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Contagi elevati perché risultati di tamponi precedenti, ma l’andamento migliora

I dati migliorano per il Piemonte, rispetto a quelli preoccupanti che emergono ogni sera alle 19 dal bollettino dell’Unità di crisi di corso Marche.

L’elevato numero di morti e nuovi contagiati che da diversi giorni colloca la nostra regione nella parte alta della drammatica classifica nazionale non è collegato infatti alla  diffusione del virus, bensì ai risultati dei tamponi, anche di quelli effettuati tempo fa, trasmessi dai laboratori.

Il governatore Alberto Cirio, in conferenza stampa online questa mattina, pur osservando che i decessi sono sempre piuttosto numerosi, circa 20 al giorno osserva positivamente il  “calo dei casi valutati per inizio sintomi così come  dei ricoveri nelle terapie intensive, in costante riduzione”. Ciò significa secondo il presidente che ” la diffusione del coronavirus in Piemonte è in calo”. I test in Piemonte sono circa 7300 al giorno, mentre negli  ultimi giorni si riscontra che  il 60 per cento circa dei nuovi casi di positività rilevati dai tamponi riguardano le Rsa.

I ricoverati in terapia intensiva sono passati negli ultimi 15 giorni da 450 a 250. “Guardiamo con speranza al 4 maggio, data che dovrà essere confermata perché le regole e i tempi sono dovuti all’emergenza sanitaria. Ecco perché questa settimana sarà cruciale per il Piemonte”, ha aggiunto Cirio.

Il 25 aprile di fronte alla storia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Sono passati 75 anni anni dalla fine della II Guerra mondiale e dalla Liberazione dal giogo nazifascista. E’ una ricorrenza della storia  che va ricordata e anche festeggiata  perché segna la fine della più terribile guerra in cui fu coinvolta l’Italia per cinque anni e fu   l’inizio di una rinascita nazionale che porterà alla Costituzione, mettendo le basi della ricostruzione. 

La Resistenza iniziata dopo l’8 settembre 1943, ma già anticipata idealmente  dagli antifascisti esiliati, incarcerati e confinati dal regime,  rappresentò un elemento importante della Guerra di Liberazione, anche se, senza il determinante apporto degli Alleati angloamericani ,il riscatto sarebbe stato  molto problematico. Fu guerra  di popolo, di volontari armati che ricorda il Risorgimento, ma anche  una guerra regolare del Regio Esercito ricostituito al Sud  che diede un contributo non solo simbolico, come per troppo tempo sostenuto.
Tra i volontari ci furono donne e uomini di tutti gli orientamenti  politici o anche di nessun schieramento come molti militari che dopo l’8 settembre non fuggirono, ma andarono in montagna a resistere al nemico tedesco.  Ci fu una Resistenza tricolore di tanti che furono, più che partigiani, dei veri patrioti. Ma quei mesi dal ‘43 al’45 rappresentarono anche, come riconobbe  lo storico antifascista Claudio Pavone ,un momento di atroce guerra civile tra Italiani che coinvolse anche dei civili inermi. Ci furono atrocità  terribili, esagerazioni, come riconobbe il presidente Giorgio a Napolitano, che non fanno onore alla Resistenza e che proseguirono anche dopo il 25 aprile. Esse non oscurano i meriti dei combattenti che si immolarono per difendere il suolo nazionale e ripristinare la libertà, ma una ricostruzione storica non può prescindere anche dagli aspetti negativi che sono insiti di per sè in una guerra civile che, di norma, da’ spazio anche a vendette personali  e crudeltà’ che non vanno sottaciute. I fascisti e i tedeschi  si macchiarono di stragi e rappresaglie  orrende che determinarono delle reazioni più che comprensibili. Certo i fascisti combatterono dalla parte sbagliata, mentre i partigiani seppero schierarsi dalla parte giusta e questo rappresenta uno spartiacque importante ma che non può giustificare tutto di per se’. Anche gli Alleati liberatori nel corso della loro campagna d’Italia si macchiarono di azioni gravi verso donne e popolazioni civili che non mettono in discussione la loro fondamentale partecipazione a liberare l’ Italia. La storia segue criteri valutativi che vanno oltre quelli etico – politici, pure importanti.
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 Poi ci fu una parte di resistenti ,abbastanza consistente ,che vide nella Resistenza l’occasione di una guerra rivoluzionaria di classe per portare anche in Italia un regime comunista. Questa parte tentò di far deviare il corso della storia ,ma non riuscì nell’intento,anzi diede qualche lezione di patriottismo ,contribuendo in modo costruttivo e decisivo  alla redazione della Carta Costituzionale.  C’è chi ha scritto  che tra le finalità della Resistenza ci sia stata anche la fondazione della Repubblica ,ma questa affermazione non è del tutto vera perché una parte significativa dei volontari della Libertà erano soldati legati al giuramento al Re come tutti i militari italiani  che combatterono come truppe regolari a fianco degli alleati. Va inoltre messa in evidenza la Resistenza nei lager tedeschi dei militari  italiani  fatti prigionieri, i cosiddetti Internati militari italiani , oltre mezzo milione di uomini con le stellette che patirono fame, freddo, angherie per rimanere anch’essi fedeli al  loro giuramento di soldati. Essi non furono meno resistenti dei partigiani, anche se il loro ruolo venne misconosciuto  per decine di anni. Infine non va enfatizzata la partecipazione popolare alla Resistenza perché ci fu un’ ampia “zona grigia“ di Italiani che fece il doppio gioco o cercò di tenersi fuori dalla vicende drammatiche che stavano vivendo. Solo alla vigilia del 25 aprile tutti, all’improvviso, diventarono antifascisti, mentre la realtà era stata ben diversa. Con questi indispensabili distinguo storici tutti gli Italiani si possono oggi ritrovare a festeggiare una data importante della storia italiana che la guerra civile ha reso divisiva  e che invece va vista in una dimensione più alta come guerra nazionale e patriottica. Anche il 14 luglio in Francia fu una data  inizialmente molto divisiva, poi via via divenne un riferimento  in cui tutti i francesi si identificano con orgoglio. Esporre il Tricolore ha il significato di vedere nel 25 aprile un elemento patriottico da cui si autoescludono i nostalgici del fascismo e i faziosi che vogliono colorare politicamente questa data in senso ideologico. Essa invece appartiene a tutti gli Italiani che amano l’Italia,  la libertà, la pace, la democrazia.
Scrivere a quaglieni@gmail.com

