POLITICA- Pagina 141

Andrea Cane (Lega): “Il nuovo bando di 8 milioni per le sale cinematografiche”

È attivo dalle ore 9 del 4 settembre fino ad esaurimento delle risorse un nuovo bando della Regione Piemonte che destina un finanziamento di 8 milioni di euro per sostenere il settore delle sale cinematografiche.
Questo programma mira a promuovere l’apertura di nuove sale, la riattivazione di quelle chiuse o inattive da almeno due anni, nonché a migliorare l’infrastruttura e la tecnologia esistente.

“Questa iniziativa è cruciale per rafforzare il settore cinematografico in Piemonte – ha detto in proposito il consigliere regionale della Lega Salvini Piemonte Andrea Cane – sostenere la riqualificazione e l’apertura di nuove sale cinematografiche non solo contribuirà a rendere il nostro territorio più competitivo e moderno, ma anche ad attirare produzioni cinematografiche, creando un circolo virtuoso che favorisce l’occupazione e l’economia locale.

Attualmente, in Piemonte, operano 117 sale cinematografiche con 259 schermi attivi, che nel corso dell’anno hanno registrato una presenza di 2.630.000 spettatori. Questo settore coinvolge complessivamente migliaia di professionisti, tra esercenti, dipendenti e aziende connesse alle loro operazioni.

Il cinema è parte integrante della nostra cultura, e con questo bando, intendiamo supportare attivamente la crescita dell’industria cinematografica piemontese.”

Merlo: “Jobs act, se il Pd adesso dice no cancella il suo profilo riformista”

“L’adesione del Pd della Schlein al referendum per cancellare il Jobs Act sarebbe la conferma,
plateale e persin inappellabile, del profilo estremista, massimalista e radicale del partito. Con tanti
saluti alla natura riformista del principale partito della sinistra italiana. E questo ancora al di là del
comportamento concreto di tutti quei parlamentari o ex ministri o dirigenti del partito che alcuni
anni fa approvarono con entusiasmo e grande partecipazione quel provvedimento politico e
legislativo.
Perchè a volte il profilo e la natura politica di un partito si misurano attraverso l’atteggiamento
concreto che si assume di fronte ad una riforma. E, nel caso specifico, di una riforma che ha
cambiato l’assetto del mondo del lavoro nel nostro paese”.
Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi nuovi-Popolari uniti”.

I riformisti e la “questione sociale”

