LIFESTYLE- Pagina 416

Cena sul grattacielo: che ne pensate?

grattacielo notteHa recentemente aperto i battenti il ristorante al “Piano 35” in cima al grattacielo di Intesa Sanpaolo. Riportiamo alcuni pareri apparsi in rete.

Il primo, molto positivo,  è stato pubblicato su Tripadvisor. “La location vale da sola la spesa. Unicum a Torino. Inoltre la professionalità del team in cucina e in sala rende l’esperienza gastronomica piacevole. Materia prima curata, filiere di prodotto controllate e trasparenti. Bravi”.

grattacielo sanpaolo2Un lettore ha invece scritto a Specchio dei Tempi de La Stampa a proposito della sua esperienza al ristorante:  “Ho organizzato una cena sul grattacielo  (…) e, abbiamo avuto una serie di inconvenienti di non poco conto. Abbiamo scelto i menù da euro 55 (senza vini) e da 80 (con vino) ma al termine le due cifre si sono gonfiate senza preavviso e giustificazione. Entrambi menù non comprendevano l’acqua, il caffè, i digestivi. Nessun bis di piatti e nessun rabbocco nei calici di vino (…) Le portate avevano le caratteristiche della “nouvelle cousine” con quantitativi assimilabili alla trasmissione “chi l’ha visto” (…). Per onor del vero la qualità dei cibi era notevole, ma per chi aveva altri gusti, non erano possibili scelte alternative. (..)”.

I nostri lettori lo hanno provato? Che ne pensano?

(foto: il Torinese)

 

 

Peperò cerca volontari

peperò16Si svolge dal 26 agosto al 4 settembre 2016 “Peperò, la 67^ Sagra del Peperone di Carmagnola”. Riconosciuta da sei anni come Manifestazione Fieristica di Livello Nazionale, Peperò è a tutti gli effetti un Festival che nell’ultima edizione ha accolto oltre 250.000 visitatori e che propone 10 giorni di eventi gastronomici, culturali, artistici ed esperienze creative e coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età. La manifestazione è organizzata da Comune di Carmagnola in collaborazione con   pro loco, Ascom, Coldiretti e diverse realtà locali.

Il programma della kermesse è come sempre molto ampio, anche perché coinvolge numerosissime realtà associative e commerciali del territorio, e nonostante le adesioni già pervenute, il Comune di Carmagnola è alla ricerca di nuovi volontari che vogliano dare il loro prezioso contributo alla buona riuscita dell’evento. Le mansioni da coprire sono molte, dalle operazioni meramente manuali a quelle di segreteria per i punti info, dagli aiuti per la gestione tecnica dei palchi alla collaborazione nella gestione degli accessi alle cene e agli eventi in genere.

Ogni persona può mettere a disposizione le proprie competenze e il proprio tempo libero, svolgendo un servizio utile e importante per tutta la comunità.

COME FARE DOMANDA

A partire dall’anno 2012, l’Amministrazione Comunale ha istituito un Registro del Servizio Civico Volontario, ispirato ai principi di sussidiarietà e di partecipazione attiva dei cittadini allo svolgimento di compiti di utilità civica. Il servizio viene svolto in forma volontaria e gratuita, in relazione a diverse attività di interesse pubblico con finalità di carattere sociale, civile e culturale.

Tutte le persone interessate possono comunicare la propria disponibilità presentando la richiesta, su apposito modulo disponibile presso l’Ufficio Manifestazioni e Turismo (tel. 011.9724238- musei@comune.carmagnola.to.it ) o sul sito web istituzionale del Comune di Carmagnola www.comune.carmagnola.to.it cliccando sull’apposito banner con titolo “A.A.A. Cercasi Volontari” presente nell’home page.

PEPERò 2016

Nella Città del peperone, dal 26 agosto al 4 settembre i visitatori troveranno la Piazza dei Sapori ed altre aree in cui ristorarsi, la Piazza Peperò con cookingshow, cene e talk show con il noto giornalista Paolo Massobrio, street food, la rassegna commerciale con oltre 200 espositori, spettacoli di teatro e di cabaret con comici noti al grande pubblico e proposti in collaborazione con il CAB41, tanti concerti con principale ospite Irene Fornaciari che sarà protagonista della serata inaugurale, serate danzanti, esibizioni sportive, raduno di trattori ed auto d’epoca, primo concorso d’Eleganza riservato a motocicli Vespa, Ape e Vespa 400, la Festa di Re Peperone e la Bela Povronera con sfilata di centinaia di personaggi in costume, mostre, convegni, un grande spazio per i bambini con attività e spettacoli a loro dedicati, Street Festival e Baby Street Festival OrtoQui, ecc…

