POLITICA- Pagina 148

Traforo del Tenda, Valle (Pd): da Cirio promesse a vuoto

 “CHE IDEA HANNO IL GOVERNO MELONI E LA REGIONE PIEMONTE SUL TENDA?”

Il vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Daniele Valle: “Ora Cirio costringa il suo Governo a fare chiarezza sul futuro dell’opera”.

 

«A giugno, incontrando il vice-ministro Edoardo Rixi, Alberto Cirio aveva mostrato muscoli e tono risoluto:Non accetteremo ulteriori ritardi per i lavori del tunnel del Tenda”. Detto fatto. A distanza di un mese la Conferenza intergovernativa ha confermato quanto da più parti si temeva: i tempi di riapertura del valico slittano da ottobre 2023 a giugno 2024. Ancora un anno di attesa, salvo imprevisti, per poter transitare nella nuova galleria “in modalità cantiere”, ovvero si avrà una sola galleria a senso unico alternato, esattamente come era avvenuto in passato.

Se pensiamo che a fine Ottocento ci sono voluti otto anni e sei mesi per realizzare il primo tunnel stradale transalpino, il paragone con l’oggi è impietoso e non esistono alibi di sorta. Certo, c’è il problema rincari, certo c’è stata la mala sorte (inchieste, alluvioni), ma sono passati dieci anni dall’inizio dei lavori del Tenda bis e ora l’unica certezza è data dall’incertezza.

Il progetto del Tenda bis venne approvato dalla Cig nel 2006, i lavori sono iniziati solo nel 2013, il nuovo tunnel doveva essere completato entro fine 2023 e il vecchio tunnel entro fine 2025. In mezzo continue variazioni del cronoprogramma fino alla nuova timeline: nuovo tunnel entro metà 2024, vecchio tunnel non si sa. E tra le conseguenze negative di questo ulteriore slittamento c’è anche il fatto che i piemontesi, in particolare i torinesi, si riverseranno sulla Torino-Savona, ovvero un’autostrada con pesanti criticità a causa dei cantieri.

Quello che più preoccupa, infatti, non è solo l’ulteriore allungamento dei tempi, bensì le incertezze sul progetto complessivo: il rifacimento del vecchio traforo ottocentesco parrebbe non rientrare più nei piani di Anas ed Edilmaco.

Nel corso del tempo si sono succedute ipotesi tecniche differenti e credo abbia ragione Francesco Balocco nell’indicare come preferibile quella di un nuovo tunnel bidirezionale trasformando il vecchio in canna di sicurezza e con scopi turistici. Di questa confusione progettuale e degli errori iniziali certamente la politica, tutta, porta una sua responsabilità ma non possiamo dimenticare le colpe dell’Anas.

Ora, visto che non stiamo parlando di realizzare una rotonda ma un’infrastruttura strategica dal punto di vista economico, commerciale e turistico, che idea hanno il Governo Meloni e la Regione Piemonte sul Tenda? Davvero il progetto dei due tunnel monodirezionali è da ritenersi defunto e dovremo viaggiare a corsia alternata? Ad Anas nessuno pensa di chiedere conto? Vedremo se a questi interrogativi verrà data risposta in occasione di una delle prossime passerelle: Cirio è esperto di inaugurazioni seriali, molto meno nel mantenere le promesse e nell’incalzare il suo Governo».

 

Daniele Valle

Vicepresidente del Consiglio Regionale – Consigliere regionale PD

Ravinale (SE): sbagliato pensare di togliere gli attraversamenti

Incidente in corso Orbassano,  per la sicurezza bisogna rallentare chi è in auto.
Ha ragione la Consulta per la mobilità per la mobilità Ciclistica e la Moderazione del Traffico di Torino: se ancora ci sono investimenti sulle strisce pedonali – sono stati due questa settimana a Torino – non si può ragionare di togliere gli attraversamenti, ma di renderli più sicuri, mediante l’inserimento di dossi, semafori o restringimenti della carreggiata che impongano a chi è in auto di rallentare e di prestare attenzione agli altri utenti della strada.
L’utilizzo dello spazio pubblico delle nostre strade è un fatto culturale ed è ora di cambiare approccio, realizzando la Città 30 per diminuire le emisssioni climalteranti e dare davvero la precedenza agli utenti deboli della strada.

