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Coronavirus, aumentano i guariti. Altri 12 morti e 24 contagi

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16.30

19.502 PAZIENTI GUARITI E 2.790 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 19.502(+335 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 2.067 (+37) Alessandria, 1.043 (+51) Asti, 757 (+8) Biella, 1.932 (+32) Cuneo, 1.722 (+87) Novara, 10.121 (+114) Torino, 831 (+4) Vercelli, 893 (+1) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 136 (+1) provenienti da altre regioni.

Altri 2.790 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SALGONO COMPLESSIVAMENTE A 3.910

Sono 12i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 0 al momento registrati nella giornata di oggi, (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 3.910 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 649 Alessandria, 236 Asti, 205 Biella, 384 Cuneo, 335 Novara, 1.721 Torino, 214 Vercelli, 127 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 39, residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 30.758 (+24 rispetto a ieri, di cui 8 positività riscontrate in Rsa e 6 asintomatiche) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 3.945 Alessandria, 1.850 Asti, 1.037 Biella, 2.787 Cuneo, 2.710 Novara, 15.662 Torino, 1.307 Vercelli, 1.111 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 257 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 92 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 43 (-1 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 808 (– 33 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 3.705

I tamponi diagnostici finora processati sono 331.241, di cui 183.611 risultati negativi.

Temporali fino a venerdì su Torino e nord Piemonte

E’ ancora allerta gialla per il maltempo sul Piemonte. La fase temporalesca dovrebbe durare 48 ore, da ieri fino ad oggi.

L’allerta gialla, secondo le previsioni meteo di Arpa – Agenzia regionale per la protezione ambientale.

interessa il nord del Piemonte e la pianura settentrionale, dal Torinese al Novarese. Oggi, giovedì,  dovrebbe essere interessato dal maltempo tutto il territorio regionale, tranne le vallate torinesi e le Valle del  Po. La fase temporalesca dovrebbe terminare venerdì.

Fase 2, boom di truffe agli anziani: in media una al giorno

Nelle ultime settimane, con l’inizio della Fase 2 legata all’emergenza sanitaria Covid-19, è ripreso il fenomeno delle truffe ad anziani.

Dopo i mesi di marzo e aprile nei quali i numeri si erano praticamente azzerati, il mese di maggio ha visto una controtendenza, con una netta risalita dei casi. Durante il mese di maggio si registrano complessivamente 28 casi, tra truffe consumate e quelle tentate, la media di una al giorno, molte delle quali si sono concretizzate con l’asportazione di denaro o monili in oro da parte dei truffatori.

Questi episodi sono al vaglio degli inquirenti. Identificare gli autori, però, è oggi più difficile. Da un lato la chiusura degli esercizi commerciali non permette l’acquisizione delle immagini di videosorveglianza, prezioso ausilio per gli investigatori, dall’altro l’utilizzo di mascherine rende difficilmente riconoscibili gli autori.

Proprio l’emergenza sanitaria Covid-19 ha fornito nuovi escamotage ai truffatori. Ai vecchi stratagemmi, come quello di spacciarsi per operatori di società fornitrici di energia o dipendenti delle forze dell’ordine, si sono affiancate motivazioni di natura medico/sanitaria talvolta risultate efficaci. Infatti, in più di un’occasione le vittime hanno permesso l’ingresso agli estranei in casa per permettere attività di sanificazione legate alla pandemia in corso. Con tale espediente, proprio alcuni giorni fa, nel quartiere Vallette, ad un’anziana signora sono stati asportati oltre 7000 euro tra contanti e monili in oro. La scusa del Covid-19 era comparsa già alcuni giorni dopo l’inizio della Fase2; nella circostanza i rei truffarono una donna impossessandosi di oltre 15000 euro tra denaro contante e monili in oro.

Se da un lato l’emergenza Covid-19 è un escamotage in mano ai truffatori, dall’altro, talvolta, lo stratagemma ha insospettito le potenziali vittime le quali hanno diffidato di chi le avvicinava o contattava per paura del contagio.

La Questura di Torino vuole sottolineare quest’ultimo punto, invitando tutte le persone anziane a diffidare di vecchi e nuovi trucchi. In particolare, si consiglia di evitare di far accedere in casa fantomatici tecnici prima che si siano fatte le opportune verifiche con familiari, amministratori di condominio e forze dell’ordine.

