuso in un campo, però poi aveva deciso di restare in Inghilterra, lasciandosi dietro moglie e figlie.

Angelica vola nella campagna del Dorset, approda nella magnifica residenza blasonata di Chaverton House, dove il bisnonno aveva lavorato, e si tuffa in registri e testimonianze varie che le permettono di ricostruire i fatti e far luce sul mistero della sua scomparsa dai radar dei familiari.

In parallelo alle indagini, Angelica, vive anche una fase importante della sua vita. Decide di fermarsi in Inghilterra più a lungo del previsto e temporaneamente farà da guida turistica a Chaverton House, in attesa di incontrare le persone che il bisnonno l’avevano conosciuto.
E la sua vita prenderà una piega inaspettata.
Di più non va raccontato, però sappiate che in questo piacevole romanzo Alessia Gazzola occhieggia a atmosfere affascinanti che ricordano Dowton Abbey, sciorina umorismo british, imbastisce con leggerezza e incanto anche storie d’amore e romanticismo.

Il Venerdì dello scrittore Incontro con Giuliana Rana

LIBRI / Venerdì 28 maggio  Ore 18 – Moncalieri, pagina facebook della Biblioteca Arduino – @bibliomonc


Un incontro su una spiaggia deserta, che per due ragazze diventa l’amicizia di una vita. E in sottofondo, fin dalle prime righe: Albachiara, la canzone di Vasco Rossi il cui titolo unisce entrambe in un’unica parola. E che da il titolo anche al romanzo di Giuliana Rana. Giorno dopo giorno, Alba e Chiara crescono e si scoprono donne con un futuro costellato di sogni, passioni, idee, unite da un legame profondo che alterna assenza e presenza, pieni e vuoti, luci e ombre. L’una è ciò che l’altra non è; quel che una possiede, manca all’altra. Bella, affascinante, naturalmente elegante l’una; dimessa, insicura, perplessa e sognatrice l’altra. Le due amiche si frequentano per più di venti anni, compensandosi e compenetrandosi in una relazione speciale, forte, destinata a lasciare il segno su entrambe. Giuliana Rana segue con partecipazione la loro amicizia fino al ribaltamento di prospettiva finale, quando i più dell’una e i meno dell’altra finiranno per pareggiare, azzerando le distanze e annullando le differenze. E dando corpo a un’amicizia forte e resistente all’urto dei colpi del destino.

Giuliana Rana è nata a Torino e vive a Moncalieri. Dopo gli studi classici, ha conseguito la laurea in Filosofia con una tesi in Estetica. Lavora in ambito pedagogico, occupandosi di servizi all’infanzia. Ha scritto favole per bambini, articoli per riviste, racconti brevi.

L’arcivescovo rosso

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’arcivescovo di Milano Mario Delpini in una intervista sostiene, con toni da crociata, la condanna dei ricchi e dei profitti, rivendicando un egualitarismo sociale che fa di lui l’esponente non tanto di un Cristianesimo sociale, ma di una visione comunistica fuori dalla realtà.

 

L’Italia sta uscendo lentamente dalla pandemia, anche se continuano ad esserci dei legittimi dubbi sul nostro futuro. Ma la situazione economica che le chiusure forzate hanno provocato, e’ gravissima. Gli imprenditori di tanti settori sono sull’orlo del baratro. E già i sindacati riattaccano con le loro rivendicazioni, senza neppure considerare la situazione in cui ci dibattiamo. E la ricetta di certi politici il cui partito è al governo,  riprendono con la parola magica e demagogica di nuove tasse. Per non parlare di una nuova ,indiscriminata accoglienza dei migranti ,quasi l’Italia fosse in grado di farsi carico ulteriormente di questi problemi
L’ arcivescovo di Milano non faccia il politico e non si improvvisi economista. Non ne hai i titoli. Per ridistribuire il reddito, bisogna prima produrlo ed oggi è questo il problema che abbiamo di fronte .
Le diseguaglianze non sono di per se‘ un fatto negativo da condannare perché quelle fondate sul lavoro, sulla capacità di rischiare in proprio, sul merito individuale sono sacrosante e sono il motore dell’economia. Il profitto è l’etica dell’imprenditore perché, se non produce profitti, chiude e licenzia.
Il monsignore milanese dovrebbe leggere un po’ di Einaudi, un cattolico convinto e praticante che ritenne che solo il liberismo economico possa creare ricchezza. La via egualitaria fondata sulle tasse asfissanti garantisce la morte certa dell’economia.
Bisogna lasciare liberi tutti coloro che ne abbiano la voglia e le capacità, di intraprendere nel modo più libero. Sono dei benemeriti che cercano di non far affondare la barca Italia .Il grillismo in coma del reddito di cittadinanza è una palla al piede intollerabile che premia i fannulloni e non crea lavoro, togliendo risorse agli investimenti. Dall’Arcivesvovo di Milano mi attendevo una capacità di riflettere in concreto e una capacità di analisi diversa . Ricordo il Cardinal Montini, futuro papa, capace di discorsi mai demagogici e sempre meditati. Montini non era certo un reazionario, ma un uomo colto che sapeva usare la penna al posto della clava. Mi scuso per la durezza, ma alcune frasi del monsignore mi hanno indignato. Sto lavorando freneticamente ad un nuovo libro che uscirà prossimamente e non ho un minuto da dedicare ad altro, ma l’intervista di chi siede oggi sulla cattedra di San Carlo Borromeo, mi ha costretto ad interrompere il lavoro per esprimere il più fermo dissenso. Con quelle idee che spero Draghi respinga, l’Italia è destinata al sicuro fallimento.