Panza (Lega): Nuovo passo verso l’azzeramento delle disparità tra territori

Bene il nuovo provvedimento del ministro Calderoli per la valorizzazione delle aree realmente montane

L’approvazione  della Conferenza Unificata per il nuovo piano di distribuzione del Fondo per lo sviluppo delle zone montane italiane FOSMIT, rappresenta un significativo passo avanti per ridurre i divari esistenti tra i Comuni montani e il resto del Paese, un progetto promosso dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie della Lega, Roberto Calderoli, che i territori chiedevano da tempo – dichiara l’europarlamentare della Lega Alessandro Panza -.

Le risorse economiche messe a disposizione verranno di fatto raddoppiate e sono previsti fondi specifici anche per le aree disagiate, interne e a rischio spopolamento, al fine di garantire servizi adeguati a tutti i cittadini, indipendentemente dal fatto che vivano in montagna, in città o in altre zone del Paese. Si tratta di un provvedimento di grande importanza e atteso dalle comunità delle Terre Alte, finalizzato alla valorizzazione delle vere aree montane – conclude l’eurodeputato Alessandro Panza, responsabile delle politiche per le aree montane della Lega e Consigliere per la Montagna del Ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli.

Così in una nota l’europarlamentare della Lega Alessandro Panza.

Salario minimo, Grimaldi (Verdi Sinistra): Sfruttamento e salari da fame

E i profitti crescono.  Il governo Meloni non accampi scuse: la legge va approvata subito
Come può accadere che facchini, montatori, autisti, rider, vigilanti, braccianti, addetti alle pulizie, lavoratori dei beni culturali lavorino per meno di 7 euro l’ora, spesso 12 ore al giorno o di più, magari accumulando straordinari per raggiungere un salario dignitoso? Come è potuto accadere che l’Italia arrivasse ai primi posti in Europa per i livelli di lavoro povero, con l’11,8% di occupati a rischio povertà? Accade perché il conflitto tra capitale e lavoro non è finito, ma il capitale ha vinto e stravinto. L’Italia è l’unico Paese europeo in cui dal 1990 il salario medio annuale è diminuito, ma non è stato certo lo stesso per i profitti. Nel 2022 le aziende italiane hanno chiuso i bilanci con profitti in crescita del 53,25 per cento rispetto a 2021, il salario dei loro dipendenti è crollato del 7,6 per cento.
Lo afferma nell’Aula di Montecitorio Marco Grimaldi dell’Alleanza Verdi Sinistra intervenendo nella discussione sulla proposta di legge sul salario minimo.
In Italia salgono i mutui, le bollette, il costo della vita, i biglietti dei tram. L’unica cosa che non viene mai indicizzata – prosegue il vicecapogruppo dei deputati rossoverdi – sono i compensi di chi lavora. Il salario minimo legale è una misura vera di redistribuzione del reddito, perché l’aumento dei salari deve essere estratto dal capitale, non dalla fiscalità generale.
 Il governo Meloni temporeggia dicendo di temere che questa misura danneggi la contrattazione sindacale, ma perché invece non dà il buon esempio stanziando tutte le risorse necessarie per alzare i salari dei medici, degli insegnati, dei dipendenti pubblici? Ho visto in questi anni che a volte la lotta sul lavoro paga, ma costa anche molto: miseria, ritorsioni, licenziamenti ingiusti, isolamento. Noi, che rappresentiamo lo Stato, dovremmo essere dalla parte di chi – conclude Grimaldi – rischia tutto per ottenere condizioni dignitose per sé e per gli altri. È il momento di dimostrarlo. Salario Minimo Subito.

Ospedale di Ivrea, Rossi-Gallo (Pd): “Problemi scaricati sui sindaci”

27 luglio 2023 – Cirio e Icardi ci ricascano. Così come per l’ospedale unico del VCO, anche sull’ospedale di Ivrea se ne lavano le mani e passano la “patata bollente” ad altri. Insomma, appena le questioni si fanno spinose meglio sfilarsi e lasciare il campo al territorio o al consiglio regionale.

