“Mentre non una parola è stata detta a favore delle donne iraniane, che da oltre un anno lottano per i propri diritti a costo della vita, ed a favore delle donne israeliane, rapite, violentate ed uccise il 7 Ottobre scorso, nelle manifestazioni del 25 Novembre a Torino, così come a Firenze, sono comparse bandiere palestinesi, simbolo evidente dell’ideologizzazione politica di piazze in favore di diritti che non dovrebbero avere colore politico”, così Claudio Desirò, Segretario di Italia Liberale e Popolare, commenta le manifestazioni organizzate in occasione della Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne.
“Segnali e simboli di una strisciante ideologia anti occidentale che pervade determinati ambienti, o parte di essi, e che delegittima la stessa lotta per i diritti, declinandola a seconda di chi abusi, violenze e negazione dei diritti li vive quotidianamente sulla propria pelle”, aggiunge Desirò.
“Manifestare per i Diritti delle Donne esibendo la bandiera di uno Stato in cui vige una Teocrazia Islamica che assegna alla donna un ruolo di serie b è un controsenso che svuota di contenuto e valore la lotta stessa”, continua Desirò.
“Almeno che per il femminismo italiano le Teocrazie Islamiche non siano divenute improvvisamente il faro della lotta contro la violenza di genere ed a favore dei Diritti Fondamentali, il controsenso e la cecità ideologica che si sono evidenziate rappresentano un insulto nei confronti delle donne che vivono in regimi oppressivi, evidentemente simpatici ai movimenti femministi nostrani”, conclude Desirò.
Italia Liberale e Popolare
Dopo tanti proclami e interviste la somma della economia piemontese, come diceva il Principe De Curtis, da un totale inferiore alla media nazionale, tutto grazie alla bassa crescita di Torino come ha detto Banca d’Italia. Lunedì scorso un importante quotidiano ha pubblicato la tabella che allego relativa alla crescita del PIL dal 2018 al 2022 del Piemonte , dell’Italia e di Cuneo. Basta fare il calcolo della crescita e si scopre che mentre l’Italia è cresciuta del 7,8% e il Piemonte del 7,2, Cuneo è cresciuta del 12%
Tra i vizi peggiori che permangono nella politica italiana non possiamo non ricordare quello della cosiddetta “delegittimazione morale” dell’avversario. Un vecchio tic che storicamente è figlio e prodotto della cultura della sinistra italiana nella sue multiformi espressioni e che individua proprio nella delegittimazione morale dell’avversario/nemico uno dei suoi caposaldi costitutivi. Una teoria che parte anche da un altro dogma che nel tempo è maturato e si è consolidato per motivazioni alquanto misteriose. E cioè, la cosiddetta “superiorità morale” o “diversità morale” che dir si voglia rispetto agli avversari che si incontrano di volta in volta. Nell’un caso come nell’altro, però, si tratta di riaffermare che la propria parte politica è moralmente ed eticamente diversa, in quanto superiore, rispetto all’avversario/nemico, a tutti gli avversari/nemici. E, sotto questo versante, la lista è abbastanza lunga perchè inizia con l’esperienza cinquantennale della Democrazia Cristiana – come non ricordare “l’alternativa morale” proposta dal Pci negli anni ‘80 – e quasi tutta la sua autorevole qualificata classe dirigente per proseguire, seppur con toni e modalità diversi, con la stagione berlusconiana, quella salviniana e adesso, e a maggior ragione, con il centro destra a trazione Giorgia Meloni. Ora, seppur nel rigoroso rispetto di tutte le opinioni, è indubbio che la categoria etica della diversità o della superiorità morale, ostentata o pensata o contemplata poco importa, non è una valutazione politica ma una considerazione profondamente e strutturalmente impolitica. Al punto che quando prevale questo pregiudizio e questa valutazione dogmatica è lo stesso confronto politico democratico che ne paga le conseguenze. E questo per la semplice ragione che non si valuta il “merito” o il “contenuto” delle singole questioni sul tappeto ma il giudizio sulle singole persone e sui partiti avversari. E, nello specifico, il giudizio etico/morale. Una valutazione, questa, che purtroppo alligna anche in settori, seppure e per fortuna molti circoscritti, dell’area cattolica italiana. Dove, cioè, prevalgono giudizi che esulano dalle valutazioni politiche per concentrarsi, invece, sul versante personale o di partito. Ecco perchè, e anche alla luce di queste perduranti e persistenti valutazioni, forse è opportuno ribadire ancora una volta con forza e determinazione che un conto è l’onestà, la correttezza e la trasparenza del comportamento dei singoli nell’attività politica a qualsiasi livello, altra cosa – e del tutto diversa – è la pretesa di costruire progetti politici e alternative programmatiche partendo da valutazioni vagamente moralistiche o di carattere etico rispetto all’avversario/nemico. Questo, come ovvio, non mette affatto in discussione l’onestà e la rettitudine del singolo esponente politico ma, semmai e al contrario, serve per ribadire con forza la necessità che il confronto e la stessa dialettica politica fra partiti e schieramenti diversi o alternativi non può continuare a porre – in modo palese o meno palese – la dimensione della “superiorità” o della “diversità” morale come elemento discriminante di valutazione politica, culturale e programmatica. Perchè la vera laicità dell’azione politica e, soprattutto, la sana correttezza del confronto politico sono tasselli decisivi e fondamentali che non possono basarsi su pregiudizi o su pregiudiziali pre politici. Ne va della credibilità della politica, della qualità della democrazia e della stessa efficacia delle nostre istituzioni democratiche.