La meglio gioventù di Barriera: dai ricordi al presente

LIBRI / Piccoli frammenti di felicità. Felicità mia e di chi ha scritto questo libro.  Libro corale, libro di ricordi, impossibile citarli tutti. Con quella nostalgia che non quasta mai

Se ho contato bene 60 storie. 60 Storie con la esse maiuscola. Da chi ha fatto un po’ di fortuna sul lavoro a chi è voluto,  caparbiamente,  rimanere in Barriera. La nostra Barriera di Milano. Sabato 22 che bella giornata di sole in via Pisa 46 davanti alla libreria il Ponte sulla Dora. Padrone di casa Rocco Pinto. Da una vita in mezzo ai libri.  Più di 40 anni e la brillante idea di Barriera stories. Paolo Morelli, giornalista,  e curatore. Tempo tre mesi e dall’idea alla sua realizzazione. Sabato che bella giornata di sole,  con più di cento persone. Successone, la fa da padrone l’oratorio Michele Rua.  Piazza Foroni diventata piazza Cerignola  dove ci sono i piu buoni taralli del Piemonte. La Gabelli che,  mi sa, tra poco festeggerà i cento anni.  Era quella la nostra gioventù,  non dimenticata e rivendicata fino in fondo.
Molti mi hanno detto o scritto: raccogli i tuoi articoli su Barriera pubblicando un libro. Bene, Rocco è andato oltre e in soli tre  mesi ha messo insieme 60 storie.  Esperienza corale e come tale con mille valori aggiunti. Vien proprio voglia di dire: la meglio gioventù,  con mille ed una diversità.  Con mille storie da raccontare.
Io un piccolo pezzettino.  Io che ho avuto un senso dentro, e non oltre queste storie.
Perché  ci fanno sperare in un possibile ed auspicato futuro. Non deve essere facile,  oggi, vivere in Barriera.  Bisognerebbe riappropriarsi del Territorio.  Facile nel dirsi , ma difficilissimo realizzarlo.  Sabato,  in via Pisa è avvenuto questo.  La strada,  magari solo per un momento era nostra,  come oltre 50 anni fa  era nostra. È un libro che non si può e non si deve perdere. Comprarlo è semplice.
Ovviamente via internet.  Ma io consiglio vivamente di andare in Libreria al Ponte sulla Dora. Sa di carta stampata. Di profumo delle pagine e dei ricordi.  Una volta,  proprio in quel punto la Dora divideva la zona piccolo e medio borghese, verso il centro,  dalla zona proletaria per eccellenza. Era una delle porte verso Barriera. Borgo Rossini ed Aurora. Mille artigiani. Piccole attività produttive.
In via Pisa 42 ci troverete il sapore di Storia.
Quella importante  di un popolo che cresceva e diventava cosciente di sé.
Non è poca cosa.  Non andarci sarebbe un’occasione mancata per chi vuole sapere chi è partendo dalle proprie radici.  Non è cosa da poco… Barriera stories è una grande idea che diventa una grande cosa.
Patrizio Tosetto 

Vittoria Castagnotto in un corto d’autore dagli scenari torinesi

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
Nel cortometraggio “Negli occhi del mondo – i nuovi poveri” di Francesco Marzio, la conduttrice interpreta Anita, una ragazza vittima di violenza.

 

Torino con le sue meraviglie, le sue strade eleganti e suggestive ha fatto da sfondo ad un film breve che, con intensità, privo di superflue forme stilistiche , ma dotato di un’ autenticità toccante, racconta dei risvolti drammatici, spesso silenziosi e poco visibili, della pandemia.

Il cortometraggio “Negli occhi del mondo – i nuovi poveri”, visibile su YouTube, ci fa vivere da vicino, attraverso le interpretazioni di tre giovani operosi, il terribile problema della violenza sulle donne, fenomeno che si è amplificato durante le chiusure, e quello della perdita del lavoro, dello smarrimento e del senso di incertezza in cui molte persone sono state gettate, soprattutto coloro che erano già in difficoltà.
Nel film emergono però anche alcuni elementi sociali positivi, riemersi durante questo difficile periodo, come la solidarietà, la sensibilità e il senso del mutuo soccorso, quello che ti fa correre in aiuto o in difesa dei deboli, che fa risvegliare la coscienza e che ci dice che non tutto arriva solo per nuocere.