“C’era un tempo in cui governare significava assumere decisioni, soprattutto quelle difficili. Con Cirio e Icardi quel tempo è finito. Ogni volta che una decisione non genera entusiasmo o unanimismo e rischia di incrinare una quota, anche piccola, di consenso, ecco che parte la loro attività preferita: lo scaricabarile.  Fanno litigare qualcun altro su quel tema, fingono che nella maggioranza ci siano diverse posizioni per recitare tutte le parti in commedia. Così come per l’ospedale unico del VCO, anche sull’ospedale di Ivrea abdicano al loro ruolo e scaricano ogni responsabilità sui sindaci e sul consiglio regionale.” spiegano il Segretario regionale e Vicepresidente della Commissione sanità, Domenico Rossi, e il Presidente del Gruppo Pd a Palazzo Lascaris, Raffaele Gallo.

 “Non ha senso chiedere ai sindaci di votare uno studio. Gli studi non si votano e non sono oggetto di sondaggi di opinione e consenso. Servono a sostenere le decisioni e non a sostituirle… Per scegliere, però, serve coraggio e uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” incalzano i rappresentanti democratici.

“Ormai è evidente che il Piemonte è amministrato da una destra che si preoccupa solo di coltivare il consenso” proseguono Rossi e Gallo, sottolineando che “la giunta ha a disposizione dirigenti, strutture e risorse per le istruttorie. Se non decide, allora non serve”.

 “Siamo al rovesciamento dei rapporti tra istituzioni – concludono i dem – Invece di essere al servizio dei territori, se ne servono per risolvere i problemi interni alla maggioranza”.

 GPA, Grimaldi (AVS): Reato universale abominio giuridico, rischio costituzionalità

Vi chiediamo di fermarvi

“La proposta Varchi chiede di sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte compiute all’estero ascrivibili ai delitti di commercializzazione di gameti o di surrogazione di maternità. Significherebbe poter comminare a dei genitori, che hanno agito in maniera perfettamente legale in paesi democratici, pene di reclusione da 3 mesi a due anni e sanzioni da 600.000 a 1 milione di euro. Il Codice penale stabilisce che, in base al principio di territorialità, il diritto penale italiano è applicabile solo entro i limiti dei confini dello Stato. Questo principio può essere derogato solo in alcuni casi gravissimi: lesione di fondamentali interessi dello Stato; crimini di genocidio, terrorismo; crimini o punibili con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore a tre anni. Può la gestazione per altri essere ricompresa tra questi reati? Io credo che sia giuridicamente infondato. Come si può ammettere la deroga al principio di territorialità, il riconoscimento a livello universale del disvalore della GPA, per una pratica legale in diversi paesi in Europa e nel mondo? Perché invece il Governo non propone di estendere a chi li commette all’estero la punibilità di reati come la tortura, la pedopornografia, la tratta di esseri umani? Questa è una legge irragionevole, a rischio di incostituzionalità, ma anche inapplicabile, che vedrebbe i tribunali impegnati per anni finché non sarà cancellata. Per questa vi chiediamo di fermarvi” – così il Vicecaprogruppo di Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi, in aula durante la discussione sulla proposta di legge C. 887: “Modifica all’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano”.

