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Cibo e salute secondo Slow Food: un mese di appuntamenti su Terra Madre Salone del Gusto

Un percorso per conoscere, capire e imparare che il segreto della salute e del benessere (nostro e del pianeta) si trova nel nostro cibo quotidiano. Tra gli esperti coinvolti nella piattaforma di Terra Madre Salone del Gusto anche Sandor Katz, David Quammen e Antonia Trichopoulou

Una sana alimentazione e uno stile di vita attivo rappresentano la prima forma di garanzia per una vita longeva e in salute. Inoltre, scegliere cibo prodotto con metodi che promuovono l’agrobiodiversità e che hanno un basso impatto sulla crisi climatica in atto è l’azione quotidiana individuale più efficace e concreta per tutelare il pianeta.

 

Su questi principi si basa il percorso che Slow Food ha realizzato per conoscere, capire e imparare che il segreto della salute e del benessere (del singolo individuo, delle comunità e del nostro pianeta) si trova nel nostro cibo quotidiano. Secondo Slow Food, il sistema di produzione globale di cibi altamente processati è la causa, soprattutto nei paesi più deboli, di problemi di salute pubblica, come obesità e malnutrizione. Invece, un approccio basato su uno stile alimentare sano e piacevole fa bene a noi e contribuisce a non compromettere la già fragile salute del pianeta, a partire dalla perdita di biodiversità e dalla crisi climatica.

 

Da sempre la rete di Slow Food è attiva sui temi dell’educazione alimentare e del gusto con iniziative in tutto il mondo, come le attività nelle mense scolastiche e gli orti didattici, e campagne. A partire dal 2019 tutto questo lavoro è stato sistematizzato per offrire a chiunque sia interessato tutti gli strumenti per orientarsi, secondo il linguaggio e il livello di approfondimento preferito. Articoli e storie di comunità Slow Food, consigli per una dieta amica del clima e approfondimenti, video e conferenze on line, podcast: un patrimonio di contenuti frutto del lavoro di ricerca a livello italiano e internazionale e dei contributi della rete da tutto il mondo, realizzati dal movimento internazionale grazie al sostegno di Reale Mutua, Sostenitore Ufficiale di Slow Food Italia  (visita la sezione Cibo e salute).

Dal 30 gennaio e per un intero mese, invece, uno speciale focus sarà dedicato al tema cibo e salute, sempre grazie al sostegno di Reale Mutua, all’interno della piattaforma di Terra Madre Salone del Gusto con nomi come David Quammen su perdita di biodiversità e zoonosi, Sandor Katz, il guru mondiale della fermentazione, Antonia Trichopoulou, nel confronto su dieta mediterranea e produzioni naturali, impegnati in conferenze e Food Talk .

 

Si comincia proprio da questo ultimo tema, sabato 30 gennaio alle 11, con la conferenza Dalla dieta mediterranea ai naturali a cui, oltre alla ricercatrice dell’Università di Atene, partecipano produttori del bacino mediterraneo per sottolineare come sia necessario andare oltre la dieta mediterranea e guardare alla salubrità dei cibi. Preoccuparci, prima di tutto, che siano naturali, ovvero coltivati o allevati nel rispetto delle risorse naturali, privi di additivi, conservanti, starter, fermenti, coloranti, antiossidanti, lieviti industriali.

(interpretariato disponibile in IT, EN, FR; è necessario registrarsi)

 

Anche la conferenza Salute del pianeta e salute dell’uomo, in programma venerdì 5 febbraio alle 18, prevede un panel di relatori internazionale, con l’apertura di David Quammen, giornalista, divulgatore e autore di Spillover sul rapporto tra perdita di biodiversità e zoonosi e la presentazione del Position Paper di Slow Food, frutto del lavoro di ricerca e dei contributi di esperti ed esponenti del movimento dai cinque continenti.

(interpretariato disponibile in IT ed EN; è necessario registrarsi)

Ma non finisce qui, tra le novità più apprezzate del programma di Terra Madre Salone del Gusto ci sono le Food Talk, meno di 10 minuti in cui scrittori, ricercatori, economisti, filosofi, produttori, cuochi… fanno emergere i loro pensieri e la loro idea di futuro. Ecco cosa abbiamo in programma per il ciclo Cibo e salute:

 

4 febbraio

Vivien How, professoressa della Faculty of Medicine and Health Sciences, Universiti Putra Malaysia: Il ruolo della chimica in agricoltura.

 

10 febbraio

Ana Paula Bortoletto, nutrizionista di IDEC, Instituto Brasileiro de Defesa do Consumidor: Il diritto umano a un’alimentazione adeguata.

 

11 febbraio

David Quammen, giornalista, divulgatore e autore del libro “Spillover”: Le connessioni tra distruzione ecologica, pandemie umane e il cibo che mangiamo.