Le ultime due edizioni sono stata oggetto di qualificate ricerche universitarie sugli effetti economico-sociologico-turistici legati alla valorizzazione del territorio. L’ultima ricerca ha evidenziato diversi importanti dati quali un incremento dei visitatori provenienti da altre regioni e dall’estero, un’elevata percentuale – ben il 34% degli intervistati non residenti a Carmagnola e il 73% dei turisti stranieri – che ha dichiarato di aver partecipato per la prima volta ed altri dati che evidenziano un’alta attrattività della manifestazione e la percezione di essa quale evento di elevata qualità artistica. Risultati eccellenti, che rappresentano una spinta propulsiva per la Città. Fare il volontario per la Sagra del Peperone significa anche contribuire a mantenere, e possibilmente aumentare, queste peculiarità.

Massimo Iaretti

Il caffè Lavazza sbarca al World Trade Center

Lavazza cavalloSi amplia la partnership tra Lavazza e Eataly. Già due le caffetterie aperte negli store Eataly a New York (Flatiron) e Chicago, e ora l’azienda dell’espresso made in Italy inaugura un altro punto vendita nel terzo Eataly a stelle e strisce, il Nyc Downtown, nella torre 4 del World Trade Center, al fine di superare i 1,2 milioni di caffè serviti e di coinvolgere un numero sempre maggiore di consumatori. In programma l’apertura di ulteriori caffetterie, nei punti vendita Eataly, a Boston, Mosca, Los Angeles e Bologna. “Siamo orgogliosi della partnership con Eataly e di esserne il caffè ufficiale negli Stati Uniti”, dice il vicepresidente del Gruppo, Giuseppe Lavazza. “Questo Paese è senza dubbio uno dei mercati internazionali strategici per Lavazza, dove intendiamo continuare a investire e crescere sensibilmente nei prossimi anni”.

(Foto: il Torinese)

