LIFESTYLE- Pagina 63

Biraghi anticipa la primavera: torna in Piazza San Carlo il Gelato di Latte

Dopo aver raddoppiato le vendite nel 2023, il Gelato di Latte Biraghi anticipa di un mese il suo ritorno a Torino, su grande richiesta di torinesi e turisti

 

Torino, 1° febbraio 2024 – Per le sue caratteristiche, il gelato viene tipicamente associato all’estate e ai mesi caldi, ma l’inverno mite e le belle giornate stanno portando torinesi e turisti sempre più alla ricerca di questo prodotto adatto a tutte le stagioni. Per questo motivo, da venerdì 2 febbraio il Gelato di Latte del Negozio Biraghi di Piazza San Carlo torna a disposizione dei clienti, con più di un mese di anticipo rispetto allo scorso anno.

 

Nel 2023 il Gelato di Latte ha battuto ogni precedente record e raddoppiato le vendite di coni e coppette presso il negozio di Piazza San Carlo. La storia di questo prodotto ha inizio negli anni Cinquanta allo Spaccio Freschi dell’azienda, situato a Cavallermaggiore, meta di gite domenicali e tappa obbligata per i torinesi in viaggio verso il mare. Si tratta di un prodotto artigianale costituito da soli tre ingredienti – latte, panna e zucchero – e realizzato ogni ora con il latte fresco proveniente esclusivamente dalle province di Cuneo e Torino, senza emulsionanti, aromi né stabilizzanti.

 

In occasione della riapertura, dal 2 all’11 febbraio sarà possibile gustare il prodotto nel negozio di Piazza San Carlo al 50% di sconto, quindi cono e coppa al costo di 1 euro.

 

«Siamo lieti di tornare a offrire il nostro Gelato di Latte in Piazza San Carlo, e di farlo in anticipo per accontentare le numerose richieste ricevute dai nostri clienti» dichiara Claudio Testa, Direttore Marketing di Biraghi S.p.A. «Nel 2023 abbiamo superato le nostre più rosee aspettative e non vediamo l’ora di poter fare ancora meglio nel corso del 2024».

Forza Sinner! L’omaggio di Torino

Il lettore Ezio Cairoli ci invia le immagini dei monumenti e degli edifici istituzionali torinesi illuminati di arancione in omaggio al campione di tennis Sinner

Da domenica 4 febbraio si anima il Real carnevale Venariese

E’ giunto alla sua 46 esima edizione

 

Domenica 4 febbraio prossimo entrerà nel vivo il 46esimo Real Carnevale Venariese, con una giornata dedicata alla festa e alla sfilata.

L’evento è organizzato dalla città di Venaria Reale e dalla Fondazione Via Maestra, in collaborazione con la Pro Loco di Altessano, Venaria Reale, Comitato carnevale e corpo musicale Giuseppe Verdi.

Il programma prevede la sfilata dei gruppi in maschera alle 14.30 da via Diaz, accompagnati dal corpo musicale Giuseppe Verdi, con la partecipazione dei personaggi di Lucio d’la Venaria e la Castellana, la crisalide di ieri e di oggi, il gruppo storico Vittorio Emanuele II, i conti di Cremieu, Gianduja e Giacometta di Pinerolo, Re Peperone di Carmagnola, sbandieratori e tamburini di Fiano, Veneziani di Lemie, Majorette di Orbassano, Abruzzesi e Molisani e da Avigliana sbandieratori, musici, gruppo di corte del Conte Rosso e dei diversi borghi.

Alle 15.30 in piazza Pettiti vi sarà la Carnival parade, con la presenza di trampolieri, giocolieri e musica e la distribuzione di palloncini a cura dell’Avis di Venaria. Alle 16, in piazza Annunziata, si animerà la vera e propria festa del carnevale con giocolieri, trucca bambini, balli di gruppo e battaglia di coriandoli, a cura di Fem spettacoli, con bugie e cioccolata calda a cura del comitato carnevale e della Pro Loco di Altessano Venaria Reale.

