LIFESTYLE- Pagina 72

Volontario ma non troppo

Da circa cinquant’anni la figura del volontario, in Italia particolarmente ma non solo, è diventata parte integrante di ogni contesto sociale, dalle associazioni agli enti locali, dalla pubblica assistenza ad altri servizi essenziali.

La motivazione ufficiale è che il volontario sente il bisogno di offrire la propria opera, gratuitamente, a quanti ne abbiano bisogno: quella ufficiosa è che grazie ai volontari, le istituzioni risparmiano cifre da capogiro nonostante il gettito fiscale dei contribuenti permetterebbe, o richiederebbe, l’utilizzo di personale retribuito.

Ovviamente il volontario ha, rispetto ai dipendenti ed ai collaboratori retribuiti, una sola differenza: la retribuzione, appunto.

Per il resto è necessario sia assicurato contro gli infortuni, ed in alcuni casi contro patologie contratte in servizio, sia iscritto ad un apposito registro, venga periodicamente aggiornato e altro ancora.

Il problema è reperire le persone che vogliano, volontariamente appunto, offrire la loro opera: dopo alcuni decenni di sviluppo progressivo, il volontariato sta ora patendo la crisi dovuta ad alcuni fattori: in primo luogo il lockdown ha fortemente penalizzato le persone, volontari in primis, demotivandoli, disaffezionandoli dalla loro missione. La crisi di valore, poi, in cui la nostra società sta navigando ha fatto il resto: incapacità di socializzazione, di relazionarsi con altri, pigrizia diffusa, dipendenza da alcool rendono difficile mantenere gli impegni assunti, allontanando i volontari dall’ente in cui prestavano servizio.

Alcune associazioni, come i donatori di sangue, patiscono questa situazione in modo particolare: è palese che se il tuo stile di vita non è corretto non potrai donare il sangue, e questo è particolarmente vero per i giovani, nuove leve della donazione (a 65 anni non si può più donare).

Vi sono ovviamente alcune meritevoli eccezioni: i c.d. figli d’arte (figli di volontari del pubblico soccorso, dei Carabinieri o della Polizia di Stato) che prestano servizio volontario presso le varie Croce Verde, Rossa o Bianca, o l’Associazione Nazionale Carabinieri o della Polizia di Stato, orgogliosi di proseguire una tradizione ereditata; allo stesso modo alcuni ragazzi, di entrambi i sessi, capiscono l’utilità di prestare servizio presso questo o quell’ente, non soltanto per il senso civico connesso ma perché può di essere di aiuto nella carriera di studi.

Spesso, invece, si assiste a scimmiottature di volontariato in associazioni tipo proloco o che organizzano eventi di paese, che dovrebbero essere il fulcro di quell’evento, la macchina organizzatrice, ma sono soltanto un coacervo di elementi scarsamente produttivi, spesso in lite tra di loro, che creano solo confusione anziché risultati.

Anche in questo caso torniamo all’incapacità di relazione tra i giovani (che, diventando adulti, non la acquisiscono di sicuro), alla scarsa motivazione trasmessa dei genitori (e dagli altri educatori a seguire) che portano i ragazzi ad essere egoisti (nell’accezione originale del termine) o che qualsiasi cosa serva “c’è papà che paga”.

Fin dai tempi dello scoutismo ho percepito il lavoro di squadra, non solo in senso sportivo, come un vantaggio che ognuno di noi ha perché ci permette di valutare le nostre capacità e confrontarle con quelle degli altri, di paragonare le conoscenze ed acquisirne di nuove e, unendo le forze, moltiplicare il risultato atteso.

Ogni qual volta ho partecipato come volontario a qualche evento (terremoto in Irpinia, incendi in Liguria, frane in Piemonte o altro) ho percepito la mia partecipazione come un contributo, minimo, erogato alla comunità in cui ero in quel momento, senza riferimenti a denaro, etnie, ceti sociali o simpatie.