Coronavirus: oltre 19 mila guariti, 14 morti e 19 nuovi contagi

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 18 DI MERCOLEDì 3 GIUGNO

19.167PAZIENTI GUARITI E 2.983 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 19.167(+198 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 2.030 (+9) Alessandria, 992 (+13) Asti, 749 (+20) Biella, 1.900 (+21) Cuneo, 1.635 (+2) Novara, 10.007 (+131) Torino, 827 (+1) Vercelli, 892 (+0) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 135 (+1) provenienti da altre regioni.

Altri 3.983sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SALGONO COMPLESSIVAMENTE A 3.898

Sono 14i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 2 al momento registrati nella giornata di oggi, (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 3.898 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 649 Alessandria, 235 Asti, 203 Biella, 384 Cuneo, 334 Novara, 1.714 Torino, 214 Vercelli, 127 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 38 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 30.734 (+19 rispetto a ieri, di cui 7 positività di fine aprile comunicate oggi da una RSA di Asti) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 3.944 Alessandria, 1.847 Asti, 1035 Biella, 2.783 Cuneo, 2.707 Novara, 15.653 Torino, 1.307 Vercelli, 1.111 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 255 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 92 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 44(2 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 841 (8rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 3.801.

I tamponi diagnostici finora processati sono 327.206, di cui 181.090risultati negativi.

Mattarella sceglie tra i Cavalieri al Merito gli “eroi normali” dell’emergenza virus

Nuovi torinesi e piemontesi Cavalieri al Merito della Repubblica sono un avvocato distintosi per beneficenza, un rider che ha regalato mille mascherine, un gruppo di giovani volontari di Grugliasco, il padre di famiglia malato di  Sla che voleva regalare alle terapie intensive il suo respiratore di riserva.

Si sono tutti distinti durante l’emergenza sanitaria sono distinte durante l’emergenza e il presidente Sergio Mattarella ha voluto insignirli dell’onorificenza di Cavaliere al merito.

“Non ho fatto nulla in più degli altri volontari, – dice all’Ansa Daniele, 26 anni, uno degli insigniti – la nostra forza è stata essere tutti insieme”. Lui fa parte del gruppo di volontari che ha portato generi di prima necessità a casa degli anziani durante il lockdown

Confini regionali riaperti, partono i primi treni per il sud

Al binario 16 della stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova è partito il Frecciarossa per Reggio Calabria nel primo giorno di riapertura dei confini tra regione e regione.

Il flusso dei viaggiatori nella stazione torinese, la terza per traffico in Italia oggi è stato ordinato.

Il  treno Torino-Napoli del mattino è partito con 90 passeggeri ed è probabile, stando alle prenotazioni, che il numero aumenterà lungo il tragitto.

Tra le misure prese per i viaggiatori delle Frecce, da oggi, la rilevazione della temperatura attraverso un termoscanner.

Il mercato dell’auto crolla anche dopo la riapertura dei concessionari

L’Italia Non crede nella ripresa. -49,6%. E’ questo lo sconvolgente risultato fatto registrate del mercato automobilistico italiano in maggio, cioè nel primo mese di riapertura delle concessionarie auto dopo un bimestre di chiusura. Il dato è drammatico, ma appare ancora più disastroso se si considera che è dovuto anche a ordini rimasti inevasi alla fine di febbraio, ultimo mese di andamento normale.

E’ del tutto evidente che, con il risultato di maggio, catastrofico è anche il cumulato dei primi cinque mesi dell’anno. Le immatricolazioni sono state 451.366 con un calo sul 2019 del 50,5% e di ben 459.506 autovetture.

Secondo una prima stima del Centro Studi Promotor la perdita di fatturato è stata di 8,3 miliardi a cui occorre aggiungere 1,8 miliardi di minor gettito Iva…

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Il Mercato auto crolla anche dopo la riapertura dei concessionari. L’Italia non crede nella ripresa

Verso i 19 mila pazienti guariti, 8 nuove vittime e 57 contagiati

Il bollettino della Regione di martedì 2 giugno

18.969 PAZIENTI GUARITI E 3.034 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 18.969 (+242 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 2.021 (+33) Alessandria, 979 (+30) Asti, 729 (+5) Biella, 1.879 (+7) Cuneo, 1.633 (+13) Novara, 9.876 (+135) Torino, 826 (+10) Vercelli, 892 (+5) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 134 (+4) provenienti da altre regioni.

