POLITICA- Pagina 507

Fdi: “Torino diventi zona logistica semplificata”

I  benefici delle Zone economiche speciali (Zes) sono stati estesi alle Zone Logistiche Semplificate

MONTARULI-MARRONE (FDI): “CON NOSTRA PROPOSTA MENO BUROCRAZIA E CREDITI D’IMPOSTA AL 25% DEGLI INVESTIMENTI. COSI’ RIPARTE IL LAVORO”

“Per sconfiggere la crisi Torino diventi una Zona Logistica Semplificata”, a presentare la proposta dal Consiglio Regionale del Piemonte sono stati ieri mattina la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, il capogruppo di Fdi Maurizio Marrone e l’Assessore al Lavoro Elena Chiorino. Grazie ad un ordine del giorno del capogruppo Marrone, infatti, l’aula impegnerà la giunta di centrodestra a chiedere al governo di rendere Torino una Zona Logistica Semplificata. “I fondi promessi dal governo per Torino Area di Crisi Complessa non sono stati stanziati e non ci sono – ha dichiarato Montaruli -. Per questo chiediamo che l’intera nostra area metropolitana, polo logistico verso il resto d’Europa e collegamento strategico con il porto di Genova, diventi una Zona Logistica Semplificata. Grazie ad un emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra finanziaria in Parlamento – ha spiegato Montaruli – i benefici delle Zone economiche speciali (Zes) sono stati estesi alle Zone Logistiche Semplificate (Zls). Un’occasione per non dover aspettare i fondi “fantasma” promessi da Conte, ma dare subito agevolazioni e meno burocrazia all’imprenditoria del nostro territorio”. “Finalmente con la nostra proposta – ha proseguito Marrone – le imprese intenzionate ad investire nello sviluppo e nell’occupazione nell’area metropolitana di Torino potranno accedere direttamente a semplificazioni burocratiche, ma soprattutto a crediti di imposta al 25% degli investimenti, fino ad un massimo di 50 milioni di euro per ogni singolo progetto. Ci sarà anche un paletto anti delocalizzazione, con un vincolo di almeno sette anni futuri di produzione sul territorio pena la revoca del beneficio”.

Gallo (Pd): “Lavoro, sviluppo e protezione sociale”

“Il Pd, negli anni scorsi, ha cercato di affrontare la crisi e anche adesso vuole avanzare proposte concrete”

“SI’ ALLO STATO DI CALAMITA’. MA UNA DICHIARAZIONE NON RISOLVE I PROBLEMI DELLA NOSTRA ECONOMIA”

“Oggi verrà approvato un documento che dichiarerà la calamità occupazionale in Piemonte e il voto del Gruppo del Partito Democratico sarà favorevole, tuttavia una dichiarazione non risolve i gravi problemi della nostra economia e men che meno le misure annunciate oggi dall’ Assessore. Chiederemo fondi al Governo, ma mi aspettavo dal Presidente Cirio e dall’Assessore Chiorino indicazioni per la loro destinazione, invece non ci hanno detto nulla. Qual è il Piano Competitività tanto annunciato? Quali sono le linee guida individuate dalla Giunta per il mondo delle imprese e per proteggere le famiglie?” ha dichiarato il Consigliere regionale Raffaele Gallo.

“Il problema occupazionale è drammatico – ha proseguito Gallo – e ci troviamo in una crisi globale che ha forti impatti sull’export, uno dei settori sui quali si fonda l’economia piemontese. I venti di guerra toccheranno un driver fondamentale per lo sviluppo, quello dell’energia. La frenata economica di Germania e Cina avrà conseguenze anche per il nostro Paese. Ci troviamo di fronte a sfide come quella della robotica e dell’intelligenza artificiale che comporteranno cambiamenti importanti. Dobbiamo affrontare tutto questo con un piano complessivo che comprenda politica industriale, ma anche un welfare che fornisca risposte a chi perde il lavoro e ai piccoli imprenditori in crisi. Una politica economica seria è fatta di sfide e di investimenti, ma anche di soluzioni e sostegni che non lascino indietro nessuno”.