MARA MARTELLOTTA

Originale (e squisita) la torta di mele senza farina

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In alternativa alla classica torta di mele vi suggerisco di provare questa particolare ed irresistibile variante. Un dolce delizioso realizzato senza farina, dalla consistenza morbida e dal sapore unico. Una coccola perfetta per palati golosi.
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Ingredienti

1,500kg. di mele Golden 
80gr.di amaretti
120gr. di savoiardi
180gr. di zucchero
40gr. di burro
1 bicchiere di vino bianco secco
3 cucchiai di rhum 
1 uovo intero e 1 tuorlo
75gr. di cacao in polvere
Zucchero a velo per decorare

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Cuocere le mele sbucciate e tagliate a dadini con il vino bianco e un cucchiaio di zucchero. Sbriciolare gli amaretti e i savoiardi. Frullare le mele, mescolando aggiungere il burro, il cacao, il rhum, lo zucchero rimasto e la polvere di amaretti e savoiardi. Incorporare le uova leggermente sbattute, mescolare bene. Imburrare uno stampo, spolverizzare con panepesto, versare il composto e infornare a 200 gradi per 90 minuti circa. Lasciar raffreddare e decorare a piacere con zucchero a velo.

Paperita Patty 

Grande festa al Carlevè ‘d Turin!

Domenica 28 gennaio, come avviene da diversi anni, la sfilata del Carlevè ‘d Turin ha inaugurato al Parco della Pellerina la cittadella del Carnevale torinese che fino al 3 marzo ospita il più grande luna park d’Italia con le sue oltre 120 attrazioni e il programma del Carnevale Torinese

Attorno al Luna Park (Corso Regina Margherita, Corso Lecce, Corso Appio Claudio), Gruppi carnevaleschi, gruppi folkloristici, gruppi majorettes, ballerine, personaggi del mondo dei bambini, Maschere ufficiali dei Carnevali del Piemonte e Valle d’Aosta guidati da Gianduja e Giacometta del Carlevè ‘d Turin.

Il servizio fotografico è di Mihai Bursuc

Tonno di coniglio, tradizione monferrina

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Una ricetta della cultura contadina, tipica del Monferrato.

Una ricetta antica dal sapore delicato ed aromatico riproposta oggi anche nei ristoranti piu’ raffinati. Si chiama cosi’ perche’ la carne del coniglio, dopo la cottura, sara’ conservata sotto’olio a macerare con aglio ed aromi e diventera’ tenera e saporita proprio come… il tonno.

 

Ingredienti

 

1 kg. di coniglio intero

1 carota

1 cipolla

1 costa di sedano

6 spicchi di aglio

2 chiodi di garofano

2 bacche di ginepro

1 mazzetto di salvia

4 foglie di alloro

1 rametto di rosmarino

1ciuffo di prezzemolo

Olio evo

Sale, pepe q.b.

 

Lavare bene il coniglio in acqua e aceto. Tagliare a pezzi la carota, il sedano e la cipolla, metterli in una pentola con due litri di acqua, unire tutti gli aromi (tranne la salvia e  l’aglio), il pepe, il sale, portare a bollore, aggiungere il coniglio e cuocere per circa 90 minuti. A cottura ultimata, lasciar raffreddare e spolpare la carne a pezzi non troppo piccoli. Pelare gli spicchi di aglio, lavare e asciugare la salvia. Prendere un contenitore, preferibilmente in vetro, versare dell’olio sul fondo, fare uno strato di coniglio con foglie di salvia e aglio, aggiungere altro olio e proseguire con gli strati sino ad esaurimento degli ingredienti, coprire il tutto con altro olio. Lasciare riposare in frigo per almeno 48 ore. Servire a temperatura ambiente decorando a piacere.

