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La trappola del dover essere come gli altri ci vogliono

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Se per alcuni versi gli imperativi ricevuti nell’infanzia ci portano ad essere più efficienti e adattati, rispondendo quindi anche a esigenze sociali, in realtà in età adulta spesso non si rivelano così utili al buon andamento generale nella nostra vita, e soprattutto al nostro benessere esistenziale.

Perché se l’individuo non riesce ad esprimere al meglio la propria essenza, i propri veri valori, la sua effettiva realtà, le conseguenze anche sul piano sociale e collettivo finiranno con il non essere così positive… L’impatto delle prime relazioni sulla crescita del bambino è naturalmente molto forte.

E grande la potenza di certi messaggi e atteggiamenti degli adulti di riferimento. Per “adulti di riferimento” si intendono tutti gli adulti che assumono una certa importanza nella crescita del bambino, a partire da genitori, nonni, insegnanti, ecc.

Tutti noi costruiamo un nostro stile di vita, il nostro modo di stare al mondo. Di vivere, di sentire e manifestare le emozioni, di pensare e relazionarci. Vivendo a contatto con una certa cultura familiare, il bambino adegua le proprie manifestazioni espressive.

E i suoi comportamenti, per meglio sopravvivere e, senza accorgersene, finisce per adottare e rinforzare nel tempo modelli di vita che gli consentiranno di integrarsi nel suo ambiente con una certa tranquillità e sicurezza di sé. Da piccoli dobbiamo capire e conoscere il mondo intorno a noi.

Non abbiamo esperienza, ne’ elementi per comprendere la realtà e per saperci rapportare ad essa se non attraverso le persone che ci accudiscono. Ma da adulti dobbiamo uscire da certi cliché e schemi appresi, e concederci il permesso di essere noi stessi e di accettarci.

(Fine della seconda parte).

Potete trovare questi e altri argomenti sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it

Autore della rubrica de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

I torinesi e la moda intellettuale

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SCOPRITO   ALLA SCOPERTA DI TORINO

La moda italiana nacque a Torino nel 1911 quando per la prima volta una donna indossò un paio di pantaloni di un sarto francese, subito suscitò incredulità e stupore ma con il tempo le persone iniziarono a prenderla d’esempio creandone nuovi modelli. Poco per volta nacque a Torino l’industria dell’abbigliamento. Dagli anni Trenta agli anni Sessanta Torino fu il polo industriale principale italiano per la produzione del tessile. Solo dagli anni Novanta in poi Milano diventò capitale della moda italiana.
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I BRAND INDIPENDENTI CHE SALVAGUARDANO IL PIANETA

Secondo numerose ricerche i torinesi si ispirano molto alle mode del momento e numerosi sono i brand indipendenti che sono nati proprio in questa città. Tra di essi il brand “Nasco Unico” di Andrea Francardo, un laboratorio artigianale dove le clienti possono scegliere come realizzare il loro capo direttamente nel laboratorio evitando così sprechi di produzione.
Un altro marchio è “Amma” di Luisella Zeppa che produce borse eco-sostenibili, con materiali naturali e lavorate con cura e maestria da tantissime generazioni.
Per chi ama invece i gioielli vi è il marchio “Raduni Ovali” realizzati con pietre preziose, ognuno unico nel suo genere grazie alle attente rifiniture a mano.
Moltissime sono le scelte dei brand e dei negozi, spesso le piccole realtà sono poco conosciute rispetto ai grandi marchi ma possono essere un’ottima occasione per indossare capi unici e con una particolare attenzione verso l’ambiente.
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COSA INDOSSARE IN BASE ALLE OCCASIONI

I grandi marchi di moda influenzano ogni anno il mercato con tessuti e colori diversi, ma per ottenere esattamente il risultato che si vuole ottenere quando indossiamo un capo non dobbiamo solo basarci sulla moda ma anche su delle precise regole di psicologia!
Secondo la scienza infatti indossare degli abiti rossi accellera il battito cardiaco di chi li porta e anche del suo interlocutore, che potrà tradurre quella sensazione in “voglia di fuggire” o “eccitazione”, questo vale soprattutto se la persona che indossa l’indumento è donna. Quindi se ad un primo appuntamento vogliamo fare colpo vestirci di rosso potrebbe essere una buona idea.
Se invece abbiamo un’occasione più formale, ad esempio lavorativa, il colore ideale è spesso il blu perché abbassa il battito cardiaco, rilassa e fa si che l’interlocutore si fidi maggiormente di noi. I politici sono spesso vestiti di blu proprio per questo motivo, Donald Trump per esempio ha il completo blu, la cravatta rossa che indica grinta e lotta e la camicia bianca che suggerisce chiarezza.
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COSA INDOSSARE CON PARSIMONIA