“Il Pd, negli anni scorsi, ha cercato di affrontare la crisi e anche adesso vuole avanzare proposte concrete. Si devono proseguire gli investimenti pubblici nei campi di ricerca e innovazione, rendendo il Piemonte attrattivo per le grandi imprese e si deve potenziare l’internazionalizzazione. Aiutiamo le imprese a capire quale può essere la corretta traiettoria di sviluppo non il loro status quo. A livello nazionale, negli anni scorsi, il Governo guidato dal centrosinistra ha realizzato il Piano Industria 4.0, facendo scelte coraggiose e innovative. Il Piemonte deve muoversi in questo solco in modo complementare e non sostitutivo e deve aprire il cantiere della protezione sociale con nuovi strumenti. Il Pd su questo non si tirerà indietro” ha concluso Gallo.

Blocco traffico, Uncem: “Si rompono legami tra Torino e territorio”

Riceviamo e pubblichiamo

“FERMARE I DIESEL EURO 5 A TORINO E CINTURA? RIPENSARE IL MODELLO DI INTERVENTO CONTRO LE EMISSIONI”

Fermare gli euro 5 diesel, dopo gli euro 4, di fatto rompe i rapporti tra Torino e la prima cintura con i territori, con le aree interne e montane. Perché arrivare in città, con una macchina non euro 6, sarà impossibile. Un milione di veicoli da fermare non è detto che risolvano l’inquinamento, evitando gli sforamenti secondo le soglie del patto del bacino padano, ma è certo che mettano in crisi centinaia di migliaia di pendolari che anche volendo non hanno a disposizione trasporti pubblici. Così il sistema di legami tra Torino e le aree rurali e montani salta. Ed è gravissimo. Il modello di intervento contro l’inquinamento va ripensato”.

Lo affermano Lido Riba e Marco Bussone, Presidente regionale e nazionale dell’Unione dei Comuni e degli Enti montani

Politica, la piazza e i partiti

Le piazze sono ritornate protagoniste. Finalmente. Proprio quando, qua e là, veniva ricordato il
cinquantennale dell’ormai mitico “1969” con le sue contraddizioni, le sue conquiste, la sua indubbia
violenza accompagnata, però, anche da una massiccia partecipazione popolare, abbiamo preso
atto che la piazza nella politica contemporanea non è del tutto evaporata.

Anzi, prima la Lega di
Salvini, poi le manifestazioni dei ragazzi al seguito di Greta e della battaglia per un “mondo pulito e
sano” e infine con il cosiddetto movimento/partito delle “sardine”, c’è stato un indubbio risveglio
della coscienza politica di alcuni settori della società italiana.
Certo, non possiamo suonare le fanfare. La politica italiana continua, purtroppo, a districarsi tra la
pochezza della sua classe dirigente, la sostanziale assenza di un pensiero politico e culturale
organico capace di orientare e consolidare la presenza dei vari partiti e cartelli elettorali, la
proliferazione di gruppi e partiti legati esclusivamente alle fortune dei suoi capi o guru di turno, tutto
ciò conferma che la caduta di credibilita’, da un lato, e la crisi di autorevolezza della classe politica
dall’altro continuano a farla da padrone. Me se è questo che passa il convento, con questa messe
occorre pur fare i conti.
Comunque sia, per tornare al ritorno imprevisto e inaspettato delle “piazze”, forse è anche arrivato
il momento per avanzare una riflessione più specifica. E cioè, se i partiti – piaccia o non piaccia e’
così- continuano ad essere, giustamente, gli strumenti democratici per eccellenza capaci di
orientare e canalizzare la volontà popolare, non ci si può non porre la questione centrale e
decisiva. Ovvero, bene le piazze, benissimo la partecipazione popolare più o meno spontanea,
ancor meglio alzare la voce attorno a temi che sono e restano decisivi per garantire un futuro
sempre più vivibile al nostro pianeta. Ma queste proteste, questa rivendicazione di valori e principi,
questo richiamo ad una trasformazione democratica della nostra società, prima o poi non possono
non porsi il tema cruciale: e cioè, per rendere più efficaci ed incisive queste rivendicazioni servono
i partiti. Ovvero, strumenti democratici, guidati da un pensiero e da una cultura e disciplinati da una
organizzazione, che si fanno carico di tradurre nei vari livelli istituzionali quelle istanze e quelle
domande in proposte e in progetti di governo. E questo non per ingabbiare o, peggio ancora, per
mettere il cappello sopra queste libere manifestazioni. Ma, al contrario, per far sì che le piazze non
siano solo una importante e divertente fiammata destinata a spegnersi nell’arco di poco tempo.
Come, purtroppo, e’ capitato per altri movimenti e altre esperienze similari.
Ecco, il tema dei partiti, della loro presenza, del loro ruolo e della loro preziosa funzione
democratica e costituzionale forse può ricevere una spinta decisiva anche e soprattutto dal
protagonismo delle piazze. E ne può trarre giovamento la stessa qualità della nostra democrazia e,
soprattutto, la credibilità delle nostre istituzioni. Per questi motivi la piazza non va mai demonizzata
ne’, tanto meno, sottovalutata.

