È attivo dalle ore 9 del 4 settembre fino ad esaurimento delle risorse un nuovo bando della Regione Piemonte che destina un finanziamento di 8 milioni di euro per sostenere il settore delle sale cinematografiche.
Questo programma mira a promuovere l’apertura di nuove sale, la riattivazione di quelle chiuse o inattive da almeno due anni, nonché a migliorare l’infrastruttura e la tecnologia esistente.
“Questa iniziativa è cruciale per rafforzare il settore cinematografico in Piemonte – ha detto in proposito il consigliere regionale della Lega Salvini Piemonte Andrea Cane – sostenere la riqualificazione e l’apertura di nuove sale cinematografiche non solo contribuirà a rendere il nostro territorio più competitivo e moderno, ma anche ad attirare produzioni cinematografiche, creando un circolo virtuoso che favorisce l’occupazione e l’economia locale.
Attualmente, in Piemonte, operano 117 sale cinematografiche con 259 schermi attivi, che nel corso dell’anno hanno registrato una presenza di 2.630.000 spettatori. Questo settore coinvolge complessivamente migliaia di professionisti, tra esercenti, dipendenti e aziende connesse alle loro operazioni.
Il cinema è parte integrante della nostra cultura, e con questo bando, intendiamo supportare attivamente la crescita dell’industria cinematografica piemontese.”
“L’adesione del Pd della Schlein al referendum per cancellare il Jobs Act sarebbe la conferma,
plateale e persin inappellabile, del profilo estremista, massimalista e radicale del partito. Con tanti
saluti alla natura riformista del principale partito della sinistra italiana. E questo ancora al di là del
comportamento concreto di tutti quei parlamentari o ex ministri o dirigenti del partito che alcuni
anni fa approvarono con entusiasmo e grande partecipazione quel provvedimento politico e
legislativo.
Perchè a volte il profilo e la natura politica di un partito si misurano attraverso l’atteggiamento
concreto che si assume di fronte ad una riforma. E, nel caso specifico, di una riforma che ha
cambiato l’assetto del mondo del lavoro nel nostro paese”.
Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi nuovi-Popolari uniti”.
I riformisti e la “questione sociale”
LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Non c’è alcun dubbio che esiste nel nostro paese una nuova, e persistente, “questione sociale”.
Una “questione sociale”, come quasi sempre capita, che rischia di trasformarsi rapidamente in
una questione di ordine pubblico. E, come da copione, le prime avvisaglie si sono già manifestate
e non solo a Napoli e a Palermo. I tasselli principali, e più mediatici, su cui viene richiamata la
maggior attenzione sono da un lato l’azzeramento del reddito e di cittadinanza e, dall’altro, la
misura dei super bonus. Due misure che non hanno nulla a che vedere con la crescita,
l’occupazione, lo sviluppo, l’equità sociale e il contrasto alla povertà ma solo e soltanto con la
riaffermazione di una concezione selvaggiamente assistenziale e pauperista. Di norma, si tratta di
escamotage legislativi e scelte politiche che rispondono ad una precisa strategia: ovvero, la piena
affermazione del populismo anti politico, demagogico e qualunquista. E, non a caso, si tratta di
scelte patrocinate, pianificate e gestite dal partito leader del populismo anti politico per
eccellenza: il partito di Grillo e di Conte.
Ora, il nodo politico di fondo non è quello di continuare a polemizzare con i populisti o con tutti
coloro che hanno una concezione estremista e massimalista della politica. E, purtroppo, con chi
teorizza la strategia politica del “tanto peggio tanto meglio”, come è platealmente evidente dalle
ultime dichiarazioni di Conte e della Schlein. Semmai, e al contrario, si tratta di capire come è
possibile affrontare seriamente e costruttivamente i temi – veri e tangibili – che emergono dalla
società e che noi riassumiamo con il termine di “questione sociale”. E, traendo spunto dalla
miglior tradizione del cattolicesimo sociale italiano e dalla cifra riformista che la caratterizzava –
basti pensare alla cinquantennale esperienza della sinistra sociale di ispirazione cristiana della Dc
– occorre far sì che il “dato sociale” diventi un elemento strutturale della stessa iniziativa politica.