Ho valutato che queste persone, questi luoghi necessitassero di un intervento per scongiurare il peggio o per arginare il problema, e mi sono impegnato per quanto era in mio potere.

Consiglio ai genitori di far aderire i figli, fin da piccoli, a qualche forma di volontariato, dalla distribuzione di vestiti in chiesa alla raccolta di cibo nei supermercati, dallo scoutismo alla pubblica assistenza alla protezione civile o alla donazione di sangue: i bambini non si spezzano, non si ammalano più di chi sta tutto il giorno sulla poltrona, anzi, e non perdono di valore; gli adolescenti, poi, rischiano di diventare individui sociali, che sanno relazionarsi con i propri simili, che agiscono di concerto per la vita in società.

Ma il rischio maggiore è che diventino Persone con la P maiuscola e che possano essere migliori delle ultime generazioni.

Sergio Motta

Miriana Trevisan per la finale di Miss Italia Piemonte e Valle d’Aosta

Dopo un lungo tour, siamo arrivati alla Finalissima di Miss Italia Piemonte e Valle D’Aosta che si svolgerà il 28 agosto nella splendida cornice di Barbaresco, patrimonio dell’Unesco.

Madrina della serata sarà Miriana Trevisan, storica valletta tv, diventata oggi una splendida donna, mamma e scrittrice. Durante la sua carriera ha lavorato con Mike Bongiorno, Raimondo Vianello e Corrado: i grandi nomi della televisione italiana.
Le finaliste giungeranno a Barbaresco già dal mattino per trascorrere una giornata tra i vigneti e promuovere, con la loro bellezza, l’unicità di un territorio che tutto il mondo ci invidia.

Da qui, si passerà alle prove, poiché da quest’anno tutte le Miss sono impegnate in esibizioni di canto, di ballo e insieme interpreteranno “Grease” con tanto di look anni ’50. A volere questa prova è stata la stessa Mirella Rocca, agente regionale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, che quest’anno si è resa promotrice anche di un’altra rivoluzione storica per quanto riguarda le selezioni di Miss Italia, ossia, il look della sfilata non più solo in costume da bagno ma in completo con camicia, cravatta e gonna nera. Un’iniziativa apprezzatissima dalla stessa Patrizia Mirigliani che adotterà la mise anche per la finale nazionale del concorso.
La nuova Miss non deve essere solo bella ma deve possedere qualcosa in più: il talento. Chi vincerà il titolo di Miss Piemonte e Miss Valle D’Aosta accederà alle Finali Nazionali e quindi direttamente all’Academy.
A presentare la serata saranno come sempre Luca e Max di Poltronissima, attesa anche Miss Italia in carica Francesca Bergesio.

“Sono molto soddisfatta di come sono andate le selezioni anche quest’anno. Si tratta di un impegno che ti travolge la vita, ma è bellissimo, è un’esperienza magica – racconta Mirella Rocca -. La nostra regione ha registrato un numero elevato di iscrizioni e in molte tappe le ragazze sono stato 50. Tutte entusiaste e tutte con gli occhi pieni di sogni. Miss Italia è il concorso più amato dalle ragazze, il più importante e, soprattutto, rappresenta un grande trampolino di lancio per coloro che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo, del cinema, della moda”.

Miradolo, visita al parco: piante utili, piante dannose, una questione di percezione

Smoky, il primo cane da terapia

 

Smoky era una yorkshire terrier nata nel 1943 che da adulta pesava appena quattro chili. All’inizio del 1944 venne trovata nella giungla della Nuova Guinea e diventò la mascotte della Quinta Forza Aerea degli Stati Uniti. Smoky collezionò una dozzina di missioni di mare, aria e soccorso, spesso riparata negli zaini dei soldati. Al termine della seconda guerra mondiale Smoky venne decorata non solo per la dedizione e il coraggio ma anche per l’abilità con la quale risollevava il morale dei soldati feriti negli ospedali che potevano contare, oltre a farmaci e infermieri, sull’affetto di questa piccola yorkshire terrier. Smoky, eroe a quattro zampe, balzò agli onori della cronaca grazie alla stampa americana che gli dedicò diversi articoli e foto, riconoscendole il ruolo di primo cane da terapia della storia che fece da apripista a questa eccezionale “professione” dagli effetti curativi miracolosi.

