Timing perfetto




Quest’anno, Torino si è affermata come una delle città più dinamiche e vivaci del panorama culturale e artistico internazionale. Grazie alla combinazione di eventi straordinari e figure di rilievo che l’hanno rappresentata con passione, il 2024 ha segnato un capitolo di rinascita per la città. Tra queste spicca Silvia Caroline, influencer, promotrice culturale e ambasciatrice torinese della moda e della sostenibilità, che ha saputo portare il fascino sabaudo su palcoscenici internazionali.
Con il suo impegno instancabile e il profondo amore per la città, Silvia Caroline ha contribuito a far risplendere Torino non solo attraverso i suoi eventi ma anche grazie alla sua personalità magnetica. In un’intervista esclusiva, Silvia ci racconta alcune delle esperienze che hanno caratterizzato quest’anno, offrendo uno sguardo dietro le quinte della sua affascinante carriera.
Alla domanda su come si è sentita a partecipare alla celebrazione dei 60 anni di Vogue Italia , Silvia risponde con una nota nostalgica:
“È stato un momento magico, mi sono ritrovata a percepire sensazioni speciali che mi hanno riportato alla mia prima sfilata nel lontano 2011 . Quando ami la moda, è come se ti scorresse nelle vene: è una passione viscerale che o hai, o non hai.
Il Cinema fa parte della mia quotidianità sin da quando ero piccola, difatti anche la mia partecipazione al Festival del Cinema di Venezia mi ha reso entusiasta nel potermi confrontare un talenti del mondo del Cinema”.
Un altro evento clou per Silvia è stato il Festival del Cinema di Venezia. Esserci, racconta, è stato un traguardo personale ed emotivo:
“Pensavo solo a far andare tutto bene. Il momento più emozionante è stato pochi secondi prima di percorrere il red carpet. Mi sono sentita piccola di fronte ai grandi del cinema, ma anche orgogliosa : ho sempre lavorato sodo, amo imparare e crescere Quel momento mi ha ripagata di tutto.”
Silvia ha anche brillato durante il Camera Moda Sustainable Fashion Awards 2024 , dove ha sottolineato l’importanza di sensibilizzare sull’impatto ambientale dell’industria della moda:
“È straordinario vedere come alcuni brand stanno davvero cambiando le cose, educando alla sostenibilità attraverso le loro creazioni. La moda può essere tanto bella quanto responsabile.”
Un altro tema a lei caro è la profumeria di nicchia, una passione che descrive quasi poeticamente:
“Io amo il mondo del profumo: è tramite gli odori che spesso comincio a scrivere. Come riaffiorano i ricordi chiusi nei cassetti, così fanno le fragranze. In questo momento dell’anno prediligo sentori caldi e speziati, come vaniglia, oud, sandalo e bergamotto.”
Silvia condivide con entusiasmo l’apertura della prima Scuola di Alta Profumeria in Italia, l’ASP, un progetto nato proprio in Piemonte, che mira a diffondere la conoscenza di questo raffinato universo.
Ma per Silvia, Torino rimane sempre al centro. Partecipare alla prima di Manon Lescaut al Teatro Regio è stato un momento speciale:
“Torino è la mia città, la mia casa, come una sorella. È velata da un mistero e una malinconia che la rendono unica. Raccontarla e portarla ai confini del mondo per me è un onore.”
E ancora:
“Ho partecipato, per la mia prima volta, all’’opening del Torino Film Festival alla sua 42 edizione, è per me un onore poter presenziare ad un evento conosciuto e dall’importanza internazionale sul nostro territorio.
Guardando al futuro, Silvia ha deciso di continuare il suo impegno sia per Torino che per la moda sostenibile, coinvolgendo sempre più la comunità locale:
“Torino ha un potenziale immenso. Ama rimanere un po’ in disparte, ma chi la conosce a fondo non può che innamorarsene. Io sono qui per farla brillare, in ogni modo possibile.”