Vittoria Castagnotto interpreta Anita, una dei tre protagonisti, una dei tre giovani attori che hanno partecipato a questo film, lodevolmente pro bono, per denunciare nuove e precarie condizioni di vita, per parlare di degrado sociale che sfocia nella violenza, per muovere il senso della responsabilità di fronte a fenomeni che si sono sviluppati, spesso senza fare troppo rumore, durante questa lunga pandemia che ha interrotto le nostre vite.
Giovane conduttrice tv e attrice, Vittoria Castagnotto dopo varie esperienze in diverse reti locali, come Grp e Rete 7, è oggi uno dei volti più importanti delle trasmissioni sportive di 7Gold.
Nata a Moncalieri 26 anni fa, una laurea in Economia Aziendale, 18 anni di danza classica alle spalle, oggi è molto attiva sui social, ha più di 200 mila follower su Instagram e conduce una rubrica di filosofia su Twitch. Vittoria ha seguito, inoltre, un corso di doppiaggio alla Pulsart Academy di Torino e uno in Lettura Creativa, è madrina del Torino Calcio FD, una iniziativa della squadra dedicata ai disabili. Una professionista in continuo movimento dunque, impegnata nel sociale e appassionata anche di latino, durante ogni puntata del suo programma su 7GoldSport, infatti, cita un proverbio in questa lingua antica ma sempre attuale.

3 domande a Vittoria Castagnotto

Vittoria cosa ti ha convinto a interpretare Anita, a partecipare a questo cortometraggio?
Francesco Marzio, il regista, cercava una persona che fosse sensibile, per carattere ma anche per esperienza diretta, ai temi trattati nel cortometraggio, la perdita del lavoro durante la pandemia, con un particolare riferimento al mondo della musica e dello spettacolo, e quello della violenza sulle donne, fenomeno che purtroppo è cresciuto durante le chiusure. Mi sono sentita subito coinvolta, durante il primo lockdown, infatti, diversi progetti a cui stavo lavorando sono stati sospesi, sono rimasta ferma e ho provato un grande senso di precarietà nonostante abbia reagito e pensato a come potermi reinventare senza subire troppo gli effetti della situazione. Riguardo al tema della violenza sulle donne, quello ce lo sentiamo addosso un po’ tutte, ci riguarda come esponenti del genere. Questo tipo di sopruso è spesso dietro l’angolo, pronto ad umiliare e mortificare, per esempio quando subisci apprezzamenti di bassissimo livello, battute volgari che ti fanno sentire sminuita, pressioni sul lavoro fino ad arrivare a subdoli inganni e vere proprie aggressioni.

Da dove bisogna partire per fermare la violenza sulle donne?
La famiglia ha un ruolo fondamentale. Alle ragazze si dovrebbe insegnare a non fidarsi di chiunque, a comprendere persone e contesti, a valutare le situazioni. Ai ragazzi si dovrebbe trasmettere il rispetto incondizionato per le donne e tramandare il senso di protezione, non di prevaricazione.
In generale poi è necessario ridare valore alle persone e alle cose. Viviamo nell’era del “tutto e subito”, qualsiasi cosa vogliamo possiamo averla facilmente, anche solo con un click, e quando non la otteniamo proviamo frustrazione e un pericoloso senso di impotenza che può sfociare nella rabbia. Sarebbe utile tornare a desiderare, a sentire maggiormente il senso del dovere, a rivalutare l’impegno e la responsabilità.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e quale è il sogno per cui lavori ogni giorno?
La televisione mi affascina, mi piace l’evoluzione che sta avendo, la sua direzione verso la social o techno tv, programmi interessanti da vedere sui diversi dispositivi come computer o cellulari.
Mi piacerebbe la conduzione di programmi che combinino l’intrattenimento con la cultura, lo svago e l’informazione, un format innovativo dove l’apprendimento e la distrazione possano coesistere. Oltre a presentarli mi piacerebbe esserne anche l’autrice.
Qualche anno fa ho avuto occasione, in due trasmissioni che ho condotto per GRP, Mondo Toro e Cartellino Rosso, di cimentarmi anche come ideatrice di rubriche e giochi all’interno dei programmi. Mi è piaciuto molto e mi sono sentita coinvolta attivamente nel progetto.

ph Gabriele Mascaro

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Colum McCann “Apeirogon” -Feltrinelli- euro 22,00

Sullo sfondo della cronaca di questi giorni di fuoco tra israeliani e palestinesi, questo è un libro che fa riflettere. Apre pagine di speranza e testimonia come i due contendenti potrebbero sotterrare l’ascia di guerra, riscoprire buon senso, diritti, fratellanza, rispetto reciproco; e finalmente non più vittime da entrambe le parti, ma una ben più sana pace.
Ed è un libro magnifico, ispirato a una storia vera.

L’ “Apeirogon” è un poligono con un numero infinitamente numerabile di lati: così come quest’opera
dello scrittore irlandese Colum McCann si scompone in 1.001 pezzi, nell’arco di 511 pagine che racchiudono la drammatica storia di due padri delle fazioni opposte, travolti dal medesimo lutto. E, invece di azzannarsi, si riconoscono nella stessa tragedia, diventano amici, e finiscono per lottare fianco a fianco per un futuro di convivenza pacifica.

Rami Elhanan è israeliano, ebreo, artista grafico. E il padre di Smadar che, nel 1997, a due settimane dal suo quattordicesimo compleanno, salta in aria; vittima innocente della peggiore delle vigliaccate possibili, fatta a pezzi da 3 attentatori suicidi palestinesi.

Bassam Aramin è palestinese, musulmano, ex carcerato (arrestato a 17 anni dagli israeliani e rinchiuso in prigione per 7 anni), attivista. E’ il padre di Abir che, nel 2007, a 10 anni, è stata colpita da un proiettile di gomma sparato da una guardia di frontiera israeliana. Era uscita in anticipo da scuola e aveva appena comprato delle caramelle. L’ambulanza fu fatta tardare di ore e per lei non ci sarà speranza.