Vi sono poi dei colori che potrebbero non aiutarci a raggiungere il risultato sperato come il nero che suscita l’idea dell’oscuro, velato, misterioso e al contempo lussuoso.
Il bianco stimola in noi l’idea della pulizia ecco perché è molto usato nei camici da lavoro, è però un colore che non suscita emozioni, non è quindi adatto quando vogliamo creare un legame con l’altra persona.

Si occupa di colori anche l’armocromia ma in un accezione puramente estetica e non scientifica, molto utile quando il nostro obiettivo è quello di valorizzarci esteticamente.

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NOEMI GARIANO

 

 

Giorgio Boldetti: una vita a colori

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Giorgio Boldetti si laurea in Economia e Commercio nel 1971 a Torino, 110 e lode con dignità di stampa, a quel tempo le aziende che cercavano giovani laureati erano molte e lui accetta un lavoro all‘Ufficio Statistica delle Pagine Gialle. In quel periodo è fidanzato con una ragazza, che sposerà dopo poco, la cui mamma ha una piccola camiceria, lei vorrebbe rendersi autonoma e chiede aiuto a Giorgio che di camicie, a quel tempo, ne sapeva ben poco ma aveva carattere da vendere ed una gran faccia tosta.
E così inizia l’avventura: nel 1972 partono da zero a produrre camicie nella loro camera a casa della famiglia di Giorgio il quale compra una macchina da cucire nel negozio della Necchi in via Roma facendo cambiali per 180.000 vecchie lire. Comprano un metro e mezzo di tessuto in tre colori e fanno qualche camicia da donna che Giorgio, quando esce dalla Seat alle 17.00 prova a vendere girando per negozi fino alla chiusura.  Le camicie piacciono molto e iniziano ad arrivare parecchi ordini tanto che Giorgio è costretto dopo tre anni a licenziarsi dalla Seat per poter seguire la parte commerciale di quella che ormai è diventata una piccola azienda, La Camargue ( chiamata così in ricordo di un weekend di passione) con sede in corso Galileo Ferraris 94, dove si trova tuttora.
La produzione aumenta sempre di più, Giorgio, ormai separato dalla moglie Maria Gabriella, continua l’impegno intrapreso con alcune lavoranti, si reca continuamente, cosa che fa ancora oggi, nelle tessiture di Como e Gallarate alla ricerca di tessuti pregiati.
Nel frattempo si sposa con Anna Zamboni, miss Italia 1969, dalla quale ha due figli, Giulio che oggi lavora con lui, e Giorgia, spesso modella per i capi prodotti da La Camargue.
La fortuna vuole che nel palazzo di corso Galileo Ferraris abiti un medico, il dr. Volterrani medico di famiglia e amico dell’avvocato Agnelli che a Natale è solito regalargli una camicia e così anche l’avvocato inizia ad indossare camicie firmate Boldetti.
Sono anni incredibili, pieni d’incontri, di lavoro, di avventure di ogni tipo – la vita di Giorgio Boldetti meriterebbe di essere raccontata in un libro – l’azienda cresce notevolmente, vengono serviti i negozi più chic di Torino, non si producono solo camicie ma anche abiti, pantaloni, giacche, cappotti.
Per Giorgio sono anche gli anni di una nuova separazione e dell’incontro con un nuovo amore Irina, modella russa, madre di suo figlio Vadim.
Il lavoro procede a gonfie vele, La Camargue s’ingrandisce e acquisisce nuovi locali.
Nel 2010  – racconta Boldetti- mio figlio Giulio inizia a lavorare con me e nasce Atelier Boldetti, una linea di camicie da uomo in cotone doppio ritorto, personalizzate con le cifre, le facciamo su misura, il cliente privato viene direttamente da noi e può scegliere tra migliaia di tessuti e fantasie.
La nostra produzione è ormai conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo – mi spiega Boldetti, partecipiamo tutti gli anni al Salone della moda di Parigi “ Who’s next” che ci ha introdotto anche in Paesi lontani come Giappone, Stati Uniti, Sud America dove abbiamo numerosi clienti. Vendiamo molto in Francia, Svizzera, Spagna e in Italia siamo richiesti da boutique di nicchia. Se soddisfi la donna torinese, che in fatto di moda è la più difficile, soddisfi qualsiasi donna.
Oggi lavorano per Boldetti una cinquantina di persone, in laboratorio ci sono circa 50.000 metri di tessuti, sete, cotoni, viscose, jersey dai colori meravigliosi, Giorgio si emoziona quando li tocca , li accarezza con delicatezza e passione come accarezzasse i capelli di una bella donna, quanto tempo è passato dall’acquisto di quella Necchi comprata a rate…