Altri 3.034 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SALGONO COMPLESSIVAMENTE A 3.884

Sono i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui nessunoal momento registrato nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 3.884 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 649 Alessandria, 233 Asti, 203 Biella, 383 Cuneo, 333 Novara, 1.705 Torino, 214 Vercelli, 126 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 38 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 30.715 (+57 rispetto a ieri, di cui 17 nelle Rsa e 12 asintomatiche) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 3.944 Alessandria, 1.840 Asti, 1034 Biella, 2.783 Cuneo, 2.707 Novara, 15.644 Torino, 1.305 Vercelli, 1.111 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 254 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 93 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 46 (8 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 849 (55rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 3.933.

I tamponi diagnostici finora processati sono 325.097, di cui 180.283 risultati negativi.

2 Giugno in piazza per il centrodestra

In piazza Castello a Torino il 2 giugno alternativo del centrodestra piemontese.

A manifestare parlamentari, consiglieri regionali e militanti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.

“Oggi siamo scesi in piazza sì, ma non per festeggiare il 2 giugno, bensì per dimostrare il nostro dissenso verso un Governo che sta fallendo in un momento storico dove non è possibile fallire. Lo facciamo in modo composto, rispettando le disposizioni che impongono di evitare le grandi manifestazioni, ma questo approccio non deve far venire meno il messaggio che siamo arrabbiati verso chi ha abbandonato migliaia di italiani a loro stessi, non sostenendoli in uno dei passaggi più delicati della storia della Repubblica italiani.” Così gli esponenti del centrodestra che aggiungono: ” Il Governo Conte ha scelto di decidere da solo, senza chiamare alla collaborazione le forze di opposizione di centrodestra, e da solo si deve assumere la responsabilità del tracollo economico al quale stiamo assistendo. Oggi siamo in piazza per dire agli italiani, come centrodestra unito, che noi ci siamo e saremo sempre al loro fianco”.

Come nacque la Repubblica il 2 Giugno 1946

Di Pier Franco Quaglieni / Voglio ricordare il 2 giugno  rileggendo un grande libro dello storico Gianni Oliva dopo aver ricordato che in quella data nel 1946 si celebrò in Italia  una grande partecipazione popolare e democratico con il suffragio universale allargato per la prima volta al voto femminile

 

Gianni Oliva ricostruisce nel suo libro – Gli ultimi giorni della Monarchia  (Mondadori) – con assoluto rigore storico i mesi tra maggio e giugno 1946, quando si tenne la campagna elettorale e si concluse il referendum tra Monarchia e Repubblica che divise il Paese in due blocchi: 12.700.000 italiani favorevoli alla Repubblica contro poco meno di 11.000.000 che si pronunciarono per la Monarchia,come annunciò il Ministro degli Interni di allora, Giuseppe Romita. L’autore, che aveva già al suo attivo una pregevole biografia di Umberto II, mette in risalto il ruolo decisivo avuto da quello che con dileggio venne chiamato il “re di maggio”, anche se come luogotenente generale del Regno, dalla liberazione di Roma nel giugno 1944, Umberto aveva esercitato le funzioni di re per circa un anno.

Anche se lo storico non rinuncia ad una profonda convinzione repubblicana, un lettore che non conoscesse la sua storia politica, non la coglierebbe, come invece era accaduto in passato leggendo i libri di chi si era cimentato a raccontare quella vicenda. Come fa giustizia di certe vulgate repubblicane, spazza via anche certe vulgate monarchiche che sui risultati del referendum hanno sciupato troppo inchiostro. Se si poteva capire il Libro azzurro sul referendum scritto da Nicolò Rodolico e Vittorio Prunas Tola negli anni immediatamente successivi al referendum, si fa difficoltà a comprendere i lavoricchi pseudo-storici di chi in questi ultimi anni ha raffazzonato le tesi monarchiche sul referendum, non tanto per analizzare storicamente la fine della Monarchia quanto piuttosto per sostenere i  presunti diritti dinastici del ramo Aosta della dinastia sabauda.

Lo storico torinese non tralascia di citare i toni polemici fortemente esagitati della parte repubblicana che finiva per coincidere con il governo di allora – se si escludono i ministri liberali -, anche se Alcide De Gasperi cercò di mantenere un minimo di apparente equidistanza tra le due parti. La verità che emerge dal libro di Oliva è che l’Italia andò al referendum, mancando dei presupposti necessari ad affrontarlo nel modo migliore. Nel giugno 1946 non era possibile fare diversamente e il ruolo del ministro Romita fu determinante: indisse elezioni  amministrative poco tempo prima del referendum in città repubblicane come Milano e Bologna, ma non le indisse in città monarchiche come Napoli e Catania per condizionare l’opinione pubblica nazionale. Cercò di affrettare la data del referendum, consapevole che il luogotenente del Regno e nuovo re Umberto II stava conquistando il consenso di tanti italiani, senza mai entrare in una campagna elettorale che ritenne non compatibile con il suo ruolo super partes.