Con personalità come Silvia Caroline, il 2024 sarà ricordato come un anno fondamentale per la rinascita di Torino. Grazie alla sua dedizione, al suo amore per la cultura e la sostenibilità, e alla sua capacità di portare la città sotto i riflettori internazionali, Torino si prepara a un futuro pieno di nuove opportunità.
CRISTINA TAVERNITI
Sarà una cinque giorni tutta svedese, quella che s’appresta a vivere il progetto, made in Italy, fiero promotore di alcune eccellenze casearie italiane
Dal 26 al 30 novembre
Terra di infiniti laghi (sono oltre 95mila), di fiordi pittoreschi e di una cultura gastronomica dalle secolari e pregevoli tradizioni – piatto leggendario, le mitiche polpette , le “köttbullar”, che magari qualcuno di voi avrà avuto modo di assaggiare, perché no?, all’“Ikea”, accompagnate da puré di patate o da una prelibata salsa di mirtilli rossi e cetrioli – sarà la Svezia ad ospitare, per la prima volta, dopo la Germania nel febbraio scorso, il Progetto “LoST EU”, progetto dell’“Associazione Alte Terre DOP” sostenuto dall’Unione Europea, che vede otto formaggi (tre piemontesi) di cinque nostre Regioni al centro di un mirabile piano di promozione e di eventi finalizzati alla valorizzazione di alcune nostre “eccellenze casearie”, esempi ben chiari di un ricco patrimonio gastronomico locale e di una preziosa opera sul piano della sostenibilità ambientale. Ciò che, in terra svedese (dove, per altro non mancano formaggi di buona fama, come il “Västerbottensost” prodotto solo nel piccolo villaggio di Burträsk – non troppo lontano dal Circolo Polare Artico – o l’erborinato “Sörmlands Ädel Igp” e il casalingo “Hushållsost”) i nostri “magnifici otto” si troveranno al centro di un vero e proprio tour gastronomico, fitto di “eventi didattici” e “promozionali” che toccherà diverse città dal nord al sud del Paese, dando la possibilità ai “cheese lovers” svedesi di assaggiare e ricevere informazioni dalla viva voce dei produttori sugli otto formaggi del paniere, provenienti da cinque diverse regioni italiane.
Per una settimana, quasi, andranno dunque in scena in Svezia il “Murazzano”, il “Roccaverano” e l’“Ossolano” dal Piemonte, il “Puzzone di Moena” dal Trentino, lo “Strachitunt” dalla Lombardia, la “Vastedda della Valle del Belice”, il “Pecorino Siciliano”, e il “Provolone del Monaco” dalla Campania. E, a loro volta, i nostri produttori saranno ottimi maestri nel raccontare, grazie alla collaborazione con vere e proprie istituzioni svedesi, quali la “Cheese Room Sabis” e l’“Ica Food” di Stoccolma, oltre che la rete degli store di “Italianissimo” a Malmo, Lomma e Lund, a centinaia di consumatori appassionati di cucina italiana, gli infiniti pregi della cultura casearia italiana che, all’estero, è ancora un tesoro tutto da scoprire.
Il via, martedì 26 fino a sabato 30 novembre, con i “tasting days”, giornate di degustazione rivolte ai “consumer” in ben cinque diversi negozi della Svezia, da Nord a Sud, toccando le città di Stoccolma, Lund, Lomma e Malmo.
Ma non solo “degustazioni”. Gli eventi comprenderanno anche un’intera giornata “didattico-promozionale” inserita nel prestigioso palinsesto dell’“Italian Week” dell’“Ambasciata Italiana” a Stoccolma, una giornata di workshop, masterclass e degustazioni rivolta esclusivamente ai “professionisti” del settore: operatori, chef, importatori, distributori e giornalisti, con la partecipazione dei consorzi e dei produttori di “LoST” provenienti da tutta Italia.