Giorgio Merlo

 

(Nella foto le “Sardine” di Torino)

I giovani azzurri portano carbone alla sindaca

Riceviamo e pubblichiamo

“Riprendendo un’iniziativa che ormai da anni il movimento giovanile compie simbolicamente il giorno della befana, anche i giovani di Torino hanno voluto organizzare un sit-in simbolico per consegnare del carbone al Sindaco Appendino”

Ad annunciarlo il coordinatore cittadino di Forza Italia a Torino Davide Balena e il coordinatore dei giovani azzurri Tommaso Varaldo, a margine del sit-in avvenuto questa mattina davanti al municipio del capoluogo sabaudo.
“Questo gesto è ampliamente giustificato dai numerosi fallimenti di questa amministrazione comunale, cominciando dalla perdita di grandi eventi quali le Olimpiadi ed il Salone dell’Auto, proseguendo con la pessima gestione della viabilità culminata con il surreale progetto della nuova Ztl. Si aggiungano inoltre i tagli alle scuole paritarie unitamente ai grossi problemi sulle mense scolastiche. Già solo per questi, che sono solo alcuni esempi, direi che il carbone per il Sindaco e la sua Giunta è ampiamente meritato. Saremmo meno arrabbiati se tali errori non ricadessero sulle teste dei Torinesi e probabilmente anche all’interno della maggioranza, visti i numeri sempre più esigui, qualcuno se ne sta rendendo conto. Questo 2020 sarà un anno cruciale per il centrodestra per dimostrare ai cittadini di Torino che c’è davvero la possibilità di far rinascere la nostra città ricordando questi ultimi anni come una parentesi da dimenticare”.
Conclude Varaldo: “Oggi la befana porta al Sindaco Appendino e alla sua maggioranza molto carbone. Torino piange sulle ferite della Giunta Appendino che ha provocato molti e gravi danni al tessuto economico e sociale della nostra città: su tutti il disperato tentativo di paralizzare la TAV, l’abbandono completo al degrado e allo spaccio delle periferie, del Parco del Valentino, della Cavallerizza. Questi sono solo alcuni dei fatti che sanciscono il fallimento di questa amministrazione che si sta sgretolando e che oggi rimane in piedi solo grazie ai voti di consiglieri vicini ai centri sociali e ai no tav. Cara Sindaco Appendino il 2020 potrà essere davvero l’anno del rilancio – conclude Varaldo – Ma lei deve fare un atto di vero amore per la sua città: si dimetta, liberi la nostra Torino oggi ostaggio di una classe dirigente che non è in grado di amministrarla”