Il re di Superga

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L’indizio, ricostruito nella sua interezza assemblando come in un puzzle in sei frammenti , era abbastanza chiaro: “Fu nicola re di Su perga”. Strano, pensò Aurelio, mostrandosi perplesso. Il gerarca invece, parlando ad alta voce e tormentandosi il pizzetto che incorniciava il mento, esclamò: “Chi sarà mai questo Nicola? Probabilmente un nobile, imparentato con i Savoia, oppure di qualche altra casata che ha avuto in eredità o come riconoscimento per qualche servigio, il titolo di re di Superga

Aurelio Gaspertelli, di professione avvocato, si considerava un principe del foro ma chi ben lo conosceva non esitava a definirlo piuttosto un azzeccagarbugli. Frequentando un certo ambiente a Torino, facendo leva sulle doti oratorie che non gli difettavano, Aurelio era noto anche per un’altra passione: la ricerca storica locale. Leggeva antiche carte e polverosi volumi, impegnandosi in minuziose ricerche tese a  svelare i tanti misteri di Torino, la sua città.  Una storia, quella della capitale sabauda, che si estendeva per più di due millenni, dagli insediamenti dei Taurini all’epoca romana fino alla gloria e al potereai tempi in cui divenne capitale del ducato di Savoia. A dar manforte al Gaspertelli c’era Ottorino Grandini, un ex bidello della scuola elementare dell’Abbadia di Stura che, riconoscente all’avvocato per averlo tratto dagli impicci per una vecchia vicenda di liti con i vicini, si era offerto come assistente del legale. Uomo tuttofare , sempre disponibile, nonostante la modesta cultura , si adoperava in ogni modo per venire incontro alle molteplici esigenze del suo principale. E tutto questo per due pranzi caldi, il pagamento della pigione di una stanza da un’anziana vedova, in una casa di ringhiera in Barriera di Milano, e poche lire di compenso.  Cosa che ,in tempi come quelli, nella seconda metà degli anni trenta, non andava per nulla disprezzata.

Fu proprio Ottorino a portare la notizia che nel quartiere Sassi, in località Mongreno, erano stati rinvenuti i resti di una strana  lapide , a prima vista molto interessante. Aurelio , incuriosito,  volle subito conoscere i particolari. Ottorino lo informò che dai frammenti più grandi si poteva leggere con facilità un’iscrizione che rimandava certamente alla storia cittadina. Purtroppo della scoperta era stato avvisato anche Italo Nerofumi, uno spocchioso gerarca fascista che si piccava di saperne una più del diavolo in ogni materia. E, ovviamente, anche in campo storico. L’ispettore del Partito Nazionale Fascista, agghindato di nero come un corvo, era già piombato sul posto e appena vide sopraggiungere l’avvocato, gli sì parò davanti ostentando la più classica delle pose fasciste. Piantato a gambe larghe , le mani sui fianchi, gli occhi spiritati, le mascelle all’infuori e le labbra turgidamente protese, Italo Nerofumi, con voce stentorea e frasi secche come scudisciate, lo apostrofò:  Guarda, guarda..l’avvocato. Ma cosa ci fa qui lei? Non doveva essere al confino?”. Il gerarca, ghignando, si riferiva alle simpatie politiche del Gaspertelli, sospettato di essere amico dei comunisti dopo aver difeso, anni prima, alcuni lavoratori dall’accusa di violenze per aver difeso dalle camicie nere la sede de L’Ordine Nuovo, il giornale di Gramsci, in via Arcivescovado. “Se è venuto qui a ficcare il naso sappia che non c’è roba per lei. Qui c’è materia per una indagine storica che può riservare sorprese importanti e solo uno come me può scoprire l’arcano. Le è chiaro?”, sentenziò Nerofumi guardando torvo l’avvocato.