Due tragedie immani: «lo shrapnel annientò il dorso della T-shirt di Blondie che Smadar indossava».
Invece «il proiettile colpì Abir dietro la testa, frantumandole il cranio in maniera radiale, così che una delle schegge raggiunse l’interno e le perforò il cervello».
Smadar e Abir muoiono a un decennio di distanza l’una dall’altra, in qualche modo legate dal destino; anche perché Smadar era nata nell’ospedale dove poi morirà Abir.

Due lutti che giustificherebbero odio e sete di vendetta, invece una storia si trasfigura nell’altra.
I due padri, divisi dal conflitto di quella terra difficile -tra Gerusalemme e Cisgiordania- anziché scannarsi e perpetuare ostilità e spargimento di sangue, trovano nel loro dolore un punto di unione.
Condividono la stessa straziante perdita, le loro sofferenze e i loro pensieri …e in questa empatia sviluppano una forza incredibile.

Si uniscono all’associazione “Parents Circle” che amalgama arabi e israeliani “illuminati” che lottano per perseguire la fine delle ostilità e la pace. Non solo a parole, ma anche con i fatti; per esempio, ex soldati israeliani costruiscono un campo giochi in onore della bimba palestinese uccisa.

Rami e Bassam si incontrano e dedicano la loro vita a far rivivere le figlie «…giunsero gradualmente a capire che avrebbero usato la potenza del loro dolore come arma».
E questo libro –che non è giornalismo e neppure biografia romanzata- resta una pietra miliare della letteratura, ed è di una bellezza struggente.

 

Ashley Audrain “La spinta” -Rizzoli- euro 18,00

L’incapacità di essere buone madri è qualcosa che si eredita? Una sorta di maledizione insita in un Dna che non lascia scampo? E’ quello che si chiede il libro di esordio della scrittrice Ashley Audrain, nata a Newmarket nel 1982, che vive a Toronto ed ha lasciato il lavoro di capo ufficio stampa di Penguin Books Canada per seguire il figlio più piccolo affetto da una grave malattia.
Attraverso la ricostruzione della storia familiare della protagonista viene da pensarlo.

Tutto ha inizio con Etta e i suoi demoni interiori che le impediscono di crescere la figlia Cecilia; la quale a sua volta abbandona la figlia Blythe –voce narrante e protagonista- alle prese con la pestifera figlia Violet e un lutto devastante.
Quando dal matrimonio con Fox nasce Violet, Blythe ce la mette davvero tutta per non replicare il dolore che ha vissuto sulla sua pelle e per essere una buona madre. Ma le è difficile stabilire un feeling con la piccola che, a volte trascura per dedicarsi alla scrittura di un libro.

E poi Violet non è come gli altri bambini.
Fin da subito è attaccatissima al padre (che manipola abilmente), non sopporta la madre e a scuola ha comportamenti preoccupanti che virano verso il bullismo, con episodi di pura e gratuita cattiveria.
Il padre stravede per lei, convinto che Blythe non la capisca, cerca di compensare e si rifiuta di accettare che qualcosa non vada per il verso giusto.

Quando nasce il fratellino Sam, per il quale Blythe trabocca letteralmente d’amore, la primogenita assume comportamenti ancora più inquietanti e decisamente borderline.
Subdola e spietata, sembra essere la responsabile del tragico incidente in cui Sam trova la morte; di questo è convinta Blythe che riavvolge i frame della tragedia all’infinito.

Blythe oscilla in un dolore intriso anche di senso di colpa per non essere riuscita a salvare il figlio, Fox è incapace di affrontare con lei la tragedia e la demoniaca Violet sembra averla vinta.
Poche coppie sono tanto coese da riuscire a sopravvivere alla morte di un figlio e in questa la cecità del marito consente ampio margine di manovra alla figlia.

Il matrimonio finisce quando Fox si innamora della giovane Gemma, con la quale fa un figlio, Jet; e sembra che Violet stia meglio nella nuova famiglia che non con la madre.

Di più non vi racconto, ma preparatevi a pagine coinvolgenti, a tratti decisamente inquietanti, e a un finale in parte annunciato, ma che lascia comunque aperta ogni possibilità. A voi decidere se Blythe è davvero una cattiva madre responsabile della morte del figlio più piccolo….o se la vita le ha remato contro con una figlia da non augurare a nessuno.

 

Hilary Mantel “Lo specchio e la luce” – Fazi- euro 22,00

La scrittrice inglese con questo volume conclude la parabola della vita di Tomas Cromwell e l’ambiziosa trilogia iniziata con “Wolf hall”, proseguita con “Anna Bolena, una questione di famiglia”.

Cromwell era nato nel 1485 nell’umile famiglia di un fabbro, poi aveva spiccato il salto verso l’ascesa, diventando conte di Essex, ministro di re Enrico VIII, abile tessitore della politica del suo regno e riformatore della Chiesa inglese. Fu ambizioso e con una visione politica ampia, ma attenta anche ai dettagli, creativo e capace di trovare soluzioni originali.