Il Centro che ritorna

Insomma, il bipolarismo selvaggio o gli opposti estremismi o l’endemica radicalizzazione della
lotta politica non durano a lungo. Certo, per un arco di tempo anche queste derive possono
risultare vincenti e addirittura permanentiì ma è indubbio che, soprattutto in un paese come
l’Italia, non possono consolidarsi come la regola per eccellenza che disciplina il nostro sistema
politico. E questo per la semplice ragione che nel nostro paese, dal secondo dopoguerra in poi, si
è sempre governato “dal centro” e “al centro”. E la conferma, da ultimo, arriva anche dal
comportamento politico concreto dell’attuale Premier, Giorgia Meloni, che appena è arrivata a
palazzo Chigi si è immediatamente caratterizzata come un leader che governa attraverso le
tradizionali categorie che sono riconducibili alla “politica di centro”.
Ora, però, resta un nodo politico di fondo da sciogliere. E cioè, come può essere possibile che
partiti e movimenti che storicamente e culturalmente sono esterni ed estranei a tutto ciò che è
riconducibile alla “politica di centro” si fanno paladini esclusivi ed interpreti centrali di questa
prassi politica? Possono, cioè, un leader o un partito che fanno della radicalizzazione politica la
loro ragion d’essere e, soprattutto, che individuano nell’avversario politico un nemico implacabile
da delegittimare prima sotto il profilo morale e poi da distruggere sotto il versante politico essere
credibili? Perchè, per limitarsi a due soli esempi concreti, come possono l’attuale segretaria del
Pd Elly Schlein da un lato e Matteo Salvini dall’altro ergersi ad interpreti esclusivi e credibili di una
“politica di centro” nel nostro paese? Un’operazione semplicemente impossibile perchè innaturale
a livello politico, culturale, programmatico e forse anche sotto il versante etico.
Ecco perchè, se gli equilibri politici, soprattutto in vista dell’ormai prossima consultazione
europea, dovessero cambiare a detrimento di chi coltiva alacremente il prosieguo della
radicalizzazione della lotta politica, tocca a tutti coloro che si riconoscono in una cultura di centro
fare un passo in avanti. Non in modo isolato o puramente volontaristico. Ma, al contrario,
attraverso un processo politico e culturale finalizzato ad una profonda condivisione tra tutti coloro
che respingono pregiudizialmente la pericolosa e nefasta tesi degli “opposti estremismi”. È di
tutta evidenza che tocca a quei partiti e a quelle culture politiche che fanno della “politica di
centro” la stella polare della propria presenza politica giocare un ruolo protagonistico. Al di là di
ridicoli personalismi e rivalità da cortile. Certo, sarà necessario individuare un leader unificante e
aggregante di tutte queste forze e movimenti che oggi, purtroppo, sono ancora dispersi e che
continuano ad essere subalterni e gregari rispetto a partiti che coltivano un altro progetto politico
e un’altra prospettiva di governo. Ed è altresì evidente che sarà compito di quelle culture che
storicamente si sono caratterizzate per aver predicato e praticato una cultura e una politica di
centro, giocare ancora una volta in prima linea. Seppur con l’apporto di altri filoni ideali e altre
sensibilità culturali che non si rassegnano a fare i chierichetti della Schlein da un lato o i burattini
di Salvini dall’altro. E la cultura cattolico popolare e cattolico sociale, al riguardo, può rivestire una
importanza decisiva come lo è stata per tutta la prima repubblica e in alcuni sprazzi, purtroppo
brevi e circoscritti, della fase politica che è seguita.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, si tratta di un progetto che deve partire dalle forze
politiche in campo e dai leader che interpretano questa potenziale prospettiva. E cioè, per fare
alcuni esempi, da Matteo Renzi ai Popolari, dal civismo presente nelle amministrazioni comunali
alla rete di gruppi e movimenti che rifiutano la divisione secca e inappellabile della politica in due
faide contrapposte e in tutti coloro che non si sono più recati alle urne perchè nauseati da un
conflitto che è solo di potere e che non risponde più alle domande, alle esigenze e alle istanze di
crescenti segmenti sociali, culturali e politici del nostro paese.

Giorgio Merlo

Forza Italia: “giù le mani da pendolari e automobilisti”

«Vie comode e traffico scorrevole erano una caratteristica peculiare di Torino. Questa politica che discrimina le auto nella città dell’auto è paradossale». Ad affermarlo in una nota il coordinatore provinciale di Forza Italia a Torino Roberto Rosso, il coordinatore cittadino Marco Fontana, il capogruppo azzurro in Sala Rossa Andrea Tronzano, il vicecapogruppo Domenico Garcea e i consiglieri delle 8 Circoscrizioni Alberica Confalonieri, Davide Balena, Francesco Violi, Walter Caputo, Felice Scavone, Antonio Cuzzilla, Antonio Canino, Luciano Speranza, Veronica Pratis e Francesca De Coll.

Tronzano attacca: «Noi non ci stiamo. Ztl allargata in orario o estensione della medesima ci troveranno sempre contrari così come l’aumento del numero dei parcheggi blu per fare cassa con prezzi che oramai sono oltre il 10% dello stipendio medio. Il patto per Torino non deve essere un cappio per i torinesi o trasformarsi da opportunità di rilancio dei conti in incubo, vedi aumento tassazione Irpef e ora questo. Mi domando allora perché non vendere il 49% di Gtt? È proprio un insulto parlarne?».

Garcea chiosa «Inutile continuare a battere cassa mettendo le mani in tasca ai cittadini torinesi, se prima non si effettua una seria analisi dell’effettiva gestione delle risorse aziendali di GTT, sia economiche che umane, da parte dei vertici aziendali e dei responsabili della gestione delle risorse finanziarie. Gli aumenti delle tariffe delle strisce blu, che si sommano a quelli dei biglietti di bus e tram, hanno numerose conseguenze negative dirette ed indirette, a cominciare dal piccolo commercio e dai negozi di prossimità che già soffrono terribilmente gli effetti di una recessione economica in continua espansione».