Un 25 aprile diverso

Di Marco Travaglini /  Il giorno della Liberazione, che si celebra quest’anno per la 75° volta, è una ricorrenza che riveste particolare importanza in  questo momento delicato per il Paese,colpito da una gravissima emergenza sanitaria. Le manifestazioni si svolgeranno in forma virtuale. Noi tutti siamo coinvolti in una sfida inedita che sta condizionando  la nostra esistenza, le abitudini, le attività nelle quali siamo impegnati, le nostre stesse libertà.

I provvedimenti di distanziamento sociale e di restrizione della libera circolazione adottati dalle autorità nazionali e regionali ci obbligano ad essere responsabili. Nessuno si sarebbe immaginato di dover ricordare l’anniversario della Liberazione in queste condizioni, compiendo una scelta di responsabilità a tutela della salute di tutti. Settantasette anni fa la stessa Resistenza nacque da una scelta. Lo sgomento dei giorni che seguirono l’armistizio dell’8 settembre ’43 si trasformò per molti in voglia d’azione, le tante umiliazioni patite in desiderio di riscatto. In quei venti mesi si affermò un sentimento nuovo, potente e due fronti opposti –  il fascismo e l’antifascismo – si diedero battaglia.

Ciò che accadde nella primavera del ’45 rappresentò il momento della rinascita. Nel corso degli anni abbiamo appreso dai protagonisti lo “spirito del tempo” di quell’epoca drammatica: la tragedia della dittatura fascista, la guerra, l’armistizio, l’occupazione tedesca e la Repubblica di Salò, le imprese coraggiose e spesso disperate della Resistenza fino all’arrivo degli alleati e alla Liberazione. Le immagini e i racconti di quel 25 aprile di settantacinque anni fa ci confermano che rappresentò davvero un giorno di gioia e di libero orgoglio per la riconquistata dignità di un intero popolo. Le testimonianze dirette di coloro che hanno scritto pagine importanti di quel periodo storico, di persone note e meno note che hanno lottato per restituire  libertà e dignità al nostro Paese ci hanno consentito, ben più dei libri, di conoscere e di fare nostra quella grande lezione di speranza e volontà di rinascita. Mai come ora, nelle condizioni che stiamo vivendo, occorre riflettere  sull’importanza dei sacrifici di tante donne e tanti uomini che non esitarono ad opporsi al regime fascista che stava distruggendo l’Italia. Ora c’è un’emergenza sanitaria imposta da un virus ma nel paese, negli ultimi tempi, un altro virus non meno pericoloso serpeggia: quello dell’intolleranza, del negazionismo, dell’offesa nei confronti degli ebrei e della Resistenza. E’ un sintomo preoccupante di regressione e violenza che sarebbe grave sottovalutare o sottacere.