 

17 febbraio

Sandor Katz, esperto di fermentazione: Le meraviglie della fermentazione.

 

18 febbraio

Natalia Bajsa, professoressa di microbiologia presso la la Universidad de la República  di Montevideo, Uruguay: Gli OGM e il loro impatto sulla salute.

La storia della campagna che ha portato all’approvazione della legge che obbliga di riportare esplicitamente se il prodotto contiene prodotti Ogm.

 

24 febbraio

Renata Alleva, nutrizionista e specializzata in Scienza dell’Alimentazione: L’alimentazione sana inizia dai primi giorni di vita.

Come lo stile di vita e alimentare della mamma (e più in generale dei genitori) influisce sulla salute del bambino e del futuro adultoIn collaborazione con Alce Nero, Sostenitore Ufficiale di Slow Food Italia.

 

Fa inoltre parte del programma Cibo e salute di Terra Madre Salone del Gusto la Food Talk di Jessica FanzoBenessere del pianeta e delle persone, che è possibile rivedere a questo link.

Covid, la situazione di venerdì 29 gennaio

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 17

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 944 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 129 dopo test antigenico), pari al 4,1% dei 22.841 tamponi eseguiti, di cui 14.851 antigenici. Dei 944 nuovi casi, gli asintomatici sono 361 (38,2%).

I casi sono così ripartiti: 184 screening, 472 contatti di caso, 288 con indagine in corso: per ambito: 49 RSA/Strutture Socio-Assistenziali, 102 scolastico, 793 popolazione generale.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 225.860 così suddivisi su base provinciale: 20.237 Alessandria, 11.734 Asti, 7777 Biella, 31.100 Cuneo, 17.690 Novara, 117.858 Torino, 8417 Vercelli, 8089 Verbano-Cusio-Ossola, oltre 1153 a residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 1805 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 15(-1 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 2163 (-31 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 10.207.

I tamponi diagnostici finora processati sono 2.465.804 (+22.841 rispetto a ieri), di cui1.020.080 risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 8774

Sono 38 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui verificatisi oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 8774 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1327 Alessandria, 570 Asti, 368 Biella, 1038 Cuneo, 731 Novara, 3974 Torino, 401 Vercelli, 284 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 81 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

204.566 PAZIENTI GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 204.566 (+853 rispetto a ieri) così suddivisi su base provinciale: 17.850 Alessandria, 10.515 Asti,7028Biella, 28.615 Cuneo, 16.016 Novara, 106.893 Torino, 7685 Vercelli, 7280 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1052 extraregione e 1632 in fase di definizione.