In questi corposi romanzi storici la Mantel ricostruisce -quasi al millimetro e con un’attenzione rigorosa alla documentazione storica- l’ascesa a la caduta di Cromwell; facendo riaffiorare temi universali come ambizione, invidia, sete di potere, amore e vendetta, ambientandoli nell’epoca specifica dell’Inghilterra del 500.
In “Lo specchio e la luce” la scrittrice entra nella testa di Cromwell che ha appena consegnato al boia Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII, e gli uomini a lei più vicini. Per sposarla il re aveva ripudiato la prima moglie Caterina d’Aragona e provocato lo scisma dalla Chiesa cattolica e dal Papa.

Cromwell ora favorisce il matrimonio del re con la dolce e silenziosa Jane Seymour che morirà poco dopo aver dato alla luce il tanto agognato erede maschio. Ed ecco Cromwell di nuovo in azione per trovare la prossima regina.

Lui è un politico scaltro con un’ampia visione europea e porta in sposa la tedesca Anna di Clèves; mossa strategica che avrebbe dovuto suggellare buoni rapporti e un accordo religioso con i principi luterani.
Peccato che al re quella donna proprio non piaccia e il loro matrimonio venga dichiarato nullo in un lampo,
il 9 luglio 1540.

20 giorni dopo Cromwell sarà decapitato per ordine del re, nello stesso giorno in cui va all’altare per la quinta volta.
E scorre il ritratto di Enrico VIII che più invecchia, si ammala e perde il controllo del suo monumentale corpo (180 chili e un giro vita di 140 cm), più diventa astioso, insicuro, irascibile, semina zizzania tra i suoi ministri, è imprevedibile e spietato.
In questo clima finisce per perdere letteralmente la testa Cromwell, anche se poi il re si pentirà di questa atroce condanna verso un uomo che gli era sempre stato fedele.
Le pagine finali del romanzo affondano nei pensieri e nelle riflessioni di Cromwell in attesa della scure.

Uno dei problemi cruciali del regno di Enrico VIII fu il difficile rapporto con le donne, l’uso che fecero del loro corpo e dell’intelligenza per compiacere al sovrano, e soprattutto la loro capacità di generare o meno un erede. 6 furono le mogli collezionate, e due le mandò al patibolo.

 

Andrea Careri “La mia New York” -Ultra- euro 17,50

Sottotitolo di questo volume è «vivere nella città che non dorme mai» alla scoperta della quale ci guida Careri: sceneggiatore, scrittore e vlogger, grande appassionato degli Stati Uniti, New York l’ha vissuta a fondo.
Non è esattamente una guida, ma come tale potete tenerla se vi trovate nella Big Apple. Perché in questa sorta di diario descrive luoghi, incontri e persone, locali e luoghi di culto, abitudini e stili di vita, e tantissimo altro.

Il libro è nato da una serie di video dirette su Facebook fatte da Careri nel 2019, in cui raccontava la città. Di lì e dal successo riscontrato ha deciso di realizzare il suo sogno: scrivere un romanzo, più esattamente un romanzo-guida in cui New York è sciorinata in tutte le sue sfaccettature.

La sua esperienza nella Grande Mela non è stata sempre facile, tra mille lavoretti per sopravvivere dove tutto è più caro e luoghi anche di fortuna in cui vivere e dormire.
E sono godibilissime alcune sue esperienze; come riuscire ad affittare l’appartamento di un 60enne ebreo newyorkese davanti all’Empire State Building, esperienza più unica che rara di cui ci narra approfonditamente.

In poco meno di 300 pagine racconta l’evoluzione delle varie zone, dal Village all’Upper West e East side, da Williamsburg a Dumbo, passando per tanti altri luoghi famosi che fanno di New York una città assolutamente unica.
L’autore, attraverso le sue esperienze, gli incontri, le scoperte ma anche le delusioni e la fatica per stare a galla, ricostruisce il fascino di luoghi cult e di altri meno conosciuti, che ha scoperto al di là delle solite rotte turistiche.
E vi abbaglierà con il racconto di come è nata Times Square e il suo sviluppo negli anni; o le storie di hotel testimoni di vite più o meno note.
Vi incuriosirà con la descrizione di food mall come il pittoresco Chelsea Market, o il fascino di aree come Park Slope, Jackson Heights o Coney Island…..
Impossibile riassumervi più di tanto…non vi resta che scoprire voi stessi un modo nuovo di conoscere la mitica e inafferrabile New York.

Una donna capolista

IL COMMENTO  di Pier franco Quaglieni   L’articolo di ieri sulle donne e le prossime amministrative di ottobre ha sollevato un vasto dibattito 

