LIFESTYLE- Pagina 58

Giovanni Soldini e Simone Moro: “Eroi di mare e montagna”

Ospiti del “Laboratorio di Resistenza Permanente” alla “Fondazione E. di Mirafiore”

Venerdì 15 novembre, ore 19

Serralunga d’Alba (Cuneo)

Esagerato chiamarli eroi? Certo un bel po’ oltre il “comune”, spesso, ci vanno. Non stiamo dunque a sottilizzare. E che siano due ospiti davvero d’eccezione è assolutamente vero. Bastano i nomi! Giovanni Soldini e Simone Moro: due delle figure più celebri nel mondo della vela e dell’alpinismo. Saranno loro i protagonisti del terzo incontro della XIV edizione del “Laboratorio di Resistenza Permanente” in programma venerdì prossimo 15 novembrealle 19, all’interno del “Villaggio Narrante” in Fontanafredda, della “Fondazione E. di Mirafiore”, a Serralunga d’Alba (Cuneo).

Durante l’incontro con il pubblico, Soldini e Moro dialogheranno su ciò che il mare e la montagna rappresentano per loro: due mondi estremi e potenti che richiedono rispetto, preparazione e umiltà. Entrambi, infatti, sostengono che mare e montagna siano “ambienti dove l’arroganza non ha spazio e dove l’essere umano può sviluppare una profonda connessione, in grado di trasformarsi in un’amicizia rispettosa e autentica con la natura”. La loro “ospitata” è, inoltre, pienamente in linea con il fil rouge “#tempo” su cui si muove  l’attuale stagione della “Fondazione”, voluta nel 2010 da Oscar Farinetti.

Quel “tempo”, per l’appunto, che è anche “elemento imprescindibile” delle discipline praticate, spesso a livelli “estremi”, da Soldini e Moro. Quel “tempo” che in mare, come in montagna, si rivela spesso come un imprevedibile amico/nemico, “come una forza silenziosa e inarrestabile, capace di determinare il successo o l’insuccesso, la sicurezza o il pericolo”. Ogni minuto in mare richiede presenza e consapevolezza, e “il passaggio del tempo diventa metafora della necessità di adattamento continuo all’ambiente e alla sua imprevedibilità”. Allo stesso modo, per Moro, il tempo in montagna è una dimensione sospesa tra vita e morte, dove ogni secondo può segnare la linea sottile tra sopravvivenza e pericolo.

Giovanni Soldini, nato a Milano nel 1966, è tra i più noti velisti italiani. Con una carriera ricca di avventure, tra cui la “Baule-Dakar” del 1991 e numerose regate oceaniche in solitaria, Soldini ha recentemente compiuto un viaggio intorno al mondo, collaborando con scienziati e attivisti impegnati nella conservazione degli oceani. Il suo percorso lo ha portato a esplorare rotte inesplorate e a raccogliere dati sul riscaldamento degli oceani e sull’assorbimento di CO₂. Le sue esperienze non solo testimoniano la bellezza e il fascino del mare, ma evidenziano anche l’urgenza di preservare questo fragile ecosistema.

 

Simone Moro, nato a Bergamo nel 1967, è uno dei più acclamati alpinisti a livello internazionale. Con oltre 36 spedizioni al suo attivo, tra cui quattro ascese all’Everest, Moro si è specializzato nelle scalate invernali sugli ottomila. Ha inoltre intrapreso una seconda carriera come pilota di elicottero, dedicandosi a operazioni di salvataggio in aree remote dell’Himalaya. La sua scelta nasce dall’osservazione delle difficoltà che i soccorsi tradizionali incontrano nelle condizioni estreme d’alta montagna, spingendolo a unire passione e impegno umanitario per salvare vite in uno dei territori meno a misura d’uomo del pianeta.

Per info e programma dettagliato del “Laboratorio di Resistenza Permanente”: Fondazione E. di Mirafiore, Villaggio Narrante in Fontanafredda, Fondazione E. di Mirafiore”, via Alba 15, Serralunga d’Alba (Cuneo); Tel. 377/0969923 o www.fondazionemirafiore.it

g.m.