Comunque, proprio al fine di manifestare la sua superiorità, non impedì all’avvocato di assistere al suo, come amava dire, “operare scientifico”.  L’indizio, ricostruito nella sua interezza assemblando come in un puzzle in sei frammenti , era abbastanza chiaro: “Fu nicola re di Su perga”. Strano, pensò Aurelio, mostrandosi perplesso. Il gerarca invece, parlando ad alta voce e tormentandosi il pizzetto che incorniciava il mento, esclamò: “Chi sarà mai questo Nicola? Probabilmente un nobile, imparentato con i Savoia, oppure di qualche altra casata che ha avuto in eredità o come riconoscimento per qualche servigio, il titolo di re di Superga”.  Un bel mistero sul quale s’interrogò per due giorni e due notti, consultando molti documenti nei quali, però, non si trovava traccia di quella storia. Nessun titolo reale era affiancato alla celebre collina  dove era stata edificata l’omonima Basilica per soddisfare il voto che Vittorio Amedeo II fece davanti alla statua della Madonna delle Grazie in un momento difficile per il regno sabaudo. Nel 1706 Torino era assediata dalle truppe francesi. E quel Nicola, scritto con l’iniziale minuscola? Come mai il nome dell’uomo, certamente  d’alto lignaggio tanto da giustificarne il titolo reale, era riportato in modo così anonimo e quasi meschino, evitando la più consona e per certi versi obbligata iniziale maiuscola?

Mistero. Anzi, un mistero così fitto che nemmeno la commissione culturale della federazione fascista torinese riusciva, nonostante lo spremere delle meningi dei suoi componenti, a venirne a capo. All’avvocato Gaspertelli un dubbio, in verità, era venuto. Ma, per non passare dei guai, l’aveva tenuto per se, soffocando quella vocina che gli suggeriva di spifferare ai quattro venti l’ipotesi che si era fatto. Accompagnato da Ottorino si era recato ai Sassi, per un sopralluogo. Insieme, di buon passo, avevano percorso un bel tratto a fianco della storica tranvia a dentiera Sassi – Superga  che era unica in Italia nel suo genere. Si trattava della continuazione di una tradizione ultracentenaria iniziata il 26 aprile 1884 con la prima corsa effettuata dal trenino, mosso da un motore trainante una fune d’acciaio che scorreva parallelamente al binario su pulegge sistemate lungo  tutto il percorso. La linea da poco, era stata  trasformata in tranvia a dentiera con trazione a rotaia centrale. Un’opera imponente, lunga circa tre chilometri tra la stazione di Sassi, in piazza Modena, e quella di Superga , 425 metri più in alto. Quante volte c’erano andati fin lassù, ad ammirare lo splendido panorama su Torino e le Alpi, visitando la Basilica edificata dallo Juvarra e  le tombe reali dei Savoia. I lavori si erano protratti per un bel po’ e …l’illuminazione fu tale che ogni dubbio venne spazzato via. Poteva, lui, uomo di legge e di cultura, lasciar perdere un’occasione così ghiotta di sbertucciare quel fascistone ignorante del Nerofumi? A ben guardare non gli conveniva affatto; anzi, era piuttosto un azzardo che avrebbe portato guai certi e ben poche soddisfazioni. Ma fosse stata anche una piccola, seppur magra e momentanea rivalsa, si disse che sì, ne valeva la pena. Così, pensò a come procedere senza compromettersi troppo e rischiare di finire dritto al confino. La soluzione venne offerta dal fido Ottorino che aveva un nipote che lavorava come garzone al Caffè dei Portici, proprio davanti alla sede della Federazione Fascista.