Il “Macallè”, l’uomo dei boschi

boscaioli3Il “Macallè”, cioè Vanni Tagliaboschi, ha ereditato da suo padre – il “Negus” – una carbonaia in una valletta laterale della Vidabbia, poco sotto la vetta del Mottarone. Di carnagione scura , sembra un abissino nella stessa misura in cui l’aveva incarnato anche il padre, pure lui “nègar” anche se era originario di Sovazza. “Cosa volete farci, amici miei. Ho la pelle di mogano come  un jazzista di New Orleans”, dice spesso il Vanni, con fine ironia,  per motivare il colore ambrato, dovuto anche al fatto che la fuliggine gli è penetrata in ogni poro della pelle. Vestito con l’immancabile “toni”, la tuta blu da operaio, con tanto di “pettorina” e bretelle, passa una buona parte delle sue giornate a caricare  il motocarro con i sacchi di juta zeppi di carbone. Le rimanenti le occupa a tagliar legna nei boschi. Una buona parte del carbone che commercia, ci tiene a farlo sapere, è “autarchico“, di “produzione propria“. “Roba di qualità, che la “brùsa” senza sprechi ed accidenti“, dice con tono fermo e convinto. Con i suoi due cugini , Pietro e Paolo, manda avanti l’attività della ditta con dedizione e professionalità. I due, detti i “santi” in ragione del nome e del carattere accomodante e disponibile, erano dei lavoratori instancabili. Da quando li conosco non li ho mai visti con le mani in boscaioli1mano, eccetto quelle rare volte che s’incontrano al circolo, la domenica pomeriggio, a farsi una briscola ed un “mezzino”. Ci danno l’anima, nel lavoro, nonostante la menomazione di Pietro che fatica di brutto a “caricare” il braccio destro dal giorno in cui gli è rovinata addosso la catasta della legna. Il fatto risale, più o meno, ad un paio d’anni fa e la colpa era tutta da addebitare  al “Morello”, il mulo di Giacinto Guerla. Nell’ampia aia del suo cascinale, in Tranquilla, all’estremo nord di Oltrefiume, dove il “Macallè” accatastava  i tronchi tagliati nei boschi che scendevano dalla Vidabbia all’alpe Scerèa e da lì fino alla vecchia casa del Salvatore, erano appena state scaricare alcune centinaia di quintali di rovere. La “pigna” era provvisoria, in attesa che – da lì a poco – i due cugini prelevassero un tronco alla volta per tagliarlo a pezzi con la  sega circolare. L’attrezzo, rigorosamente fatto in casa, utilizzando un motore di una vecchia “Vespa” Piaggio 150 che forniva la forza motrice alla lama della sega, andava usato con grande cautela. L’Angelino “due dita“, che aveva lavorato per una decina d’anni con il padre di Vanni, ne sapeva qualcosa, essendosi “affettato” ben tre dita a causa della distrazione di un attimo. Il Guerla, che faceva l’allevatore in una cascina poco distante, era venuto lì per comprare un po’ di legna. Il suo “Morello”, pur essendo un mulo e come tale destinato a portar pesi, non era dell’idea di caricarsi quella legna sul basto. Si mise a tirar calci all’impazzata. Nonostante i tentativi di imbrigliarla , la bestia menava zoccolate a destra e manca. Fu così che la catasta, colpita dal mulo, rotolò addosso al povero Pietro che si fratturò una spalla oltre a “gibollarsi” tutto. A dispetto dell’essere un “santo” e del  suo carattere si sfogò a male parola, chiamando in causa con l’ira di una furia tutti gli abitanti del paradiso. Comunque, incidenti a parte, quell’attività il Vanni ed i due cugini la mandavano avanti e non avevano nessuna intenzione di smettere. Ho notato, però, che con il passare del tempo, mi parla della vita dei boscaioli con un velo di tristezza. Come se, invecchiando, i ricordi – anche quelli più duri e aspri – s’addolcissero. Lasciando nelle parole una traccia di nostalgia. “ La nostra vita era sacrificata perché quello del boscaiolo era un mestiere duro. Ben più duro di com’è oggi . Il taglio dei boschi  si faceva in autunno o in primavera. Sceglievamo sul posto gli alberi di alto fusto che, una volta tagliati, li portavamo a valle in spalla o trascinandoli sul sentiero con una corda legata ad un cugn da fèr, un cuneo di ferro piantato nel tronco. Quand’eravamo fortunati si poteva usare il palorcio, il filo a sbalzo: una piccola teleferica che faceva scivolare a valle il carico di legna“. Una volta preso l’abbrivio , il “Macallè” lascia correre la memoria come un fiume in piena. “Da noi ci chiamavano buscarò, in ossola e nei boschi della Val Grande  “buratt”. Noi borradori, tagliatori di borre – che è la parte più pregiata del tronco, quella dritta, che serve per il legname da opera, siamo boscaioli2gente a cui il lavoro non ha mai fatto schifo e la fatica non ci spaventa. Polenta e latte al mattino, minestra e una trincata dal fiasco di rosso alla sera. La “benzina” per i muscoli stava tutta lì, in quegli anni di fame e miseria. Ai tempi dei grandi tagli s’andava per  squadre di una ventina di  boscaioli ed un paio di  “bocia”, cioè i ragazzini chedovevano svolgere lavoretti e  piccole commissioni, come fare la spesa o  portare gli attrezzi più leggeri. Ad ognuno di noi , se il taglio era a contratto, toccava tagliare più o meno un centinaio di metri quadri di bosco e ci davano un tanto per ogni metro quadrato tagliato. Pensa che i più bravi, in una stagione, riuscivano a lavorare fino a 1.000 quintalidi legname“. Dopo essersi bagnato la gola con un fiato di Sizzano, il “rosso” che preferiva, mi fa vedere gli attrezzi che tiene nel capanno. L’accetta e la scure, la roncola, la sega (resiga), la piccola zappa (sapìn), il trentìn, enorme sega lunga cerca due metri. I grandi “tagli” in Val Grande – tra Verbano e Ossola, oggi Parco nazionale, a tutela di quest’area “wilderness”, la più estesa dell’Europa occidentale –  nella prima metà del ‘900, produssero un pesantissimo disboscamento per il quale fu addirittura costruita una “decauville”, una linea ferroviaria a scartamento ridotto di 4 km  nel cuore della valle che vedeva, poco oltre la confluenza del  Rio Caulì, un ponte sospeso – lungo 62 metri ed alto 22 – sul fiume, sul quale transitavano  carrelli e vagoncini che trasportavano le “borre”.  “Ma i tronchi si trasportavano anche  grazie alle “cioende” “, aggiunge Vanni. “ Adesso non se ne trovano più ma erano degli scivoli di tronchi livellati, una sorta di “viadotti di legno”, a tratti pensili, in cui i tronchi erano fatti scendere in inverno, quando per l’occasione il “percorso” era inondato d’acqua e neve che, gelando, facilitava lo scorrimento del legname. Lungo la cioenda c’erano dei boscaioli come me, impegnati nel pericoloso compito di disincagliare i tronchi nei punti morti del tracciato. Guarda qua, leggi“. E mi mette sotto il naso un testo di Don Tullio Bertamini. Leggo: “ Le cioende si svilupparono nel secolo XIX fino ad essere delle vere meraviglie di abilità ed ingegnosità. Ne furono costruite lungo quasi tutte le valli. Quella che da Macugnaga giungeva a Ceppomorelli rimase in funzione una ventina d’anni. Un’altra cioenda restò in funzione per lunghi anni attorno al 1880 lungo la Val Cairasca partendo dall’alpe Veglia e scendendo fino a Varzo, allorchè furono fatti i grandi tagli di quell’alpe. Un’altra scendeva dalla Colmine fra le varie frazioni di Varzo ed era in funzione ancora nel primo decennio di questo secolo. Pochissimi ricordano la cioenda che scendeva dalla Val Bognanco”.Ogni volta che capitavo sotto le grinfie del “Macallè” era una lezione di storia del bosco o dei boscaioli. Ma, oggi, in vena di confidenze, mi ha parlato del “Babbo”. Piccolo, secco come il manico di una scopa, irascibile e pronto alla battuta come tutti i toscani ( era di Pistoia), faceva il “mestiere” con il papà del Vanni.  Non riusciva a stare senza fumare al punto che, per una disattenzione, un giorno rischiò di mandare in cenere il capannone. Buttò via una cicca ancora accesa su di un mucchietto di segatura bella asciutta che, con una vampata, prese fuoco. Tra le fiamme il “Babbo” saltava quasi fosse stato morso da una tarantola. Si dimenava come un matto, urlando e imprecando. Padre e figlio, i due “abissini”, con coperte umide e  secchiate d’acqua, avevano sudato sette camicie per soffocare l’incendio. Ma si rifecero quando, per scherzo, mischiarono il tabacco con la polvere da sparo, pigiando entrambi ben bene nella pipa del vecchietto. Appena avvicinò lo zolfanello al tabacco, tirando la pipa, una fiammata tremenda gli bruciò il ciuffo di capelli e le sopracciglia, lasciandolo inebetito ne con la faccia nera. Le parole che pronunciò si farebbe peccato mortale a scriverle e persino a sfiorarle col pensiero. Nel raccontare la storia, Vanni ride a crepapelle e mi appioppa delle manate sulle spalle. Non proprio carezze, sapete. Del resto le sue, sono mani da boscaiolo.