+Europa Torino con i piccoli comuni contro i tagli

“Sono incomprensibili e inaccettabili i contenuti del  Decreto Fiscale di fine dicembre”

FONDO DI SOLIDARIETA’ COMUNALE, TAGLIO AI TRASFERIMENTI PER MOLTI PICCOLI COMUNI DEL 5%.  LA CONFERENZA STATO-CITTA’ AVEVA DATO L’OK: INACCETTABILE INVERSIONE DI MARCIA. CIRIO DIA UN SEGNO DI VITA E AFFRONTI LA SITUAZIONE. 

+Europa Torino si schiera al fianco dei piccoli comuni (in Piemonte oltre 800), affinché venga affrontato il nodo del taglio governativo sul fondo di solidarietà comunale, stimato intorno al 5%. La Conferenza Stato-Città dell’11 dicembre aveva dato il via libera a un sistema di perequazione che doveva prevedere aumenti, agevolando l’equità. Invece l’anno inizia con un taglio preoccupante!

Così commenta Marco Cavaletto, coordinatore di +Europa Torino: “Sono incomprensibili e inaccettabili i contenuti del  Decreto Fiscale di fine dicembre. La Regione Piemonte continua nel suo immobilismo, mentre i Comuni provano a ricavare i dati in queste ore dal sito del Ministero dell’Interno: basta fare un confronto per i piccoli comuni con le disponibilità dell’anno precedente per capire la gravità della situazione. Chiediamo perciò al Presidente Cirio e alla sua giunta un segno di vita e ci auspichiamo venga immediatamente affrontato questo tema con il Dipartimento Finanza Locale del Ministero dell’Interno per correggere questa situazione”.

Centro si’, ma perché non decolla?

Dunque, siamo di fronte ad una palese contraddizione

 

Da un lato alcuni autorevoli commentatori e
politologi continuano a sostenere la tesi che la crisi del sistema politico italiano e’ sostanzialmente
riconducibile all’assenza di un “partito di centro” che possa garantire la stabilità in un contesto che
ormai, di fatto, e’ sempre più proporzionale.

 

Un “partito di centro” che, sostengono sempre gli
opinionisti e i cattedratici di questo filone, si rende anche necessario perché rappresenta una
costante storico e politica del sistema democratico vigente nel nostro paese dal secondo
dopoguerra. Al contempo, però, una seconda corrente di commentatori e di opinionisti – cioè quelli
che rappresentano l’ormai nota intelligentia italiana, anche se prevalentemente salottiera e
aristocratica – sostiene all’unisono che i presunti quattro partiti che puntano oggi ad occupare
quello spazio politico, e cioè Renzi, Calenda, Carfagna e Toti, sono destinati a giocare un ruolo del
tutto marginale perché si tratta di uno spazio politico virtualmente richiesto ma elettoralmente
incapace di sfondare. Appunto, una contraddizione in se’.
Ora, senza neanche prendere in considerazione i vari partiti cattolici, o di cattolici, o dei cattolici o
di ispirazione cristiana spuntati in questi ultimi tempi – che del resto non vengono mai citati o
ripresi da nessun commentatore laico o cattolico che sia – e’ indubbio che si tratta di un nodo che
prima o poi dovrà essere politicamente sciolto. Perché se è vero che una “politica di centro” – e
non un “partito di centro”, quindi – si rende più necessaria nel nostro paese per la specificità e la
profondità che storicamente rappresenta in un sistema politico come quello italiano, forse è giunto
anche il momento di dire che questa politica non si traduce con un nuovo partito ma all’interno di
partiti già esistenti. Perché ci sarà pure un motivo se le decine di esperienze e di tentativi messi in
campo in questi lunghi 25 anni dopo la fine della Dc sono miseramente ed irreversibilmente falliti.
E questo, quindi, resta il vero nodo da sciogliere. Un nodo che chiama in causa anche e
soprattutto i cattolici democratici e i cattolici popolari. La vera sfida, dunque, seppur in un contesto
politico, sociale, e culturale fortemente trasformistico e quindi destinato a cambiare rapidamente e
rocambolescamente, resta quella di far sì che la “politica di centro” tanto decantata ricominci ad
avere una cittadinanza attiva all’interno della dialettica politica italiana. Una politica che, come tutti
sanno, significa molte cose contemporaneamente: dal senso della moderazione alla cultura di
governo; dalla capacita’ di ricomporre gli interessi contrapposti attraverso una sintesi feconda e
costruttiva al senso delle istituzioni; da una cultura riformista alla qualità della democrazia alla
volontà stessa di battere la radicalizzazione della lotta politica italiana. Altroché il “linguaggio
dell’odio” e la riproposizione del semplice – seppur sempre utile – “buon senso ed educazione”.
Un patrimonio e un giacimento culturale, politico, sociale, di governo, etico e intellettuale che non
possono più essere sacrificati sull’altare della povertà e della mediocrità del dibattito politico
contemporaneo. E il doppio, anche se opposto e alternativo, richiamo dei nostri commentatori,
opinionisti e politologi sulla necessità della “politica di centro” e, al contempo, sulla inconsistenza
“dei partiti di centro”, alla fine ci aiuta a riflettere e a ritrovare una via d’uscita da uno stallo ormai
sempre più insopportabile e nocivo per la stessa democrazia italiana e per le nostre istituzioni
democratiche.

