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Torino e i suoi teatri: il Teatro Regio

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Torino e i suoi teatri

1 Storia del Teatro: il mondo antico
2 Storia del Teatro: il Medioevo e i teatri itineranti
3 Storia del Teatro: dal Rinascimento ai giorni nostri
4 I teatri torinesi: Teatro Gobetti
5 I teatri torinesi :Teatro Carignano
6 I teatri torinesi :Teatro Colosseo
7 I teatri torinesi :Teatro Alfieri
8 I teatri torinesi :Teatro Macario
9 Il fascino dell’Opera lirica
10 Il Teatro Regio

10 Il Teatro Regio

Cari lettori, eccoci arrivati al termine di questo ciclo di scritti riguardanti i maggiori teatri torinesi.
Come si suol dire, il meglio viene tenuto per ultimo, e, anche io nel mio piccolo, ho voluto proporvi come pezzo di chiusura l’articolo dedicato al Teatro Regio, che è tra tutti il più conosciuto tra i luoghi culturali del capoluogo piemontese.
Il Regio è il principale teatro lirico della nostra città, uno dei più grandi e importanti stabili d’Italia, ed è conosciuto persino nel panorama europeo ed internazionale.
L’edificio ha storia antica, il progetto originale risale alla prima metà del XVIII secolo; ad oggi dell’originaria costruzione resta solo la settecentesca facciata porticata, ancora in perfetta armonia con l’adiacente Piazza Castello; attualmente tale parte architettonica è inserita nel sito seriale UNESCO Residenze Sabaude iscritto alla Lista del Patrimonio dell’Umanità dal 1997.
Partiamo come sempre dall’inizio. Il primo a richiedere un “nuovo grande teatro” è Vittorio Amedeo II, intorno agli anni Venti del Settecento, il quale incarica il regio architetto Filippo Juvarra di progettare un sontuoso edificio da inserire nell’ambito del più generale riassetto urbano di Piazza Castello. Il cantiere viene aperto, ma Juvarra, che si spegne nel 1736, non riesce a vedere realizzata la sua idea; la gestione dei lavori, per volontà di Carlo Emanuele III, passa così a Benedetto Alfieri, il quale decide di riprendere e perfezionare i disegni originali. L’intuizione alfieriana porta all’innalzamento di uno stabile sontuosamente rococò, apprezzato da tutti, come si evince dalle parole di Giovanni Gaspare Craveri, che nel 1753 così scrive nella sua “Guida de’ Forestieri per la Real Città di Torino”: “Questo Teatro è giudicato da tutti il più grandioso e compito d’Europa, ed è meritevolmente l’oggetto della meraviglia de’ Forestieri, per la vastità ed ampiezza sua, e per l’architettura, e comodità dell’edifizio, e per l’interna bellezza degli ornamenti, per lo più dorati. E’ rimarchevole la pittura della Volta. Ivi si recitano ogni Carnevale i Drammi musicali con tale magnificenza di apparato, quale si conviene alla grandezza della Real Corte, che v’interviene sulla Loggia spaziosa a lei destinata, che poi si suole illuminare. Vi si chiamano i migliori Musici d’Europa.”

Il teatro è ultimato in pochissimo tempo, il cantiere si chiude nel 1738 e il 26 dicembre del 1740 vi è l’inaugurazione ufficiale con l’ “Arsace” di Francesco Feo.
Fin dagli albori il Regio, con la sua platea e i suoi cinque ordini di palchetti, si fa cuore pulsante e musichiero di Torino.
Le caratteristiche dello stabile, come la straordinaria capienza, che arriva a poter ospitare fino a 2500 persone, la struttura elegante, le decorazioni regali che raggiungono il massimo della preziosità nella volta dipinta da Sebastiano Galeotti, richiamano l’attenzione di molti autori italiani e stranieri, di numerose prime donne e cantanti di grido, che proprio lì vogliono esibirsi.
Era solito che la stagione degli spettacoli si aprisse il 26 dicembre e si chiudesse con la fine del Carnevale; inoltre era di norma che venissero scritte ogni anno, dagli autori che volevano cimentarsi in questa prova, due opere serie redatte appositamente per il teatro Regio, tra i tanti nomi di compositori che si possono citare a tal proposito ricordiamo Galuppi, Jommelli, Cimarosa, Paisiello,Gluck, Johann Christian Bach e Hasse.
Il Regio però non è solo un luogo culturalmente pregiato, esso è anche simbolo di rappresentanza e stabilità del potere dei Savoia. L’edificio si erge tuttora nell’antica zona di comando che comprendeva i punti nevralgici delle attività gestite dallo stato sabaudo, incastonato nelle contigue architetture di Piazza Castello, Palazzo Reale e via Po; è opportuno ricordare inoltre che i membri della famiglia reale e i dignitari d’alto rango, riuscivano ad accedere al teatro senza uscire in strada, attraverso Palazzo Reale tramite la galleria del Beaumont – oggi Armeria reale – e il palazzo delle Segreterie – attuale Prefettura -.
L’aspetto architettonico del teatro diviene un punto di riferimento nell’ambito delle realizzazioni teatrali coeve; gli stessi disegni di Benedetto Alfieri vengono addirittura inseriti fra le tavole de “L’Encyclopédie” di Diderot e D’Alembert.