Mercoledì 27 Novembre, alle 14, presso il prestigioso “Wenner-Gren Centre” di Sabis, dalle cui finestre si può ammirare tutta la “Venezia del Nord” svedese, si svolgerà la “Masterclass” dedicata ai formaggi di “Lost”, che sarà guidata dal celebre giornalista svedese Karsten Thurfjell, membro dell’“Accademia Enogastronomica Reale”. A seguire, verso le 15,30, sempre nel “Palazzo” di Sabis, si svolgerà il “Walkaround tasting”, rivolto ad un pubblico più ampio di professionisti, giornalisti e “cheese lovers”, con la presenza dei produttori italiani che avranno modo di promuovere le loro realtà, raccontando le caratteristiche dei territori di provenienza, le tradizioni centenarie e i segreti che rendono questi formaggi unici al mondo. Secondo la consueta strategia adottata dal progetto “Lost”. “Quella di diffondere – dicono gli interessati – attraverso il passaparola, l’incontro diretto coi produttori, i piccoli eventi didattici e promozionali diffusi, la filosofia che non solo sta alla base del progetto ‘LoST’, ma del piano programmatico europeo in termini di salute e benessere dei consumatori, ovvero il recupero di antichi valori perduti attraverso prodotti di eccellenza, che sono un esempio di sostenibilità e rispetto per l’ambiente e la natura”.
g.m.
Nelle foto: “LoST EU”, immagini di repertorio
Vera innovazione tra gusto e salute, nasce all’“Antica Pasticceria Castino” di Pinerolo, “PanCricri”, il primo panettone realizzato con “farina di grilli”
Pinerolo (Torino)
“Un panettone che guarda al futuro, un prodotto di eccellenza non solo a livello gastronomico ma anche, e soprattutto, per quanto riguarda le proprietà nutritive e di benessere”: così, e con orgoglio, Davide Muro, “Mastro Panettone” dell’“Antica Pasticceria Castino” di Pinerolo, definisce il suo “PanCricri”, il primo panettone realizzato con “farina di grilli”, senza lattosio e all’interno “grilli caramellati”, con un ridotto impatto ambientale e alta digeribilità. Un panettone, sicuramente, che permette ancora una volta alla pinerolese “Pasticceria” di piazza San Donato (nel decimo anniversario della sua riapertura, il 24 dicembre 2014) di proseguire nella sua missione innovativa per quanto concerne i “dolci delle feste”, tenendo ben in piedi la costante ricerca di tre fattori basilari: gusto, salute e sostenibilità.
“Con ‘PanCricrì’ – sottolinea il pluripremiato Davide Muro (primo premio nel 2020 al Concorso ‘Una mole di panettoni’ e sempre primo premio, nel 2024 al Concorso ‘Divina colomba’, con una ‘Colomba salata ai porcini e al salame valsusino’ – abbiamo voluto spingere ulteriormente i nostri sforzi e le nostre ricerche nella direzione che ormai mi è cara”, cioè giocare con i sapori e le ricette della tradizione, sperimentando accostamenti insoliti, proponendo ingredienti nuovi, studiando come poter rispondere alle esigenze delle persone che rispondono agli stili di vita sempre in mutamento. Con ‘PanCricrì’ ho voluto proporre una nuova esperienza di gusto che unisce piacere e salute, facendo incontrare la golosità e la delizia del Natale, il periodo più dolce dell’anno per antonomasia, a un ‘lifestyle’ di benessere, ‘healthy’”.
Frutto di mesi di ricerca, data anche la “novità” di questa tipologia di farina e delle sue non sempre prevedibili risposte agli stimoli prodotti da altri ingredienti, il “PanCricri” va così ad aggiungersi al già ricco campionario di Davide, pasticcere di origini valsusine , creatore di “panettoni” dai più classici (dolci, soffici e delicati, dal “Mandorlato” al “Moretto al cioccolato”) fino ai più imprevedibili “salati”, che mirano a trasformare il tipico dolce natalizio (le cui origini ancora oggi si perdono fra mito, leggenda e mistero) in un prodotto adatto a ogni stagione, perfetto per aperitivi e occasioni speciali. Così, a firma di Davide Muro – tenetevi ben stretti – all’“Antica Pasticceria Castino” troviamo: “Nduja, semi di finocchio e pecorino”, dal gusto deciso e il profumo intenso; “Polenta di mais bramata, Blu del Moncenisio, cipolla fritta”, un’esperienza tutta piemontese; “Pesto, pomodori secchi, olive taggiasche, parmigiano”, il primo nato dei panettoni salati, leggero e ideale sia fresco sia caldo; “Peperoni e acciughe”, ispirato ai sapori tradizionali, profumato con scorza di limone e, per finire, “Porcini e salame valsusino”, un equilibrio di sapori che sa essere deciso, dove il salame si fonde in modo equilibrato con l’aroma dei funghi.