Crescono le donazioni e i trapianti di organi in Piemonte

In controtendenza rispetto all’Italia e nonostante la pandemia Covid

Nel 2020 la pandemia da SARS-CoV-2 ha inevitabilmente determinato in Italia una contrazione delle donazioni e di conseguenza dei trapianti eseguiti.
Il Piemonte- che da sempre si colloca su performance nettamente superiori alla media nazionale – ha registrato un risultato in controtendenza, riuscendo a incrementare il numero dei donatori di organi e il numero dei trapianti eseguiti rispetto al 2019. I dati dell’attività sono stati illustrati  nel corso di una conferenza stampa presenti il presidente della Regione, Alberto Cirio , l’assessore alla Sanità, Luigi Icardi , il direttore del Centro regionale Trapianti, Antonio Amoroso , il coordinatore regionale Donazioni e Prelievi di Organi e Tessuti, Anna Guermanied il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Giovanni La Valle .
Il Piemonte continua ad essere il riferimento nazionale per le attività di donazione e trapianto di organi: un risultato ormai consolidato che ci stimola ad aumentare il nostro impegno su questo fronte. Un ringraziamento doveroso a tutti i professionisti responsabili dei programmi di donazione e trapianto e alle loro equipe per il lavoro che svolgono. Un doveroso ringraziamento alle associazioni impegnate nella donazione e nei trapianti. Un grazie anche ai donatori e alle loro famiglie che con generosità consentono di salvare tante vite umane.”- afferma il presidente Cirio.
. “ In una situazione di grande emergenza legata al Covid-19, il Sistema Sanitario regionale ha dato prova di capacità e generosità davvero straordinarie, non solo per arginare l’infezione da coronavirus, ma anche per affrontare tutte le altre emergenze quotidiane, a cominciare dai trapianti. Questo grazie all’impegno di tutto il personale, non solo di chi esegue i trapianti e degli ospedali dove questi si realizzano, ma soprattutto della Rete delle terapie intensive che sono riuscite a segnalare i potenziali donatori di organo deceduti nelle rianimazioni della regione, consentendo la continuazione dell’attività di trapianto”- dichiara l’assessore Icardi.
Siamo molto orgogliosi che anche quest’anno la Città della Salute sia al top in Italia per numeri di trapianti. Questo è un nostro fiore all’occhiello che ci contraddistingue da tempo. Quest’anno più che mai in controtendenza rispetto al resto d’Italia e d’Europa. Significa che tutti hanno lavorato per il meglio, nonostante l’emergenza. Per questo voglio ringraziare tutti coloro che fanno parte di questa splendida organizzazione che si avvale di numerose persone, anche coloro che non vengono mai citati, come possono essere gli autisti che attraversano l’Italia per trasportare un organo e salvare una vita. Ma soprattutto voglio ringraziare le famiglie dei donatori, che, in un momento di estremo dolore, che corrisponde al decesso di un loro caro, danno dimostrazione di grande generosità con il dono più grande: il consenso alla donazione degli organi per salvare altre vite”- dichiara il dottor La Valle, direttore generale Città della Salute.
I numeri Donazioni in aumento
La gestione della pandemia ha imposto di dirottare la maggior parte delle risorse professionali e strutturali ai malati COVID, riducendo il personale necessario e i letti disponibili per le procedure di donazione. Contemporaneamente i timori per il futuro e l’isolamento forzato hanno generato nei cittadini un sentimento di sfiducia. Nonostante questa complessa situazione, nel 2020 i donatori di organi in Piemonte sono aumentati rispetto al 2019, a testimonianza di una consolidata propensione alla donazione della popolazione e di una costante attenzione del personale sanitario.
Nel 2020 i donatori sono stati 147 (32,8 per milione di popolazione -pmp), il secondo miglior risultato degli ultimi dieci anni e in aumento del 7,3% rispetto al 2019 dove i donatori sono stati 137 (30.4 pmp). Questo risultato è in controtendenza rispetto alla Nazione, che, pur contenendo il calo delle donazioni meglio degli altri paesi europei, è passata da 22.8 donatori pmp del 2019 a 20.5 pmp del 2020.
Sono cresciuti i programmi di donazione di organi da soggetto con cuore fermo (DCD): sono tre le Aziende (ASL Città di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, AO SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria) capaci di gestire questa forma di donazione molto complessa per tecnica e organizzazione, che permette di aumentare il numero degli organi disponibili per i trapianti. I donatori sono passati da 4 nel 2019 a 16 nel 2020. Le opposizioni alla donazione si sono mantenute al di sotto della media nazionale, attestandosi al 26,5%, secondo miglior risultato degli ultimi dieci anni.
Trapianti in aumento