Nelle foto:

–       Giovanni Soldini

–       Simone Moro

Il re di Superga

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L’indizio, ricostruito nella sua interezza assemblando come in un puzzle in sei frammenti , era abbastanza chiaro: “Fu nicola re di Su perga”. Strano, pensò Aurelio, mostrandosi perplesso. Il gerarca invece, parlando ad alta voce e tormentandosi il pizzetto che incorniciava il mento, esclamò: “Chi sarà mai questo Nicola? Probabilmente un nobile, imparentato con i Savoia, oppure di qualche altra casata che ha avuto in eredità o come riconoscimento per qualche servigio, il titolo di re di Superga

Aurelio Gaspertelli, di professione avvocato, si considerava un principe del foro ma chi ben lo conosceva non esitava a definirlo piuttosto un azzeccagarbugli. Frequentando un certo ambiente a Torino, facendo leva sulle doti oratorie che non gli difettavano, Aurelio era noto anche per un’altra passione: la ricerca storica locale. Leggeva antiche carte e polverosi volumi, impegnandosi in minuziose ricerche tese a  svelare i tanti misteri di Torino, la sua città.  Una storia, quella della capitale sabauda, che si estendeva per più di due millenni, dagli insediamenti dei Taurini all’epoca romana fino alla gloria e al potereai tempi in cui divenne capitale del ducato di Savoia. A dar manforte al Gaspertelli c’era Ottorino Grandini, un ex bidello della scuola elementare dell’Abbadia di Stura che, riconoscente all’avvocato per averlo tratto dagli impicci per una vecchia vicenda di liti con i vicini, si era offerto come assistente del legale. Uomo tuttofare , sempre disponibile, nonostante la modesta cultura , si adoperava in ogni modo per venire incontro alle molteplici esigenze del suo principale. E tutto questo per due pranzi caldi, il pagamento della pigione di una stanza da un’anziana vedova, in una casa di ringhiera in Barriera di Milano, e poche lire di compenso.  Cosa che ,in tempi come quelli, nella seconda metà degli anni trenta, non andava per nulla disprezzata.

Fu proprio Ottorino a portare la notizia che nel quartiere Sassi, in località Mongreno, erano stati rinvenuti i resti di una strana  lapide , a prima vista molto interessante. Aurelio , incuriosito,  volle subito conoscere i particolari. Ottorino lo informò che dai frammenti più grandi si poteva leggere con facilità un’iscrizione che rimandava certamente alla storia cittadina. Purtroppo della scoperta era stato avvisato anche Italo Nerofumi, uno spocchioso gerarca fascista che si piccava di saperne una più del diavolo in ogni materia. E, ovviamente, anche in campo storico. L’ispettore del Partito Nazionale Fascista, agghindato di nero come un corvo, era già piombato sul posto e appena vide sopraggiungere l’avvocato, gli sì parò davanti ostentando la più classica delle pose fasciste. Piantato a gambe larghe , le mani sui fianchi, gli occhi spiritati, le mascelle all’infuori e le labbra turgidamente protese, Italo Nerofumi, con voce stentorea e frasi secche come scudisciate, lo apostrofò:  Guarda, guarda..l’avvocato. Ma cosa ci fa qui lei? Non doveva essere al confino?”. Il gerarca, ghignando, si riferiva alle simpatie politiche del Gaspertelli, sospettato di essere amico dei comunisti dopo aver difeso, anni prima, alcuni lavoratori dall’accusa di violenze per aver difeso dalle camicie nere la sede de L’Ordine Nuovo, il giornale di Gramsci, in via Arcivescovado. “Se è venuto qui a ficcare il naso sappia che non c’è roba per lei. Qui c’è materia per una indagine storica che può riservare sorprese importanti e solo uno come me può scoprire l’arcano. Le è chiaro?”, sentenziò Nerofumi guardando torvo l’avvocato.

Comunque, proprio al fine di manifestare la sua superiorità, non impedì all’avvocato di assistere al suo, come amava dire, “operare scientifico”.  L’indizio, ricostruito nella sua interezza assemblando come in un puzzle in sei frammenti , era abbastanza chiaro: “Fu nicola re di Su perga”. Strano, pensò Aurelio, mostrandosi perplesso. Il gerarca invece, parlando ad alta voce e tormentandosi il pizzetto che incorniciava il mento, esclamò: “Chi sarà mai questo Nicola? Probabilmente un nobile, imparentato con i Savoia, oppure di qualche altra casata che ha avuto in eredità o come riconoscimento per qualche servigio, il titolo di re di Superga”.  Un bel mistero sul quale s’interrogò per due giorni e due notti, consultando molti documenti nei quali, però, non si trovava traccia di quella storia. Nessun titolo reale era affiancato alla celebre collina  dove era stata edificata l’omonima Basilica per soddisfare il voto che Vittorio Amedeo II fece davanti alla statua della Madonna delle Grazie in un momento difficile per il regno sabaudo. Nel 1706 Torino era assediata dalle truppe francesi. E quel Nicola, scritto con l’iniziale minuscola? Come mai il nome dell’uomo, certamente  d’alto lignaggio tanto da giustificarne il titolo reale, era riportato in modo così anonimo e quasi meschino, evitando la più consona e per certi versi obbligata iniziale maiuscola?