Durante il corso del XVIII secolo, Torino, in quanto importante capitale europea, è una delle mete del “Grand Tour”, molti viaggiatori passeggiano sotto i portici ombrosi e lungo le rive del fiume Po e tutti quelli che decidono di passare in città non possono che rimanere colpiti dall’eleganza del portentoso teatro lirico.
La fama del Regio è internazionale e incontrastata, si pensi che proprio l’imperatore asburgico Giuseppe II, attraverso il consigliere Kaunitz, aveva caldamente consigliato all’architetto Giuseppe Piermarini di prendere come esempio il “Regio di Torino”, per la costruzione di quello che sarebbe divenuto il celebre Teatro alla Scala di Milano (inaugurato il 3 agosto 1778).
Dopo il momento di massima gloria, il teatro affronta, tra la fine del Settecento e i primi vent’anni dell’Ottocento, un periodo turbolento.
Il Regio resta chiuso per cinque anni, dal 1792 fino al 1797; in seguito cambia diversi nomi, rispecchiando così gli eventi storici: prima è “Teatro Nazionale” (1798), poi “Grand Théâtre des Arts” (1798) e ancora “Théâtre Impérial” (1804). Il clima moralizzatore degli anni repubblicani ha largo impatto anche sull’organizzazione stessa degli spettacoli, si fa più complesso anche l’ingaggio dei cantanti e degli attori, nel repertorio permangono opere italiane, ma con libretti rimaneggiati secondo la morale giacobina.
Napoleone in persona vuole presenziare ad alcuni spettacoli, e la sua venuta fa sì che calpestino il palcoscenico torinese interpreti di grande fama, tra cui il soprano Isabella Colbran, il tenore Nicola Tacchinardi e il coreografo Salvatore Viganò.
Con gli anni della Restaurazione il Regio recupera un po’ della sua originaria importanza, Carlo Felice, notoriamente appassionato di musica, invita virtuosi personaggi ad esibirsi nel teatro operistico, tra cui Giuditta Pasta e Domenico Donzelli.
Gli anni d’oro però sono ormai finiti, nell’Ottocento Torino passa in secondo piano e i riflettori illuminano nuove località: Milano, Napoli e Venezia. Nonostante ciò “lo spettacolo deve continuare” e la storia del Regio è ancora lunga e ricca.

Durante il periodo ottocentesco, per volere di Carlo Alberto, l’edificio viene restaurato, assumendo un aspetto neoclassico. Alle modifiche estetiche si aggiungono delle innovazioni nella programmazione, intorno agli anni Cinquanta dell’Ottocento, ad esempio, si passa alla stagione di Carnevale-Quaresima, suddivisa in cinque o più opere di repertorio, non più scritte appositamente per il Teatro; inoltre, a partire dal 1855, il teatro si apre all’opera buffa.
Nel 1870 il Regio diviene proprietà del Comune di Torino. In questi anni le vicissitudini dello stabile si intrecciano con quelle dell’Orchestra Civica e dei Concerti Popolari ideati da Carlo Pedrotti, il quale insiste per introdurre nella programmazione la musica di Wagner e Massenet.
A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento si inizia a sottolineare la necessità di intervenire a livello architettonico sul palazzo, tra i lavori ritenuti necessari vi è l’ampliamento del palcoscenico, servono nuovi locali di servizio e l’illuminazione deve essere elettrica. Nonostante i buoni propositi la maggior parte dei provvedimenti sono di ordinaria manutenzione, ad eccezione della questione luminaria, della modifica, sotto la supervisione di Arturo Toscanini, della cassa armonica dell’orchestra e la riforma funzionale e decorativa del “foyer”.
Questi numerosi e continui interventi costringono la struttura a chiudere per alcuni anni. È l’ingegnere Ferdinando Cocito a dirigere questa volta il cantiere, che termina nel 1905, quando lo stabile viene inaugurato con il “Sigfrido” diretto da Toscanini.


Contribuiscono, tra la fine dell’Ottocento e i primissimi del Novecento, a mantenere alta la fama del Regio autori come Giacomo Puccini, che tiene a battesimo a Torino “Manon Lescaut” (1893) e “La Bohéme” (1896), e Richard Strauss, che nel 1906 dirige “Salomè” in “prima italiana”.
Agli albori del XX secolo si annovera un’ultima grande modifica costruttiva: nel 1924 è eseguita la completa riforma del palcoscenico, intervento che interessa l’inserimento di una nuova e alta torre scenica, e la completa sostituzione delle attrezzature tecniche di scena e dell’ impianto elettrico.
Più o meno in questo stesso periodo è ospite al Regio l’ ultima grande “prima”, si tratta di “Francesca da Rimini” di Riccardo Zandonai, su libretto di Gabriele D’Annunzio (1914).
Il primo conflitto mondiale è ormai alle porte, il teatro deve chiudere i battenti mentre le bombe cadono sulla città.
Con la fine della Grande Guerra il Regio riparte, seppur con le debite difficoltà, così come il resto della sconquassata Torino.
Le complicazioni non sono finite, e nel 1936, a poche ore da una replica di “Liolà” su musiche F. Mulè, un incendio divampa nello stabile e distrugge completamente l’edificio . Dell’originaria struttura permangono i muri esterni e pochissimi cimeli, come un caminetto in marmo ora collocato e conservato nella sala dell’ “Archivio di Stato”, insieme al alcuni stucchi e qualche frammento di affresco.