La cagnetta iniziò la sua attività terapeutica già nel corso del conflitto quando si unì agli infermieri dell’ospedale da campo che curarono le vittime e i feriti dell’invasione di Biak Island. Come cane da terapia Smoky dimostrò doti straordinarie offrendo per dodici anni compagnia e intrattenimento ai soldati feriti. Raggiunta la notorietà la piccola yorkshire viaggiò spesso con il suo padrone, il caporale William Wynn, partecipando a raccolte di beneficenza, spettacoli televisivi e al suo show personale “Castelli in aria” dando prova in diretta delle sue abilità sorprendenti. Smoky morì nel 1957 all’età di 14 anni e il suo padrone ne posizionò accuratamente il corpo in una scatola di munizioni calibro trenta per poi seppellirlo nel Rocky River Reservation nello stato dell’Ohio. Nello stesso luogo, vent’anni fa, venne eretta una statua di bronzo raffigurante Smoky accucciata in un elmetto per ricordare questa antesignana protagonista della pet therapy.

Marco Travaglini

Verrines di pesche, golosità nel bicchiere

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Da proporre come aperitivo chic o antipasto raffinato fresco e colorato servito in piccoli bicchieri monoporzione

Le pesche, fresche, succose e profumate possono dare origine a tante gustose preparazioni sia dolci che salate. La ricetta della settimana e’ semplicissima e velocissima, gli ingredienti sono tutti crudi, un’idea sfiziosa ed originale da proporre come aperitivo chic o antipasto raffinato fresco e colorato servito in piccoli bicchieri monoporzione.

Una valida alternativa al classico prosciutto e melone.

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Ingredienti per 8 bicchierini:

2 pesche noce

8 fette di prosciutto crudo dolce

100gr. di formaggio Feta o Quartirolo

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Lavare le pesche, asciugarle e tagliarle in 4 spicchi. Tagliare il formaggio a cubetti. Sistemare in ogni bicchierino una fetta di prosciutto crudo, guarnire con i cubetti di formaggio e lo spicchio di pesca. Detto, fatto.

 

 

Paperita Patty

Lo spezzatino, un classico sempre apprezzato

Un secondo completo, sano, sostanzioso ed economico, questo e’ l’intramontabile spezzatino di vitello con patate. Un piatto gustoso, autunnale, tipico della tradizione casalinga. Teneri bocconcini di carne di vitello che cuociono lentamente in un cremoso sughetto aromatico.

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Ingredienti

600gr. di polpa di vitello

400gr. di salsiccia

4 patate medie

1 carota

1 sedano

1 cipolla

1 spicchio di aglio

1 bicchiere di vino rosso

2 bicchieri di brodo

1 bicchiere di passata di pomodoro

Olio evo, sale, pepe q.b.

Erbe aromatiche q.b. (rosmarino, alloro, timo ecc.)

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In una padella con poco olio, preparare il soffritto con la carota, il sedano, la cipolla e l’aglio tritati. Aggiungere i bocconcini di carne e la salsiccia tagliata a pezzi, salare, pepare e rosolare a fuoco vivace poi, sfumare con il vino rosso. Lasciar evaporare il vino e coprire con il brodo caldo, aggiungere le erbe aromatiche e la passata di pomodoro. Lasciar cuocere a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto per almeno un’ora. Pelare e lavare le patate, tagliarle a tocchetti ed aggiungerle alla carne. Lasciar cuocere sino a quando saranno morbide, eventualmente aggiustare di sale. Servire caldo.