Ogni giorno, e soprattutto in quei giorni, dal Caffè venivano forniti dei panini imbottiti al gruppo di “storici” impegnati a decifrare la  lapide misteriosa. Ad Albertino ( questo era il suo nome) l’avvocato raccontò cosa dovesse dire e il ragazzino, furbo e svelto, non perse tempo a mettere in atto il piano. Alla prima occasione in cui, dal Caffè, vennero inviati i generi di conforto alla sede fascista, si presentò con i panini davanti alla sala delle riunioni. Bussò e , consegnando le vivande, sbirciò il tavolo sul quale i reperti erano stati allineati. A quel puntò sbottò con un “Ma io l’ho già vista quella scritta!”. Tutti si voltarono a guardarlo, increduli. E il ragazzino aggiunse: “E’ quella della funicolare di Superga!L’hanno tirata giù quando hanno iniziato i lavori per la nuova tranvia”. Gli “storici” si guardarono l’un con l’altro e poi, rileggendo la composizione dei frammenti, il professor Daodatici esclamò: “ Buon Dio, ha ragione questo giovinetto. E’ l’insegna della “dentiera”. Altro che mistero, mio caro Nerofumi. Che non si sappia in giro la figura che abbiamo fatto..”. Il gerarca, scuro in volto come l’orbace, masticò amaro e sciolse in quattro e quattr’otto la “commissione” d’inchiesta, chiedendo ( e ottenendo) l’impegno al più assoluto riserbo. Albertino ci guadagnò una banconota da due lire, l’avvocato la soddisfazione di aver fatto fare una magra figura al Nerofumi, il gerarca – con la bile a mille – la promessa dell’assoluto silenzio su quella vicenda poco esaltante. Nel frattempo, i torinesi continuarono a salire a Superga con la tranvia. Senza curarsi di sapere chi fosse quel Nicola che aveva fatto scervellare le migliori(??) intelligenze della città.

 

Marco Travaglini

Rock Jazz e dintorni a Torino: Ligabue e Frankie Hi-nrg Mc

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Al teatro Regio si esibisce Ligabue.

Martedì. Al Jazz Club è di scena Matteo Salvadori.

Mercoledì. Al teatro Colosseo arriva Malika Ayane. Al Jazz Club suonano i Dicks Fall. Al teatro

Concordia si esibisce Anna Pepe. All’Osteria Rabezzana sono di scena i The Last Coat of Pink. Al

Peocio di Trofarello suonano gli Atomic Rooster. Al Blah Blah si esibiscono i Dicks’Fall. Allo Ziggy

sono di scena i San Leo +Makepop.

Giovedì. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie Limone, concerto dal titolo “Cine & Jazz” per un omaggio

ai centenari :Marcello Mastroianni, Marlon Brando, Henry Mancini, con l’Orchestra Magister

Harmoniae e la House Band. Al Blah Blah si esibisce Tony Mezzacarica & I Carusi. All’Hiroshima

Mon Amour arriva il rapper Frankie Hi-nrg Mc. Al teatro Colosseo è di scena Diodato. Al Cafè

Neruda suonano i Mashkatarìa. Al Jazz Club si esibiscono i Dionysian. Alla Divina Commedia

sono di scena gli Acoustik Brothers.

Venerdì. Allo Ziggy suonano i Distruzione + Putridity. Al Blah Blah si esibiscono i Temple Of

Deimos+ Palm In A Forest. Al Magazzino sul Po suonano gli Stormo. Per 3 giorni consecutivi

i Pink Floyd Legend Week, ripropongono gli album di maggior successo dei “mitici” Pink Floyd

al teatro Colosseo. Al Capolinea 8 suona il Cantabile Trio. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie Limone,

concerto dal titolo “Il Cielo è pieno di stelle”, tributo a Pino Daniele eseguito dal duo Mazzariello-

Bosso. Al Jazz Club suona la Terry Blues Band.

Sabato. Allo Ziggy suonano i Fuori Controllo + Redmoon Heroes. Al Blah Blah sono di scena i

La Crisi+Pigro. Al Folk Club si esibisce il quintetto di Stefano Dall’Armellina. Al Capolinea 8

concerto tributo a Chet Baker con il quartetto di Felice Reggio. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie

Limone, suona Albert Hera & Friends con la partecipazione di The Singers Choir. Al Jazz Club

si esibisce la Project Band.

Domenica. Chiusura di Moncalieri Jazz all’auditorium Toscanini, di Torino con lo spettacolo dal titolo

100 anni della radio” con l’Orchestra Rai diretta da Steven Mercurio, con la partecipazione

straordinaria di Tosca. Al Blah Blah suonano gli Spiritual Deception+ Chasing People. Allo Ziggy

sono di scena gli Hibaku Jumoku. Al Jazz Club si esibiscono i Plastic Fingers.