I consiglieri di Circoscrizione aggiungono: «Il problema dei rincari delle strisce blu non si limita al centro dove ormai siamo arrivati ad un livello di strozzinaggio che rasenta i limiti dell’etico. La questione si allarga anche su tutte le periferie in particolare davanti agli ospedali. Da anni Forza Italia porta avanti in Consiglio comunale la richiesta di abolizione del parcheggio a pagamento di fronte ai nosocomi ma i Sindaci e le sinistre fanno orecchie da mercante al riguardo preferendo fare cassa».

Concludono i coordinatori provinciale e cittadino Rosso e Fontana: «Sarà un autunno caldo per l’Amministrazione cittadina di Lo Russo, più caldo di questa estate rovente. Siamo pronti a dare battaglia sia sulla questione rincari del biglietto Gtt sia sul fronte strisce blu. Si tratta di aumenti totalmente punitivi, ideologici per quanto riguarda quelli contro gli automobilisti. E sul caro biglietti siamo di fronte al risultato di decenni di scelte sbagliate in merito alle persone che hanno guidato le partecipate cittadine. Nelle prossime settimane promuoveremo come Forza Italia con i consiglieri Tronzano e Garcea due raccolte firme: una per abolire le strisce blu davanti agli ospedali e l’altra per ridurre il costo del biglietto GTT».

L’Italia del Sì è nata il 10 novembre 2018 a Torino

 Con la grande Manifestazione per la TAV.

L’ITALIA a del SI che ha consentito al Vice Premier Matteo SALVINI di presentare alla grande l’ITALIA  del 2032 quando verranno realizzate Infrastrutture strategiche come la TAV, la Nuova Diga al porto di Genova, il Terzo Valico e tante altre è nata il 10 novembre 2018 a Torino quando una folla immensa ha riempito piazza Castello per dire SI TAV e sì alla Crescita e No alla Decrescita. Senza quella grande Manifestazione forse non ci sarebbe stato il voto del Senato del 7.8.2019 quando a grande maggioranza venne sconfitta la Mozione NoTav dei 5 stelle e senza quel grande consenso popolare sarebbe stato difficile al Governo Conte inserire nel primo PNRR tanti interventi infrastrutturali. Ora il VENTO è CAMBIATO e il Paese può sperare nel suo secondo Rinascimento del dopoguerra grazie al Governo MELONI coeso e compatto su questa linea,che darà più lavoro e più competitività al nostro Paese nella nuova fase della globalizzazione frutto del COVD e della guerra in Ucraina.
Mino GIACHINO
SITAV SILAVORO

Mafia. Ruffino (Az-Iv): su beni confiscati Governo completi ultimo miglio

“Dia risorse ad enti assegnatari per gestione e riqualificazione immobili”
 “Il ministro Piantedosi giustamente sottolinea come la normativa italiana sui beni confiscati alla criminalità organizzata sia riconosciuta come un’eccellenza a livello mondiale, ma le belle parole contano poco se non sono accompagnate dai fatti. Così non basta assegnare a enti pubblici o del terzo settore gli immobili sequestrati alle mafie se allo stesso tempo non si garantiscono loro anche i fondi di cui hanno assoluto bisogno per riqualificarli e per gestirli”. Lo dichiara Daniela Ruffino, deputata di Azione-Italia Viva, che aggiunge: “Al governo rinnovo perciò la richiesta di completare l’ultimo miglio, stanziando le risorse che mancano per la piena ed efficace attuazione della normativa. E’ paradossale che spesso i beni confiscati alle mafie restino in stato di abbandono, anziché essere restituiti alla collettività per un vero riuso sociale, perché gli enti assegnatari non sono in grado di far fronte ai costi di gestione e di avvio di progetti di reimpiego sociale. Bisogna superare le criticità esistenti, il governo se ne faccia carico e lo faccia anche in tempi brevi. La restituzione alle comunità dei beni confiscati non può essere parziale – conclude Ruffino – perché così parziale sarebbe anche la vittoria dello Stato sulla criminalità organizzata”.