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Non c’è alcun dubbio che esiste nel nostro paese una nuova, e persistente, “questione sociale”.
Una “questione sociale”, come quasi sempre capita, che rischia di trasformarsi rapidamente in
una questione di ordine pubblico. E, come da copione, le prime avvisaglie si sono già manifestate
e non solo a Napoli e a Palermo. I tasselli principali, e più mediatici, su cui viene richiamata la
maggior attenzione sono da un lato l’azzeramento del reddito e di cittadinanza e, dall’altro, la
misura dei super bonus. Due misure che non hanno nulla a che vedere con la crescita,
l’occupazione, lo sviluppo, l’equità sociale e il contrasto alla povertà ma solo e soltanto con la
riaffermazione di una concezione selvaggiamente assistenziale e pauperista. Di norma, si tratta di
escamotage legislativi e scelte politiche che rispondono ad una precisa strategia: ovvero, la piena
affermazione del populismo anti politico, demagogico e qualunquista. E, non a caso, si tratta di
scelte patrocinate, pianificate e gestite dal partito leader del populismo anti politico per
eccellenza: il partito di Grillo e di Conte.
Ora, il nodo politico di fondo non è quello di continuare a polemizzare con i populisti o con tutti
coloro che hanno una concezione estremista e massimalista della politica. E, purtroppo, con chi
teorizza la strategia politica del “tanto peggio tanto meglio”, come è platealmente evidente dalle
ultime dichiarazioni di Conte e della Schlein. Semmai, e al contrario, si tratta di capire come è
possibile affrontare seriamente e costruttivamente i temi – veri e tangibili – che emergono dalla
società e che noi riassumiamo con il termine di “questione sociale”. E, traendo spunto dalla
miglior tradizione del cattolicesimo sociale italiano e dalla cifra riformista che la caratterizzava –
basti pensare alla cinquantennale esperienza della sinistra sociale di ispirazione cristiana della Dc
– occorre far sì che il “dato sociale” diventi un elemento strutturale della stessa iniziativa politica.
La politica sociale, cioè, non può e non deve diventare un elemento secondario o un semplice
orpello del progetto politico complessivo di un partito o di uno schieramento ma un asset centrale
delle stesse politiche di sviluppo e di crescita di un paese. Perchè l’alternativa a questo metodo e
a questa impostazione politica è una sola: ed è quella praticata dai populisti da un lato e dai
liberisti dall’altro. Ovvero, ridurre la “questione sociale” ad un fatto meramente e brutalmente
assistenziale con tanti saluti a qualsiasi logica di sviluppo e di crescita complessiva di un paese.
Perchè se dovesse prevalere questa concezione e questa deriva inesorabilmente si
trasformerebbe lo Stato in un ente di beneficenza e di assistenza per molti, se non per tutti i
settori della società. Una prassi radicalmente e strutturalmente anti politica che unisce la logica
“del tanto peggio tanto meglio” con la strategia della “mancia” generale ed indistinta. La strategia
riformista, seppur attenta e vigile attorno ai temi che pone una rinnovata “questione sociale”, è
esattamente l’opposto. E quindi, da un lato l’assistenzialismo e il pauperismo e, dall’altro, la
crescita e lo sviluppo. O meglio ancora, da un lato le mance e i sussidi e, dall’altro, politiche
concrete e mirate che riducono le sacche di povertà e contribuiscono, al contempo, a far
partecipare anche e soprattuto i ceti popolari e meno abbienti alla crescita complessiva del
sistema paese.
In ultimo, e per riassumere, in un campo i riformisti e nell’altro campo i populismi, in tutte le
sfumature con cui si manifesta.
Ecco perchè i populisti quando governano creano disastri e generano le premesse per una
progressiva ed irreversibile bancarotta dello Stato. Tocca, però, anche ai cattolici popolari e
sociali farsi carico di una proposta politica che recuperi sino in fondo la cifra riformista e,
soprattutto, la capacità di saper riscoprire quella cultura e quello stile della ‘sinistra sociale’ del
passato che su questo versante conservano una straordinaria modernità ed attualità.
Giorgio Merlo

Magliano: “Blocco Euro 5, i due anni di proroga siano due anni di preparazione”

 (e si pensi anche a sostituire le caldaie obsolete nelle abitazioni)


Il tempo guadagnato è fondamentale, non metterlo a frutto sarebbe imperdonabile: lo si impieghi per rispondere alle esigenze di imprese, famiglie e Volontari Poi: l’inquinamento non è prodotto soltanto dai veicoli, urge dunque una progettualità per la sostituzione, nelle abitazioni, delle vecchie caldaie più inquinanti.

Notizia che ci solleva, quella del rinvio del blocco dei veicoli diesel Euro 5: adesso occorre sfruttare i prossimi 24 mesi per non trovarci nelle stesse condizioni di queste settimane in prossimità della nuova scadenza. Due anni non sono molti, ma sono sufficienti per trovare soluzioni – oltre a Move-In e incentivi governativi – tali da incontrare le esigenze e le necessità di imprenditori, liberi professionisti, famiglie e Volontari. Farsi trovare nuovamente impreparati tra due anni sarebbe, semplicemente, imperdonabile, così come identificare misure con una parvenza di efficacia, ma nei fatti penalizzanti per i piemontesi. Alla stessa maniera, non basta concentrarsi sull’aliquota di inquinamento prodotta dal traffico veicolare, ma occorre prevedere un piano di sostituzione delle caldaie, ambito nel quale peraltro le nuove tecnologie garantiscono un impatto ecologico molto più contenuto. L’inquinamento non è prodotto soltanto dai veicoli: fatto incontrovertibile, del quale dobbiamo tenere conto.