Proposte per il Natale 2024? Il più “regolare” “Panettone dai sapori natalizi” (con mele, zenzero e spezie come cannella, chiodi di garofano e anice stellato) e, ovviamente, grande protagonista (si spera) di quest’anno, il “PanCricri”.
Pillole di storia – L’ “Antica Pasticceria Castino”
Il 2024 è l’anno del decimo anniversario della riapertura dell’ “Antica Pasticceria Castino”, che compie poi nel 2025 i suoi primi 100 anni di vita: infatti, la Pasticceria nasce quando Giuseppe Castino insieme alla consorte Margherita Cleretti, discendente di una celebre famiglia di pasticceri, acquista nel 1925 l’antica confetteria “Fabbre” sotto i portici di Piazza Duomo, a Pinerolo.
In un clima internazionale, tra giovani ed eleganti ufficiali e nobili famiglie che popolano Pinerolo, “Città della Cavalleria”, Castino, cresciuto alla scuola di Stratta, Moriondo e Baratti, gode di un’ampia fama che va ben al di là di Pinerolo. In molti lo conoscono come il “Michelangelo del cioccolato”. Abile nella decorazione e innovativo nel preparare una vastissima gamma di leccornie dolci e salate, verso gli anni ’30 Castino dà vita a una sua creazione che è diventata insieme al panettone il dolce simbolo di Pinerolo: la “Torta Zurigo-Castino”, a lui commissionata, addirittura, da Jolanda di Savoia in persona.
Dopo un periodo di chiusura la pasticceria riapre il 24 dicembre 2014 su iniziativa della famiglia pinerolese Cosso-Eynard e con la gentile concessione del marchio da parte di Gemma Castino, figlia del fondatore dello storico locale. “Boiserie” in legno, poltroncine di velluto ed eleganti vetrine ricreano, al suo interno, un’atmosfera d’altri tempi. Impossibile, per “Sweets Lovers” e non, andare a Pinerolo e non farci un salto.
Per info: “Antica Pasticceria Castino”, piazza San Donato 42, Pinerolo (Torino); tel. 0121/377786 o www.anticapasticceriacastino.it
g.m.
Nelle foto di Paolo Mantovan: “PanCricri”, Esterni dell’“Antica Pasticceria Castino” e Davide Muro
Alcuni anni fa era consuetudine, da parte degli sposi, dopo la prima notte di nozze esporre un lenzuolo macchiato di sangue, a dimostrazione che la moglie era ancora vergine, a tutela dell’onorabilità di lei e di lui.
Come sa chiunque abbia una Qi appena normale, tale esposizione non provava nulla per due motivi: in primo luogo il sangue poteva essere dovuto alle mestruazioni o procurato in altro modo (carne macellata) per tacitare i pettegolezzi; in secondo luogo, particolarmente durante gli anni ’70, era quasi una regola praticare sesso anale per arrivare integre al matrimonio (anche con un altro partner). Molti anni prima, nel 1928, Hertz De Benedetti aveva scritto un poemetto goliardico dal titolo “Ifigonia in culide” (parodia di Ifigenia in Aulide) dove raccontava come le vergini di Corte, per deliziare il Sovrano, restassero vergini davanti concedendo, diremmo noi oggi, il lato B.