Mistero. Anzi, un mistero così fitto che nemmeno la commissione culturale della federazione fascista torinese riusciva, nonostante lo spremere delle meningi dei suoi componenti, a venirne a capo. All’avvocato Gaspertelli un dubbio, in verità, era venuto. Ma, per non passare dei guai, l’aveva tenuto per se, soffocando quella vocina che gli suggeriva di spifferare ai quattro venti l’ipotesi che si era fatto. Accompagnato da Ottorino si era recato ai Sassi, per un sopralluogo. Insieme, di buon passo, avevano percorso un bel tratto a fianco della storica tranvia a dentiera Sassi – Superga  che era unica in Italia nel suo genere. Si trattava della continuazione di una tradizione ultracentenaria iniziata il 26 aprile 1884 con la prima corsa effettuata dal trenino, mosso da un motore trainante una fune d’acciaio che scorreva parallelamente al binario su pulegge sistemate lungo  tutto il percorso. La linea da poco, era stata  trasformata in tranvia a dentiera con trazione a rotaia centrale. Un’opera imponente, lunga circa tre chilometri tra la stazione di Sassi, in piazza Modena, e quella di Superga , 425 metri più in alto. Quante volte c’erano andati fin lassù, ad ammirare lo splendido panorama su Torino e le Alpi, visitando la Basilica edificata dallo Juvarra e  le tombe reali dei Savoia. I lavori si erano protratti per un bel po’ e …l’illuminazione fu tale che ogni dubbio venne spazzato via. Poteva, lui, uomo di legge e di cultura, lasciar perdere un’occasione così ghiotta di sbertucciare quel fascistone ignorante del Nerofumi? A ben guardare non gli conveniva affatto; anzi, era piuttosto un azzardo che avrebbe portato guai certi e ben poche soddisfazioni. Ma fosse stata anche una piccola, seppur magra e momentanea rivalsa, si disse che sì, ne valeva la pena. Così, pensò a come procedere senza compromettersi troppo e rischiare di finire dritto al confino. La soluzione venne offerta dal fido Ottorino che aveva un nipote che lavorava come garzone al Caffè dei Portici, proprio davanti alla sede della Federazione Fascista.

Ogni giorno, e soprattutto in quei giorni, dal Caffè venivano forniti dei panini imbottiti al gruppo di “storici” impegnati a decifrare la  lapide misteriosa. Ad Albertino ( questo era il suo nome) l’avvocato raccontò cosa dovesse dire e il ragazzino, furbo e svelto, non perse tempo a mettere in atto il piano. Alla prima occasione in cui, dal Caffè, vennero inviati i generi di conforto alla sede fascista, si presentò con i panini davanti alla sala delle riunioni. Bussò e , consegnando le vivande, sbirciò il tavolo sul quale i reperti erano stati allineati. A quel puntò sbottò con un “Ma io l’ho già vista quella scritta!”. Tutti si voltarono a guardarlo, increduli. E il ragazzino aggiunse: “E’ quella della funicolare di Superga!L’hanno tirata giù quando hanno iniziato i lavori per la nuova tranvia”. Gli “storici” si guardarono l’un con l’altro e poi, rileggendo la composizione dei frammenti, il professor Daodatici esclamò: “ Buon Dio, ha ragione questo giovinetto. E’ l’insegna della “dentiera”. Altro che mistero, mio caro Nerofumi. Che non si sappia in giro la figura che abbiamo fatto..”. Il gerarca, scuro in volto come l’orbace, masticò amaro e sciolse in quattro e quattr’otto la “commissione” d’inchiesta, chiedendo ( e ottenendo) l’impegno al più assoluto riserbo. Albertino ci guadagnò una banconota da due lire, l’avvocato la soddisfazione di aver fatto fare una magra figura al Nerofumi, il gerarca – con la bile a mille – la promessa dell’assoluto silenzio su quella vicenda poco esaltante. Nel frattempo, i torinesi continuarono a salire a Superga con la tranvia. Senza curarsi di sapere chi fosse quel Nicola che aveva fatto scervellare le migliori(??) intelligenze della città.