Sono stati trapiantati 460 organi : 247 reni, 158 fegati, 26 cuori, 22 polmoni e 7 pancreas, alcune volte assieme, per un totale di 443 interventi di trapianto (rispetto ai 419 eseguiti nel 2019, +6%). 47 trapianti (e solo di rene) sono stati effettuati nell’ospedale di Novara , gli altri 396 nella Città della Salute e della Scienza di Torino (388 alle Molinette e 8 all’Ospedale Pediatrico), che si conferma l’ospedale al vertice di questa attività in Italia. È stato anche l’Ospedale italiano che nel 2020 ha eseguito il maggior numero di trapianti di fegato (158) e di rene (200, valore mai raggiunto da un singolo ospedale in Italia). Lo scorso anno l’ospedale torinese ha superato la soglia dei 9.000 organi trapiantati .
Trapianti “combinati”: Città della Salute riferimento nazionale
Anche nel 2020 la Città della Salute si è distinta per il trapianto simultaneo di più organi nello stesso ricevente (i cosiddetti trapianti “combinati”). Non c’è ospedale in Italia che possa proporli in maniera così estesa. Nell’anno sono stati eseguiti alle Molinette 8 trapianti combinati di rene e fegato, 4 trapianti combinati di rene e pancreas, 1 di rene e polmoni, e addirittura due trapianti combinati di fegato-polmoni-pancreas.
Trapianti da donatori positivi per SARS-CoV-2 in riceventi anch’essi positivi
Il Piemonte è stato in Italia la regione guida nel 2020 per l’utilizzo di donatori positivi per il coronavirus, a favore di pazienti con positività pregressa o in atto per lo stesso virus. Sono stati così effettuati 5 trapianti di fegato a Torino. Questa opzione, prevista da una apposita procedura dal Centro Nazionale Trapianti, ha reso evidente l’alta professionalità della nostra rete nel rendere possibile la donazione, il prelievo degli organi, il trapianto e la gestione di questi malati così particolari.
La qualità dei programmi di trapianto può essere misurata dal tasso di successo raggiunto: se si considerano solo i trapianti eseguiti dal 2010 in poi, a 5 anni sono vivi il 94% dei pazienti che hanno ricevuto un trapianto di rene. Nel caso dei trapianti degli altri organi, senza i quali gran parte dei pazienti non potrebbe sopravvivere (per questo chiamati anche “salvavita”), il 90% di coloro che hanno ricevuto un trapianto di fegato sono in vita a 5 anni dall’intervento, lo sono circa il 75% dei trapiantati di cuore, e la metà circa di chi ha ricevuto un trapianto di polmoni. Indici in continuo miglioramento ed in gran parte sopra le medie europee. L’esito del trapianto è collegato a molti fattori: la bravura dei chirurghi, l’attenzione degli anestesisti, la preparazione delle equipe infermieristiche, ma anche l’esperienza e capacità dei diversi specialisti che devono seguire i pazienti nelle diverse fasi, dall’immissione in lista al follow-up del trapianto. Fondamentali per la riuscita dei trapianti sono inoltre le donazioni di sangue.
Trapianti da donatore vivente
La donazione da vivente, non rivestendo caratteristiche di urgenza, ha risentito delle restrizioni imposte dalla pandemia nei momenti di maggiore diffusione. Nel 2020 i trapianti di rene da donatore vivente sono calati in tutt’Italia, in Piemonte sono stati 35, e di questi 25 alle Molinette (9% in più rispetto al 2019 e unico centro in Italia a incrementare questa attività). Uno di questi trapianti è avvenuto, per la prima volta per la nostra regione, nell’ambito di una catena di donazioni da vivente innescata da un donatore deceduto proveniente dal Piemonte (programma nazionale DEC-K). Quasi 2000 piemontesi, giovanissimi, si sono poi messi a disposizione nel 2020 per donare le loro cellule staminali emopoietiche o CSE (midollo osseo). Oggi in Piemonte sono più di 56.000.
Piemonte regione guida in Italia, anche per l’impegno organizzativo e scientifico
Il Piemonte si è distinto non solo per i volumi di attività dei trapianti, ma anche in relazione ad altri aspetti. Ha contribuito a realizzare protocolli e linee guida nazionali, come nuovi programmi di allocazione degli organi o il registro della malattia renale cronica. Si pone come riferimento per la diagnosi di malattie genetiche suscettibili di trapianto. Infine, ha contribuito in maniera rilevante alle conoscenze scientifiche proprio in relazione all’impatto che COVID-19 ha avuto nei trapianti: sono alcune decine gli studi pubblicati sulle riviste scientifiche internazionali dalla rete trapiantologica piemontese.
Trapianti non ancora in numero sufficiente per rispondere alle necessità
Pur con questa tendenza positiva, sono ancora molti i riceventi che attendono un organo nelle nostre liste: al 31 dicembre del 2020 c’erano 721 candidati in attesa di trapianto di rene, 101 di fegato, 74 di cuore, 75 di polmone. È dunque forte il dovere e l’impegno di cura verso questi pazienti, soprattutto in un periodo così difficile.
Responsabili dei Programmi
Un ringraziamento ai responsabili dei diversi programmi e alle loro equipe mediche ed infermieristiche . Per la Città della Salute di Torino sono: Luigi Biancone per il trapianto di rene nell’adulto, Renato Romagnoli per i trapianti di fegato e di pancreas, Mauro Rinaldi per i trapianti di cuore e polmoni, Carlo Pace Napoleone per il trapianto di cuore pediatrico, e Bruno Gianoglio per quello renale pediatrico. A Novara, il responsabile del programma di trapianto renale è Vincenzo Cantaluppi .