Alla devastazione si aggiunge il profondo sgomento dovuto allo scoppio della Seconda Guerra mondiale.
Le porte del Regio rimangono serrate per quarant’anni, fino agli anni Settanta del Novecento.
La ricostruzione parte nel 1967, sotto la guida dell’architetto Carlo Mollino, il quale rinnova completamente la struttura, decidendo di abbandonare l’antico modello architettonico a favore di nuovi orientamenti stilistici e urbanistici.
L’ingresso principale è costituito da dodici coppie di porte in cristallo, separate da diaframmi in granito, tale scelta costruttiva fa sì che il pubblico possa defluire più velocemente all’interno della struttura e abolisce la distinzione tra le diverse classi sociali.
Mollino ha una spiccata propensione per i volumi pieni e le linee curve, gusti che si concretizzano e si esplicano fin dall’ingresso, attraverso le scale, i balconi e in tutti i numerosi dettagli come i pomelli delle porte ai due bar curvilinei disposti in modo perfettamente simmetrico.
La pianta del teatro ricorda nella forma la cassa di un violoncello, la sala ha pianta ellissoidale e contiene 1398 poltrone e un ordine di 31 palchi che possono ospitare fino a 194 persone.
Assai famoso è anche il peculiare lampadario, composto da 1762 sottilissimi tubi in alluminio con punto luce e 1900 steli in perspex riflettente, che creano un inaspettato “effetto a stalattite”.
Dopo ingenti lavori, che hanno portato lo storico palazzo a risplendere di una nuova luce tutta moderna, il Regio Teatro viene nuovamente inaugurato il 10 aprile 1973 con l’opera di Giuseppe Verdi “I Vespri siciliani”, con Maria Callas e Giuseppe Di Stefano.

A seguito di una evidente fase di sventura, la dea Fortuna prende nuovamente sottobraccio il Regio; dal momento della riapertura l’attività teatrale è progressivamente incrementata, diverse ricorrenze hanno contribuito a mantenere viva la fama dell’edificio, tra queste è bene rammentare il 250° anniversario dalla fondazione, celebratosi nel 1990, il centenario dalla “prima” assoluta della “Bohème” in diretta tv, avvenuto nel 1996 e i 25 anni del nuovo teatro, festeggiati nel 1998.
Le sfide tuttavia non finiscono mai. Il trascorrere del tempo costringe il Regio a essere sempre pronto a nuove modifiche, sia architettoniche, sia giuridiche, sia riguardanti la programmazione.
Nel 2006 le Olimpiadi della Cultura e i XX Giochi Olimpici Invernali fanno sì che il teatro si ponga sotto l’occhio del pubblico internazionale, grazie ai numerosi spettacoli che si sono tenuti per le due occasioni e grazie anche al sodalizio artistico stretto con Gianandrea Noseda, incaricato Direttore musicale dal 2007 al 2018.
Inoltre, in tempi più recenti, si è molto intensificata la produzione del mercato video-discografico: a questa attività si affianca l’iniziativa “OperaVision” a cui il Regio partecipa fin dagli albori del progetto.
Eccoci dunque arrivati al termine, cari lettori, ma solo di questo mio pezzo, non certo della storia del grande teatro, orgoglio di Torino e pietra miliare della scena operistica.
Vi lascio dunque ai vostri impegni e alla vostra giornata, gentili concittadini, con la solita speranza di avervi un po’ interessato ed incuriosito, oltre che intrattenuto. Il mio augurio è che vi possiate concedere una serata in compagnia delle grandi voci liriche che tuttora riempiono i cartelloni delle programmazioni annuali; se tutto andrà bene potremmo incontrarci, pur senza conoscerci, tra il rosso della sala e il velluto del sipario, ignari gli uni degli altri sarà comunque bello intonare tutti insieme un “Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora; e la fuggevol fuggevol’ ora s’inebrii a voluttà…”

Alessia Cagnotto

 

Botti di capodanno: come aiutare i nostri animali?

QUA LA ZAMPA   Il periodo pre e post 31 dicembre per la maggior parte dei nostri amici a 4 zampe (e per tutte le specie animali), rappresenta un momento di forzata convivenza con il rumore dei botti che equivale ad un vero e proprio incubo. I petardi e affini possono scaturire in loro una paura talmente forte da indurli, purtroppo non cosi raramente, a non avere più punti di riferimento, reagendo allo scarico di stress con comportamenti incontrollati, a fuggire il più lontano possibile anche sfondando vetrate, mordendo recinzioni o gettandosi dai balconi, ferendosi in maniera anche molto grave, e in alcuni casi anche procurando la morte dell’animale. Oltre alla componente emotiva c’è anche quella fisica che può manifestarsi, sempre a seconda del timore, con l’ aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, eccesso di salivazione e dilatazione delle pupille. Tutto questo accade perché gli stimoli sono di fortissima intensità e non c’è né prevedibilità temporale, né collocazione fisica dello scoppio. La sensibilità ai rumori molto forti è data dal fatto che i cani riescono a percepire un suono a una distanza quattro volte superiore e ad una gamma di frequenza quasi il doppio delle nostre capacità, senza dimenticare la componente olfattiva che permette ai cani di percepire odori ad una concentrazione un milione di volte superiore a quella umana. Cosa si può fare per aiutarli? Innanzitutto assicuratevi che il vostro animale abbia medaglietta e microchip e cercate, per quanto possibile, di portarlo per questo periodo in luoghi meno esposti al pericolo dell’esplosione dei petardi, durante la passeggiata assicuratevi che il collare o la pettorina siano ben aderenti al cane e assicuratevi che non ingerisca nulla da terra in quanto potrebbe esserci il rischio, oltre all’ingerimento di sostanze altamente nocive, anche dei petardi inesplosi. Se non avete possibilità di trascorrere l’ultimo dell’anno in un luogo tranquillo, non lasciate mai cani e gatti da soli in esterno, dove i pericoli soprattutto di fuga sono maggiori, oltre il rischio che scoppi qualche mortaretto proprio nel vostro giardino. Se siete in interno, assicuratevi di togliere qualunque cosa che, in preda al panico, potrebbero urtare e con cui si potrebbero ferire (se il cane o gatto sono abituati al trasportino, considerate valida quest’opzione) e lasciate che siano loro a decidere dove rifugiarsi all’occorrenza. Durante i botti potreste provare a distrarre il cane cercando di coinvolgerlo con il suo gioco preferito, nel caso in cui non rispondesse positivamente alla vostra proposta, lasciate che rimanga nel luogo che si è scelto come riparo. Se avete ospiti, chiedetegli di non interagire in nessun modo, la paura potrebbe farlo agire in un modo poco carino. Se potete, camuffate un po’i rumori esterni, magari alzando un po’ la radio o la tv e chiudendo gli infissi per attutire il bagliore. In ultimo, non sgridate mai il cane, ma rassicuratelo con la vostra presenza senza consolarlo con carezze insistenti, non obbligatelo a starvi vicino, ma fategli sentire che ci siete e comportandovi in modo assolutamente normale . Partendo in anticipo potreste avvalervi di un supporto omeopatico per proteggere il cane dall’evento stressogeno/traumatico e/o farvi seguire da qualcuno per attuare dei programmi di desensibilizzazione progressiva ai rumori forti, che a seconda di timore del cane, riescono a eliminare o quantomeno ridurre l’emozione negativa legata allo stimolo.