 

Marco Travaglini

Alla Venaria Reale si apre l’Experience Piemonte

Vetrina dedicata al lusso piemontese

 

‘Experience Piemonte: performing Uniqueness’ rappresenta la vetrina di eccellenza dedicata al lusso Piemontese che riunirà, il 12 e 13 novembre, nella splendida cornice di Venaria Reale, le eccellenze manifatturiere dei settori arredo, design, moda e accessori, gioielleria, tessile, agroalimentare, cosmesi e benessere.

Oltre 110 buyer internazionali parteciperanno a incontri B2B con le aziende del territorio, mentre le esposizioni di prodotti di alta gamma e veicoli di grandi marchi, come GFG Style, MAT, Manifattura Automobili Torino, Erre Erre Fuoriserie, Kimera Automobili, Automobili Pininfarina, Podium Advanced Technologies, Italdesign e Totem Automobili srl, offriranno l’opportunità di scoprire da vicino l’innovazione e l’artigianalità piemontese in un contesto esclusivo.

La conferenza di apertura, che si terrà martedì 12 novembre alle 9.30 nella chiesa di Sant’Uberto alla Reggia di Venaria Reale, intende offrire un’analisi approfondita sui trend del lusso e dell’automotive attraverso interventi di spicco del settore. Dopo i saluti istituzionali di Andrea Tronzano, Assessore allo Sviluppo delle Attività produttive, Internazionalizzazione e Attrazione investimenti della Regione Piemonte e Paolo Bertolino, Segretario generale Unioncamere Piemonte, il Presidente Dario Peirone illustrerà le attività di CeiPiemonte per promuovere il lusso Piemontese sui mercati internazionali. A seguire il keynote speech di Alice Cassandro di Deloitte, che offrirà una panoramica strategica sul futuro del lusso, dando il via alla prima sessione tematica “Disegnare il nuovo lusso: opportunità e prospettive nei mercati internazionali. La seconda parte della conferenza sarà dedicata alla sessione tecnica sulle hypercar, esplorando il percorso creativo e produttivo capace di trasformare le visioni dei designer in veicoli ad alta prestazione, con interventi di Andrea Novello, coo Automobili Pininfarina, Fabrizio Giugiaro, ceo GFG Style, Saverio Lorgano, head of Pre Series and Production di Italdesign e altro.

Il secondo panel “Performance. Exploring the future of Hypercars” offrirà una discussione sulle innovazioni che stanno ridefinendo la guida, dall’elettrificazione all’uso di materiali avanzati.

 

Mara Martellotta

La trappola del dover essere come gli altri ci vogliono

Nel corso della nostra crescita, tutti noi riceviamo dal nostro ambiente familiare una serie di “indicazioni”, più o meno esplicite, che ci danno una direzione rispetto a “come si deve vivere”. Tra questi messaggi ci sono quelle che gli esperti di Analisi Transazionale chiamano “Spinte”.

Ovvero una serie di indicazioni su un “dover essere particolarmente importante e apprezzato da chi ci sta crescendo, a cui noi sentiamo da piccoli, e spesso sentiremo più avanti, di dover corrispondere, pena la nostra possibilità di ricevere da loro amore e accettazione.

Adattandoci a queste richieste, svilupperemo schemi di azione consolidati che utilizzeremo anche da adulti, ma che non sempre saranno espressione reale di noi stessi e quasi mai portatori di benessere e flessibilità.

Che, anzi, spesso ci impediranno di essere e diventare ciò che veramente siamo, di dare spazio ai nostri veri desideri, di ascoltare pienamente le nostre emozioni. Saranno un insieme di DEVO che spesso finiranno col mettere in secondo piano i nostri VOGLIO.

I nostri comportamenti e il nostro modo di pensare e di essere derivano spesso da questi condizionamenti, e in particolare da cinque imperativi, che sono una sorta di comandi non scritti impartiti dagli adulti di riferimento nel corso dell’infanzia (genitori, nonni, insegnanti, ecc.).

“Comandamenti” che abbiamo finito per interiorizzare, perché da bambini non avevamo gli strumenti e l’esperienza per fare diversamente…Questi cinque imperativi che ci condizionano la vita si possono tradurre e sintetizzare con “Sii perfetto“, “Compiaci“, “Sbrigati“, “Sforzati” e “Sii forte”.

(Fine della prima parte).