Silvio 
Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.

Ruffino (Azione): “Euro 5, caos tra Regione e Governo”

Dichiarazione dell’on. Daniela Ruffino (Azione):

     La Regione Piemonte ha deciso, senza colpo ferire, il blocco dei veicoli Euro 5 per ottemperare a una procedura di infrazione dell’Unione europea. Il governo, e il ministro Salvini prima di altri, ha annunciato un provvedimento al prossimo Cdm con la revoca della misura regionale. È già grave quando governo e Regioni non dialogano, ma quando a non dialogare sono un governo di destra e una Regione dello stesso colore politico la questione diventa surreale. Fra uno spot e l’altro, con il solito scaricabarile che punta il dito contro l’Europa, di mezzo ci sono andati i cittadini, gli operatori commerciali, le famiglie, i negozianti, cioè una platea di persone giustamente indignate (e sappiamo tutti che uso un eufemismo) per un provvedimento che paralizza un’intera Regione. Solo di fronte alla sollevazione dei cittadini adesso si ricordano in Regione e al governo che ci sono gli strumenti di rilevazione della qualità dell’aria e una società pubblica, l’Arpa, per monitorare l’andamento delle polveri sottili.

     Tanto caos, con conseguenze economiche rilevanti per i pendolari costretti a usare la macchina in zone del tutto prive di trasporto pubblico locale, per famiglie e piccole attività commerciali, poteva essere evitato se solo fosse prevalso il buon senso. Si è scelto invece di creare scompiglio prima di metterci una pezza, perché di una pezza si tratta, in attesa che il governo esca dalla politica del giorno per giorno e metta in campo una strategia che non provochi convulsioni nei cittadini.

Avetta (Pd): “Nel caos trafori non dimentichiamo la frana di Quincinetto”

Il consigliere regionale Alberto Avetta (PD) ha presentato un’Interrogazione.

 

«Nella situazione caotica che il Canavese sta vivendo a causa dei problemi al Frejus e dell’imminente-salvo rinvii-chiusura del traforo del Monte Bianco, si aggiunge un’ulteriore preoccupazione: quella della frana che da anni minaccia l’abitato di Quincinetto, l’autostrada A5 Torino-Aosta, la linea ferroviaria e la zona compresa tra Baio Dora a Pont Saint Martin. La frana oggi è attentamente monitorata da un sistema di sensori il cui allarme in alcune circostanze ha comportato la chiusura in via precauzionale dell’autostrada. È evidente che in questo contesto diventa ancora più urgente la messa in sicurezza della frana di Quincinetto, per evitare che cadute di massi o smottamenti più significativi impongano chiusure più o meno drastiche e prolungate, interrompendo i trasporti tra la Valle d’Aosta, il canavese e il torinese, con i conseguenti gravi danni di natura economica e sociale. Uno scenario che sarebbe drammatico se si aggiungesse al caos di questi giorni. E lo sarebbe non solo per Aosta, che risulterebbe completamente isolata con il traforo del Monte Bianco chiuso e la Aosta-Torino bloccata, ma per tutti i Comuni interessati. Per questo ho presentato un’Interrogazione per sapere quando saranno avviati i lavori di messa in sicurezza della frana” .

 

+Europa: “Euro 5, Giunta Cirio responsabile”

“REGIONE PIEMONTE  COLPEVOLIZZA EUROPA, MA UNICI RESPONSABILI LORO STESSI!”