Buon anno a tutti!

Francesca Mezzapesa

Educatrice cinofila – Istruttrice Rally Obedience

Lo spettro

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

 

L’aumento dei prezzi delle materie prime (gas, petrolio e carbone in primis) unitamente alla lenta ripresa della produzione di beni e servizi che fatica a tenere il passo della domanda sta provocando due fenomeni preoccupanti.

 

Da un lato l’inflazione (l’aumento dei prezzi) si è risvegliata con forza da un lungo torpore e dall’altro la crescita economica, dopo il rapido recupero degli ultimi 12 mesi, sta segnando il passo.

 

Ed è così che, dopo più quarant’anni, uno spettro è tornato ad aggirarsi per il mondo: la stagflazione.

 

La presenza di una inflazione elevata e di una economia in stagnazione, sino a provocare una recessione, la stagflazione, è storicamente una situazione molto rara.

 

Questi due fenomeni, infatti, quasi mai sono in grado convivere per troppo tempo.

 

Ciò in quanto durante una fase di forte rallentamento dell’economia si assiste ad una riduzione dei consumi che si traduce in una discesa della domanda e dei prezzi delle materie prime e, in ultimo, dei prodotti e dei servizi che ne fanno uso.

 

I mercati finanziari, sempre pronti a fiutare, anticipandoli, i cambiamenti di umore dell’economia, hanno iniziato ad innervosirsi trascorrendo questo scorcio di fine estate/inizio di autunno un po’ come le foglie sugli alberi.

 

Anche gli operatori, preoccupati dall’andamento perturbato degli indici, hanno ridimensionato drasticamente il loro ottimismo, che regnava sovrano ad inizio anno, ed a dominare ora è la cautela.

 

Lo testimoniano una serie di sondaggi che fotografano le opinioni dei principali investitori, professionali e non, e che attestano una situazione non troppo diversa rispetto a quella dell’autunno del 2020, quando i timori e le incertezze legati al diffondersi della pandemia, in assenza di vaccini efficaci, erano ben peggiori di oggi.

 

A questa congiuntura ha contribuito anche la politica del governo cinese che, nel tentativo, sempre più chiaro, di riportare l’economia sotto il controllo centrale e di ridurre le “derive capitalistiche” della speculazione e della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, sta rallentando sensibilmente la crescita economica.

 

L’innalzamento dei toni nei confronti della “provincia ribelle”, Taiwan, rafforza la sensazione di un ritorno al passato anche se le azioni di forza non sono mai preannunciate (perderebbero di efficacia) e si tratterebbe, quindi, di una strategia di logoramento di lungo termine, che ricorrerà in futuro sempre di più alle sanzioni economiche (come sta avvenendo nei confronti dell’Australia) ed agli attacchi informatici.

 

La sessione plenaria del comitato centrale cinese, a novembre, è vicina e sarà seguita da parte di tutti i leaders mondiali con un’accresciuta attenzione rispetto al passato (in attesa del, ben più importante, Congresso Nazionale che avrà luogo a fine 2022) per cogliere ogni possibile segnale sulla politica, sia interna che estera, di Xi Jinping.

 

Tutto ciò non può che ricordarci come i sistemi economici (così come i mercati finanziari) non sono affatto universi governati da rigorosi criteri matematici, l’economia non è certo una scienza esatta, bensì organismi viventi che dopo una lunga corsa o una faticosa camminata hanno bisogno di riposarsi e, in qualche caso, di essere sottoposti a test o a cure intensive per potersi poi completamente riprendere.

 

Nel nostro caso l’ipotesi più probabile è che si tratti solamente di una pausa che, seppur fastidiosa, servirà a recuperare le forze grazie all’energia che verrà fornita, in porzioni generose, dai pacchetti di spesa in corso di approvazione in tutto il mondo, per poi tornare a percorrere la strada intrapresa dopo le riaperture della seconda parte dello scorso anno.

 

I prezzi dei combustibili, dopo la salita vertiginosa degli ultimi mesi, torneranno a scendere passata la stagione invernale e questo contribuirà ulteriormente a sostenere una situazione economica già in fase di miglioramento (e a riportare il tasso di inflazione sotto controllo, non troppo più elevato del tasso ritenuto “ideale” del 2%).

 

Naturalmente non si possono escludere incidenti di percorso ma non sembrerebbe ancora essere tempo di archiviare la speranza di assistere ad un decennio di crescita e di riforme, indispensabili per garantirci una fetta importante di risorse europee e, ancor più, per rendere più solide le prospettive future del nostro Paese.

 

Questo soffitto viola No, non esiste più

Music Tales, la rubrica musicale 

Quando sei qui vicino a me

Questo soffitto viola

No, non esiste più

Io vedo il cielo sopra noi

Che restiamo qui

Abbandonati

Come se non ci fosse più

Niente, più niente al mondo”

La canzone fu scritta dal giovane Paoli quando non era ancora iscritto alla SIAE, per questo nei crediti delle varie versioni del disco figurano Mogol come autore del testo e Toang compositore della musica. Solo successivamente sarà depositata con la firma corretta del solo Paoli.