Nessuno degli interlocutori ha toccato le quote rosa, un escamotage per rivendicare posti , un tema ormai obsoleto che appartiene all’ era che parte da Bindi – Turco per giungere a Boldrini.
Molti  hanno messo in evidenza gli esiti disastrosi del primo sindaco donna (con il ballottaggio) della Città  Appendino.
Si tratta di un argomento forte contro, ma, per fortuna, è  in effetti molto fragile perché la colpa maggiore di Appendino è di essersi circondata di collaboratori uomini che l’hanno portata alla perdizione politica e giudiziaria.  C’è chi ha lamentato che le donne devono sempre passare i raggi X, cosa che non è richiesta agli uomini e c’è chi ha messo in evidenza il numero relativamente basso di donne impegnate in politica : la maggioranza di chi fa politica nei partiti è maschile . Altrettanto si può dire per le cariche pubbliche ricoperte. La presidente di una nota e prestigiosa associazione femminile mette in evidenza come in Italia i grandi e rari esempi delle donne politiche passate  (Anselmi, Jotti, Merlin) e presenti (il Presidente del Senato  Casellati , ad esempio) non siano seguiti. Una nota professionista ricorda che ,quando le chiesero di candidarsi, fu per utilizzarla come portatrice d’acqua, pur promettendole l’elezione certa. C’è in effetti un solo leader donna , la Meloni , che ha dimostrato di  sapere dirigere il partito sulla carta più maschilista, almeno per tutta la sua storia vicina e remota. Nessun partito italiano ha voluto affidarsi ad una donna, neppure la Dc o il Pci. Il Pd nelle sue continue beghe interne sembra trovare compattezza solo sul disegno di legge  Zan che molte autorevoli femministe rifiutano. Berlusconi ha dato spazio alle donne al governo, ma certo non può dirsi un femminista, al di là delle memorabili e miserevoli  cene eleganti che hanno devastato la sua immagine pubblica. A Torino l’unica candidata sindaca sarà quella designata dal partito comunista di  Marco Rizzo, una delle persone più serie e coerenti della politica italiana. Una mia lettrice fa una proposta concreta che faccio mia : le diverse liste mettano capolista una donna. Sarebbe un bel segnale che riequilibrerebbe la deriva maschilista che, a sinistra,  recupera anche i Carneadi maschi che nessuno conosce , come candidati sindaci , destinati alla sconfitta sicura.  Di donne non Carneadi nelle professioni e negli affari  che potrebbero dare un grande contributo alla città ce ne sono molte. Una lettrice mi cita l’avv. Anna Chiusano , figlia del principe del Foro Vittorio ,capolista liberale e capogruppo del PLI a Palazzo Civico. La conosco anch’io, è una donna capace e preparata,  saprebbe portare la sua esperienza al servizio per la Città ,soprattutto potrebbe dare un ‘imprimatur liberale  autorevole che il centro – destra non ha ancora. Per rinnovarsi le diverse liste dovrebbero affidarsi alle donne . Solo i grillini , viste le esperienze , dovrebbero fare molta attenzione sulle  loro candidate donne ….Ma questo è un altro discorso.

Chi è Monica Pereno, Socia dello Studio Legale Ravinale Baldassarre Pereno Toninello

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Lo scrittore francese Antoine Albalat sosteneva: “Avere del talento significa capire che si può fare di meglio”. Questa citazione rappresenta pienamente l’Avvocato Monica Pereno, professionista impegnata e capace che lavora costantemente per raggiungere nuovi obiettivi. Laureata in giurisprudenza presso l’Università di Torino con lode e dignità di stampa, successivamente ha conseguito la Specializzazione in Diritto del Commercio e degli Scambi Transnazionali presso l’università di Torino. Iscritta all’albo degli Avvocati di Torino, ha ottenuto l’abilitazione professionale con riconoscimento del premio Toga d’oro, ed è Cassazionista. La sua esperienza è incentrata su questioni, contenziose e non, di diritto fallimentare e concorsuale, societario e commerciale e in questo ambito presta assistenza sia agli Organi delle Procedure concorsuali preposti dal Tribunale, sia a clienti privati. È inoltre iscritta nell’elenco dei gestori della crisi da sovraindebitamento istituito presso il Ministero della Giustizia ai sensi della legge 3/2012 e del dm 202/2012. Nell’ultimo decennio Monica Pereno si è occupata, in particolare, della gestione della crisi d’impresa e dell’individuazione di soluzioni alternative alla dichiarazione di insolvenza, con il ruolo di assistenza legale dell’impresa e coordinamento delle professionalità coinvolte nei processi di accesso alle procedure concorsuali e para-concorsuali alternative al fallimento. Cura inoltre la contrattualistica di imprese che operano in ambito internazionale, con particolare riferimento all’assistenza nella trattativa e nella redazione di contratti di fornitura e distribuzione commerciale anche con imprese multinazionali. Incuriosita dagli impatti dell’evoluzione digitale sul mondo del diritto, ha appena frequentato un corso privato di approfondimento in materia di tech law e digital transformation.

Il vostro Studio Associato ha ottenuto l’accreditamento UNI EN ISO 14001 relativo all’adozione di un Sistema di Gestione Integrato Qualità e Ambiente. Cosa vi ha spinto a richiedere questo riconoscimento?