Paperita Patty

In vendita per 4 milioni la villa piemontese di Napoleone

Nota come la villa di Napoleone, Villa la Voglina a Valenza (Alessandria), distretto orafo di livello internaziona, è stata messa in vendita per 4 milioni di euro.  Bonaparte si fermò con i suoi ufficiali per qualche giorno prima di pianificare l’attacco all’Austria, nella battaglia di Marengo.
In  collina fra Valenza e Alessandria, nel basso Monferrato la dimora con sale affrescate e decorate di stucchi è in vendita a cura della società Building Heritage – Forbes Global Properties. L’edificio ha più di trenta stanze,  su 3.300 metri quadrati di superficie, disposti su vari livelli e fu progettata dall’architetto piemontese Filippo Juvarra.
Storicamente la proprietà era un antico convento del 1700 e dispone di 25 ettari di terreno.

La stevia: un dolcificante naturale facile da ottenere in casa

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Rubrica a cura de La Cuoca Insolita

Chi avrebbe mai pensato che un giorno si potesse fare a meno dello zucchero per preparare qualcosa di dolce? Dalle bibite alla pasticceria, fino ad arrivare ad alcune preparazioni salate, lo zucchero è quasi sempre presente. Se pensiamo che lo zucchero bianco una volta non esisteva e che si usava solo frutta secca o frutta di stagione per dolcificare, oggi ci sembra impossibile fare a meno di questo ingrediente. Eppure, un’alternativa c’è, ed è anche alla portata di tutti. Parliamo della stevia. La stevia (Stevia rebaudiana) è una pianta originaria dell’America Latina che si usa come dolcificante naturale. Da qualche anno si impiega anche nella nostra cucina ed è un’ottima alternativa allo zucchero, perché è a zero calorie.

Chi è attento alla lettura delle etichette, avrà certamente notato che questo ingrediente inizia ad essere usata anche nei prodotti che si trovano sugli scaffali dei supermercati. Per chi ha bisogno di perdere peso o non dovrebbe impiegare troppi zuccheri semplici nella sua dieta, è davvero utilissimo. Tutto questo grazie ad un gruppo di molecole presenti nella pianta: i glicosidi steviolici. Si tratta di principi attivi, contenuti soprattutto nelle foglie: quando vengono fatte essiccare, hanno un potere dolcificante fino a 250-300 volte superiore rispetto allo zucchero! Questo significa che, pur essendo molto dolce, la stevia non fa alzare la glicemia. Inoltre, rispetto allo zucchero e ad altri dolcificanti alternativi, non favorisce la formazione di placca e carie e non provoca disturbi intestinali.

Come dolcificante si usano più spesso le foglie essiccate, ma anche le foglie fresche possono dare molta soddisfazione: sono così dolci che sembra siano appena state immerse nello zucchero. Provate a prenderne una dalla pianta (tra poco vi spiegherò come coltivarla) e a masticarla: quel sapore dolce resta in bocca per tantissimo tempo, anche dopo che avrete finito di mangiarla. Un po’ come il caffè. Oppure come se aveste mangiato un pasticcino: alla fine vi resta il senso di soddisfazione in bocca, ma con le foglie di stevia la cosa bella è che questa sensazione si ottiene a zero calorie!

L’unico inconveniente è che la stevia ha un retrogusto che ricorda un po’ la liquirizia, per cui si sconsiglia di fare un dolce interamente con questo tipo di dolcificante. In ogni caso è un buon compromesso usarla insieme ad altri dolcificanti, per abbassare le calorie totali della ricetta. Inoltre, a differenza di altri dolcificanti, non si degrada con la cottura, come l’aspartame, né perde il suo potere dolcificante, come il fruttosio.

stevia dalla foglia fresca alla polvere

Come coltivare la stevia in casa e come usarla in cucina

L’habitat naturale della stevia è l’America Latina, dove questa pianta non muore in inverno. In Italia cresce anche bene, ma solo nella stagione calda. Per coltivarla, si inizia in primavera, partendo da una sola piantina di circa 10 cm. Tutti i consigli per l’acquisto della stevia a questo link. Dopo un paio di mesi si otterrà un cespuglio alto quasi un metro. Tra metà agosto e metà settembre è possibile raccogliere le foglie (si possono fare anche due raccolti a distanza di un mese): basta staccare le foglie dai rami e metterle in uno strato sottile su un panno pulito. L’ideale è al sole, al riparo dalla pioggia.