Il brano, rifiutato da interpreti come Jula de Palma e Miranda Martino, fu proposto a Mina dal paroliere Mogol. Mina, poco convinta e all’inizio anche riluttante, decise di registrarla solo dopo averla sentita eseguita al pianoforte dallo stesso Paoli, ma soprattutto a seguito delle pressioni dei discografici.

Con questo singolo tuttavia, la cantante raggiunse il 15 ottobre 1960, per la seconda volta nella sua carriera (dopo Tintarella di luna/Mai), il traguardo discografico del primo posto nelle vendite. Il pezzo infatti, entrato al quinto/sesto posto nell’estate 1960, rimase in classifica fino all’inizio dell’anno successivo, dopo aver raggiunto il primo posto per 14 settimane diventando il 45 giri più venduto dell’anno, sfiorando nel tempo i 2 milioni di copie vendute.

Non tutti sanno che il testo descrive l’incontro con una prostituta avvenuto in un bordello di Genova riconoscibile dal “soffitto viola”.

Nonostante l’argomento trattato, è comunque considerata una delle più rilevanti espressioni della canzone d’autore italiana e un capolavoro artistico.

L’immagine di alta poesia, che evoca l’atto d’amore consumato nella stanza col soffitto viola, trasfigura circostanze e ambienti.

La raffinata melodia, inizialmente lenta e confidenziale, conduce gradatamente verso spazi infiniti e trasognati raggiungendo il massimo dell’intensità musicale e poetica, per poi tornare nel finale all’intimità iniziale.

Un eccellente lavoro di dinamiche e colori, che è stato oggetto di citazioni e riferimenti nella cultura popolare. (Film, citazioni in brani, Commedie n.d.r.)

La versione che ho voluto riservarvi è di un tale Michael Allan Patton (in arte Mike Patton) cantante, tastierista e compositore statunitense noto per essere il leader di gruppi quali Faith No More e dei Fantomas nato nel 1968 ad Eureka negli Stati Uniti.

“ il cielo in una stanza” fa parte di un disco da lui prodotto che porta il titolo di Mondo Cane e contiene solo brani in lingua italiana.

Cario, fresco, perché è anche bello sentire gli stranieri che azzardano la nostra meravigliosa lingua. Ditemi che ne pensate!

L’amore può derivare da un sentimento generoso: il gusto della prostituzione; ma è corrotto ben presto dal gusto della proprietà.”

Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=3HVPImBI95M&ab_channel=probalmend

Chiara De Carlo

 
 
 

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi della settimana!

TORINO DESIGN OF THE CITY

 15-09-2021 / 31-10-2021
 

DI PIETRA E FERRO: 150 ANNI DEL TRAFORO DEL FREJUS

 18-09-2021 / 31-10-2021
Sabato 18 Settembre 2021 / Domenica 31 Ottobre 2021 Piazza Carlo Alberto 8 Torino

Chiuso: Lunedì

ORARI

Lunedì: 

Chiuso

Martedì: 

10:00-18:00

Mercoledì: 

10:00-18:00

Giovedì: 

10:00-18:00

Venerdì: 

10:00-18:00

Sabato: 

10:00-18:00

Domenica: 

10:00-18:00

PREZZO

€ 0,00 Gratuito possessori di Abbonamento Musei
€ 10,00 Intero
€ 8,00 Ridotto maggiore 65 anni; militari

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Benjamin Myers “All’orizzonte” -Bollati Boringhieri- euro 16,50

Questo romanzo dello scrittore e giornalista inglese Benjamin Myers ha riscosso subito un enorme successo, forse perché è un incantevole inno alla natura, una boccata di aria salubre e fresca, e tocca corde profonde dell’animo umano. Ma è anche un romanzo sul significato che si vuole dare alla vita.
Narra del viaggio alla scoperta di sé stesso (ma non solo) che il 16enne Robert decide di intraprendere, prima di restare inguaiato nel lavoro in miniera al quale è destinato per tradizione familiare; ma anche perché nel villaggio in cui vive la forma di sostentamento arriva proprio dai cunicoli bui e pericolosi a centinaia di metri sottoterra per estrarre il carbone.

Un destino che Robert rifugge e al quale oppone la sua curiosità per il mondo. Così prima di scendere nel ventre della terra e consegnarsi a un destino che odia, parte da solo per una sorta di periodo sabbatico alla scoperta della natura. Sarà anche il viaggio che cambierà per sempre la sua esistenza.
Siamo nell’Inghilterra del 1946, l’estate successiva alla fine della guerra, e il giovane si avventura nella brughiera dello Yorkshire, che descrive a fondo, raccontando le emozioni che prova strada facendo. Per mantenersi lungo il tragitto si offre per qualche lavoretto in cambio di vitto e alloggio per una notte, accontentandosi di giacere in capanni o tra il fieno e gli animali. Poi al sorgere del nuovo giorno riprende la marcia verso altre scoperte.
Determinante è l’incontro con Dulcie Piper, eccentrica e affascinante signora che vive sola con il suo pastore tedesco in una baia sulla costa dello Yorkshire. Una donna diversa da quelle conosciute da Robert; si veste in modo stravagante e predilige i pantaloni come un uomo, guida la macchina, fuma sigari e all’occorrenza bestemmia e impreca. Soprattutto, gronda esperienza come se avesse viaggiato per l’intero globo ed è di una cultura strabordante. Dulcie ha un’intelligenza sopraffina ed è sensibile e generosa.
Offre ospitalità a Robert, il quale in cambio svolge lavoretti al cottage, e lo ammalia con i suoi racconti e suggerimenti di lettura.
A partire dai romanzi di David Herbert Lawrence (l’autore de “L’amante di Lady Chatterley” romanzo all’epoca scandaloso e bandito). Dulcie ha conosciuto e incontrato più volte lo scrittore, nel Nuovo Messico, dov’era insieme alla moglie Frida, e che lei chiamava amichevolmente Bert. E qui scorrono pagine magnifiche per chi ama lo scrittore inglese.