Potete trovare questi e altri argomenti sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it

 


Autore della rubrica de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

Ian D’Agata a Barolo

Il miglior critico enologico italiano ha incontrato a Barolo i Produttori dell’“Enoteca Regionale” e presentato i suoi ultimi libri

Barolo (Cuneo)

Ospite d’eccezione, nei giorni scorsi, all’“Enoteca Regionale del Barolo”, nel generoso Comune di Langa noto per aver dato il nome all’omonimo grandioso vino, frutto di una terra inserita nei “Patrimoni dell’Umanità”: riconosciuto dal “Comitato Grandi Cru” come “Best Italian Wine Critic 2024”, origini italiane ma cresciuto in Canada, a far visita all’ “Enoteca” (che ospitava il primo di una serie di incontri dedicati alle aziende che ne fanno parte) è stato, infatti, niente meno che il mitico Ian D’Agata, che da trent’anni parla e scrive di vino, accompagnato dal suo collaboratore storico Michele Longo, noto per la sua profonda dedizione e competenza nel raccontare la storia, la toponomastica, la pedologia (la scienza dell’agronomia che studia la composizione, la genesi e le modificazioni del suolo) e le caratteristiche dei vini dei grandi terroirs piemontesi.

“Un sentito ringraziamento a Ian D’Agata e Michele Longo per averci scelto – ha commentato Cristiana Grimaldi, direttore dell’ ‘Enoteca Regionale del Barolo’ – permettendoci di inaugurare con questo importante momento di condivisione il primo degli appuntamenti che nei prossimi mesi coinvolgerà sempre di più i produttori del Barolo che noi rappresentiamo, perché senza di loro l’‘Enoteca’ non avrebbe motivo di esistere ed ora più che mai è fondamentale creare occasioni di confronto”.

Parole di ringraziamento e benvenuto, cui ha risposto D’Agata: “Da anni Michele Longo ed io visitiamo le aziende del Barolo e, in effetti, una gran parte della nostra vita adulta è trascorsa in Langa. In tanti anni abbiamo raccontato il Barolo attraverso libri pluripremiati e riviste apprezzate in tutto il mondo, ma da oggi l’opera di divulgazione e conoscenza del vostro vino può avvalersi di uno strumento in più: la ‘Ian D’Agata Wine Review’, il nuovo, appena nato, ‘web-wine-magazine’, che durante l’anno pubblica molti articoli proprio sul Barolo e tanti altri vini di Langa”. Durante l’incontro il celebre enologo ha parlato anche dei suoi ultimi libri scritti a quattro mani con Michele Longo: “Barolo Terroir: Grapes Crus People Places” e “Italian Wine Terroirs”, già premiati con prestigiosi riconoscimenti (come il titolo di “Book of the Wear” del “Louis Roederer International Wine Awards” o il “Best European Wine Book” del “Gourmand World Book Awards”) ed inseriti nelle liste dei “Best Wine Books of the Year” di giornali e riviste come il “NY Times”, il “Financial Times” e il “Food & Wine”.

Già redattore dell’“International Wine Cellar” di Stephen Tanzer, Contributing Editor di “Decanter” e Senior Editor di “Vinous”, Ian D’Agata ha sempre, in particolare, concentrato i suoi scritti sui Vini di Italia, Francia, Cina e Canada, dedicandosi intensamente alla ricerca e allo studio delle uve da vino autoctone. Direttore dell’“International Wine Accademy” di Roma e docente di “Cultura Enogastronomica Italiana” per quattro prestigiosi Atenei americani, nel 2015 è stato ufficialmente nominato membro della prestigiosa “Accademia della Vite e del Vino” (l’associazione ufficiale italiana degli accademici, dei ricercatori e dei professori universitari del settore vinicolo) ed è attualmente vicepresidente dell’“Association Internationale des Terroirs”.

Da parte sua, Michele Longo cura con D’Agata la sezione “Italia” del “Pocket Book of Wine” di Hugh Johnson, la guida ai vini più venduta al mondo con 46 edizioni e oltre 12milioni di copie vendute in tutto il mondo.

g.m.

Nelle foto: Michele Longo e Ian D’Agata all’“Enoteca Regionale del Barolo” e immagine di un incontro de gustativo all’“Enoteca”

RossoBarbera al Castello di Costigliole d’Asti

1 – 4 Novembre
Orari:
• Venerdì 1 Novembre: 18:30 – 22:30
• Sabato 2 Novembre: 11:00 – 20:00
• Domenica 3 Novembre: 11:00 – 20:00
• Lunedì 4 Novembre: 10:00 – 18:00

Il più grande banco d’assaggio al mondo dedicato al vitigno Barbera, che qui celebra la sua ricchezza con 200 cantine e oltre 400 vini.
Il percorso di degustazione si snoda attraverso le storiche sale del castello, ciascuna dedicata a una tipologia o a un territorio. Il servizio sarà curato dai Sommelier di AlS Piemonte .