“La confusione della Giunta regionale del Piemonte, la regione più inquinata d’Italia, sui provvedimenti sullo stop ai mezzi Euro5 è lo specchio del pressappochismo col quale viene governata la nostra Regione. Non riconoscono di non aver promosso azioni di transizione prima del provvedimento che loro stessi hanno adottato. Come sempre, la buttano in caciara dando colpa alla cattiva Europa anziché a loro stessi.” Lo scrive sul suo account Facebook Flavio Martino, Coordinatore regionale del Piemonte di +Europa.

Giachino: “Una frana per capire che la priorità sono le Alpi. Lo disse Cavour”

GIACHINO (FDI):  È bastata una frana a far capire che la priorità per l’Italia sono le Alpi come disse nel suo primo intervento Cavour. 
Incompetenza , pressapochismo, scarsa conoscenza della Storia patria , posizioni ideologiche e di comodo hanno chiuso gli occhi al Paese. È bastata una frana in terra francese a far capire la vera priorità per l’Italia, l’attraversamento delle Alpi.  Un Paese come il nostro che vive di scambi internazionali che per 3/4 sono in Europa è chiaro che ha l’attraversamento delle Alpi come priorità , come disse Cavour nel suo primo appunto a Vittorio Emanuele II, le Alpi avrebbero potuto diventare fattore di esclusione .
Se ci fosse la TAV non sarebbe stata toccata dalla frana e i transiti sarebbero garantiti. Aver bamblinato per tanto tempo, condizionati dai No che dai vecchi comunisti sono arrivati sino ai Notav , dalle indecisioni del PD ,condizionato dai suoi sindaci locali Notav e da Governi che in questi ultimi dieci anni hanno zigzagato sulla TAV , l’opera più importante per la rete europea dei trasporti, oggi mette il Paese in gravi difficoltà. Saran contenti  i giornalisti che non volevano parlare di TAV .
L’ultimo intervento deciso fu quello del Governo Berlusconi con la norma che consentiva di proteggere il cantiere dagli attacchi sconsiderati dei Notav che troppi hanno vellicato in questi anni.  Dal 2011 son passati 12 anni. In 13 si costruì il Primo Traforo alpino al mondo.
I tavoli ora a cosa servono ?
Ora ci vorrebbe una legge speciale che acceleri i lavori per la costruzione del Tunnel di base nello spirito del Patto del Quirinale. Non basta ottenere dalla Francia il rinvio della chiusura del Bianco per un mese. Occorre accelerare al massimo e in ogni modo i lavori della TAV. Ne guadagnerà la economia europea non solo quella italiana e ne guadagnerà realmente l’ambiente perché il colmo è non avere la TAV e avere il raddoppio dei traforo autostradali . Contenti i NoTav e chi gli ha retto la coda?
 
Mino GIACHINO 

La Barriera: “Immigrati tornate a casa, non possiamo aiutarvi”

BLITZ DEL MOVIMENTO LA BARRIERA AL CENTRO D’ACCOGLIENZA DI VIA TRAVES: “IMMIGRATI, DIFENDETE IL VOSTRO DIRITTO A NON EMIGRARE!”

Nella serata di ieri, 29 agosto, i militanti de La Barriera Torino hanno affisso, nei pressi del nuovo centro di accoglienza di Via Traves, alcuni manifesti, in Italiano, inglese, francese e arabo, per esortare gli immigrati ospiti della struttura a fare ritorno nei loro paesi, “per migliorarli e farli prosperare, costruendo lì la propria vita”.
“Abbiamo voluto affiggere questi manifesti per spiegare agli immigrati appena arrivati nella nostra nazione che, a differenza di quanto gli facciano credere scafisti, ong e tutti coloro che guadagnano grazie all’immigrazione clandestina, in Italia e in Europa non possiamo aiutarli, perché le risorse, insufficienti, che abbiamo vanno destinate all’aiuto dei moltissimi italiani che versano in condizioni economiche disastrose, trovandosi senza casa, senza lavoro o senza un piatto da mettere sulla tavola” affermano i responsabili del movimento.
“Con i manifesti affissi ieri abbiamo anche cercato di esortare questa gente a fare ritorno nelle proprie terre, per contribuire allo sviluppo materiale di questi paesi, difendendoli dalle depredazioni del capitalismo delle multinazionali e dalle tratte dei nuovi schiavisti, affinché questi immigrati possano vivere nelle loro nazioni, in pace e dignità, godendo del sacrosanto diritto a non dover emigrare, perché ogni terra ha il suo popolo e ogni popolo ha la sua terra” concludono dal movimento.