 

Marco Travaglini

Cuochi cubani a Palazzo Lascaris

Una delegazione di dieci cuochi provenienti da Cuba è stata ricevuta dalla vicepresidente Daniela Ruffino

cuba

L’iniziativa, promossa dall’Associazione cuochi di Torino e Provincia, ha lo scopo di accompagnare gli chef in un percorso formativo sulla cultura culinaria locale.

“Far conoscere il Piemonte e i suoi prodotti tipici nel resto del mondo – ha sottolineato Ruffino – è un modo per diffondere la cultura del territorio oltre i nostri confini, riscoprendo quei legami che, da secoli, accomunano i popoli latini”.

“Non sempre all’estero – ha evidenziato Lamberto Guerrer, presidente dell’Associazione – è facile trovare i sapori e i profumi tipici del Piemonte e, in generale, della cucina mediterranea. Il tirocinio di specializzazione fornisce nozioni tecniche e teoriche per creare piatti che si avvicinino il più possibile a quelli nostrani, tenendo conto che alcune materie prime sono difficilmente reperibili a Cuba”. Ruffino ha infine rilevato l’importanza degli scambi culturali e commerciali a Cuba, dove risiedono anche numerosi piemontesi.

I cuochi che hanno partecipato all’incontro sono: Alberto Endrickson, Alcadio Osmar Castro Pacheco, Walter Rodriguez Suarez, Pedro Rafael Mesa Martinez, Eric Horta De La Paz, Manuel Hiran Portuondo Hereida, Gorkis Gainza Arroyo, Rolando Sierra Ramirez, Luis Raul Salgado Fernandez, Josè Andres Helguera Pons.