Il legame tra Robert e Dulcie è di una bellezza profonda e vi incanterà con la magia di questa donna che mostra al giovane un’infinità di spiragli sulla vita. Gli propone cibi esotici, gli insegna a fare il miele e a preparare infusi vari con i doni della natura,…più di tutto lo inizia alla letteratura e alla poesia. Il loro legame cresce profondo e bellissimo e con esso Robert fa ordine nei suoi pensieri e scopre se stesso. Poi il ritrovamento di un dattiloscritto che sembrava perduto, firmato Romy Landau, riporterà a galla fantasmi del passato di Dulcie e sarà anche una svolta importante nel loro rapporto….

 

Stacey Swann “Infelici gli Dei” -Bompiani- euro 18,00

E’ il romanzo di esordio dell’americana Stacey Swann che ha imbastito una corposa e caleidoscopica saga familiare in cui gli equilibri sono precari e le svolte molteplici.
Siamo nella remota provincia texana, a Olympus, dove vivono i Briscoe. Una famiglia notevole e complicata su cui comanda il patriarca Peter. Potente, ricco, magnate immobiliare e non esattamente un marito fedele, dal momento che ha seminato uno svariato numero di figli: 6, da tre donne diverse. Una è la moglie June che, pur covando un intimo rancore, lo ama nonostante tutto ed è rimasta al suo fianco.

E’ lampante il richiamo ai temi tipici della mitologia, a partire dalla location, Olympus, come l’Olimpo degli Dei. Poi l’autrice usa gli archetipi dei personaggi, a partire da Peter che incarna una sorta di Zeus, il Giove che ha dato vita alla progenie, a capo del clan. Di fatto una famiglia altamente disfunzionale in cui intrighi, offese, malintesi e tradimenti la fanno da padroni.

La trama inizia con il ritorno a casa del secondogenito March dopo oltre 2 anni di esilio. E’ una sorta di Marte dio della guerra perché fin da piccolo ha mostrato un animo violento e bellicoso, incapace di dominare gli attacchi di ira funesta che lo hanno sempre scagliano contro i fratelli e gli amici.
In più, l’aveva fatta davvero grossa portandosi a letto la bellissima Vera, moglie del fratello Hap; figlio prediletto di June, dal carattere mite, responsabile e profondamente buono.

In rapida successione arrivano anche gli altri figli e la trama divampa.
Thea che si era allontanata dalla famiglia appena possibile, diventata un avvocato di successo a Chicago.
I gemelli Arlo e Artie, nati da una relazione che Peter aveva avuto prima che nascesse March. Il loro è un rapporto simbiotico, che però si sta sfilacciando.
Arlo (potrebbe essere Apollo, dio della musica) ritorna da un tour come cantante country e scopre con grande delusione che la gemella si è innamorata di un uomo che complica tutto. Probabilmente Artie non vorrà più seguire Arlo in giro per concerti… e quello che era un legame al limite del morboso prenderà una piega inaspettata e foriera di sventura.

Aspettatevi di scoprire gli animi e i doppi fondi di questa tormentata famiglia, sullo sfondo di una cittadina del Texas rurale, dove tutti si conoscono e mantenere i segreti diventa impossibile.

 

Rebecca Kaufmann “La casa di Fripp Island” -BigSur- euro 17,50

Questo è il terzo romanzo della scrittrice americana nata in Ohio ed oggi residente in Virginia. Come il precedente “La casa dei Gunnar” (del 2020), è ambientato in un’altra casa che l’autrice evidentemente privilegia come microcosmo in cui ambientare le sue storie e delineare i personaggi. E’ in parte un thriller, ma parla anche di amicizia e di morte; avvertiamo fin da subito che qualcosa di grave accadrà e leggiamo presi dall’ansia di scoprire chi ucciderà chi.
Siamo su un’isola esclusiva della costa della Carolina del Sud; in una lussuosa villa sulla spiaggia, dove
per una settimana alloggiano due famiglie che in un certo sono amiche, sebbene molto diverse.
I Daly appartengono all’alta borghesia e sono velatamente snob; invece i Ford sono della classe lavoratrice impoverita, ma decisamente orgogliosi. Due donne, i loro mariti, e la loro prole.
Lisa, sempre molto curata e impeccabile, ha sposato un uomo che ha accumulato una fortuna e pertanto può concedersi il lusso di una casa come questa. Poppy invece è la moglie complessata e un po’ sciatta, di un onesto lavoratore precario quanto a salute e situazione economica.

Sono con i loro 4 figli; un quasi 18enne chiuso e scontroso, una 14enne con le prime tempeste ormonali, e poi le figlie più piccole sui 10-11 anni.
Non sappiamo chi dei due nuclei familiari subirà il lutto, però veniamo subito avvisati che sull’sola c’è anche un individuo sospettato di essere un predatore sessuale.

Il delitto avrà luogo solo verso la fine del libro, e nel frattempo aumentano quasi sotto traccia le tensioni tra gli adulti e tra i ragazzi. Un clima carico di incomprensioni, non detti e segreti, sguardi malevoli o male decodificati, che mettono in bilico il già precario equilibrio tra i due nuclei familiari.
Invece dopo il delitto la Kaufmann racconta come si può sopravvivere al lutto…ma in queste pagine c’è molto di più.