Ogni etichetta esposta avrà un QR code che permetterà di accedere facilmente alla scheda tecnica di ciascun vino .

DIECI SFUMATURE DI ROSSO:
VIAGGIANDO ATTRAVERSO I TERROIR
DELLA BARBERA
Castello di Costigliole d’Asti
Domenica 3 novembre, ore 16.00

RELATORI: Isella Zanutto e Bruno Spertino Degustatori Ais

Un’esclusiva degustazione alla cieca di 10 vini, che ha accompagnato i partecipanti in un viaggio attraverso i terroir della Barbera tra Langa, Monferrato e Colli Tortonesi, esplorando diverse annate.

TAPPE delle DOC
1970: Le DOC (Alba, Asti, Monferrato)
1973: Colli Tortonesi DOC
1996: Pinerolese DOC
2000: Barbera d’Asti Superiore (Nizza, Tinella, Colli Astiani)
2008: Le DOCG (Asti e Monferrato Superiore)
2014: Nizza DOCG
2021: Castellinaldo sottozona della Barbera d’Alba Doc

DENOMINAZIONI
Pinerolese Doc: Area limitrofa Pinerolo,
80 q.li/ha
Barbera D’Alba DOC e Superiore: zona Alba, 100 q.li/ha , Superiore 12 mesi affinamento di cui 4 legno e grado minimo 12%
Castellinaldo: sottozona della Barbera D’alba, solo 7 comuni, esclusi i Nord, 95 q.li/ha affinamento di 14 mesi di cui 6 legno e 3 bottiglia
Colli Tortonesi DOC: Area limitrofa Tortona, 90 q.li/ha , 80 q.li se superiore con 13 mesi affinamento di cui 6 legno
Monleale: sottozona della Colli Tortonesi, 30 comuni zona Monleale, 72 q.li/ha ,
20 mesi di cui 6 legno
Barbera D’Asti DOCG e Superiore:
intera prov. Asti e parte Alessandria, 90 q.li/ha Superiore 14 mesi affinamento di cui 6 legno e grado minimo 12,5%
Nizza DOCG: 18 comuni area Nicese, 70 q.li/ha , solo Sud, 18 mesi di cui 6 legno. Riserva 30 mesi di cui 12 legno (ex sottozona)
Barbera del Monferrato DOCG e Superiore:
100 q-li/ha, 90 se Sup., 14 mesi affinamento di cui 6 legno e grado minimo 12,5%

Ecco i protagonisti della Degustazione:

LE GINESTRE
Langhe Barbera 2022 «Le Ginestre»
Vigneto a Dogliani, impianto del 2020
Terreno franco argilloso
Vinificazione a cappello emerso, 10-15 gg macerazione
Malolattica svolta
Maturazione: 12 mesi in botte grande e qualche mese in bottiglia
Al naso: amarena, rosa canina, cipria, bacca rossa, maggiorana
In bocca: eleganza ,sapido, acidità media, bel finale long time

LA MONTAGNETTA – Roatto AT
Barbera d’Asti DOCG 2023 P-CIT
Vigneti: A Piovà Massaia e Roatto
Terreno: argille medio impasto
Altitudine: 250 m sim.
Vendemmia: manuale
Vinificazione: macerazione di circa 20 giorni, malolattica ed poi in vasca di acciaio.
Al naso: pulito , Rosa Tea, fragolina di bosco, vegetale ,frutta rossa scura
In bocca: pulito ,materico , centrale in bocca ,bella frutta in evoluzione

CASCINA VIGNA – Costigliole d’Asti
Barbera d’Asti DOCG 2023
Uve da vigneti di proprietà in Loc. Bricco Lư’ a
Costigliole d’Asti
Raccolta manuale
Vinificazione acciaio e cemento, macerazione di 15-20 giorni.
Maturazione 4 mesi in Botte grande da 2500 mix per 20% della massa
Poi in bottiglia prima della commercializzazione.
Al naso: frutta matura, viola, rosa ,ciliegia, menta, timo, maggiorana
In bocca: eleganza, Viola, armonico.