Daniela Roselli – www.cr.piemonte.it

Quando il sindaco diventa vigile

polizia municipalNel nostro concitato mondo moderno può anche accadere che un sindaco rieletto più volte e saldamente alla testa della propria comunità, per una sera, dismetta i panni del primo cittadino e diventi vigile. Tutto questo accade a Cavagnolo, centro della Valcerrina all’interno della Città Metroplitana di Torino. Mario Corsato, però, non indosserà i panni del “sindaco – sceriffo” come si potrebbe pensare leggendo le prime righe di questo articolo. Entrerà invece nella divisa del vigile nella commedia brillante che la Compagnia Gat di Cavagnolo presenta sabato 30 luglio a Moransengo (ultimo comune dell’Astigiano, confinante appunto con Cavagnolo) in piazza. Si tratta di “Anche stavolta l’uma tacunala” che andrà in scena dalle ore 21, nella piazza centrale del paese (dove si trovano i due simboli della vita comunale, il Municipio e la chiesa parrocchiale). Corsato, che è anche un attore amatoriale, dunque, impersonerà il ruolo del vigile.

Massimo Iaretti

Le nuove frontiere della chirurgia estetica

macrino 2Per diversi medici chirurghi la chirurgia estetica moderna va esercitata con esperienza e professionalità. Questo è il caso del dottor Yuri Macrino, chirurgo plastico con studio a Roma, ma attivo anche a Milano e Torino, da anni distintosi nel campo della chirurgia estetica e ricostruttiva. Il dottor Macrino mantiene anche nei momenti in cui è lontano dalla professione un’ottima manualità, suonando sia la chitarra sia il pianoforte, che implicano l’uso delle mani e aumentano la coordinazione delle dita.Consulente medico per il doppiaggio nella famosa serie americana Grey’s Anatomy, Macrino si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia all’Università La Sapienza di Roma nel ’95, ottenendo poi la Specializzazione in Chirurgia plastica e ricostruttiva presso l’Università di Catania. Ha poi approfondito le sue conoscenze praticando sia a Catania, sia a Roma e nella Repubblica Ceca. Proprio grazie ai suoi studi in questa Repubblica ha avuto la possibilità di seguire gli insegnamenti della scuola russa. Negli anni della Specializzazione ha avuto la fortuna di poter seguire la Scuola diretta dal professor Micali, attraverso la quale ha potuto anche incontrare il professor Nordstrom e operare con alcuni suoi allievi.

“La specializzazione in Chirurgia plastica da parte di un chirurgo estetico – spiega il dottor Macrino – anche se non costituisce un requisito indispensabile per svolgere gli interventi di chirurgia estetica, sicuramente rappresenta una garanzia in più per il paziente. Infatti uno specialista in Chirurgia plastica ha frequentato per cinque anni reparti di chirurgia plastica ricostruttiva e ha sostenuto gli esami per conseguire la Specializzazione. Quindi ha competenze ulteriori rispetto al solo chirurgo estetico. Purtroppo in Italia ancor oggi la Chirurgia estetica continua a rimanere un campo in cui le competenze non sono così ben certificate e delineate, tanto che non sempre risulta facile per il paziente che voglia sottoporsi a un intervento estetico orientarsi in modo adeguato”.

bellezza donna specchio

“Uno degli interventi di chirurgia estetica che effettuo con piu’ frequenza – spiega il dottor Yuri Macrino – è quello di mastoplastica, “additiva” nel caso si voglia aumentare il volume del seno o, nel caso contrario, “riduttiva”. Per questo tipo di intervento le pazienti sono spesso molto giovani, anche poco più che ventenni. Se il distretto mammario presenta delle asimmetrie, più o meno evidenti, di forma e di volume della mammella, di dimensione e posizione dei capezzoli, sarà necessario un intervento di mastoplastica correttiva. Nel caso della mastoplastica additiva le cicatrici sono sicuramente minori rispetto a quelle che risultano dal secondo tipo di intervento; la naturalità del risultato dell’intervento è data dalla combinazione dell’abilità chirurgica, dalla sua progettazione adeguata e esecuzione, oltre che dall’impiego di protesi mammarie di qualità “.

“La durata del risultato di una mastoplastica – precisa il dottor Macrino – è legata al tempo. La mastoplastica additiva soddisfa il desiderio di maggior volume del seno e, sicuramente, l’evoluzione dei materiali e delle tecniche produttive hanno migliorato la forma, la consistenza, la sicurezza e la durata delle protesi mammarie. La mastoplastica additiva, per esempio, riesce a correggere l’inestetismo di un seno ipotrofico, tenendo anche presente il cambiamento di natura psicologica. Mi si rivolgono per questo tipo di intervento anche pazienti giovani, che richiedono l’aumento del seno ritenuto troppo piccolo. Altre richiedono l’intervento in seguito a un moderato rilassamento o dopo l’allattamento, per ripristinarne il volume. Al tatto il seno risulterà morbido come quello naturale e, anche in situazioni dinamiche, aspetto e movimento saranno del tutto pari al tessuto mammario.