Torino maglia nera per qualità dell’aria

I 35 capoluoghi di provincia fuori norma per polveri sottili nel 2020 vedono Torino maglia nera con un “pacchetto” di 98 giorni di sforamenti

A seguire Venezia (88) e Padova (84). Questi i dati del report annuale Mal’aria di città 2021 di Legambiente. Sono ben 60 le città italiane che registrano una media di Pm10 superiore alla soglia indicata dall’Organizzazione mondiale della sanità.

E prima in classifica è sempre Torino, seguita da Milano, Padova, Rovigo, Venezia, Treviso, Cremona, Lodi, Vicenza, Modena.

Uccide la moglie e il figlio e tenta di ammazzarsi lanciandosi dal balcone

Un uomo di 39 anni ha ucciso il figlio di 5 anni e la moglie e ha cercato  di suicidarsi  lanciandosi dal terrazzo di casa

I carabinieri lo hanno trovato a terra nel cortile del palazzo in cui la famiglia abita, a Carmagnola. L’omicida  è ricoverato al Cto, sorvegliato dai militari ma  non è in pericolo di vita.

Il duplice delitto è avvenuto nella notte dopo una lite. I carabinieri stanno cercando l’arma del delitto, probabilmente un corpo contundente.

Covid, il bollettino di giovedì 28 gennaio

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 17

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 1062 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 149 dopo test antigenico), pari al 4,8% dei 22.175tamponi eseguiti, di cui 13.398 antigenici. Dei 1062 nuovi casi, gli asintomatici sono 444 (41,8%).

I casi sono così ripartiti: 227 screening, 554 contatti di caso, 291 con indagine in corso; per ambito: 65 RSA/Strutture Socio-Assistenziali, 130 scolastico, 867 popolazione generale.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 224.916 così suddivisi su base provinciale: 20.155 Alessandria, 11.663 Asti, 7.733 Biella, 30.958 Cuneo, 17.634 Novara, 117.382 Torino, 8.389 Vercelli, 8.057 Verbano-Cusio-Ossola, oltre 1151 a residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 1794 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 151 (– 12 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 2.194 (- 86 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 10.122

I tamponi diagnostici finora processati sono 2.442.963(+ 22.175 rispetto a ieri), di cui1.016.029risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 8736

Sono 43 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 5 verificatosi oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 8736 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia:1326 Alessandria, 570 Asti, 368 Biella, 1.034 Cuneo, 730 Novara, 3944 Torino, 401 Vercelli, 282 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 81 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

203.713 PAZIENTI GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 203.713 (+936 rispetto a ieri) così suddivisi su base provinciale: 17.793 Alessandria, 10.416 Asti,7.006Biella, 28.505 Cuneo, 15.953 Novara, 106.458 Torino, 7.661 Vercelli, 7.249 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1050 extraregione e 1622 in fase di definizione.

Scuola e Covid, al momento in Piemonte poche criticità

“La ripresa delle lezioni in presenza al 50%, dal 18 gennaio, finora non registra particolari criticità”. Lo ha detto L’assessore all’istruzione Elena Chiorino riferendo alla quarta e sesta commissione del Consiglio regionale riunite in seduta congiunta, presieduta da Paolo Bongioanni.

L’assessore ha spiegato come il rientro sia stato preparato da numerosi incontri su tavoli territoriali che hanno coinvolto tutte le realtà locali e scolastiche interessate. È stato rafforzato il trasporto locale: “4500 corse in più alla settimana nei trasporti urbani ed extraurbani, con 55 corse di autobus aggiuntive ai collegamenti ferroviari”, ha spiegato l’assessore, per un costo settimanale di 800 mila euro.
L’assessore ha anche fornito i dati dei positivi sulla base dei tamponi effettuati per il contact tracing: tra il personale docente ci sono 372 positivi, con 472 in quarantena; tra il personale non docente i positivi sono 169, con 324 in quarantena. Gli studenti positivi sono 1763, quelli in quarantena sono 3748.
L’assessore Chiorino ha poi riferito sui primi risultati del progetto Scuola Sicura, partito il 4 gennaio per realizzare uno screening su base volontaria attraverso un tampone ogni quindici giorni al personale scolastico e ogni mese agli studenti di seconda e terza media. Il progetto costa 7 milioni di euro, i dati dal 18 al 26 gennaio riguardano il personale scolastico, con 4307 tamponi prenotati, 4194 eseguiti e 75 positivi, una percentuale dell’1,79%.
Non ci sono ancora dati sugli studenti, anche per qualche problema di comunicazione tra le scuole e le famiglie che devono esprimere l’assenso. “Stiamo preparando una lettera che dovrebbe chiarire le modalità di partecipazione e aiutarla”, ha spiegato Chiorino, che si è detta disponibile a fornire aggiornamenti continui sui dati alle due Commissioni.
Hanno posto domande all’assessore i consiglieri Daniele Valle, Domenico Rossi e Monica Canalis del Pd, Francesca Frediani del Movimento 4 ottobre, Marco Grimaldi (Luv) e Sarah Disabato (M5s). Frediani ha anche espresso preoccupazione per il livello dei contagi. Canalis ha chiesto di permettere di effettuare i tamponi sugli studenti nelle scuole, invece che negli spot previsti dalle Asl. Valle ha criticato la bassa adesione a Scuola sicura.

Coronavirus, il bollettino di mercoledì 27 gennaio

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 17.00

 LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 821 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 170 dopo test antigenico), pari al 4% dei 20.654tamponi eseguiti, di cui 12.981 antigenici. Degli821 nuovi casi, gli asintomatici sono 363 (44,2%).