Resta, tuttavia, vivo nella nostra cultura il concetto di verginità quale pregio, quale maggior valore per una donna, esattamente come un’auto nuova vale più di una usata, se escludiamo le auto d’epoca che però, nel caso delle donne, sono fortemente deprezzate.
La verginità (e l’imene come suo simbolo) infatti non ha alcun significato medico essendo unicamente un concetto culturale, risalente ad un’epoca in cui il controllo sulle donne e sulla loro sessualità era totale e l’autodeterminazione inesistente.
Tutti, almeno lo spero, sanno che l’imene è una membrana ubicata all’ingresso del canale vaginale che può avere forme diverse (luna, semiluna, perforato); le più sfortunate hanno un imene imperforato che le obbliga a subire un piccolo intervento chirurgico in occasione del menarca per permettere la fuoriuscita del mestruo.
Mi sono sempre domandato quale funzione abbia l’imene e ancora non l’ho capito: qualcuno sostiene che eserciti una barriera contro la risalita di germi nel canale vaginale, altri che sia un organo come l’appendice, della quale sentiamo la presenza solo quando si infiamma e dobbiamo essere operati.
Si tratta di una membrana piuttosto elastica che in alcuni casi non viene deflorata durante il primo coito ma, per assurdo, può rompersi in seguito ad un trauma, attività sportiva violenta, caduta da cavallo, ecc.; in alcuni casi, inoltre, è stato riscontrato un imene intatto in donne prossime al parto, segno che l’attività sessuale non aveva modificato la struttura delle membrana.
Su un campione di 100 donne intervistate, solo 4 hanno dichiarato di aver subito una perdita di sangue durante la presunta deflorazione, segno anche questo di enorme ignoranza nell’associare perdita di sangue a deflorazione; molto più verosimilmente si tratta di perdite ematiche dovute alla scarsa lubrificazione, alla mancanza di delicatezza del partner per scarsa intimità, poca dimestichezza e disinteresse per il piacere della partner.
Anni addietro una persona mi chiese perché io non scegliessi donne vergini, piuttosto di una con molta esperienza; risposi, in totale onestà, che se era molto “usata” vuol dire che aveva ottime prestazioni, altrimenti sarebbe stata sempre a riposo. Lasciai l’interlocutore perplesso.
La religione, poi, soprattutto quella farneticante di certi estremismi anglosassoni considera la verginità un “must”, un obbligo nei confronti del futuro marito; guarda caso tra quelle persone il tasso di infelicità è ai massimi livelli.
L’idea stessa di doverlo fare solo con il marito (dopo aver pronunciato il fatidico SI) e quindi sapere di dover dare il massimo con quella persona, in quel luogo, in quel momento è sicuramente un’ottima fonte di stress, di ansia da prestazione; va da sé che non potendo imparare la pratica a scuola o presso conoscenti di chiara fama ci si presenti all’appuntamento coitaleda perfette impreparate. Per gli uomini invece nessuna prescrizione perché, beati noi, non vi sono segni visibili di presunte esperienze pregresse e, quand’anche vi fossero, sarebbero giuste perché “l’uomo è uomo”.
Ovviamente non la penso così, riporto solo i pensieri di molte, troppe persone.
La Chiesa ha sicuramente contribuito enormemente a diffondere questo culto della donna vergine. Sant’Ambrogio, per esempio, scrisse ben cinque opere sulla verginità, con preferenza per quella femminile: De virginibus, De viduis, De virginitate, De institutione virginis e Exhortatio virginitatis. Il Vescovo di Milano esaltò la verginità come massimo ideale di vita cristiana, degno erede di quel Saulo, poi convertitosi col nome di Paolo di Tarso,che disse “colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio”. Ambrogio ritenne che la verginità fosse l’unica vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova subordinata. Critica aspramente il fatto che il matrimonio costituisce solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli sposi e in particolare della donna: “Davvero degna di compianto è la condizione che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all’asta come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più alto”.Ambrogio arriva al punto di invitare i genitori a rispettare la scelta di restare vergini dei figli che, così facendo, non sono obbligati a sposarsi.