Paperita Patty        

La Tilde che parla ai colombi in piemontese e… un po’ in latino

Diario minimo urbano … Vedere e ascoltare per credere

Gianni Milani

L’orario più o meno è sempre quello. E lo stesso dicasi per il luogo. Metà mattina, al centro del giardino che attraverso per andare al mio solito bar, dal mio solito barista per la mia solita colazione … Caffè, brioche ai frutti di bosco o se non c’è all’arancia o – ultima richiesta, ma non meno meritevole – strudel di mele con pasta sfoglia … Se ci passate a tempo, prima ancora di vederla, sentirete arrivare con un roboante strider d’ali, pari a una “flottiglia aerea” in missione bellica, un gruppone affamato di colombi o piccioni (unica differenza il colore delle piume, grigio verde/blu per i piccioni, generalmente bianco per i colombi) che ben sanno attorno a chi effettuare l’atterraggio – è proprio il caso di dirlo – di fortuna. Al centro della “pista”, la loro grande amica, generosa dispensatrice di cibo che, subito, apre il carrello della spesa e dispensa a man larga le leccornie sicuramente più idonee ai suoi protetti con le ali. Granaglie e quant’altro. Lei sa bene cosa dare loro in pasto. Non le solite briciole di pane o di brioches in caduta libera dai tavolini dei bar con dehors esterni ancora resistenti al freddo invernale. E credo sappia anche bene delle ordinanze comunali che disciplinano le modalità di alimentazione dei piccioni in città, individuando aree apposite, una ventina a Torino (quasi tutte aree-parco), ma tutte lontane per le sue deboli gambe.

E allora … Certo non se la sente di lasciare a stomaco vuoto i suoi animaletti. Che paiono per lei essere unico rattoppo a una vita di quotidiana  solitudine. Indifferente agli improperi che le arrivano dalle solite madamin sedute a cianciare sulle panchine – sverniciate, imbrattate, indecorosi siti graffitari dimentichi delle loro originarie utilità – e che, a volte, senza astio la rimbrottano: ma Tilde (ecco il suo nome) lassa perde, lur lì a portu mac ‘d malattie. E questo è pur vero. Ma lei continua imperterrita. Di età possiamo definirla diversamente giovane. Sempre sola e, fra le labbra, un via vai continuo di sigarette. Cappottone nero, sciarpone grigio, pantofoloni imbottiti e colbacco di pelliccia o  (più facile) simil-pelliccia nero: Tilde è una perfetta, impeccabile madamin d’antan. Sempre sola, mai che si fermi a parlare con qualcuno. Unici suoi interlocutori, quei beati, starnazzanti e tubanti piccioni o colombi. E con loro parla. Eccome! E per tutti ha un nome e tutti sembrano riconoscerla. Al passo, prima ancora che alla vista. Fa nen parei, Clementina, non essere così ingorda, ce n’è per tutti! Il più recente incontro proprio ieri mattina. Mi sono seduto anch’io, giornale sotto le natiche, su una panchina. Spiavo incuriosito, armeggiando, per non dar nell’occhio, con il telefonino.

E ne ho scoperte delle belle. Intanto Clementina anche ieri s’è dimostrata fra le più insaziabili. Ma, quasi al par suo, ho scoperto esserci anche la Graziella, la Totina sempre attaccata alla Cate e poi, fra i maschietti (come farà a capirne il sesso?) quel gadan del Berto e poi Fredo (tses propi ‘n balòs), e Tromlin (che bërlicafojòt ca tses!). E così con tanti altri. Incredibile! Li aveva battezzati tutti. E tutti sembravano rispondere alle sue “cazziate” e ai suoi complimenti. Chissà in “piccionese” come avranno chiamato lei, la Tilde? Perché di sicuro, quando la vedevano arrivare, si passavano con il loro classico “gru gru” la voce … arriva la Tilde … arriva la Tilde, finalmente si mangia! Sulla panchina meno sporca del giardino, osservavo, spiavo e sempre più mi sentivo “basito”. Fuori dai giochi, come tutto il resto di quel piccolo delimitato mondo: le madamin che spettegolavano, i cani al guinzaglio che innaffiavano ciò che resta dei miseri o degli strapieni e incolti “tappeti verdi”, il pakistano seduto sulle cassette di frutta, in un misero cono di sole, a vendere i giornali del mattino e qualche bimbo, con nonni annessi, nel malconcio spazio–giochi lasciato lì, senza mai la soddisfazione di qualche new entry (qualche passatempo un po’ meno agé) da anni e anni.