In Italia non si votava liberamente da tanti decenni perché già le elezioni del 1924 – i cui brogli erano stati denunciati da Giacomo Matteotti – erano state manipolate dai fascisti anche attraverso il sistema elettorale, assai poco democratico, adottato con la Legge Acerbo. Nel 1946 c’erano quindi tantissimi italiani non abituati a votare in una libera democrazia. Al di là del dubbio dei brogli da parte monarchica, mai documentati in modo convincente, Oliva mette in risalto che se errori, manchevolezze o altro ci furono, ciò fu dovuto anche ad una macchina elettorale non pronta a misurarsi con un referendum: ci fu chi segnalò che cittadini avevano votato due volte, chi lamentò di non aver ricevuto il certificato elettorale, ci fu chi, pur avendolo ricevuto, non poté votare perché non registrato al seggio e chi mise in dubbio l’imparzialità di qualche presidente di seggio.

Luigi Barzini junior, amico personale di Umberto – ricorda Oliva -, lasciò scritto con obiettività  che «erano irregolarità monarchiche dove la maggioranza era monarchica ed erano irregolarità repubblicane dove la maggioranza era repubblicana». Va invece anche detto che Giuseppe Romita, considerato non a torto il padre della Repubblica, non esercitò con la dovuta imparzialità la sua funzione di Ministro degli Interni, facendo nettamente prevalere quasi in ogni atto, in primis la data del referendum, la sua forte passione repubblicana.

La stessa campagna elettorale si svolse in modo non sereno, almeno in alcune zone del Nord come Torino. La giovane contessa Buffa di Perrero venne percossa selvaggiamente  mentre attaccava dei manifesti  monarchici nella città sabauda: un’aggressione che le provocò un’invalidità permanente. I leader monarchici in tante città del Nord non ebbero modo di parlare. I giornali erano tutti schierati per la Repubblica: solo la Nuova Stampa diretta da Filippo Burzio alternava gli articoli filomonarchici del suo direttore con quelli repubblicani di Luigi Salvatorelli.

Le responsabilità della Monarchia relative al fascismo, alle leggi razziali, alla cosiddetta fuga di Pescara l’8 settembre 1943,  avevano lasciato un segno indelebile e il clima che si respirava nel Centro-Nord era di odio e di assoluto rifiuto nei confronti dell’istituzione monarchica rappresentata da Casa Savoia. Si trattava di colpe che vennero gettate sulle spalle di Umberto, anche se a lui nulla di grave si poteva imputare. Se non si fece paracadutare al Nord durante la Resistenza (cosa che gli angloamericani non gli avrebbero consentito), partecipò in prima persona alle operazioni militari del risorto esercito italiano del Regno del Sud che contribuì significativamente alla Guerra di Liberazione. Oliva ricostruisce la figura di Umberto, riconoscendo il suo equilibrio e la sua assoluta correttezza istituzionale nell’anno in cui, di fatto, fu re.

Il deputato monarchico Enzo Selvaggi (recentemente tornato all’attenzione degli storici perché avrebbe tradito sotto tortura il colonnello Giuseppe Lanza Cordero di Montezemolo, capo

Falcone Lucifero

del fronte clandestino a Roma durante la Resistenza, ammazzato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine), come ricorda Oliva, presentò un ricorso sull’esito del referendum, appellandosi alla Corte di Cassazione cui spettava la proclamazione dell’esito referendario: il decreto istitutivo del referendum parlava di vittoria, ricorda Oliva, dello schieramento che avesse ottenuto «la maggioranza degli elettori votanti» e non della «maggioranza dei voti validi». Nel guazzabuglio di quel momento (nel quale furono esclusi dal voto gli interi territori delle province di Bolzano, Gorizia e Trieste e i prigionieri di guerra non rimpatriati) aveva un senso sollevare dei dubbi sull’esito elettorale perché il ministro Romita non aveva fornito indicazioni sulle schede bianche e nulle.  Ma il ricorso alla Corte di Cassazione, di fatto, non venne mai discusso perché il governo, il 12 giugno, decise unilateralmente di nominare il presidente del Consiglio De Gasperi, Capo provvisorio dello Stato. In tutta la vicenda del referendum giocarono anche un ruolo di fondamentale importanza gli Alleati con l’Ammiraglio Stone.