CANTINA DELLERBA – Pinerolo – TO
Azienda giovane (2006), e di giovani
Barbera Pinerolese DOC 2021 “La Bifa d Bosch”
Vigneto su terreno roccioso/sabbioso, mineralità con presenza di grafite
Esposizione Sud Ovest, 540 mt sim
Vendemmia manuale
Macerazione 10/15 gg in acciaio, rimontaggi 2 volte gg
Maturazione 8 mesi in botte grande acciaio e poi 6 mesi di bottiglia
Al naso: Leggero mentolato, vegetale, frutta scura, susina, grafite, erbe aromatiche
In bocca: fresco, bacca rossa, tannino abbastanza pronunciato

CASCINA VANO – Neive CN
Barbera d’Alba DOC Superiore “Carulot” 2021
Vigneti a Neive
Esposizione: sud ovest/sud est
Vendemmia: manuale
Vinificazione: 15 giorni di macerazione con rimontaggi continui
Maturazione: 15 mesi in barriques e Tonneaux
Al naso: confettura di mora, spezie, vaniglia
In bocca: acidità media, spezie, tannino medio , avvolgente

CANATO MARCO – Vignale Monferrato ( AL)
Barbera del Monferrato DOCG Superiore
“La Baldea” 2021
Impianto vigneto: 1960
Esposizione: Nord Ovest ma dolce con esposizione piena
Resa: 70 q. li/ha pari a 50 hl.
Raccolta: manuale
Vinificazione: fermentazione e macerazione 15
gg in cemento
Maturazione: 6 mesi in tonneaux da 500 It., poi
1 anno di bottiglia
Al naso: frutta matura, ciliegia, cannella, noce moscata, leggero sentore di affumicato
In bocca: pulito, caldo e muscolare , acidità media , tannino medio, una bella freschezza,
origano, ematico e sentori di metalli ferrosi

BIANCO FIORENZO – Costigliole d’Asti – AT
Barbera d’Asti DOCG Superiore 2020
Vigneti : Costigliole d’Asti , vigne di 15 anni
Vendemmia manuale
Vinificazione macerazione di circa 30 giorni
Maturazione 36 mesi in barrique
Al naso: erbe medicinali, balsamico ( fernet ), Radice rabarbaro e china
In bocca: balsamico, sentori di eucalipto, Fernet, frutta e mentolato nel finale, centrale in bocca
Bella persistenza

ARESCA – Mombercelli – AT
Nizza DOCG “San Luigi” 2020
Vigneti: Terreni costituiti da marne argillose-calcaree con prevalenza di limo.
Resa di uva di 70 qli/Ha massima.
Vinificazione: macerazione sulle bucce per almeno 21 giorni. Fermentazione a temperatura controllata a 28-30 °C.
Maturazione: di almeno 12 mesi in barrique mix
Grado alcolico: 14-14,5%
Al naso: frutta ,rosa appassita, amarena, frutta scura, geranio, buon equilibrio
In bocca: frutta ,prugna, cioccolato sottile nel finale , fine equilibrio complessivo

CANTINA MARSAGLIA – Castellinaldo CN
Barbera d’Alba DOC Superiore 2019 Castellinaldo
Vigneti: Vigneto Crava a Guarene CN – vigna di 20 anni
Altitudine: 400 mt sim
Esposizione: sud est
Terreno: marnoso
Vendemmia: manuale
Vinificazione: macerazione di circa 30 giorni
Maturazione: 30 mesi in Barrique
Al naso: sentori di caffè, vegetale fresco
In bocca: sapidità e acidità media, Spezia

POMODOLCE – Montemarzino (AL)
Colli Tortonesi DOC Barbera Marsen 2015 Marsen
Esposizione: SW
Altitudine: 360 mt.
Terreno: calcareo argilloso
Produzione: 2500 bottiglie
Affinamento: Barrique 24 mesi
Al naso: sentori di terziario marcato old style
In bocca: bella frutta , buon equilibrio e bella persistenza nel finale, un vino che conferma la grandezza della Barbera.

Alla prossima

LUCA GANDIN

Un menù tutto piemontese per Carlos Alcaraz

Un menù tutto piemontese per Carlos Alcaraz che questa sera ha scelto lo storico ristorante Monferrato, a due passi dalla Gran Madre, per esplorare la cucina della città.

Carne cruda di fassone, risotto ai porcini e creme caramel per il campione e il suo team.

“Ha scelto lui cosa mangiare dalla nostra carta – dichiara Angelo Muratore, founder di Torino Society, il gruppo che dal 2023 è proprietario del ristorante – ed è stato simpatico e disponibile con tutti.

È stato letteralmente conquistato dal carrello dei dolci, vero e proprio vanto del nostro ristorante, e alla fine si è fatto consigliare ed ha scelto il creme caramel. Ricetta antica e decisamente piemontese per il nostro dolce che mantiene tutto il gusto della tradizione ma viene preparato con un’attenzione particolare all’utilizzo dello zucchero, ridotto del 50% rispetto alla ricetta tradizionale e quindi perfetto anche per un atleta!”