E’ vero, parliamo di 17 secoli fa ma solo fino a 50-60 anni fa guai se un genitore scopriva che la figlia aveva avuto rapporti prima del matrimonio; nota bene, non perché la figlia avesse fatto male di per sé, ma perché poi lo sposo e tutti i suoi parenti avrebbero denigrato la ragazza e, “Il lupo e l’agnello” di Fedro insegna, la sua famiglia di origine.
A tutt’oggi, e per i distratti ricordo che siamo nel 3° millennio, in alcune scuole degli Stati Uniti il programma di educazione sessuale include o si basa sull’astinenza: un chewing gummasticato o un mozzicone di sigaretta vengo usati come metafora: una volta usati sono da buttare perché nessuno li vuole più.
La realtà è che, tuttora, troppe persone ancora pensano che il primo coito cambi la vita a chi lo subisce, che nulla sia più come prima; la verità è che, se la società abbattesse il culto della verginità, avremmo persone consapevoli di ciò che fanno e lo fanno senza ansia, paure, tabù e obblighi o divieti.
Per finire non voglio obbligare nessuno a “perdere” la verginità:semplicemente, chi vuole restare vergine per qualsiasi motivo è giusto che lo rimanga, come è sacrosanto che chi desidera avere rapporti appena la ragione glielo consente sia libero di averli senza essere etichettato, catalogato o, peggio, schernito o denigrato.
E’ però necessario che, da parte di entrambi, vi sia il consenso.
Sergio Motta
Sex coach
Alla Caserma “Carlo Alberto” si riscaldano i motori per l’arrivo delle Feste
Sabato 23 e domenica 24 novembre
E ancora sabato 30 novembre e domenica 1° dicembre
Vinadio (Cuneo)
Quest’anno farà il bis, in omaggio al suo ventennale, il “Mercatino di Natale” che si terrà nei recuperati spazi della “Caserma Carlo Alberto”, in piazza Vittorio Veneto 8, al “Forte di Vinadio”. Organizzata, come sempre, dalla “Fondazione Artea”, in collaborazione con il Comune vinadiese, la manifestazione “Che Forte Natale!” cambierà, per l’occasione, forma, ampliando l’offerta e raddoppiando i weekend di apertura. Il doppio appuntamento si terrà infatti sabato 23 (dalle 14 alle 21) e domenica 24 novembre (dalle 10 alle 18) e, poi ancora, sabato 30 novembre (dalle 10 alle 21) e domenica 1° dicembre (dalle 10 alle 18). Ricca di proposte ed eventi per tutti i gusti e tutte le età “quest’anno, in occasione del suo ventesimo anniversario, l’iniziativa natalizia al ‘Forte’ – sottolinea Davide De Luca, direttore della ‘Fondazione Artea’– aumenterà la sua offerta culturale e di valorizzazione con un doppio weekend, offrendo la possibilità di un’esperienza più ampia, in cui i visitatori potranno prendere parte, ancora di più rispetto agli anni passati, ad un ricco programma di iniziative, oltre che fruire delle eccellenze del territorio”.
Non mancherà, anche quest’anno, il tanto atteso “Mercatino”, allestito dal 2004, su oltre 1.600 mq di percorso al chiuso con più di 120 espositori (in buona parte diversi nei due finesettimana di apertura) che proporranno ai visitatori una vasta selezione di prodotti tipici e gastronomici d’eccellenza (di Piemonte, Liguria e del territorio provenzale), oltre che manufatti artigianali, articoli natalizi e tante altre idee regalo, per immergersi nella magica atmosfera delle feste. E alla fine del percorso del “Mercatino”, sarà inoltre possibile assistere alla preparazione della tradizionale pasta fresca di Vinadio, i “crouset”. Leccornia non da poco!