E non basta. Dopo una mezz’oretta di quello spettacolo, davvero curioso, la stridula, aggraziata vocina di Tilde ha profferito “verbo” che mi ha letteralmente stravolto e sconvolto … Giùsep fa nen l’ambrojon … e gnanca vuiautri … Réddite quae sunt Caésaris Caésari … Come dire, per chi non sa di latinorum: date a Cesare quel che è di Cesare … e adesso basta, ci vediamo domani!… Stesso posto, stessa ora! Aggiunsi mentalmente io. Incredulo. La Tilde parlava ai suoi “piccioncini” in piemontese e un po’ anche in latino! Sì, sì avete capito bene … in latino! E mentre se ne andava pian pianino, mani al carrello della spesa senza rivolgere un bé a nessuno, riprendendosi addosso il valigione della sua triste solitudine e, in bocca, l’ennesima sigaretta, i suoi “protetti” per un po’ la seguivano (quasi a proteggerla) sempre in modalità “flottiglia aerea” per poi, “rotte le righe”, lanciarsi alla ricerca di altri improvvisati (quelli sì, nocivi) street food. Io? Basito. Riconciliato con il pigro grigiore di un mattino qualunque. Ad maiora, Tilde. Qualche volta mi piacerebbe sedermi con te sulla “mia” panchina, “a giornal protettivo”, per scambiare insieme due chiacchiere. Per scoprire (scusa la curiosità) la tua storia. I tuoi rifiuti rancorosi al mondo e, di contro, il tuo grande amore per la Totina, la Cate o per quel bërlicafojòt del Tromlin.