“Un altro tipo di intervento in aumento di richieste – aggiunge il dottor Macrino – soprattutto dalle donne, è il lifting delle braccia, che consente di eliminare l’eccesso di cute di tessuto adiposo che si accumula nella zona compresa dal gomito alla spalla. Si tratta di un intervento di circa due ore, in anestesia generale, in regime di day surgery. Sono poi molte le pazienti di sesso femminile, ma anche maschile, che richiedono una blefaroplastica, che è l’intervento più appropriato per ottenere un effetto di ringiovanimento degli occhi e un aspetto più fresco e riposato. Sia uomini che donne ricorrono, infine, spesso all’intervento di addominoplastica, che prevede la rimozione del grasso e del tessuto adiposo in eccesso. Lo scopo di questo intervento è quello di ottenere la cosiddetta “pancia piatta”, asportando e eliminando cute e grasso in eccesso per la riduzione dell’addome, rinforzando i muscoli addominali rilassati e ricostruendo l’ombelico nella sua forma originaria”.

Mara Martellotta

 

Dottor Yuri Macrino

Studio medico Drym, via Fibonacci 31, 00166, Roma

Clinica Parioli, via Felice Giordano, Roma

Milano

Studio Via Ruggero Boscovich 30

Clinica villa Letizia, via Gaetano Donizetti 12

Torino

Studio medico via Giorgio Bidone 31 c/o Casa di Cura Sedes Sapientiae

Clinica Casa di Cura Sedes Sapientiae

 

Le e-mail opportunità o fonte di stress?

L’utilizzo improprio della posta elettronica è una delle principali cause di inefficienze e di perdita di tempo nelle attività lavorative quotidiane nelle aziende

computer web

di Paolo Pietro Biancone*

 

Nel dubbio mando una e-mail. L’uso delle e-mail e dei messaggini è sempre più diffuso e all’ordine del giorno. Assolve diverse funzioni: permette di comunicare direttamente e diffusamente, inserendo anche più destinatari o persone interessate, di contattare persone al momento irraggiungibili per ragioni di spazio e di tempo. Senza contare che “scripta manent” – come ci insegnano i latini –, le comunicazioni scritte restano tracciate e questo porta a una certezza di comunicazione e contenuti.

Il rischio alto e concreto è la sovrabbondanza di comunicazione tramite mail, il non rispetto di orari e bon ton che portano a forme di stress e dipendenza. Questo fenomeno peggiorato dagli smart phone, che ci lasciano sempre in contatto con mail e chat di lavoro e non.

Una volta era il telefono, o meglio l’uso che ne facevano i dipendenti in ufficio, a preoccupare, ora le email per questioni private, ma anche come strumenti lavorativo d’informazioni, richieste, memorandum, dossier di numerose pagine.

L’utilizzo improprio della posta elettronica è una delle principali cause di inefficienze e di perdita di tempo nelle attività lavorative quotidiane nelle aziende. Non a caso si registrano cambiamenti di rotta delle grandi aziende, tra cui spiccano Microsoft, Halton, Ferrari, Volkswagen, Bmw e altre che hanno deciso di introdurre misure straordinarie per far “disintossicare” i collaboratori dalle email, per lavorare di più e fare squadra. La Ferrari, a esempio, ha deciso di dare un taglio a tutto questo spam interno: la Casa di Maranello ha risolto il problema dando un’indicazione semplice e chiara, ossia parlarsi di più e scrivere di meno. Per incentivare una comunicazione più efficace e diretta – si legge sul sito della Casa di Maranello – è stato infatti deciso di limitare fortemente il numero delle email inviate. In particolare, ogni dipendente Ferrari potrà inviare la stessa mail internamente solo a tre persone. Da oggi infatti i dipendenti parleranno di più con i colleghi.

Insomma, il must è comunicare di più. Lo sostengono anche Brunello Cucinelli, Atos, Microsoft, Halton. Mentre Deutsche Telecom, Volkswagen, Bmw, Bayer e Procter&Gamble tirano un ulteriore freno impedendo di scrivere mail dopo le 18. C’è poi chi ha deciso di vietarle in vacanza.