E il programma è solo agli inizi. Basti pensare che, per la prima volta, l’evento natalizio al “Forte” ospiterà anche il circo contemporaneo con lo spettacolo “Gran Cabaret Madera”(intreccio surreale di musica, acrobatica e teatro comico), proposto in otto repliche dalla “Compagnia Madera” tutti i giorni della manifestazione, per non dire dell’immancabile “Casa di Babbo e Mamma Natale”, allestita nella “Cappella del Forte”, dove i più piccoli potranno, come da tradizione, consegnare la classica “letterina portadoni”. Numerose saranno poi le “visite animate”, che accompagneranno i visitatori a conoscere i segreti e la storia della “Caserma del Forte”, come il dietro le quinte delle “chapiteau” del “Circo Madera” e la suggestiva “arte della falconeria”.
Sabato 30 novembre, infine, alle 21, le calde voci di “FeelArmonia Ensemble”, con il concerto “Cartoline”, condurranno il pubblico in un insolito “viaggio musicale” intorno al mondo.
Sottolinea Giuseppe Cornara, sindaco di Vinadio: “Anche quest’anno si riconferma la scelta della ‘Caserma Carlo Alberto del Forte’ come ‘location’ per ospitare le attività legate al Natale. Dopo il recente restauro, gli spazi, oltre ad essere perfettamente funzionali allo svolgimento di eventi di questa portata, risultano accessibili anche per chi presenta difficoltà motorie. Inoltre, la struttura dello ‘chapiteau’ che verrà allestita nel grande Cortile è priva di barriere architettoniche e ciò consente un accesso garantito e senza ostacoli anche agli spettacoli circensi, grande novità del Natale 2024”.
L’accesso a “Che Forte Natale!” ha un costo di 3 Euro ed è gratuito per i bimbi fino a 10 anni e, il sabato, per i residenti a Vinadio. I biglietti sono anche acquistabili su www.ticket.it
Inoltre, partecipando alla manifestazione, si avrà anche diritto a un “buono” per visitare a tariffa ridotta le mostre “Robert Doisneau,. Trame di vita” al “Filatoio” di Caraglio e “Elliot Erwitt. L’idea fuggevole” alla “Castiglia” di Saluzzo, fino al 25 febbraio 2025.
Per ulteriori info: tel. 0171/1670042 o www.fortedivinadio.com
g.m.
Nelle foto: “Che Forte Natale!” a Vinadio (immagini di repertorio) e Davide De Luca, direttore “Fondazione Artea”
Sabato 14 e domenica 15 dicembre, La Perla di Torino riapre le porte per l’evento più magico del Natale:”Ho fatto l’albero”, un workshop rivolto a un pubblico di ogni età, durante il quale sarà possibile decorare e personalizzare un albero di Natale di cioccolato guidati dai maestri cioccolatieri dell’azienda. Un‘occasione imperdibile per realizzare un regalo speciale arricchito di dettagli unici. Il pubblico, composto da adulti e bambini, sarà accompagnato da maestri cioccolatieri nelle decorazioni di un albero di cioccolato. Sarà possibile dare libero sfogo alla fantasia personalizzando l’albero secondo i propri gusti. Un’occasione imperdibile per realizzare un dono natalizio artigianale e speciale, creato a mano e arricchito da dettagli unici. Al termine dell’attività ogni partecipante dovrà portare a casa la propria creazione confezionata con cura da un’elegante packaging completo di nastro e fiocco. Ogni partecipante riceverà un kit che comprenderà un albero di cioccolato scelto al momento della prenotazione con variante tra cui latte, fondente, bianco, pistacchio e senza lattosio, indumenti quali camice, guanti e calzari per accedere in sicurezza al laboratorio, strumenti per la decorazione tra cui cioccolato, pasta da zucchero e sac a poche, oltre a una confezione natalizia realizzata a mano dal team de La Perla. Il workshop si terrà presso il laboratorio dell’azienda situata in Lungodora Colletta, a Torino.
Per partecipare è necessario compilare il modulo di prenotazione sul sito www.laperladitorino.it, indicando il numero dei partecipanti, la data e l’orario desiderato. La durata dell’evento sarà di 90 minuti.
Mara Martellotta