Giuseppina Torregrossa “Al contrario” -Feltrinelli- euro 17,50

E’ una Sicilia amara e povera quella che la scrittrice e ginecologa palermitana Giuseppina Torregrossa descrive nel suo ultimo romanzo.
Siamo nel 1927 nell’immaginario paesino di Malavacata, quasi il terzo mondo tra miseria, tifo che miete vittime, stamberghe umide e miserevoli; abitato da gente ruvida abituata a faticare per sopravvivere a stento. E’ lì che arriva il nuovo medico condotto Giustino Salonia che si è trasferito da Palermo; dove è invece rimasta la moglie Gilda che lo raggiungerà in un secondo tempo, nel tentativo di rimettere sulla giusta carreggiata il matrimonio.
Intorno all’ambulatorio la scrittrice fa vorticare un romanzo corale, in cui si alternano le voci di una folla di personaggi; sono dei vinti che poco hanno e tanto faticano per un tozzo di pane. Dalla giovane ragazza che rischia la morte per un aborto clandestino e imbastisce poi una storia clandestina con Salonia, al padre-padrone del paese don Ettore. E poi ancora tra gli altri; un ferroviere di fede socialista, uno strozzino e un viscido sensale che si dibattono tra guerre dei poveri, zuffe e tanta fatica per sopravvivere in un mondo di miseria. Personaggi spesso al limite, sfrontati o disperati; sicuramente assai coloriti.
Sullo sfondo c’è il volgere della Storia del Novecento con i contadini che reclamano le terre, il fascismo che avanza e la guerra che svuota il paese richiamando gli uomini nelle trincee.
Ed è l’inizio della seconda parte del romanzo che potremmo definire “Il tempo delle donne” in cui alla ribalta ci sono gli animi femminili che faticosamente inseguono una nuova armonia; mentre le bombe cadono lontano e, paradossalmente, a Malavacata non c’era mai stata tanta pace come ora, in tempo di guerra….

 

Stanley Middleton “Holiday” -SEM- euro 18,00

Middleton, prolifico scrittore inglese –nato nel 1919 e morto nel 2009- fino ad ora inedito in Italia, pubblicò più di 40 romanzi e con “Holiday” nel 1974 vinse il Booker a pari merito con Nadine Gordimer.
Siamo nell’Inghilterra di inizio anni 70, il professore di lettere e pedagogo, Edwin Fisher, si reca a Bealthorpe, stazione balneare in cui era solito soggiornare da piccolo insieme al padre, un bottegaio dedito alle furbizie che però resterà sempre al palo.
Edwin, è in piena crisi: deve superare la tragedia della morte del figlio, spirato in ospedale a soli 3 anni. Un improvviso e inaspettato macigno di dolore che ha spalancato un baratro tra lui e la bellissima e un po’ instabile moglie Meg. Dopo 6 anni di matrimonio la crisi sembra inarrestabile.

Le origini di Edwin sono ben diverse da quelle dell’altolocata moglie, figlia di Vernon, un uomo partito dal basso che con la professione legale è riuscito ad arrivare in cima alla piramide sociale ed ora brilla nell’alta società.
Meg ed Edwin arrivano da mondi diversi e nella crisi coniugale anche questo avrà il suo peso, tanto più quando i genitori di lei si metteranno di mezzo per sistemare le cose.

Le pagine che scorrono raccontano uno spaccato di vita di provincia inglese dove apparentemente non c’è violenza evidente, anche se sotto traccia serpeggia una ferocia letale.
Attraverso le storie e i rapporti dei personaggi -analizzati con una penna simile a un bisturi- Middleton rappresenta una sorta di infelicità latente che aggroviglia un po’ tutti i personaggi. Ma lo fa senza noiosi intenti moralizzatori, piuttosto con una sensibilità acuta e lasciandoci una storia sulla quale meditare.

 

Turin Confidential. Cosa succede a Torino: informazioni per chi arriva in città

What’s on in Turin: events and attractions for tourists, occasional visitors and expats

The cold season is gently approaching and we can say goodbye to swimwear and light clothes. For me, this means sweaters, warm jackets and scarves. And of course, indulging on food a bit more since the terrible bikini season is quite far now. While waiting for the Panettoni fest on 4 and 5 December, the city, as well as the entire Piedmont region, is giving space to festival and events where food is the main protagonist. So, let’s wear comfortable shoes and garments and go food hunting.

 

Events and festivals

Until Sunday 10, at Docks Dora there is the Tripel B Fest, an amazing occasion to taste Belgian Beers, while in various locations of the city you can find the Play With Food Festival, with a program of theatre and performing arts that revolve around food.

From 9 to 10 October the Hunting Residence of Stupinigi hosts Floreal, the festival dedicated to flowers and plants. The program also includes conferences, book presentations, exhibitions, workshops and… food. In fact, you can find cooking lessons, chefs as well as the stand of Costadoro, renowned coffee roaster from Turin and Birra Exit, artisanal beer producer.

From 14 to 18 October, the international book fair awaits you at Lingotto. The program includes also events all around the city.

From 8 to 10 October, Torino Stratosferica presents the Festival entitled Utopian Hours, a gathering for visionary and creative people.

 

Music

Oscar Giammarinaro, leader of the iconic ska and Turin-based band Statuto, will perform at Caffè Neruda Saturday 9 October. The artist with a 30-year long career is presenting his solo project marked by a refined style, intimate songs and elegant atmosphere.

 

Museums and Exhibitions

At Fondazione Merz  the exhibition dedicated to Marisa and Mario Merz continues, while, from October 12,  one of Merz’s iconic igloo can be seen near Fontana del Cervo, the deer fountain, inside Reggia di Venaria.