I casi sono così ripartiti: 213 screening, 399 contatti di caso, 209 con indagine in corso; per ambito: 45 RSA/Strutture Socio-Assistenziali, 73 scolastico, 703 popolazione generale.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 223.854 così suddivisi su base provinciale: 20.072 Alessandria, 11.643 Asti, 7.705 Biella, 30.853 Cuneo, 17.562 Novara, 116.717 Torino, 8.351 Vercelli, 8.020 Verbano-Cusio-Ossola, oltre 1.146 a residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 1.785 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 163 (+ 0 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 2280 (- 27 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 9.941

I tamponi diagnostici finora processati sono 2.420.788 (+ 20.654 rispetto a ieri), di cui 1.010.433 risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 8693

Sono 51 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 2 verificatosi oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di  risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1320 Alessandria, 569 Asti, 368 Biella, 1.017 Cuneo, 722 Novara, 3.935 Torino, 400 Vercelli, 281 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 81 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

202.777 PAZIENTI GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 202.777(+ 1.103 rispetto a ieri) così suddivisi su base provinciale: 17.730 Alessandria, 10.357 Asti, 6991 Biella, 28.359 Cuneo, 15.882 Novara, 105.971 Torino, 7.622 Vercelli, 7.200 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1043 extraregione e 1622 in fase di definizione.

Piazza San Carlo, la sindaca Appendino condannata a un anno e sei mesi

La sindaca Chiara Appendino è stata condannata dal tribunale di Torino a un anno e sei mesi per la drammatica serata di Champions  del 3 giugno 2017 in piazza San Carlo

Sono stati giudicati  colpevoli inoltre  l’ex questore Angelo Sanna, l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana, il dirigente di Turismo Torino Maurizio Montagnese.
Condannato anche il professionista Enrico Bertoletti. Stessa pena per tutti gli imputati, accusati di disastro, omicidio e lesioni colpose.
A seguito del panico creatosi in piazza morirono due  donne e 1500 persone rimasero ferite.
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IL COMMENTO DELLA SINDACA DOPO LA SENTENZA

Come sapete, ho sempre cercato di comunicare con tutti voi in modo diretto e sincero. E così vorrei fare anche in questo giorno difficile.

Il 3 giugno del 2017, durante la proiezione della finale Juventus-Real Madrid, una banda di quattro rapinatori, armati di spray urticante, si introdusse in mezzo alla folla e lo spruzzò per rubare collane e orologi preziosi. Questo gesto scellerato scatenò il caos che portò a molti feriti e alla morte di due persone. I quattro sono già stati condannati a 10 anni per omicidio preterintenzionale, anche in appello.

Oggi, in un altro processo, la stessa Giudice ha condannato me (insieme ad altre 4 persone) a 1 anno e 6 mesi per una serie di reati colposi legati a quei fatti. È una decisione che accetto e rispetto, anche per il ruolo che rivesto.

La tesi dell’accusa, oggi validata in primo grado dalla Giudice, è che avrei dovuto prevedere quanto poi accaduto e, di conseguenza, annullare la proiezione della partita in piazza.
È una tesi dalla quale mi sono difesa in primo grado e che, dopo aver letto le motivazioni della sentenza con i miei legali, cercherò di ribaltare in Appello perchè è evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l’avrei fatto. Ma così non fu e, purtroppo, il resto è cronaca.

Non ve lo nascondo, questa tragica vicenda mi ha segnato profondamente. Quei giorni e i mesi che sono seguiti, sono stati i più difficili sia del mio mandato da sindaca sia della mia sfera privata, personale. E il dolore per quanto accaduto quella notte è ancora vivo e lo porterò sempre con me.

Con la stessa sincerità vorrei aggiungere ancora una cosa: a questi sentimenti, oggi, si somma anche una sensazione di amarezza.
Perchè se è vero che la carica istituzionale che ricopro comporta indubbiamente delle responsabilità, alle quali non ho alcuna intenzione di sottrarmi, è altrettanto vero che oggi devo rispondere, in quanto sindaca, di fatti scatenati da un gesto – folle – di una banda di rapinatori.
Proprio sul difficile ruolo dei sindaci, sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti, forse andrebbe aperta una sana discussione.

Concludo questo messaggio con un grazie a tutte le persone che mi sono state vicine, soprattutto in questi giorni, e ai miei legali, fiduciosa di riuscire a far valere le nostre tesi nei prossimi gradi di giudizio.

(foto: il Torinese)

La giornata della memoria a 80 anni dall’Olocausto. Un monito contro il razzismo e un ricordo di chi non si piegò

La giornata della memoria che si celebra ogni anno il 27 gennaio , deve essere, secondo me, non solo il ricordo della follia omicida nazista , scatenata in particolare contro gli ebrei , ma anche il monito perché il razzismo in tutte le sue forme non diventi mai più parte di un programma politico di governo.

Quest’anno voglio parlare dei “buoni”. Di quelli che furono non solo solidali, ma coraggiosi soccorritori degli ebrei perseguitati.