Porno etico

Ho già scritto, e molto, a proposito di pornografia, dei danni che questa può provocare negli individui, specie se in tenera età.

Non si tratta di un problema unico: modalità di rapporto possibili solo per attori e attrici allenati, montaggio cinematografico che rende alcune scene consequenziali mentre dal vivo non potrebbero mai esserlo, palesi finzioni dove la matrigna ha all’incirca l’età del figliastro sono solo alcuni degli aspetti possibili solo nel cinema.

Ultimamente si sta, tuttavia, facendo avanti il c.d. porno etico. Due parole che, associate, sembrano antitetiche indicano, invece, la tendenza che si sta sviluppando in quel mondo.

Cosa può esserci di etico nella mercificazione del corpo, della persona? Come può, anche in minima parte, il porno essere etico?

Innanzitutto, partiamo dall’etimologia del termine.  Porno deriva dal greco antico pornè (femmina) o pornòs (uomo) che si prostituisce, che vende il proprio corpo.

Vista così’, il temine pornografia sembrerebbe più adatto alla prostituzione pura e semplice che agli spettacoli cinematografici hard.

Inoltre, la pornografia come la intendiamo noi può anche essere svolta a titolo totalmente gratuito rendendo, dunque, ulteriormente errato il termine.

Ma andiamo avanti: chiunque abbia visto anche solo ½ ora di film a luci rosse si sarà reso conto di alcuni capisaldi delle cinematografia hard: l’uomo è sempre dominante, fisicamente prestante; la donna è sottomessa, schiavizzata, a qualsiasi tecnica la si sottoponga (spanking, doppia penetrazione, frusta, aghi, ecc). L’uomo mostra eiaculazioni modello idrante, la donna non è dato di sapere se abbia raggiunto il piacere, tanto non importa.

In quanti non abbiano gli strumenti culturali per comprendere la finzione (legge della domanda e dell’offerta) questo stato di cose sembrerà la regola, sembrerà l’abc cui ispirarsi quando ripeteranno le stesse scene nell’intimità di casa propria.

Il porno etico, invece, vuole proprio demolire questi stereotipi, queste convenzioni a favore di un’etica del sesso, di un’etica dei rapporti sessuali da chiunque messi in atto.

Ecco, dunque, che non assisteremo più a erezioni da baraccone, ma l’attore di turno sarà una persona normalissima, con i pregi ed i difetti che ogni maschio può avere, commisurato alla sua età anagrafica; lo stesso dicasi per le donne, non più femmine ninfomani che nel giro di 2 minuti si trasformano da agenti immobiliari in macchine del sesso ma donne normali che, a determinate condizioni, possono fare sesso con il potenziale acquirente (anche se di etica qui ce ne sarebbe poca).

Alcuni film, poi, meriterebbero l’oscar per la fantasia del regista, perché sfido chiunque a trovare una situazione simile nella realtà: paziente in sala d’attesa dal medico che decide di masturbarsi nonostante ci sia una suora di fronte a lei e la suora che, smettendo di occuparsi delle anime e iniziando con i corpi, lo aiuta nell’impresa; oppure hostess di volo che, volendo mettere a proprio agio un passeggero al suo primo volo, decide di praticargli una fellatio mentre, ça va sans dire, nessuno nell’aereo si accorge di nulla.

Non dimentichiamo che l’industria del porno ha fatturato, nel 2018, circa 100 miliardi di dollari escludendo, è ovvio, ciò che sfugge al controllo, i siti di content creator, le produzioni amatoriali e quelle pedopornografiche, per fortuna illegali.

Considerando che è impossibile bandire la pornografia (si veda l’esempio del proibizionismo negli USA negli anni ’20) dalla nostra società, appare evidente come modificare l’approccio che si ha con essa possa risultare la soluzione vincente.

Sesso si (se no che pornografia sarebbe?), BDSM ok per i cultori del genere, ma intanto eliminare le scene palesemente impossibili, non credibili; poi, non meno importante, evitare di reiterare quasi ad ogni film che l’uomo può e la donna deve, che l’uomo propone e la donna dispone.

Forse, se così andrà, avremo qualche possibilità in più di avere nuove generazioni di maschietti che non pretenderanno di essere serviti da mamma e sorella perché “si è sempre fatto così” o che considereranno le donne come cuoche e cameriere con benefit.

Sergio Motta