“Come studio siamo partiti dalla necessità di riflettere su noi stessi per ripensare al modo in cui esercitiamo la professione e al rapporto con i clienti e i collaboratori. Con l’aiuto di consulenti esterni abbiamo quindi deciso di misurarci con le norme ISO. Prima ci siamo concentrati sui servizi legali, nell’ottica di perseguire la massima efficienza ed efficacia nell’assistenza ai nostri clienti; successivamente, confrontandoci con i nostri collaboratori più giovani, abbiamo lavorato sulla sensibilità ambientale. La nostra attività ha un impatto ambientale relativo, ma per noi è diventato simbolico certificare l’impegno in modo da mantenerlo e implementarlo nel tempo. Questo ha comportato la sostituzione del fornitore di energia a favore di uno green, una revisione degli impianti di riscaldamento e dell’aria condizionata e ci ha indotto a sviluppare delle pratiche nuove come la sostituzione della carta con quella riciclata, l’uso della stampante fronte e retro, l’impiego di bottigliette e bicchieri non in plastica nel distributore di bevande, l’installazione di un impianto di acqua potabile fornita dal Comune di Torino, la somministrazione di borracce in metallo ai collaboratori. Sono piccole azioni che però fanno la differenza perché con la certificazione ci siamo assunti l’impegno di portare avanti questo percorso e cercheremo altre iniziative per ridurre l’impatto della nostra attività nell’ambiente. Quello della certificazione è stato un approccio non consueto per il nostro settore, ma è uno strumento che ci ha consentito di riflettere su di noi e di darci un’impostazione di studio adeguata alle nuove sfide della professione”.

Come declinate questo sistema e quali altre buone pratiche adottate all’interno dello studio?

“Tutta l’organizzazione dello studio si ispira all’efficienza e alla programmazione. Può sembrare banale, ma per un avvocato non lo è perché la programmazione non è sempre congeniale con la nostra attività, se si fa eccezione, ovviamente, per il rispetto delle scadenze processuali. Abbiamo quindi lavorato molto sull’organigramma dello studio coinvolgendo i collaboratori, anche i più giovani, perché in questo modo ci siamo focalizzati tutti sugli obiettivi comuni. Abbiamo individuato diverse funzioni con i relativi responsabili e referenti, ad esempio in materia di IT o di comunicazione, e abbiamo costituito gruppi di lavoro per individuare le soluzioni più adatte e condivise”.

Cos’è Angels4Women, l’associazione della quale è membro?

“Si tratta di un’associazione della quale fanno parte solo donne che si pongono l’obiettivo di finanziare dei progetti di startup innovative in cui sia predominante l’imprenditoria femminile o la destinazione del prodotto alle donne. L’universo femminile gioca quindi su un doppio piano: da un lato le donne sono coloro che investono risorse, anche economiche, in iniziative imprenditoriali, dall’altro sono le ideatrici dei progetti che necessitano di supporto economico. Esistono diverse associazioni di questa natura e sono tutte necessarie per supportare le startup con i capitali, ma la particolarità di Angels4Women è la totale presenza femminile. L’associazione è nata a Milano e si è estesa a Torino e oltre al finanziamento accompagna le startup nelle fasi iniziali di vita”.

Di cosa si occupa come Business Angel?

“Mi sono iscritta all’associazione nel febbraio del 2020 e sono contenta di farne parte perché è un momento di incontro e confronto tra donne che hanno una vocazione verso l’imprenditoria. Purtroppo l’emergenza sanitaria non ha favorito il contatto diretto e l’interazione tra di noi. Tramite LinkedIn ho però ricevuto contatti di startup che si sono rivolte a me per essere presentate ad altri incubatori o ad Angels4women. Le iniziative imprenditoriali devono essere avviate e condotte in modo da essere conoscibili e appetibili per gli investitori, in quest’ottica avere un Business Angel è importante. Mi è parso un modo, raggiunta una certa maturità professionale, e con maggiore disponibilità di tempo rispetto agli impegni familiari (mio figlio ha 25 anni), di convogliare le mie risorse, di tempo, intellettuali, professionali e, perché no, economiche, a sostegno dell’imprenditoria femminile nei settori più innovativi, e di promuovere presso altre donne l’attività di angel investing, per colmare il gender gap che caratterizza anche il settore degli investimenti finanziari”.

Donna per lei significa?

“Essere donna oggi significa saper svolgere diversi ruoli con la capacità di alleggerire il carico, soprattutto mentale, che deriva proprio dalla molteplicità degli impegni. Spesso dobbiamo occuparci di tanti aspetti che non sono solo lavorativi e ci dobbiamo confrontare con realtà che non sono tagliate su misura per noi; ecco che allora essere donna vuol dire cercare di portare la nostra visione nelle attività che svolgiamo senza appiattirci su modelli tipicamente maschili. Anche se, va detto, dagli uomini dovremmo utilmente imparare ad acquisire una visione più ampia; talvolta ci perdiamo nel particolare senza allargare lo sguardo, mentre gli uomini sono abituati da secoli alla gestione al vertice e a pensare a livello di strategia e non solo di operatività. Essere donna significa quindi anche aprire lo sguardo e avere una visione più strategica del nostro ruolo e del contesto. Sotto questo aspetto, credo che il momento di crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo, che ci impone un ripensamento generale del nostro modo di vivere, rappresenti un’occasione imperdibile per spenderci ancora di più, come donne, a disegnare un mondo diverso”.

IL FOCUS DI PROGESIA

I Valori dello Studio Legale Ravinale Baldassarre Pereno Toninello sono:

  • Sviluppo sostenibile;
  • Valorizzazione dei collaboratori e dei dipendenti;
  • Massima attenzione e soddisfazione delle aspettative dei clienti.

La sensibilità ambientale e il contributo dei collaboratori più giovani

“L’input sulla sostenibilità ambientale è partito proprio dai più giovani”. Esordisce così Monica Pereno nel descrivere   l’inizio del percorso di certificazione, che ha portato ad attivare una serie di azioni concrete per ottimizzare l’organizzazione interna e la gestione dello Studio legale di cui è socia fondatrice.