Persino la nuovissima sede della Bce di Francoforte stravolge la vecchia logica solipsista, introducendo spazi comuni per permettere ai banking di “fare gruppo”.

La più integralista sul tema è Atos, multinazionale d’information technology con 80 mila dipendenti nel mondo e quattro sedi in Italia, che ha imposto tolleranza zero nei confronti dell’invasione di posta. Questo dopo aver individuato un algoritmo, realizzato dai responsabili delle risorse umane di Atos, che hanno verificato come 9 messaggi di posta elettronica su 10 sono inutili: i dipendenti spendono tra le 5 e le 20 ore settimanali per smistare notizie spesso inutili.

Sempre più in ostaggio dello smart phone e dei messaggi che sempre ci recapita. La prospettiva è di crescita del fenomeno, da qui il fiorire degli esperti in netiquette Il termine netiquette, termine che nasce dalla fusione di “Network” dall’inglese: Rete, ed “Étiquette” dal francese: Buona educazione; e si riferisce al buon comportamento nell’uso delle risorse di interazione web come le email, soprattutto in campo aziendale. Si tratta in sostanza di un insieme di regole che si potrebbe tradurre in “Galateo (Etiquette) della Rete (Net)” che consiste nel rispettare e conservare le risorse di rete e nel rispettare e collaborare con gli altri utenti. Puntare sulla netiquette in azienda è punto di forza per il buon rapporto tra colleghi e per l’immagine fornita all’esterno dai propri collaboratori con l’invio di mail appropriate e rispettose.

*Professore Ordinario di Economia Aziendale dell’Università di Torino

Coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management

Notte bianca (e rossa) a Cavour

La pro loco di Cavour compie sessanta’anni e per festeggiarli si prepara ad una serie di eventi che si concentreranno nella notte del 30 luglio

rocca cavour

Praticamente sarà una notte bianca, che però si tinge di rosso per ricordare i colori del Logo dell’Associazione, come si colorerà di rosso la fontana romana simbolo della Pro Cvour E il rosso sarà nell’abbigliamento dei partecipanti che sono stati invitati ad indossare qualcosa di rosso, negli addobbi delle tavole, nei colori delle luci.

Fondata il 19 dicembre del 1956 dal Sindaco di allora Francesco Rivoira insieme ad un gruppo di Cavouresi, per organizzare i festeggiamenti patronali di San Lorenzo, ha via via mutato pelle ed è riuscita in questi sessant’anni ad emergere come una delle più grandi ed organizzate Pro Loco.

Nel corso degli anni sono nate molteplici iniziative, a parte dagli anni 60 quando la Pro Loco si è fatta carico di costruire la strada per accedere alla Rocca, dove ha cominciato ad organizzare la PASQUETTA CAVOURESE. Negli anni la Procavour ha inventato la PEDALACAVOUR, la GUSTACAVOUR, ha preso in mano l’organizzazione di Cavourcarne, ma soprattutto ha creato TUTTOMELE; il contenitore di eventi agricoli turistici e gastronomici che da 37 anni riscuote un enorme successo di pubblico.

Negli anni, intensa anche l’attività di promozione turistica del territorio, sia di CAVOUR che dei Comuni della strada delle mele: è stata la prima Pro loco della zona ad avere un sito web, e successivamente anche un’APP per informazioni turistiche. Nel 2013 ha anche curato l’allestimento di una specifica cartellonistica per tutti gli edifici monumentali di Cavour. Con i proventi commerciali di Tuttomele (ricordiamo le frittelle di mele ed il Tuttomele self) la Procavour ha preso in affitto dal Cottolengo di Torino tre prati centrali al paese e li ha urbanizzati trasformandoli in piazza che servono per Tuttomele, ma durante tutto l’anno sono al servizio della comunità per parcheggi (soprattutto per l’asilo), fiere, altri eventi e mercati. Il Gruppo di ricerca storica della Procavour ha prodotto una vasta documentazione storica culminata con la pubblicazione di diversi libri ( I Piloni di Cavour, L’abbazia di Santa Maria, Guida alal Rocca, Cavour Pagine di Microstoria)Nel 1989 la Procavour ha aperto anche un Ufficio di Informazioni turistiche, uno dei pochi, se non l’unico, totalmente autogestito e non finanziato da ATL od enti pubblici.

Sono 6 i Presidenti che si sono succediti nei 60 anni : RIVOIRA, FERRERO, MARCHESA ROSSI, DESTEFANIS, VIGNOLO e Gian Carlo CANGIALOSI attualmente in carica. A Cavour, nella sede della Proloco è stata fondata nel 1989 anche l’UNPLI Piemonte che associa oltre 1200 pro loco piemontesi.