Il Re venne posto di fronte ad una scelta: o accettare l’atto del governo o reagire, facendo scorrere altro sangue in una probabile, nuova guerra civile. Umberto II – al di là delle pressioni di alcuni suoi consiglieri che spesso si rivelarono poco avveduti politicamente e che invitavano il Re a resistere ricorrendo alle armi – scelse la via del volontario esilio, partendo per il Portogallo il 13 giugno 1946 dopo aver sciolto dal giuramento prestato al Re «coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso durissime prove». Nelle parole del proclama di Umberto lanciato agli italiani si denunciava il “gesto rivoluzionario del governo”, ma si evitarono i toni concitati. Il Re ascoltò soprattutto un magistrato torinese, Giovanni Colli, monarchico e uomo della Resistenza. Non diede ascolto invece ad altri che hanno poi vantato ruoli che in effetti non ebbero come Edgardo Sogno.

Una funzione  determinante in tutto il periodo di regno di Umberto lo ebbe il Ministro della Real Casa: Falcone Lucifero, socialista matteottiano in gioventù, avvocato e Ministro dell’Agricoltura nel ministero Badoglio. Oliva mette in evidenza il lavoro diuturno compiuto da Lucifero tra il ’44 e il ’46. Lucifero per le sue origini socialiste non piacque a gran parte dei monarchici che scelsero, dopo il referendum, di collocarsi con Alfredo Covelli a destra dello schieramento politico repubblicano. Sta di fatto che la proclamazione vera e propria della Repubblica non avvenne mai perché il presidente della Cassazione Pagano si limitò il 10 giugno 1946 a leggere «tra lo sconcerto dei presenti», precisa Oliva, collegio per collegio i dati forniti dal Ministero degli Interni.

Scrive lo storico torinese: «La Repubblica nasce così tra ricorsi, sospetti, cavilli e pressioni, con la debolezza della politica da una parte e, dall’altra, la magistratura chiamata ad un ruolo improprio di supplenza». Come scrisse Vittorio Gorresio, allora capocronista del Risorgimento Liberale di Mario Pannunzio, «la folla in piazza Montecitorio chiedeva la bandiera, ma non ne fu esposta nessuna perché non si sapeva quale». La Repubblica nacque quindi nel peggiore dei modi possibili ed ebbe buon gioco il monarchico Giovannino Guareschi a scrivere di «Repubblica provvisoria» anche se alla prova dei fatti le sue origini si riscattarono ampiamente con l’Assemblea Costituente e la redazione di una Carta Costituzionale che ha garantito quasi 70 anni di libertà e di democrazia. Lo stesso Covelli che fu deputato alla Costituente e in molte legislature successive lo riconobbe.  Il dato incontestabile è però che una Monarchia non avrebbe potuto reggersi con il consenso di poco più del 50 per cento degli italiani. La Dinastia che aveva fatto il Risorgimento e aveva ceduto (o era stata costretta a cedere) di fronte al fascismo scelse la via dell’esilio.

Oliva descrive con precisione le ultime ore romane di Umberto e la sua lucida pacatezza velata da qualche dubbio: con la partenza egli evitò lo scorrimento del sangue e questo resta un merito che gli va riconosciuto da tutti. Lo storico infatti riconosce esplicitamente al Re la sua scelta che lo portò a sacrificare le ragioni dinastiche rispetto a quelle relative alla nazione italiana che aveva bisogno di pace interna per affrontare la durissima ricostruzione dopo una guerra disastrosa durata cinque anni.

Gianni Oliva è stato da sempre lo storico che si è misurato sui temi più controversi o trascurati come le foibe e l’esodo giuliano-dalmata o la storia del Regno di Napoli. È un pesce che ha sempre nuotato controcorrente senza mai scadere nel  banale revisionismo che tenta di negare realtà anche assai evidenti e ha cercato di “sdoganare” il fascismo, ma non ha mai speso una parola per i Savoia. È uno storico che con questa opera rivela la sua maturità di studioso, così lontana dalle impostazioni ideologiche di un Quazza e di un Rochat. Quand’era un politico seppe portare nella politica l’equilibrio dello storico e, scrivendo di storia, non si è mai lasciato sedurre dalle sirene delle ideologie che Raimondo Luraghi considerava  il veleno letale per la storiografia. Rileggere il suo libro sul referendum del 2 giugno e la fine della Monarchia è il modo migliore per ricordare un fatto storico senza enfasi e polemiche che oggi appiaono superate,ma divisero in due  i nostri padri e i nostri nonni.

 

Scrivere a quaglieni@gmail.com