Giorgio Merlo

Bollettino annuncia l’intenzione di non ricandidarsi a sindaco di Parella

Pesa il mancato avvio del procedimento di fusione dei Comuni dell’ex Pedanea

“Ci ho pensato a lungo e sono stato molto combattuto, ma negli ultimi giorni ho deciso di non ricandidarmi a sindaco alle prossime elezioni comunali. Con i nuovi impegni che ho è naturale fare un passo di lato e lasciare che sia qualcun altro, con più tempo a disposizione, a prendere il mio posto”.

Attraverso questo passo contenuto in una lettera indirizzata ‘a tutti i cittadini di Parella’, Marco Bollettino, dal 2015 sindaco del paese della Pedanea ha comunicato, con largo anticipo rispetto alla prossima consultazione elettorale, la sua intenzione di non voler correre per un secondo mandato. Nella sua missiva evidenzia che su questa decisione pesa sicuramente l’aver vinto il concorso da dirigente scolastico e di essere oggi alla guida del Liceo Gramsci di Ivrea, incarico di responsabilità in ambito scolastico. Questo, però, non è l’unico motivo alla base della sua decisione, come si affretta subito a precisare: “Pesa molto di più il non essere riuscito a portare a compimento quello che era l’obiettivo più importante del nostro programma elettorale nella scorsa consiliatura: la fusione dei comuni dell’ex Pedanea”. Ed evidenzia di aver tentato negli ultimi due anni di giungere alla fusione in un unico ente comunale delle attuali municipalità di Parella, Colleretto Giacosa, Quagliuzzo e Strambinello, avendo avanzato anche la proposta di creare una commissione intercomunale che avviasse tavoli di lavoro aperti a tutti i cittadini interessati ed esperti per ‘scrivere il progetto tutti insieme’. La proposta aveva assunto anche la forma di una delibera che i consigli comunali avrebbero dovuto votare in settembre ma non ha trovato un’unanimità. Perché se è vero che è passata a  maggioranza a Parella, Strambinello e Colleretto Giacosa (con il voto contrario delle minoranze di Parella e Strambinello e l’astensione di quella di Colleretto Giacosa) da Quagliuzzo era stata rispedita al mittente, e neppure passata in consiglio comunale, con un deciso ‘no grazie’ sia del sindaco Ernesto Barlese che della sua opposizione. Di fatto, pertanto, il no di Quagliuzzo ha chiuso ogni discorso per la fusione a quattro perché Strambinello non confina con Colleretto Giacosa e Parella. Ed anche nel suo stesso Comune i rapporti con la minoranza di Progetto Parella MPP ultimamente non sono stati poi così idilliaci come nel resto nella consigliatura: in un’occasione il capogruppo Bruno Tegano ha fatto mancare il numero legale, nella seduta successiva ha contestato la non regolare convocazione d’urgenza nei termini del regolamento del consiglio comunale e, nell’ultima seduta che si è svolta il 29 dicembre scorso (di domenica mattina) ha depositato un’interpellanza nella quale evidenziava una composizione dell’esecutivo municipale non rispettosa della parità di genere. Nella sua