Massimo Iaretti

Ma per tornare a SABATO 30 luglio non sarà una celebrazione ma solo una festa ecco il programma:

 

Ore 21:30   PIAZZA FORZINI Concerto Orchestra VANNI ‘60 La favolosa notte dei ’60 rallegrata dalle piu belle canzoni degli anni 60/70/80 eseguite dal vivo dall’Orchestra VANNI’60, da ascoltare e da ballare

 

Ingresso gratuito

 

 

VIA ROMA: PASTICCERIA ARTIGIANA – PANIFICIO VICENTINI

MACELLERIA CAFFER – RISTORANTE LA NICCHIA – BAR GIOLITTI

Apericena con gran buffet salato freddo e per finire un buon gelato… vino, birra e sangria!

(per i gruppi è gradita la prenotazione tel. 0121 69840)

Concerto live dei DEMODE’ standard americano e musica italiana anni 30/40/50

PIAZZA SOLFERINO:

TRATTORIA AL 47 e CAFFE’ DEL PESO

Apericena a seguire musica dal vivo con il gruppo

“JUST DANCE LIVE BAND” dalle ore 23.00 “MUSICA CON DJ”

VIA GIOLITTI 157/159: IL PUNTO CAFFE’

Apericena con intrattenimento musicale con la violinista

Elizabeth Lounge Project

VIA GIOLITTI 79: CENTRAL PARK

Apericena a buffet a seguire CONCERTO LIVE

 

Altre proposte gastronomiche presso:

CAFFE’ ROMA P.zza Sforzini

GOLDEN LUNA Via Giolitti

CAFFE’ DELLA FONTANA Via della Fontana

 

SHOPPING NEI NEGOZI APERTI sino alle 24

 

 

Curve di cioccolato

cioccolato libroCinque donne, cinque chef “stellate”, ritratte da Laura Travaini, scrittrice e appassionata animatrice culturale e fondatrice dell’associazione “Scrittori e Sapori”: questo e molto altro è “Curve di cioccolato”. Il libro – pubblicato da Edizioni dEste – racconta gli intrecci di storie con il “cibo degli Dei”, attraverso le ricette e le esperienze di Mariuccia Ferrero (dell’astigiano “San Marco” di Canelli) , di Marta Grassi  (del “Tantris” di Novara), di Elide Mollo (del cuneese “Il Centro” di Priocca), di Mariangela Susigan ( del canavesano “Gardenia” di Caluso ) e  di Luisa Valazza ( del novarese “Sorriso” di Soriso ). “ Nelle pagine di “Curve di cioccolato”, come peraltro nella stessa attività dell’Associazione Scrittori e Sapori, si concentrano quegli elementi capaci di tratteggiare un contesto che va al di là del semplice piacere della buona tavola, entrando piuttosto in una dimensione esperienziale e di coinvolgimento culturale che sono il vero valore aggiunto che il Piemonte è in grado di offrire ai suoi tanti estimatori”. Così scrive, nell’introduzione, Antonella Parigi ,assessore alla cultura e al turismo della Regione Piemonte. Il libro, in edizione bilingue italiano e inglese, mette in risalto la cucina piemontese di cui le protagoniste sono vanto e testimonianza di eccellenza, rilevandone il ruolo importante nel mondo della ristorazionecioccolato libro 2 “made in Italy”. Nelle interviste emerge il profilo femminile di queste artiste della gastronomia, con il tratto deciso di personalità che sanno farsi valere in un settore in cui spopolano molti nomi maschili. Una raccolta davvero gustosa, con tanto di golose ricette, da leccarsi i baffi. Laura Travaini, originaria di Fontaneto d’Agogna, vive a Orta San Giulio e nel 2011 ha fondato  – insieme a importanti scrittori ( come Margherita Oggero e Bruno Gambarotta) a chef stellati e al gruppo dei Volontari della Letteratura e del Gusto, l’associazione Scrittori e Sapori. Dopo aver curato l’antologia “Il Gusto del Piemonte”,  una guida turistica non consueta che percorre il Piemonte toccando borghi e paesi alla ricerca delle lingue minoritarie (piemontese, francoprovenzale, occitano, walser) , riportando le ricette di piatti tipici rielaborati, si popone di diffondere la cultura del buon cibo, legando ambiti quali la letteratura, l’enogastronomia, la cucina, i prodotti tipici territoriali.

Marco Travaglini