La politica sociale, cioè, non può e non deve diventare un elemento secondario o un semplice
orpello del progetto politico complessivo di un partito o di uno schieramento ma un asset centrale
delle stesse politiche di sviluppo e di crescita di un paese. Perchè l’alternativa a questo metodo e
a questa impostazione politica è una sola: ed è quella praticata dai populisti da un lato e dai
liberisti dall’altro. Ovvero, ridurre la “questione sociale” ad un fatto meramente e brutalmente
assistenziale con tanti saluti a qualsiasi logica di sviluppo e di crescita complessiva di un paese.
Perchè se dovesse prevalere questa concezione e questa deriva inesorabilmente si
trasformerebbe lo Stato in un ente di beneficenza e di assistenza per molti, se non per tutti i
settori della società. Una prassi radicalmente e strutturalmente anti politica che unisce la logica
“del tanto peggio tanto meglio” con la strategia della “mancia” generale ed indistinta. La strategia
riformista, seppur attenta e vigile attorno ai temi che pone una rinnovata “questione sociale”, è
esattamente l’opposto. E quindi, da un lato l’assistenzialismo e il pauperismo e, dall’altro, la
crescita e lo sviluppo. O meglio ancora, da un lato le mance e i sussidi e, dall’altro, politiche
concrete e mirate che riducono le sacche di povertà e contribuiscono, al contempo, a far
partecipare anche e soprattuto i ceti popolari e meno abbienti alla crescita complessiva del
sistema paese.
In ultimo, e per riassumere, in un campo i riformisti e nell’altro campo i populismi, in tutte le
sfumature con cui si manifesta.
Ecco perchè i populisti quando governano creano disastri e generano le premesse per una
progressiva ed irreversibile bancarotta dello Stato. Tocca, però, anche ai cattolici popolari e
sociali farsi carico di una proposta politica che recuperi sino in fondo la cifra riformista e,
soprattutto, la capacità di saper riscoprire quella cultura e quello stile della ‘sinistra sociale’ del
passato che su questo versante conservano una straordinaria modernità ed attualità.
Giorgio Merlo
(e si pensi anche a sostituire le caldaie obsolete nelle abitazioni)
Il tempo guadagnato è fondamentale, non metterlo a frutto sarebbe imperdonabile: lo si impieghi per rispondere alle esigenze di imprese, famiglie e Volontari Poi: l’inquinamento non è prodotto soltanto dai veicoli, urge dunque una progettualità per la sostituzione, nelle abitazioni, delle vecchie caldaie più inquinanti.
Notizia che ci solleva, quella del rinvio del blocco dei veicoli diesel Euro 5: adesso occorre sfruttare i prossimi 24 mesi per non trovarci nelle stesse condizioni di queste settimane in prossimità della nuova scadenza. Due anni non sono molti, ma sono sufficienti per trovare soluzioni – oltre a Move-In e incentivi governativi – tali da incontrare le esigenze e le necessità di imprenditori, liberi professionisti, famiglie e Volontari. Farsi trovare nuovamente impreparati tra due anni sarebbe, semplicemente, imperdonabile, così come identificare misure con una parvenza di efficacia, ma nei fatti penalizzanti per i piemontesi. Alla stessa maniera, non basta concentrarsi sull’aliquota di inquinamento prodotta dal traffico veicolare, ma occorre prevedere un piano di sostituzione delle caldaie, ambito nel quale peraltro le nuove tecnologie garantiscono un impatto ecologico molto più contenuto. L’inquinamento non è prodotto soltanto dai veicoli: fatto incontrovertibile, del quale dobbiamo tenere conto.
Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.
Dichiarazione dell’on. Daniela Ruffino (Azione):
La Regione Piemonte ha deciso, senza colpo ferire, il blocco dei veicoli Euro 5 per ottemperare a una procedura di infrazione dell’Unione europea. Il governo, e il ministro Salvini prima di altri, ha annunciato un provvedimento al prossimo Cdm con la revoca della misura regionale. È già grave quando governo e Regioni non dialogano, ma quando a non dialogare sono un governo di destra e una Regione dello stesso colore politico la questione diventa surreale. Fra uno spot e l’altro, con il solito scaricabarile che punta il dito contro l’Europa, di mezzo ci sono andati i cittadini, gli operatori commerciali, le famiglie, i negozianti, cioè una platea di persone giustamente indignate (e sappiamo tutti che uso un eufemismo) per un provvedimento che paralizza un’intera Regione. Solo di fronte alla sollevazione dei cittadini adesso si ricordano in Regione e al governo che ci sono gli strumenti di rilevazione della qualità dell’aria e una società pubblica, l’Arpa, per monitorare l’andamento delle polveri sottili.