lunga lettera di cittadini di Parella, Bollettino – che a tuttoggi è anche presidente dell’Unione dei comuni delle Terre del Chiusella – persiste nello spiegare le ragioni dell’opportunità della fusione e spiega che comunque continuerà a portarla avanti da cittadino e chiude dicendo che “Non so chi sarà il mio successore, ma sono convinto che durante la campagna elettorale chiunque dovrà dare una risposta chiara alla domanda: ‘Sei favorevole ad un progetto di fusione con i Comuni dell’ex Pedanea’. Se il candidato dovesse provenire dalla mia maggioranza, la risposta non potrebbe che essere affermativa, visto che la fusione era nel nostro programma elettorale e che in questi cinque anni, nessuno ha mai manifestato il proprio dissenso in proposito. E’ bene però fare lo stesso la domanda, di cambi repentini di opinione ne ho visti tanti in questi anni’. Evidentemente non si riferisce alla posizione della minoranza di Progetto Parella e del Movimento Progetto Piemonte che si sono sempre detti, sin dalla passata legislatura 8quando Marco Bollettino non era presente in consiglio comunale) favorevoli ad una più forte integrazione dell’Unione della Terre del Chiusella, ma decisamente contrari alla fusione, proposta avanzata – e correva l’anno 2013 – dall’allora vice sindaco di Colleretto Giacosa. Su questo punto Massimo Iaretti, consigliere sino al 2014 a Parella, e Bruno Tegano, attuale capogruppo sono sempre stati molto chiari.

I.T.

Napoli (Fi): “Appendino e torinesi ostaggi dei centri sociali”

Riceviamo e pubblichiamo la dichiarazione dell’on. Osvaldo Napoli, capogruppo di Forza Italia al Comune

La frantumazione del movimento Cinquestelle a livello nazionale sta assumendo un ritmo incalzante anche a Torino. Il sindaco Appendino è a tutti gli effetti ostaggio della residua maggioranza che la sostiene. Quando due consiglieri comunali, Paoli e Ferrero, riferimento dei centri sociali Askatasuna e Gabrio, arrivano a sostenere che “meno siamo e più possiamo incidere” significa che siamo al gong dell’ultimo giro per il sindaco.

Ad Appendino avevo suggerito, in epoca non sospetta, di cambiare radicalmente una giunta che appariva confusa nei suoi indirizzi politici e amministrativi. La mia era una voce nel deserto, travolta dalla supponenza quando non dall’arroganza di chi si riteneva unto dal Signore. Oggi siamo alla resa dei conti: sindaco e giunta stanno su con gli spilli, pronti a cadere rovinosamente al primo stormir di fronde. Il guaio è che a pagare il prezzo di tutto sarà la città e i torinesi. Questo non possiamo accettarlo. Appendino tiri fuori il coraggio fin qui mai avuto: cambi la giunta e rivolga un appello alla città. Diversamente, mostri di voler bene a Torino e si dimetta.

Torino, Piemonte, Roma: i rischi della politica naif

Buontempona, Chiara Appendino, che dichiara: forse mi ricandido. Il panico si diffonde per la città. Sarà vero o non sarà vero?

A chi mai fosse preoccupato consiglio sonni tranquilli.