 

Primo Levi diceva che “tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo”. E’ il momento di aprire gli occhi e scacciare il torpore dalle coscienze perché ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi rappresenta un rigurgito di fascismo e l’affacciarsi nuovamente del demone dell’antisemitismo,nei confronti dei quali dobbiamo reagire. Inquieta e preoccupa il riemergere dalle tenebre del passato di fantasmi, sentimenti, rigurgiti razzisti, del diffondersi della predicazione dell’odio, amplificata a dismisura dai nuovi mezzi di comunicazione in rete. Contro la violenza dell’intolleranza servono coraggio e determinazione, un grande impegno culturale e responsabilità. Bertolt Brecht scrisse “quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere”. La Repubblica, che insieme alla Costituzione rappresenta il frutto più importante della Resistenza, tra i suoi doveri ha quello di far rispettare, con fermezza, quanto è scritto nella nostra Carta Costituzionale all’articolo 3: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Tutto ciò mi fa dire che non stiamo commemorando cose lontane e sentimenti ormai vecchi ma valori ben vivi e necessari. Mai come ora possiamo dire che la Resistenza non è mai finita e la sua lezione resta attualissima oltre che necessaria. Le tante e diverse scelte compiute allora nello “scegliersi la parte” ci rendono fieri, orgogliosi e consapevoli dell’importanza della Resistenza. Lo storico Giovanni De Luna nel suo “Fieri della Resistenza” ha scritto che perpetuarne il ricordo significa ritrovare la scintilla di allora in chi oggi mette in atto scelte altrettanto consapevoli, violando le regole del conformismo, del compiacimento, dell’allinearsi al verbo dell’uomo forte. Scegliersi la parte significa sfidare il male del silenzio e la sordità del potere, rompere la crosta di egoismi e interessi di parte. Significa contrastare l’indifferenza che, come diceva Gramsci “è il peso morto della storia”.

Oggi  scegliersi la parte equivale ad essere coerenti con i valori della Resistenza, con i desideri di giustizia e di uguaglianza, di tutela dei diritti e volontà di assolvere ai doveri che motivarono i “padri costituenti” della Repubblica. Ritrovare quello spirito, ritrovando noi stessi. Primo Levi, in una delle sue rare poesie intitolata “Partigia”, datata 23 luglio 1981 e pubblicata sulla terza pagina de La Stampa il successivo 18 agosto, scriveva: “Dove siete, partigia di tutte le valli,Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?Molti dormono in tombe decorose, quelli che restano hanno i capelli bianchi e raccontano ai figli dei figli come, al tempo remoto delle certezze,hanno rotto l’assedio dei tedeschi là dove adesso sale la seggiovia. Alcuni comprano e vendono terreni, altri rosicchiano la pensione dell’Inps o si raggrinzano negli enti locali. In piedi, vecchi: per noi non c’e’ congedo. Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,lenti, ansanti, con le ginocchia legate,con molti inverni nel filo della schiena. Il pendio del sentiero ci sarà duro,ci sarà duro il giaciglio, duro il pane. Ci guarderemo senza riconoscerci,diffidenti l’uno dell’altro, queruli, ombrosi. Come allora, staremo di sentinella perché nell’alba non ci sorprenda il nemico. Quale nemico? Ognuno e’ nemico di ognuno,spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,la mano destra nemica della sinistra. In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:La nostra guerra non e’ mai finita”. Quest’appello è rivolto oggi a tutti i democratici con l’invito a “stare di sentinella” perché il nemico non ci sorprenda impreparati. Quale nemico? Quello, subdolo e pericolosissimo dell’intolleranza, del rifiuto della diversità, della democrazia e dell’umana solidarietà. Dunque, ritroviamoci perché anche per noi non c’è congedo.

