CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16.30
19.502 PAZIENTI GUARITI E 2.790 IN VIA DI GUARIGIONE
Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 19.502(+335 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 2.067 (+37) Alessandria, 1.043 (+51) Asti, 757 (+8) Biella, 1.932 (+32) Cuneo, 1.722 (+87) Novara, 10.121 (+114) Torino, 831 (+4) Vercelli, 893 (+1) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 136 (+1) provenienti da altre regioni.
Altri 2.790 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.
I DECESSI SALGONO COMPLESSIVAMENTE A 3.910
Sono 12i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 0 al momento registrati nella giornata di oggi, (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).
Il totale è ora di 3.910 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 649 Alessandria, 236 Asti, 205 Biella, 384 Cuneo, 335 Novara, 1.721 Torino, 214 Vercelli, 127 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 39, residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.
LA SITUAZIONE DEI CONTAGI
Sono 30.758 (+24 rispetto a ieri, di cui 8 positività riscontrate in Rsa e 6 asintomatiche) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 3.945 Alessandria, 1.850 Asti, 1.037 Biella, 2.787 Cuneo, 2.710 Novara, 15.662 Torino, 1.307 Vercelli, 1.111 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 257 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 92 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.
I ricoverati in terapia intensiva sono 43 (-1 rispetto a ieri).
I ricoverati non in terapia intensiva sono 808 (– 33 rispetto a ieri).
Le persone in isolamento domiciliare sono 3.705
I tamponi diagnostici finora processati sono 331.241, di cui 183.611 risultati negativi.
Al binario 16 della stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova è partito il Frecciarossa per Reggio Calabria nel primo giorno di riapertura dei confini tra regione e regione.
Di Pier Franco Quaglieni / 
In Italia non si votava liberamente da tanti decenni perché già le elezioni del 1924 – i cui brogli erano stati denunciati da Giacomo Matteotti – erano state manipolate dai fascisti anche attraverso il sistema elettorale, assai poco democratico, adottato con la Legge Acerbo. Nel 1946 c’erano quindi tantissimi italiani non abituati a votare in una libera democrazia. Al di là del dubbio dei brogli da parte monarchica, mai documentati in modo convincente, Oliva mette in risalto che se errori, manchevolezze o altro ci furono, ciò fu dovuto anche ad una macchina elettorale non pronta a misurarsi con un referendum: ci fu chi segnalò che cittadini avevano votato due volte, chi lamentò di non aver ricevuto il certificato elettorale, ci fu chi, pur avendolo ricevuto, non poté votare perché non registrato al seggio e chi mise in dubbio l’imparzialità di qualche presidente di seggio.
La stessa campagna elettorale si svolse in modo non sereno, almeno in alcune zone del Nord come Torino. La giovane contessa Buffa di Perrero venne percossa selvaggiamente mentre attaccava dei manifesti monarchici nella città sabauda: un’aggressione che le provocò un’invalidità permanente. I leader monarchici in tante città del Nord non ebbero modo di parlare. I giornali erano tutti schierati per la Repubblica: solo la Nuova Stampa diretta da Filippo Burzio alternava gli articoli filomonarchici del suo direttore con quelli repubblicani di Luigi Salvatorelli.
Scrive lo storico torinese: «La Repubblica nasce così tra ricorsi, sospetti, cavilli e pressioni, con la debolezza della politica da una parte e, dall’altra, la magistratura chiamata ad un ruolo improprio di supplenza». Come scrisse Vittorio Gorresio, allora capocronista del Risorgimento Liberale di Mario Pannunzio, «la folla in piazza Montecitorio chiedeva la bandiera, ma non ne fu esposta nessuna perché non si sapeva quale». La Repubblica nacque quindi nel peggiore dei modi possibili ed ebbe buon gioco il monarchico Giovannino Guareschi a scrivere di «Repubblica provvisoria» anche se alla prova dei fatti le sue origini si riscattarono ampiamente con l’Assemblea Costituente e la redazione di una Carta Costituzionale che ha garantito quasi 70 anni di libertà e di democrazia. Lo stesso Covelli che fu deputato alla Costituente e in molte legislature successive lo riconobbe. Il dato incontestabile è però che una Monarchia non avrebbe potuto reggersi con il consenso di poco più del 50 per cento degli italiani. La Dinastia che aveva fatto il Risorgimento e aveva ceduto (o era stata costretta a cedere) di fronte al fascismo scelse la via dell’esilio.
nuotato controcorrente senza mai scadere nel banale revisionismo che tenta di negare realtà anche assai evidenti e ha cercato di “sdoganare” il fascismo, ma non ha mai speso una parola per i Savoia. È uno storico che con questa opera rivela la sua maturità di studioso, così lontana dalle impostazioni ideologiche di un Quazza e di un Rochat. Quand’era un politico seppe portare nella politica l’equilibrio dello storico e, scrivendo di storia, non si è mai lasciato sedurre dalle sirene delle ideologie che Raimondo Luraghi considerava il veleno letale per la storiografia. Rileggere il suo libro sul referendum del 2 giugno e la fine della Monarchia è il modo migliore per ricordare un fatto storico senza enfasi e polemiche che oggi appiaono superate,ma divisero in due i nostri padri e i nostri nonni.