Tanto caos, con conseguenze economiche rilevanti per i pendolari costretti a usare la macchina in zone del tutto prive di trasporto pubblico locale, per famiglie e piccole attività commerciali, poteva essere evitato se solo fosse prevalso il buon senso. Si è scelto invece di creare scompiglio prima di metterci una pezza, perché di una pezza si tratta, in attesa che il governo esca dalla politica del giorno per giorno e metta in campo una strategia che non provochi convulsioni nei cittadini.
Il consigliere regionale Alberto Avetta (PD) ha presentato un’Interrogazione.
«Nella situazione caotica che il Canavese sta vivendo a causa dei problemi al Frejus e dell’imminente-salvo rinvii-chiusura del traforo del Monte Bianco, si aggiunge un’ulteriore preoccupazione: quella della frana che da anni minaccia l’abitato di Quincinetto, l’autostrada A5 Torino-Aosta, la linea ferroviaria e la zona compresa tra Baio Dora a Pont Saint Martin. La frana oggi è attentamente monitorata da un sistema di sensori il cui allarme in alcune circostanze ha comportato la chiusura in via precauzionale dell’autostrada. È evidente che in questo contesto diventa ancora più urgente la messa in sicurezza della frana di Quincinetto, per evitare che cadute di massi o smottamenti più significativi impongano chiusure più o meno drastiche e prolungate, interrompendo i trasporti tra la Valle d’Aosta, il canavese e il torinese, con i conseguenti gravi danni di natura economica e sociale. Uno scenario che sarebbe drammatico se si aggiungesse al caos di questi giorni. E lo sarebbe non solo per Aosta, che risulterebbe completamente isolata con il traforo del Monte Bianco chiuso e la Aosta-Torino bloccata, ma per tutti i Comuni interessati. Per questo ho presentato un’Interrogazione per sapere quando saranno avviati i lavori di messa in sicurezza della frana” .
+Europa: “Euro 5, Giunta Cirio responsabile”
“REGIONE PIEMONTE COLPEVOLIZZA EUROPA, MA UNICI RESPONSABILI LORO STESSI!”
“La confusione della Giunta regionale del Piemonte, la regione più inquinata d’Italia, sui provvedimenti sullo stop ai mezzi Euro5 è lo specchio del pressappochismo col quale viene governata la nostra Regione. Non riconoscono di non aver promosso azioni di transizione prima del provvedimento che loro stessi hanno adottato. Come sempre, la buttano in caciara dando colpa alla cattiva Europa anziché a loro stessi.” Lo scrive sul suo account Facebook Flavio Martino, Coordinatore regionale del Piemonte di +Europa.

BLITZ DEL MOVIMENTO LA BARRIERA AL CENTRO D’ACCOGLIENZA DI VIA TRAVES: “IMMIGRATI, DIFENDETE IL VOSTRO DIRITTO A NON EMIGRARE!”
Nella serata di ieri, 29 agosto, i militanti de La Barriera Torino hanno affisso, nei pressi del nuovo centro di accoglienza di Via Traves, alcuni manifesti, in Italiano, inglese, francese e arabo, per esortare gli immigrati ospiti della struttura a fare ritorno nei loro paesi, “per migliorarli e farli prosperare, costruendo lì la propria vita”.
“Abbiamo voluto affiggere questi manifesti per spiegare agli immigrati appena arrivati nella nostra nazione che, a differenza di quanto gli facciano credere scafisti, ong e tutti coloro che guadagnano grazie all’immigrazione clandestina, in Italia e in Europa non possiamo aiutarli, perché le risorse, insufficienti, che abbiamo vanno destinate all’aiuto dei moltissimi italiani che versano in condizioni economiche disastrose, trovandosi senza casa, senza lavoro o senza un piatto da mettere sulla tavola” affermano i responsabili del movimento.
“Con i manifesti affissi ieri abbiamo anche cercato di esortare questa gente a fare ritorno nelle proprie terre, per contribuire allo sviluppo materiale di questi paesi, difendendoli dalle depredazioni del capitalismo delle multinazionali e dalle tratte dei nuovi schiavisti, affinché questi immigrati possano vivere nelle loro nazioni, in pace e dignità, godendo del sacrosanto diritto a non dover emigrare, perché ogni terra ha il suo popolo e ogni popolo ha la sua terra” concludono dal movimento.