E per ricordarli , mi si perdonerà se porterò una testimonianza personale, diretta , di quanti si misero in gioco dopo l’8 settembre 1943, quando farlo poteva costare molto caro.
Di quei lontani fatti, in casa mia se ne parlava: mia madre e mio padre ( non ancora sposati né conoscenti) avevano aderito entrambi alla Resistenza. Venivano da famiglie antifasciste, vere non quelle che si scoprirono tali il 26 aprile 1945, con i tedeschi in fuga e i repubblichini braccati e arrestati.

Mia madre ( Anna Rosa Gallesio ) fu una dirigente del Cln femminile torinese. Suo padre, sindacalista “bianco”, iscritto al Partito Popolare di don Sturzo, era stato duramente discriminato durante il regime fino a ridurgli la famiglia in miseria, controllato costantemente dalla polizia. Con mia madre operarono anche le mie zie.
Fu dunque “normale” che venisse “arruolata” nel campo partigiano e lo fu nella redazione del quotidiano torinese L’Italia dove lavorava . Così raccontò in un libro edito nel 2008 dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana per ricordare i giornalisti partigiani: “Ho iniziato a fare la giornalista durante la guerra nella redazione torinese dell’Italia. Ero andata a sostituire mio padre, che per tanti anni non aveva potuto lavorare, perchè era un noto antifascista. Il prof Arata ( n.d.r il direttore) lo aveva chiamato a collaborare ( n.d.r nel 1938) .Ma lui si è ammalto e io sono andata a sostituirlo”.

In queste poche righe senza retorica, ci sono già alcune notizie , la prima : il vedersi discriminati fino a perdere il lavoro era il destino di quelli che non volevano piegarsi al regime. La seconda: Mio nonno si “ammalò” di polmonite dopo una aggressione sotto casa da parte di fascisti che volevano vendicarsi del 25 luglio 1943 ( caduta del fascismo). Era inverno , restò alcune ore svenuto in strada, prese una polmonite e morì. Aveva 58 anni. La terza notizia è la risposta alla domanda: come mai un noto antifascista viene chiamato a collaborare a un giornale , dopo tanti anni di discriminazione? Questa domanda si ricollega proprio alle leggi razziali. Ma prima facciamo un po’ di storia .

Precedute dal “Manifesto degli scienziati razzisti” (14 luglio 1938), sottoscritto da 180 scienziati e redatto dallo stesso Mussolini, e sostenute da una campagna di stampa massiccia, le leggi razziali in Italia uscirono a più riprese, a partire dal 5 settembre 1938, e furono immediatamente seguite dalle ordinanze applicative. Le prime ordinanze furono, i provvedimenti per la difesa della “razza” nella scuola italiana che esclusero studenti e professori ebrei da tutte le scuole del Regno.
Bisogna dire che l’antisemitismo non era nel programma originario del fascismo, al quale , anzi , larga parte degli ebrei italiani avevano aderito. Un nome fra tutti: quello di Margherita Sarfatti, già socialista come il duce, ambiziosa ,colta e intelligente donna dell’alta borghesia milanese che era stata una fascista della prima ora, e una delle muse ispiratrici di Mussolini di cui fu l’ amante fino al 1933.

Le leggi razziali, pur precedute da un progressivo avvicinamento del duce a Hitler, piombarono così sulla comunità ebraica italiana come un fulmine a ciel sereno.
Ma anche gran parte dell’opinione pubblica italiana fu sorpresa e incredula ,influenzata dalla aperta ostilità della Chiesa Cattolica .Il papa Pio XI aveva dettato una linea precisa e le condannò anche in discorsi pubblici, come quello del 18 settembre 1938, due settimane dopo la loro emanazione in cui disse : “ L’antisemitismo è un movimento al quale noi cristiani non possiamo affatto partecipare…spiritualmente noi siamo dei semiti”. Discorsi naturalmente taciuti dalla stampa italiana , pubblicati solo sull’Osservatore romano ( spesso sequestrato nelle edicole) e sulla stampa estera. Anche alcuni alti gerarchi fascisti erano contrari , come Italo Balbo che ne parlò al Re ,in visita agli inizi del 1937 in Libia , dove Balbo era governatore: “ Io sono qui in Africa, ma mi arrivano certe notizie sugli ebrei. Non faremo certo l’imitazione dei tedeschi!…” disse a Vittorio Emanuele III . E quando fu approvato il “Patto d’acciaio” con la Germania nazista aveva detto a Mussolini e Ciano : “ finirete tutti a fare i lustrascarpe di Hitler!”.