Chiaramente è una boutade per vedere cosa succede sapendo di essere cotta e di avere una giunta cotta e, per chi non ha fatto carriera o non è stato cacciato, dopo tre anni decisamente imbolsita. Strani incontri con il mondo del Politecnico. Magari si ripete l’ esperienza di oltre 20 anni fa con Castellani. Ma si sa che la storia quando si ripete diventa farsa. Nel mentre, per la prima volta avviene l’ Aventino dei comuni dell’area Metropolitana. Tutti a Superga per denunciare la svendita delle azioni Iren e dei gioielli di famiglia. D’altronde cosa si doveva fare per fare cassa? In fondo lo sanno tutti, non pensava proprio che fosse così difficile fare la Sindachessa. Aldo Curatella consigliere se ne va dal movimento lanciandole strali. E tanto per gradire parte del gruppo pentastellato presenta una mozione di sfiducia contro l’ assessore Iaria, urbanistica. I pentastellati devono solo decidere di che morte (politica si intende) perire. Se implodere esplodere o evaporare. Chiaretta non molla. Si consola inventando una realtà che non esiste. In 130 mila sono scappati all’ estero per lavorare e lei trionfalmente annuncia che c’è un  miliardo per le start up. Persino l’Unione industriale sbotta: basta parole, vogliamo i fatti. Gtt fallimentare?

Allora Chiaretta parla di Metropolitana. Dettaglio: non c’ è progetto, è così tutto naif, così campato in aria. Tanto non se ne curano e (appunto) tra un po’ andranno a casa. Siamo curiosi, dopo i monopattini, cosa si inventerà l’ assessore Lapietra? Si accettano scommesse. Chi non ha la benché minima voglia di scherzare è Alberto Cirio letteralmente fuori dai fogli. Sempre molto british nello stile ma decisamente contrariato a un governo che, a suo dire, prende in giro il Piemonte. Sicuramente il vice Ministro Ascani non brilla in efficienza, infatti piace molto ai pentastellati. La neo Ministra Azzolini , biellese di adozione, infastidita dalle polemiche sulla sua non conoscenza del’ inglese e dell’ informatica, risponde: se Giggino, caro amico, può fare il Ministro degli esteri, io posso fare il Ministro dell’Istruzione ed effettivamente con loro oramai tutto è possibile. Si sono viste  cose che noi umani non potevamo nemmeno immaginare. Dopo il crollo di ponti e colline ora tocca alle gallerie. Non c’ è proprio da stare allegri. Strade in Piemonte dissestate ed ogni viaggio un piccolo o grande percorso ad ostacoli. Brividi da paura. Roberto Rosso lascia la politica. Alternative non ne aveva. Per ora una  fine ingloriosa, scaricato da tutti. Alberto Cirio si era persino inventato un assessorato per accontentare lui e quelli di Fratelli d’Italia. Ci pensa Molinari a dire alla Meloni: stavolta salti un giro. Si può immaginare che Roberto Rosso abbia fatto tutto da solo? O viceversa qualcosa o qualcuno si incaricherà di dimostrare che ha fatto tutto da solo. Spostando una virgola si determinerà un diverso significato della vicenda, almeno sul piano politico. Un centro destra che sembrava lanciatissimo ed ora è costretto nel fare un tagliando al motore. Della vicenda di Roberto Rosso si stanno scrivendo le prime pagine di un tomo composto da mille pagine. Abbastanza facile prevederlo, più difficile prevedere che pagine verranno scritte, anche se, almeno per gli addetti
ai lavori qualcosa si intuiva. Come nel romanzo Cronaca di una Morte annunciata potrebbe essere che tutti sapevano che l’ omicida cercava la sua vittima. Tutti sapevano ma nessuno è intervenuto, per ignavia, per omertà, per indifferenza o per calcolo. E se tutti sapevano ma nessuno è intervenuto, qualcuno dovrà  stabilire e dimostrare chi sono questi tutti.

 

Patrizio Tosetto