 

Ciclone cassa integrazione su commercio, bar e ristoranti. Rischio chiusura

Sul commercio e sulla somministrazione si è abbattuto un tornado

L’analisi è dell’ Ascom in base ai dati della Regione, aggiornati al 20 aprile, in relazione al ricorso alla cassa integrazione in deroga delle aziende fino a 5 addetti e delle imprese  grandi che non accedono ad altri ammortizzatori. 

 

Su circa 24.000 aziende piemontesi che hanno presentato domande di cig in deroga più di  17.000 sono del terziario, ovvero più del 70% del totale.  6.500  sono imprese del settore del commercio al dettaglio e circa 6.200 della somministrazione, tra pubblici esercizi e ristoranti, con oltre  25.000 lavoratori sospesi. In Torino e provincia si registrano  13.184  imprese di tutti i settori che hanno inoltrato  domanda per  33.671 addetti e  5.500.000 ore di sospensione dal lavoro.

“Dal turismo al commercio vediamo impatti traumatici su fatturato e occupazione. Il rischio è concreto: tutte le attività di commercio al dettaglio, tranne l’alimentare, dall’abbigliamento alle librerie, dai bar ai ristoranti, hanno chiuso l’attività”. Così il  presidente di Ascom Torino e di Confcommercio Piemonte, Maria Luisa Coppa.

L’epidemiologo Vineis alla guida della seconda fase dell’emergenza virus

Paolo Vineis, 69 anni, originario di Alba, epidemiologo di fama internazionale e attualmente professore al Centre for Environment and Health School of Public Health dell’Imperial College di Londra è il responsabile della nuova Area di supporto alla Pianificazione strategica dell’Unità di crisi della Regione Piemonte.

Lo annunciano il commissario Vincenzo Coccolo e l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, che hanno condiviso la scelta di allargare il novero delle competenze necessarie a gestire la nuova fase dell’emergenza coronavirus in Piemonte.

«L’epidemia sta uscendo dalla prima fase emergenziale – osserva l’assessore Icardi -, occorre ordinare l’esperienza epidemiologica di questi mesi in funzione delle scelte che andranno compiute per l’immediato futuro ed anche in vista del ritorno di possibili focolai di infezione, potenziando gli strumenti della pianificazione strategica. Oltre ai superconsulenti del professor Ferruccio Fazio per la riorganizzazione della Sanità territoriale, l’Unità di crisi ha inteso arricchirsi di nuove, qualificatissime competenze professionali che faranno squadra con il Comitato tecnico scientifico nella gestione strategica dell’emergenza sanitaria».

Oltre all’Area di programmazione epidemiologica, l’organigramma dell’Unità di crisi comprenderà inoltre il Coordinamento regionale dell’Area di psichiatria, rappresentato dal direttore di psichiatria dell’Asl To4, Massimo Rosa, e il Coordinamento regionale dell’Area di psicologia, affidato al presidente dell’Ordine degli psicologici del Piemonte, Giancarlo Marenco, mentre Elide Azzan, direttore sanitario dell’Asl di Novara, assumerà l’incarico di vicario del coordinatore sanitario dell’Unità di crisi Flavio Boraso, nonché quello di coordinatore della nuova Area di collegamento con il Dipartimento di Emergenza 118, il cui responsabile, Mario Raviolo, non farà quindi più parte dell’Unità di crisi.

Il palazzo della Regione Piemonte bocciato dal coronavirus

Fase 2, la Regione vuole azzerare la burocrazia per la ripartenza delle imprese

Un pacchetto di misure per sostenere la ripartenza del sistema produttivo e del lavoro in Piemonte e un disegno di legge “burocrazia zero”: è ciò a cui lavora in queste ore il presidente della Regione Alberto Cirio in vista della Fase 2.

Sul fronte delle misure economiche la Regione sta rimodulando il Piano della competitività da 600 milioni di euro, predisposto e pronto per essere presentato prima che iniziasse l’emergenza coronavirus e ora in fase di ridefinizione per rispondere alle criticità causate dalla pandemia.

Basato per circa il 50% su fondi europei e pensato per essere attuato nell’arco di due anni, il Piano dovrà ora iniziare a generare una ricaduta immediata nell’arco di tre mesi, per iniettare nel sistema le risorse necessarie a supportare la ripartenza economica.