Pier Luigi Fuggetta

Una gustosissima torta salata di zucca

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D’autunno e inverno una ricetta con la zucca e’ d’obbligo.

Innumerevoli sono le preparazioni che si possono realizzare con la zucca, regina indiscussa della stagione autunnale e invernale, gustose zuppe, cremosi risotti, dolci delicati e deliziose “torte salate”. Perfette da preparare in anticipo le torte racchiudono, in un fragrante guscio di pasta sfoglia,  un vellutato e appetitoso ripieno, ideale per uno sfizioso antipasto.

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Ingredienti

 

1 disco di pasta sfoglia pronta

800gr. di zucca fresca

250gr. di ricotta vaccina

50gr.di parmigiano grattugiato

2 cucchiai di gorgonzola cremosa

1 piccolo porro

Un pizzico di noce moscata

Poco latte

Sale e pepe q.b.

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Pelare e lavare la zucca, tagliarla a pezzetti e cuocerla a vapore. Lasciarla scolare per perdere l’acqua in eccesso poi, passarla al passaverdura. In una padella con una noce di burro, stufare la parte bianca di un piccolo porro,  aggiungere il passato di zucca, mescolare e lasciar insaporire per alcuni minuti. Srotolare la pasta sfoglia, sistemarla in una tortiera da forno e bucherellare il fondo. In una terrina mescolare la ricotta con il parmigiano, due cucchiai di gorgonzola, la noce moscata, il sale e il pepe, aggiungere il passato di zucca e versare nella tortiera. Ripiegare i bordi di pasta e  spennellarli con un poco di latte, infornare a 200 gradi e cuocere per 30 minuti circa.

 

Paperita Patty

Note di Classica: Andràs Schiff, Bruce Liu e Antonio Pappano le “stelle” di novembre

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Mercoledì 6 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Janine Jansen al violino e Sunwook Kim al pianoforte, eseguiranno musiche di Brahms, C. Schumann. Giovedì 7 alle 20.30 e venerdì 8 alle 20 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Constantinos Carydis e con Karen Gomyo al violino, eseguirà musiche di Koukos, Bernstein, Ives e Schumann. Martedì 12 alle 20.30 all’auditorium Agnelli per Lingotto Musica, la Chamber Orchestra Europe diretta da Antonio Pappano e con Bertrand Chamayou al pianoforte, eseguirà musiche di Milhaud, Saint-Saens, Gershwin, Bernstein. Sempre martedì 12 alle 20 al teatro Vittoria, Alexander Gadjiev e Andrea Miazzon pianoforte, eseguiranno un programma intitolato “Improvvisazione?

Non Solo Jazz!”.Mercoledì 13 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Yulianna Avdeeva al pianoforte eseguirà un programma tutto dedicato a Chopin. Sabato 16 alle 18 al teatro Vittoria, Matteo Buonanoce al pianoforte con Antonio Valentino, eseguirà musiche di Chopin. Mercoledì 20 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, il Quartetto Esmè eseguirà musiche di Haydn, Korngold, Webern, Mendelssohn. Giovedì 21 alle 20.30 e venerdì alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Giuseppe Mengoli e con Bruce Liu al pianoforte e Leonor Bonilla soprano, eseguirà musiche di Beethoven e Mahler. Sabato 23 alle 19 al teatro Regio debutto de “ Le Nozze di Figaro” di Wolfang Amadeus Mozart. Commedia per musica in quattro atti. L’Orchestra del teatro Regio sarà diretta da Leonardo Sini. Repliche fino a domenica primo dicembre. Mercoledì 27 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Andràs Schiff al pianoforte avrà carta bianca. Venerdì 29 alle 20.30 all’auditorium Agnelli per Lingotto Musica, Grigory Sokolov al pianoforte eseguirà musiche di Chopin, Schumann e la seconda parte da definire. Sabato 30 alle 18 al teatro Vittoria, l’Ichos Percussion eseguirà musiche di Zivkovic, Ozone, Rohwer, Ouderits, Ugoletti, Glass, Skidmore, Golovko con invito all’ ascolto di Antonio Valentino.

Pier Luigi Fuggetta