 

On October 14, Gam opens the exhibitions dedicated to Giovanni Fattori, with masterpieces of the 20th Century.

From October 7, Palazzo Madama hosts the exhibition dedicated to the European Renaissance of Antoine de Lonhy.

Few days remain to visit the  exhibition entitled Un acquario sotto la città, which is part of Biennale di Democrazia  at Accademia Albertina, Turin’s fine arts academy. The exhibitions is open until October 10, but from 8 to 24 October you can find Persistenze, an exhibition included in the Biennale of Ars Captiva. The location is the enchanting Rotonda Talucchi, that is worth a visit even only for its architectural structure.

And how about taking a ride out of town? At Torre Pellice, the Tucci Russo art gallery hosts an exhibition dedicated to Tony Craig, from Sunday 10 October to January 30. A great occasion also to visit the town famous for the Waldensian community and taste traditional delicacies such as bunet or bollito misto.

 

And for a moment of little pleasure…

Autumn is knocking at our doors, and so is the Piedmontese anti-vampire dish called bagna cauda. This sauce prepared with garlic (a lot of garlic) can be found in traditional restaurants and it is generally paired with vegetables and potatoes. But let me warn you: this is not the right dish for a romantic first dinner or if you have a business meeting the next day. Try bagna cauda with your long-term partner, family or friends. Or, as I said before, if you need to fight against Dracula.

 

Lori Barozzino

Take a look at the last articles HERE as many events are still taking place.

Lori is an interpreter and translator who lives in Turin. If you want to read more, here’s her blog.

Riflessioni, spunti e rielaborazioni dal diario della psicologa

LIBRI /  Nel libro della psicologa e  psicoterapeuta Rita Caggegi “Ma perché mi succede?”, edito da Paola Caramella Editrice

In tempi di Covid è sicuramente aumentata la richiesta di aiuto da parte delle persone nei confronti degli psicoterapeuti, medici o psicologi, dato il difficile periodo attraversato dal marzo dello scorso anno e attualmente non ancora completamente superato.
La psicologa e psicoterapeuta Rita Caggegi è autrice di un saggio piuttosto stimolante, dal titolo “Ma perché mi succede?” Paola Caramella Editrice ), rivolto a addetti ai lavori e non, capace di unire linguistica e psicologia. Il titolo risulta strettamente legato alla domanda che viene fortemente posta all’autrice durante il suo lavoro terapeutico, che risponde al quesito “Dottoressa, perché mi succede questo?”.
Come ha ben osservato il professor Alessandro Meluzzi nella prefazione al volume “nel libro emerge il fatto che i cinquanta minuti di terapia compongono un microcosmo relazionale tra analista e paziente, in cui emergono due dinamiche, il transfert e controtransfert.
“Lo spazio-tempo terapeutico coinvolge due persone – spiega il professor Alessandro Meluzzi – ma l’ermeneutica terapeutica compie un viaggio nuovo di fronte ad ogni nuovo paziente, che si denuda per ritrovare la sua identità, che non viene demolita durante il colloquio, ma, al contrario, armonizzata”.
L’autrice del saggio svela, attraverso i racconti di molteplici esperienze, storie vere e percorsi emotivi, anche ai non addetti ai lavori il modo in cui comportarsi, nel momento in cui insorge un disagio e il modo di procedere quando si ottiene la consapevolezza di avvertirlo. Fondamentale risulta scoprire la causa del disagio; l’aumento dei disturbi psicologici risulta collegato alla crisi dell’attuale sistema politico, economico e sociale, che costringe continuamente l’individuo a essere performante ma, al tempo stesso, ad avvertire un profondo senso di solitudine, di inadeguatezza e di non appartenenza.
“Nel mondo – precisa il professor Meluzzi – sono circa 300 milioni le persone che accusano i sintomi della depressione, un numero veramente elevato se si considera che gli individui con tumore sono circa 23 milioni.
Il disagio mentale non rappresenta una malattia da curare, ma un processo. Una persona su cinque è un paziente nella vita, capace di superare la sua condizione. Non si parla di guarigione, ma di qualità della vita; durante i periodi di forte stress i sintomi possono ricomparire. E se esiste un segreto, questo consiste nell’imparare a convivere con essi, mirando ad una qualità di vita migliore”.
Il libro scritto da Rita Caggegi propone dei dialoghi avvenuti nell’ambito delle sedute da lei tenute, che sono stati modificati grazie all’ausilio della fantasia letteraria e ricorrendo alle metafore; anche i nomi attribuiti ai singoli personaggi rispondono a pura fantasia, nell’intento di dimostrare che la psicoterapia non soltanto rappresenta la cura dei sintomi, ma anche la costruzione di nuove opportunità, di nuovi modi di vivere e rappresentarsi, attraverso la riscoperta di “quei campi di luce che erano lì, dentro di noi ma che qualcosa li aveva oscurati”.
Dal volume e dalle sue riflessioni raccolte emerge l’importanza di uno degli aspetti fondamentali del colloquio psicologico e della seduta psicoterapeutica, vale a dire l’alleanza terapeutica che si instaura in modo non conflittuale e che concerne la capacità da parte del paziente di collaborare con lo psicoterapeuta, portando all’individuazione di quali siano i suoi reali obiettivi terapeutici. La relazione terapeutica viene poi a fornire un’interpretazione delle dinamiche del paziente, aumentando il bagaglio di strumenti a sua disposizione per una migliore comprensione di se stesso e al fine di produrre un cambiamento profondo rispetto a quello ottenuto dalla semplice attività intellettiva.
Il libro di cui è autrice Rita Caggegi verrà presentato nell’ambito del Salone Internazionale del Libro di Torino, al Lingotto Fiere, il 14 ottobre prossimo, nella Sala Arancio.

Mara Martellotta