Gianni Milani

Il ristorante ambito dai vip torinesi

SCOPRI – TO  Alla scoperta di Torino

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Poco fuori dal centro di Torino Diego e Ruggero Bravo circa 12 anni fa crearono il ristorante “Fratelli Bravo”; entrando l’atmosfera è molto famigliare, tovaglie a quadretti bianche e rosse, calde luci, vino e pane ai tavoli e sulle mura tante maglie appese di tantissimi giocatori della Juve e qualcuna anche del Toro, tutte rigorosamente autografate.
I due fratelli forti di una sana passione per la cucina in pochissimi anni hanno fatto crescere il locale al punto che oggi, con i suoi 70 coperti, è quasi sempre pieno, in tutte le stagioni. Il ristorante ha diverse piccole stanze per preservare al meglio l’intimità dei propri ospiti. La cucina, utilizzando materie prime rigorosamente di alta qualità, propone un menù che di base rispetta la tipica tradizione piemontese, i loro cavalli di battaglia sono la carne cruda battuta al coltello con la salsa calda al tartufo e i plin al sugo d’arrosto. Tra le altre specialità troviamo il vitello tonnato, il maialino con nocciole d’Alba, il risotto Carnaroli con salsiccia di Bra e Barbera D’Asti, il filetto di fassona con aceto balsamico caramellato e numerosi dolci tra cui il tortino al cioccolato con cuore caldo accompagnato da crema al mascarpone e un po’ meno tipici ma pur sempre d’altissima qualità i cannoli siciliani con ricotta fresca e gocce di cioccolato.
Non solo tradizione torinese quindi, molteplici, durante l’anno, sono i piatti della cultura italiana ad esempio romana e del sud, come i bucatini alla carbonara o il risotto al nero di seppia con basilico e crema di burrata.
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QUANDO TORO E JUVE SI INCONTRANO (NON È SEMPRE DERBY)
Ebbene sì, spesso dai Fratelli Bravo tra i clienti è facile riconoscere i calciatori sia della Juve che del Toro. Morata con la moglie Alice Campello nel periodo in cui vivevano a Torino erano grandi amanti di questo ristorante come sono di casa calciatori come Marchisio e la moglie, Dybala, Chiellini, Bonucci, Belotti e moltissimi altri. Anche Cristiano Ronaldo con la compagna Georgina in alcune importanti occasioni sceglievano i Fratelli Bravo come la calciatrice juventina Cecilia Salvai che lascia il segno del suo passaggio firmando la sua maglia dai fratelli Bravo.
Diego e Ruggero Bravo in un’intervista di Gianluca di Marzio raccontano un aneddoto, ovvero di quando hanno dovuto rifiutare una prenotazione ad Allegri per non aver più posto; nonostante ciò Allegri comprese e rimandò la cena prenotando in anticipo. Non è bello dover rifiutare la clientela qualunque essa sia, ma è grande la soddisfazione di avere un così alto consenso ed una grande richiesta. I titolari ricordano poi con tristezza il compianto Sinisa Mihajlovic quando festeggiò quI i sui quarantotto anni.
Non solo calciatori, tra gli appassionati della cucina dei Fratelli Bravo sono anche le due ex Miss Italia torinesi Cristina Chiabotto e Edelfa Chiara Masciotta.
Nonostante il locale sia così celebre i costi restano nella media e la qualità è sempre alta, la gentilezza dei ragazzi in sala e i loro scrupolosi consigli permettono di sentirsi coccolati dall’inizio alla fine del pranzo o della cena. Questo dimostra che la passione è l’amore per il proprio lavoro portano spesso grandi risultati e che se si vuole resistere nel tempo bisogna preservare sempre la qualità dei prodotti e l’attenzione ed il servizio ai clienti. Torino è da sempre una città molto attenta e critica, proprio per questo i locali devono soddisfare alti requisiti perché se qualcosa nasce e cresce a Torino ed è amato dai suoi cittadini allora può sicuramente fare successo anche fra i turisti della città sabauda. Altri locali sono nati e cresciuti con grande consenso a Torino e magari andremo a trovarli prossimamente, intanto buon pranzo e buona cena a tutti dai Fratelli Bravo ma… ricordatevi di prenotare.
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NOEMI GARIANO

Le gastroenteriti del gatto

IL TORINESE… CON LA CODA

Eccoci oggi a parlare delle gastroenteriti nel gatto. Come nel cane abbiamo accennato alle malattie virali che colpiscono l’apparato gastroenterico, così nel gatto ricordiamo che uno dei virus più pericolosi per il gattino, che cause forme di diarrea molto gravi, è il parvovirus, o virus della panleucopenia felina. E’ una malattia iperacuta, che determina abbattimento, anoressia, febbre, diarrea e un abbassamento drammatico dei globuli bianchi. L’intervento deve essere tempestivo.
Come già scritto nelle nostre prime rubriche, per questa malattia esiste la vaccinazione. Infatti il parvovirus è uno dei tre virus per cui si vaccinano i gattini, insieme al calicivirus ed all’herpesvirus, questi due invece responsabili di patologie respiratorie.
Esistono poi altri virus, responsabili di forme più lievi di gastroenteriti, tra questi vale la pena citare il virus della FIV ed  il coronavirus. Quest’ultimo  vive nell’intestino del 70% della popolazione mondiale felina,ed è appunto responsabile di blande forme di diarrea. Solo in alcuni casi, e non se ne conosce la ragione per cui questo avvenga, può mutare e diventare responsabile di una patologia molto grave: la peritonite infettiva felina,o FIP.
A questa malattia dedicheremo una rubrica apposta.
Come il cane, anche il gatto può soffrire di forme di intolleranze alimentari, forme infiammatorie, che possono esitare in linfomi intestinali, ed altre forme tumorali.
Anche nel gatto, esistono banali forme di dismicrobismo legate a fattori di stress, la cui unica cura è l’ausilio di probiotici intestinali.
In ogni caso, rivolgersi al proprio veterinario è sempre la scelta migliore.
Dott.ssa Federica Ferro
Dott. Stefano Bo