Nell’avviare questo processo sono stati coinvolti tutti i collaboratori e sono state organizzate periodiche sessioni di brainstorming per esprimere e condividere le idee del gruppo.  Incontro dopo incontro il team ha raggiunto la consapevolezza dell’esigenza di apportare delle modifiche alle abitudini dello Studio e sono emerse proprio da parte dai più giovani l’attenzione e la sensibilità alle tematiche ambientali.

“Il mio ruolo” racconta Monica Pereno “è stato quello di sistematizzare questa istanza, far sì che la sensibilità dei più giovani diventasse una mission formale dello Studio, con degli impegni finalizzati al raggiungimento di determinati risultati. E così è stato!”

Lo Studio ha adottato due nuovi strumenti di indirizzo per una convivenza ad impatto zero sull’ambiente e per l’ottimizzazione dell’organizzazione e dei risultati: il manuale della qualità e il regolamento. “All’interno di questi documenti, spiega Monica Pereno, abbiamo declinato la nostra politica ambientale. Man mano che sono state introdotte nuove misure da adottare le abbiamo inserite e queste sono diventate da subito una buona pratica da seguire. È un continuo work in progress!”

È possibile affermare che il successo dell’iniziativa è dovuto al contributo creativo e all’impegno dei più giovani, che resta fondamentale per raggiungere i traguardi prefissati dallo Studio e per supportare una piccola rivoluzione delle abitudini a vantaggio di un sistema di norme e comportamenti più sostenibile e meno impattante sull’ambiente.

Strumenti per ottimizzare il lavoro e il risultato con i clienti

La riorganizzazione dello Studio Legale inizia dall’attenzione verso le risorse umane e dal supporto di strumenti per migliorare la qualità del lavoro. “Recentemente abbiamo implementato le attività di monitoraggio dello svolgimento delle pratiche, chiedendo ai professionisti, compresi i soci, di esplicitare la strategia dell’approccio adottato e le tempistiche di realizzazione. Questo strumento ha l’obiettivo di aumentare la comprensione dei processi, soprattutto nel caso in un cui la pratica venga delegata ad altri collaboratori o praticanti.  È un momento in cui ci si sofferma tanto sugli aspetti strettamente giuridici, quanto su quelli gestionali, nell’ottica del raggiungimento del miglior risultato” spiega Monica Pereno. “Un altro strumento recentemente adottato dal nostro Studio consiste nell’introduzione di un momento di autovalutazione che ogni collaboratore è invitato annualmente a svolgere, al fine di acquisire maggiore consapevolezza del lavoro svolto e anche al fine di avviare il confronto interno finalizzato agli avanzamenti di ruolo nell’ambito dello Studio”.

Diversi studi evidenziano l’importanza dei sistemi di autovalutazione per migliorare le performances: il metodo adottato dallo Studio Legale richiede una riflessione puntuale sul lavoro e aumenta la consapevolezza rispetto alle aree da migliorare. L’utilizzo di strumenti attraverso i quali è possibile valutare i progressi e le competenze messe in campo, permette alle organizzazioni professionali di svolgere le attività con efficienza e garantire un risultato finale soddisfacente, che il cliente percepisce come valore aggiunto.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina

Il ruolo delle donne nei comuni

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IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Sembra che in ottobre ci sarà uno scontro tutto al maschile nelle elezioni amministrative  per la scelta dei sindaci delle grandi città 

Il maschilismo sta tornando proprio in un contesto in cui alcune donne occupano posti di grande responsabilità e la proposta di legge Zan divide, non senza ragioni, il fronte femminista storico. Si sta dimenticando che le donne sono la maggioranza del Paese e devono avere il riconoscimento sancito dall’articolo 3 della Costituzione. La decrescita anagrafica e la denatalità che condannano l’Italia ad una marginalità destinata ad aumentare, dovrebbero imporre all’attenziome il ruolo femminile che è l’unica prospettiva di futuro per un Paese in declino. Almeno questa constatazione elementare dovrebbe essere compresa da tutti, anche i più grossolani.
Andrebbero potenziati i diritti delle donne alla maternità che assume una chiarissima funzione sociale. Asili nido, assistenze sociali di ogni genere dovrebbero garantire alle donne di avere figli e di avere una famiglia come prevede la Costituzione.
Invece poco si fa in questa direzione, ma nel campo politico vige addirittura la calma piatta. Salvo alcuni esempi mirabili nell’area metropolitana come Moncalieri dove ci sono donne eccezionali come Laura Pompeo che potrebbero aspirare a ben altri ruoli, la politica si avvita nel maschilismo più inconcludente, fondato su personalismi che allontanano i cittadini dalla politica. Appare ridicolo che a fare da donna di scorta del centro – sinistra sia un’oscura esponente dei Moderati. A destra finora non ci sono donne di rilievo impegnate in modo adeguato. C’è una consigliera figlia di un politico saltafossi che telefona alle persone, annunciandosi come futura assessora, una prospettiva deludente che indurrebbe a non votare quello schieramento che pure ha un candidato sindaco di valore come Damilano. È  mai possibile che nel centro – destra e nel centro – sinistra non ci siano candidate di valore? Io non sono così pessimista. Occorre reagire.