Nell’arco di qualche giorno, le foglie saranno già secche, ma ancora un po’ verdi (non è ancora ora di tritarle). È necessario aspettare qualche settimana, affinché diventino color marrone chiaro e non abbiano più residui di umidità.

Sminuzzando le foglie nel mortaio, un pochino alla volta, si ottiene una polverina piuttosto fine, che va separata quindi dalle parti più fibrose della foglia con un setaccio.

Il lavoro è fatto! Ora non resta che usarla per preparare qualche dolcino delizioso o qualche bibita. Ovviamente, a pochissime calorie!

Come calcolare la dose

Se è vero che il potere dolcificante rispetto allo zucchero può essere superiore di quasi 300 volte, in generale per le foglie ottenute in casa il rapporto è interiore (diciamo circa 50-70 volte di più). E’ comunque una proporzione molto vantaggiosa. Un cucchiaio di zucchero equivale più o meno a un quarto di cucchiaino di foglie essiccate e tritate. Quindi, se in una torta sono previsti 100 g di zucchero, si possono sostituire con un solo cucchiaino di foglie secche di stevia. Per avere qualche idea di come impiegare in cucina la stevia basta cliccare qui  o seguire un corso di cucina con La Cuoca insolita (i corsi ripartono da settembre 2020).

La stevia è perfetta non solo per la pasticceria, ma anche per le bibite. Forse non tutti hanno notato che in mezzo litro di bibita può esserci l’equivalente di 10 bustine di zucchero. Basta leggere qualche etichetta.
Si sente dire spesso che è necessario bere tanto, per mantenere una buona idratazione (specialmente in estate). Ma come fare a dissetarsi se non si ama l’acqua? Ecco quindi due idee, utilizzando la stevia.

Ricetta del tè freddo di menta e stevia

Questo tè freddo di menta e stevia è buonissimo, è super-rinfrescante e facile da preparare. Un tè freddo senza zucchero, a zero calorie.

Sciacquate la menta (circa 20 foglie) e la stevia (circa 10 foglie) velocemente sotto all’acqua (se la stevia è essiccata non è necessario sciacquarla). Mettete in una grossa pentola insieme a 2 litri di acqua e portate a bollore, coperto. Una volta preso il bollore fate sobbollire a fuoco basso, coperto, per circa 10-15 minuti.

Lasciate raffreddare, filtrate per eliminare le foglie e trasferite in bottiglie (meglio se di vetro se il tè è ancora un po’ caldo). Bevete fresco.

Ricetta té freddo stevia e menta

Ricetta dell’infuso di stevia

Se invece volete usare la stevia per una bevanda calda, potete ottenere un fantastico infuso: versate una piccola manciata di foglie (fresche o secche) in una tazza di acqua bollente e lasciate in infusione per 10 minuti. Otterrete una bevanda dolcissima che vi riappacificherà con voi stessi e il resto del mondo, senza bisogno di zuccherarla come forse siete abituati a fare con il tè o una tisana!

Controindicazioni

Per molti anni l’Europa ne ha vietato l’uso (è stata ammessa nell’elenco dei dolcificanti naturali solo dal 2011). Nei primi studi degli anni ’80 si temeva infatti che i principi attivi responsabili del sapore dolce potessero avere effetti dannosi sull’uomo, ma l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha sconfessato questa ipotesi nel 2011. È stato tuttavia fissato un limite massimo di 4 mg/kg al giorno di glicosidi steviosilici (per chi pesa ad esempio 60 kg si possono consumare meno di 1 g di steviosidi al giorno). Facciamo due calcoli: in una torta da 1 kg circa basta usare 4 g di stevia secca macinata. È facile capire quindi che è improbabile che si possa superare la dose giornaliera raccomandata dall’EFSA.

In caso di allergie…

Allergeni presenti: la Stevia non è considerata un allergene