Parallelamente si lavora a un disegno di legge regionale per ridurre la burocrazia e incentivare il tessuto produttivo. Su questo fronte si è svolto, oggi, un incontro con il Prefetto di Torino. Accanto alla necessità di abbattere il più possibile le procedure burocratiche e agevolare la ripartenza economica c’è infatti quella di garantire la legalità e non abbassare la guardia rispetto al rischio di infiltrazioni da parte della criminalità.

Il documento è in fase di ultimazione, l’obiettivo è di avere pronto il disegno di legge entro la fine della prossima settimana.

Si riparte da Mirafiori con i prototipi della 500 elettrica

Da lunedì ricomincia seppure in parte l’attività nello stabilimento Fca di Mirafiori a Torino

La produzione riguarderà componenti per il Ducato della Sevel di Val di Sangro e o le preserie prototipali della 500 elettrica. Si tratta di una produzione sicura  nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo  autorizzate dal governo. In queste ore sarà definito il numero dei lavoratori che rientreranno e il loro orario. I sindacati hanno chiesto di implementare il Protocollo sulla sicurezza. Un primo segnale di ritorno alla normalità in vista del superamento dell’emergenza sanitaria.

Coronavirus, insediata task force regionale per la Fase 2

Alla presenza del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e dell’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, oggi pomeriggio nella sede dell’Assessorato alla Sanità si è insediata la  task force di esperti che affiancherà lo stesso Assessorato e la Giunta regionale per la gestione della Fase 2 dell’emergenza coronavirus covid19 in Piemonte.

Il coordinatore del gruppo di lavoro, Ferruccio Fazio, già ministro della Salute e oggi sindaco di Garessio, ha rilevato come l’emergenza di oggi renda indispensabile agire immediatamente sul fronte della medicina territoriale, attraverso un percorso condiviso con tutti gli interlocutori del comparto, dai medici di medicina generale, agli infermieri, ai nuovi operatori delle Usca.

Negli interventi dei componenti della task force, Giovanni Di Perri, Guido Giustetto, Pietro Presti, Massimiliano Sciretti Franco Ripa e Alessandro Stecco, in primo piano il ruolo centrale di medici di medicina generale, pediatri, farmacisti, sistema di continuità assistenziale, specialisti ambulatoriali per teleconsulenze, Usca, assistenza domiciliare programmata, ambulatori e sale di attesa, igienisti, epidemiologi, telemedicina e telemonitoraggio.

Del gruppo di lavoro farà anche parte Paola Brusa, segretario dell’Ordine dei farmacisti della provincia di Torino.

«Come da indicazione del presidente Cirio – ha sintetizzato Fazio -, entro luglio presenteremo un piano organizzativo applicabile operativamente già a settembre. Nell’immediato, forniremo alla politica delle indicazioni tecniche e scientifiche sulle misure di contenimento sociale, in vista della scadenza del 3 maggio».

«E’ stato un incontro operativo e molto costruttivo – osserva l’assessore regionale, Luigi Genesio Icardi -, sono stati individuati tempi e metodi degli interventi che andranno messi in campo per ristrutturare il sistema sanitario territoriale, in modo da metterlo in grado di affrontare possibili ritorni dell’epidemia. Da questa esperienza emergenziale, dobbiamo ricavare l’opportunità di strutturare al meglio il sistema di cura sul territorio, che in questi anni è stato drammaticamente trascurato».

Il bollettino della Regione Piemonte delle ore 19 di martedì 21 aprile

2.976 PAZIENTI GUARITI E 1.747 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi pomeriggio l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che il numero di pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, è di 2.976 (208 in più di ieri): 269 (+7) in provincia di Alessandria, 111 (+12) in provincia di Asti, 149 (+35) in provincia di Biella, 307 (+21) in provincia di Cuneo, 241 (+11) in provincia di Novara, 1.530 (+113) in provincia di Torino, 158 (+5) in provincia di Vercelli, 170 (+4) nel Verbano-Cusio-Ossola, 41 provenienti da altre regioni.