Quando lo “stile” contava in politica

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Ogniqualvolta si parla della Democrazia Cristiana e, soprattutto, dei leader e degli statisti
democristiani, non manca quasi mai un riferimento al cosiddetto “stile” che caratterizzava quelle
donne e quegli uomini. Per carità, nessuna inclinazione moralistica e nessuna presunzione di
“superiorità” morale od intellettuale rispetto ad altre esperienze politiche e culturali. Quella è una
deriva che storicamente è riconducibile al campo della sinistra politica e ai suoi eredi. Non a caso,
si tratta di una prassi valida e praticata, ieri come oggi, nei confronti di qualunque avversario che
puntualmente diventa un nemico perchè si contrappone alla “verità” e alla ricetta politica,
culturale e programmatica sostenuta e propugnata dalla sinistra e dal partito che la interpreta.

Ma, al di là di un fatto che ormai non fa neanche più notizia, quello che merita di essere
sottolineato e richiamato è che lo “stile” politico e il “comportamento” istituzionale dei
democristiani sono due elementi che vengono da ormai molto tempo esaltati e adottati quasi
come un modello, anche dagli storici detrattori di quella straordinaria esperienza politica, culturale
e di governo. Un modo di essere in politica che, di norma, rifuggiva quasi sempre dagli
schiamazzi e dalla polemica facile; dal colpire deliberatamente e frontalmente gli avversari che
non erano mai nemici; dal perseguire una deliberata e violenta radicalizzazione della lotta politica
e, in ultimo, dal trasformare la politica in una clava per delegittimare o ridicolizzare gli avversari. Lo
zaino dei democristiani conteneva altri ingredienti: la cultura della mediazione, la ricerca della
sintesi, la preparazione e la competenza come precondizione decisivi per essere in politica, il
rigoroso rispetto politico dell’avversario anche quando costoro si esercitavano in operazioni
volgari di distruzione e di delegittimazione dei democristiani e il loro modo di fare politica e, dulcis
in fundo, un profilo di forte e trasparente correttezza istituzionale.

Certo, c’erano alti e bassi come in tutti i consessi umani e sociali. Ma lo “stile” politico e il
“comportamento” istituzionale dei leader e degli statisti democratici cristiani continuano ad essere
dei modelli a cui ispirarsi, anche e soprattutto in una stagione politica caratterizzata da una
profonda crisi della politica stessa e da una balbettante ed incerta postura istituzionale dei vari
leader contemporanei e di entrambi i campi. E cioè, tanto della sinistra radicale e massimalista
della Schlein quanto della destra sovranista e nazionalista, salvo rare eccezioni.

Ecco perchè, e senza alcuna regressione nostalgica, forse è arrivato anche il momento di
recuperare le migliori risorse di un passato che è stato politicamente criminalizzato ma che, come
quasi sempre capita, più trascorre il tempo e più ci si accorge della originalità e della modernità di
quella esperienza. Nel caso specifico, del profilo e della consistenza di quella classe dirigente.
Appunto, di quello “stile” politico e di quel “comportamento” istituzionale. È appena sufficiente,
del resto, scorrere anche se rapidamente, il percorso politico, umano e di governo di quelle donne
e di quegli uomini per rendersene conto. Senza piaggeria e senza alcuna tentazione agiografica
ma solo e soltanto per essere onesti intellettualmente con quella feconda, qualificata e inimitabile
classe dirigente politica e di governo.