Rispondo dunque alla terza domanda: mio nonno fu chiamato a lavorare al quotidiano cattolico l’Italia proprio dopo le leggi razziali e la sempre più stretta alleanza dell’Italia fascista con Hitler. La Chiesa cattolica, che già aveva avuto forti dissapori con il regime nel 1931( tentativo di abolizione dell’Azione cattolica) ne voleva prendere decisamente le distanze e radunava i vecchi “popolari” in vista del “dopo” Mussolini . In quei mesi ci fu infatti un complotto internazionale, noto come “Orchestra nera”, di cui il Vaticano era informato, per far fuori Hitler e di conseguenza far cadere il duce, ed evitare la guerra. Tentativo poi messo in opera il 20 luglio del 1944,ma fallito nel sangue, ad opera dell’eroico colonnello von Stauffenberg.
Ma torniamo alle leggi razziali. Nell’azione clandestina di mia madre un posto particolare ebbe il soccorso agli ebrei perseguitati, a cui fu chiamata dal Cardinale di Torino Maurilio Fossati, che aveva ricevuto precise disposizioni dal Vaticano.

Scrive ancora mia madre: “ La redazione dell’Italia era diventata un punto di incontro: non solo preparavamo il giornale antifascista clandestino che si distribuiva attraverso le parrocchie, ma aiutavamo anche gli ebrei in collaborazione con il cardinale Fossati e il suo segretario mons. Barale. La cosa più importante era procurare agli ebrei documenti falsi. A prepararli era un piccolo comune ( n.d.r Santa Margherita Ligure) che aveva i timbri giusti per falsificarli. Poi andavamo a prenderli dal vescovo di Genova”.
Così la giovane partigiana tornava a Torino, con indosso le carte false, contando sul fatto che una ragazza dall’aria innocente non venisse fermata e perquisita .
Un giorno però i tedeschi fecero irruzione in vescovado , a Torino, con prove schiaccianti e arrestarono mons. Barale. Fu tradotto in un campo di transito in Lombardia in attesa di essere inviato in un lager. Si salvò perchè si era ormai alla fine della guerra e poco dopo arrivò la liberazione.
Diretti testimoni come i miei genitori confermavano quanto scritto dallo storico del fascismo Renzo De Felice: “ la persecuzione antisemita è stata una delle tappe più significative della storia del fascismo: Con essa il regime divorziò pubblicamente dal popolo italiano, dalla sua mentalità, dalla sua storia”.

Ma allora perché fu possibile ? perché quasi tutti tacquero? Bisogna tener conto che l’Italia viveva sotto una dittatura severa, che buona parte dei dirigenti fascisti si uniformò, come i più fanatici militanti, e poi la paura delle conseguenze a partire dal posto di lavoro. Naturalmente ci furono anche i vigliacchi, i profittatori , i traditori. Furono forse tanto numerosi quanto i “buoni” più coraggiosi . Ma la stragrande maggioranza della gente non collaborò, soprattutto quando la politica del fascismo nei confronti degli ebrei subì una svolta radicale a partire dal 1943, dopo l’8 settembre e la costituzione della Repubblica di Salò: quando si passò dalla discriminazione all’eliminazione sotto la regia tedesca.
Gli ebrei residenti in Italia , italiani e stranieri, al momento delle leggi razziali (in Italia ne erano arrivati circa 10 mila negli anni Trenta in fuga soprattutto dalla Germania) erano una piccola minoranza: circa 60-70 mila.

6800 furono deportati, circa il 10% dei cittadini di “razza ebraica o parzialmente ebraica” che erano in Italia. Quasi il 90% si salvò.
Dietro a ogni ebreo catturato vi fu la delazione di italiani attratti dalla ricompensa offerta e lo zelo di fanatici repubblichini.
Ma d’altro lato gli ebrei furono aiutati da una vasta rete di solidarietà, che fu favorita in primo luogo dalla fitta rete di contatti familiari e sociali che gli ebrei italiani avevano con non-ebrei.
Privati cittadini, ma anche istituti religiosi, orfanotrofi, parrocchie aprirono le loro porte ai fuggitivi. La geografia dei luoghi di rifugio offre una immagine molto vasta delle dimensioni del fenomeno.

A conferma, cito ancora una testimonianza che mi è stata fornita da un amico valdese. In quelle valli si rifugiarono diverse famiglie ebree . Scrisse la componente di una di esse , Franca Debenedetti Loewenthal ,sulla rivista “La Beidana” di Torre Pellice: “in quel momento sulla testa di ogni ebreo c’era una taglia con una cifra consistente, che veniva data a chi
avesse denunciato la presenza di un ebreo. Molti miei correligionari subirono questo destino, proprio per la delazione di alcune persone. Invece la popolazione di Rorà si dimostrò sempre molto solidale con noi, tacque, non parlò, non ci tradì, nessun ebreo nella Val Lusema venne preso dai tedeschi né venne deportato per la delazione della popolazione.”

Paolo Girola