Altri 1.747 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SALGONO COMPLESSIVAMENTE A 2.524

Sono 71 i decessi di persone positive al test del “Coronavirus Covid-19” comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi, di cui 18 al momento registrati nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente dall’Unità di crisi può comprendere anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale complessivo è ora di 2.524 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 488 ad Alessandria, 130 ad Asti, 150 a Biella, 185 a Cuneo, 227 a Novara, 1.072 a Torino, 143 a Vercelli, 101 nel Verbano-Cusio-Ossola, 28 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 22.149 (+712 rispetto a ieri, un incremento rapportato al raddoppio del numero di tamponi eseguiti tra domenica, circa 3 mila e lunedì, quasi 6 mila), le persone finora risultate positive al “Covid-19” in Piemonte: 2.962 in provincia di Alessandria, 1.234 in provincia di Asti, 809 in provincia di Biella, 2.128 in provincia di Cuneo, 2.031 in provincia di Novara, 10.699 in provincia di Torino, 996 in provincia di Vercelli, 947 nel Verbano-Cusio-Ossola, 218 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 125 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 291 (-10 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 3.195.

Le persone in isolamento domiciliare sono 11.416.

I tamponi diagnostici finora eseguiti sono 107.850, di cui 55.052 risultati negativi.

 VIA LIBERA AI TEST SIEROLOGICI SUL PERSONALE SANITARIO PIEMONTESE. L’ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITA’, LUIGI ICARDI: «UN’INDAGINE FONDAMENTALE PER LA RIPIANIFICAZIONE DELLE MISURE DI CONTENIMENTO»

La Giunta regionale del Piemonte ha approvato questa sera un piano di screening regionale con finalità epidemiologiche, finalizzato a verificare la risposta immunitaria nei confronti del coronavirus covid19 del personale del Servizio Sanitario Regionale, tramite l’effettuazione di test immunometrico IgG semi quantitativo.

L’analisi verrà estesa anche ai medici specialisti ambulatoriali e agli operatori del 118 che operano nel Servizio Sanitario Regionale, nonché ai medici convenzionati (medici di base, guardie mediche e pediatri di libera scelta).

Lo annuncia l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, comunicando che per la realizzazione del piano è stato deciso l’acquisto di 70 mila test, secondo le indicazioni di un apposito gruppo di lavoro costituitosi nell’ambito del Comitato tecnico scientifico dell’Unità di crisi e composto da esperti di comprovata esperienza, tra i quali Rossana Cavallo, Umberto Dianzani, Francesco De Rosa, Flavio Boraso, Franco Ripa, Roberto Testi, Valeria Ghisetti e Gian Alfonso Cibinel, con la collaborazione del Servizio di riferimento regionale di epidemiologia per le malattie infettive (Seremi).

«Stiamo allertando le Aziende sanitarie per organizzare i prelievi di sangue del personale – osserva l’assessore Icardi -, l’effettuazione dei test avverrà mediante la rete dei laboratori pubblici non appena saranno disponibili le forniture acquisite, probabilmente già entro questa settimana. Dagli esiti di questa indagine, contiamo di ottenere preziose indicazioni ai fini della ripianificazione delle misure di contenimento dell’epidemia e della conseguente attività ospedaliera e territoriale del Servizio sanitario regionale».

 

Bufera sulla sanità piemontese, l’opposizione chiede il commissariamento. Il Cdx: “Sciacallaggio”

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La polemica politica infuria sulla sanità piemontese, rinfocolata dalla puntata di ieri della trasmissione televisiva Report

“Da settimane continuiamo a denunciare la “discutibile” gestione dell’emergenza COVID-19 in Piemonte: mancanza di diagnosi tempestive e di tamponi, e-mail smarrite, insufficienza di dispositivi di protezione per gli operatori sociosanitari, – affermano i consiglieri e la segreteria regionale del Pd – situazioni insostenibili all’interno delle RSA. Il Presidente Cirio e l’Assessore Icardi hanno la piena responsabilità politica di tutto quello che accade in Piemonte e, quindi, di questa situazione gravissima. Sono entrambi a capo della catena di comando che dovrebbe gestire l’emergenza, sono loro ad avere il compito di scegliere i collaboratori e le linee e le misure da seguire, non altri. Decisamente sono risibili i tentativi di addossare a terzi le colpe.

Le scelte di Cirio e Icardi, nell’affrontare il Covid-19, sono state confuse e su questo ci siamo espressi già in passato. La puntata di Report di ieri ha, semplicemente, raccontato a un pubblico più vasto gli errori che hanno pagato e pagano i cittadini piemontesi. Adesso è quanto mai urgente comprendere quale sarà il ruolo dell’unità di crisi, del comitato scientifico in seno all’unità e della nuova task force, coordinata dall’ex Ministro Fazio, perché il Piemonte non può più permettersi errori. Tuttavia, prendiamo atto che con la definizione dell’ultima task force l’Assessore alla Sanità sia già, nella sostanza, commissariato.

Cirio, a questo punto dovrebbe, responsabilmente, azzerare i vertici politici del sistema socio-sanitario piemontese, a partire proprio dall’assessore alla Sanità. Questa, prima che una richiesta dell’opposizione, dovrebbe essere la logica conseguenza della drammatica situazione che si è venuta a creare in Piemonte”.

 

“Da settimane diciamo che in Piemonte le cose non vanno. I numeri dell’epidemia non ci tornavano. Ieri sera Report lo ha mostrato ad un pubblico ancora più grande, ma non ha svelato nulla di diverso da ciò che famiglie e operatori sanitari testimoniano, e i giornalisti e i reporter di tante testate denunciano dall’inizio della crisi” – dichiara Marco Grimaldi, Capogruppo di Liberi Uguali Verdi.

“Mancavano mascherine e tamponi, è vero, ma è l’intera gestione dell’emergenza che ha fatto acqua da tutte le parti” – prosegue Grimaldi. – “Nessuno prendeva in carico le segnalazioni dei pazienti infetti fatte dai medici di famiglia; il caso della Provincia di Alessandria non è stato una sfortuna – come ha dichiarato Icardi – ma si è determinato dopo una precisa catena di errori. Il dramma delle Rsa, che Report ha tralasciato, è la punta dell’iceberg di una gestione caratterizzata da incapacità di ascolto e sottovalutazione delle osservazioni critiche e delle tante proposte arrivate tanto dal territorio, dal mondo del lavoro e della sanità”.

“Credo” – conclude Grimaldi – “che la difficoltà di operare in uno scenario inedito non possa giustificare tutto ciò. Per questo chiediamo da giorni un azzeramento tanto dell’unità di crisi, quanto dei vertici socio- sanitari della politica regionale”.

La deputata piemontese del Movimento 5 Stelle Jessica Costanzo commenta: “Con solo 287 posti in terapia intensiva nella regione, il Sisp ha mostrato una totale inefficienza. I medici di famiglia hanno mandato molte segnalazioni su sospetti casi Covid senza ricevere risposte. Oltre a loro, anche la sottoscritta, colleghi,  consiglieri regionali, sindaci e associazioni con cui mi sono confrontata in questo periodo hanno inviato diverse richieste e segnalazioni alla regione senza ottenere ascolto”. 

“Il tutto con conseguenze gravissime – continua Costanzo – come pazienti rimasti senza tamponi, scarsa assistenza territoriale tramite le Usca, mancanza di dispositivi di protezione individuale idonei per gli operatori sanitari, un piano contro le pandemie completamente disatteso e solo due laboratori per processare tamponi. Gravi gli episodi anche nelle Rsa dove sono morte 172 persone e non abbiamo ancora dati completi”.

La richiesta di Jessica Costanzo: “Esigiamo risposte dal presidente della Regione Alberto Cirio. La sanità piemontese deve essere commissariata. A nulla serve chiamare l’ex ministro di Forza Italia Fazio. Occorre commissariare l’Unità di Crisi di concerto con il Governo e con il Ministro della Sanità”.

 

Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, in un comunicato congiunto parlano di “sciacallaggio politico”:

“Non esiste un caso Piemonte, con buona pace della trasmissione Report che ha scelto di trasmettere solo alcuni dati e non altri: ad esempio, secondo la Protezione Civile il Piemonte raggiungerà il traguardo dei contagi-zero il 21 di maggio alla pari del Veneto, oltre un mese prima di altre regioni italiane” ricordano i capigruppo delle forze di maggioranza in Consiglio Regionale del Piemonte Alberto Preioni (Lega), Paolo Ruzzola (Forza Italia) e Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia), che lanciano un appello “Auspichiamo che anche le minoranze dimostrino l’onestà intellettuale di non sminuire i risultati raggiunti con fatica dalla Giunta nel contrasto all’epidemia perché si troverebbero ad infangare tutta la Regione Piemonte e non solo i loro avversari politici, proprio nella fase delicata in cui il Governo nazionale sta decidendo regole e tempi sulla revoca del blocco. Sarebbe davvero irresponsabile rischiare di vederci classificati zona rossa solo per una rappresentazione denigratoria del Piemonte, svincolata dai dati oggettivi: poi dovrebbero risponderne di fronte alle imprese impantanate e ai lavoratori lasciati a casa”.