LIFESTYLE- Pagina 35

La Bottega Contemporanea Passaparola di Vinovo

SCOPRI – TO  alla scoperta di Torino

Nella prima cintura di Torino, a Vinovo, si trova la “Bottega Contemporanea Passaparola”, nome che vuole identificare il locale per la particolarità dei prodotti che sceglie ed utilizza rigorosamente a chilometro zero sia per le pizze che per le portate a menù. Il suo titolare Matteo del Peschio ci racconta alcune peculiarità di questo rinomato locale.
L’INTERVISTA
D: Buongiorno Matteo benvenuto a “Il Torinese”, quando nasce Passaparola?
R: Buongiorno Noemi, grazie a voi, Passaparola nasce nel 2013, questo locale era di un amico di famiglia che voleva cederlo, io all’epoca studiavo cinema ma ho sempre avuto i genitori che hanno fatto i ristoratori e quindi mi affascinava l’idea di avere un locale mio, di seguire un pò l’attività di famiglia; decisi quindi di iniziare l’attività e nel contempo, negli anni, mi laureai.
D: Ci sono stati dei momenti di difficoltà?
R: Durante il covid dovetti chiudere il locale da un momento all’altro e fu un periodo molto complicato. Nel momento in cui il locale chiuse capii che mi mancava davvero quel mestiere e che nella vita volevo realizzarmi come ristoratore nonostante i miei studi nel cinema e nel design.
D: Proprio nel momento di maggior difficoltà hai deciso di ristrutturare tutto il locale approfittando delle chiusure per la pandemia per poi riaprirlo con una veste tutta nuova, una vera sfida vero?
R: Sì decisi di non perdermi d’animo e di riaprire più forte di prima!
D: So che siete riusciti a diventare un’eccellenza come desideravi e che avete vinto numerosi premi.
R: Da due anni facciamo parte della sezione “50 Top Pizza D’Italia” e da quest’anno siamo entrati nella guida “Piemonte A Tavola”, siamo stati classificati tra le 30 pizzerie migliori del Piemonte.
D: Raccontaci com’è la vostra pizza.
R: Attualmente viene realizzata prendendo spunto da una ricetta che mi fece scoprire la mia pizzaiola precedente, una ragazza romana che mi fece scoprire un nuovo modo di fare la pizza; lei faceva “la pizza contemporanea” sottile ma con il cornicione pronunciato con un impasto che ha 48 ore di lievitazione. Per le tipologie delle pizze faccio una grande ricerca sul territorio dei migliori prodotti locali e a chilometro zero, spesso appoggiandomi a piccoli produttori.
D: Hai creato il tuo “chilometro zero siciliano” perché nei tuoi piatti e nelle tue pizze unisci prodotti locali a chilometro zero piemontesi con altri sempre a chilometro zero di origine siciliana e dove ti è possibile prediligi aziende femminili per portare avanti la solidarietà con la parità di genere.
R: Sì credo che un locale debba trasmettere i suoi valori e io credo molto nella parità di genere e nel promuovere l’impegno dei piccoli produttori locali.
D: A proposito di valori lo chef e pasticcere di Passaparola, Alessio Baracca condivide l’idea dell’unione tra i sapori piemontesi e quelli siciliani, ci racconti quali sono i vostri piatti più rinomati?
R: Con piacere, ad esempio la polpetta di stracotto siciliana cotta nel Vermouth torinese e nel melograno con sopra il sesamo d’Ispica e il castelmagno piemontese. Poi il tortello fatto in casa con cappone e coniglio ed il suo consommè. Ogni piatto viene studiato per molti mesi sia a livello di palato che a livello estetico, avendo fatto L’Accademia Di Belle Arti ci tengo moltissimo anche al design del piatto. Anche l’occhio vuole la sua parte e se poi il sapore viene apprezzato per noi è la massima soddisfazione.
D: Cosa ti auguri per questo locale da qui a cinque anni?
R: Come accennavo prima, il poter trasmettere sempre più alla clientela la cura e l’amore che viene messo per la realizzazione di ogni piatto proposo. Poi il far conoscere ai clienti i prodotti particolari, ricercati e rinomati utilizzati per le portate per fargli vivere sempre un’esperienza unica.
D: Fantastichiamo un po’ ma non troppo; se dovessi scegliere cinque persone, di qualunque epoca, che vorresti a cena nel tuo ristorante, quali sarebbero?
R: Dunque: Dario Fo, i miei nonni e Bottura. Quest’ultimo ha fatto del suo mestiere una vera e propria arte, mi confronterei con lui su tanti temi anche sulla fatica che si fa per portare avanti un amore così grande come quello della ristorazione e anche quello per la propria famiglia.
Spesso il ristoratore lavora anche in momenti difficili, costi altalenanti dei prodotti o anche solo i periodi delle festività o delle vacanze, non deve essere un’attività semplice, ma dalla tua intervista si percepisce una grande passione ed una grande forza di volontà, complimenti Matteo, ti auguriamo il meglio e di riuscire sempre a raggiungere tutti i tuoi obiettivi.
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NOEMI GARIANO

La Mandrialoonga conclude le Camminate Reali

Domenica 1 dicembre l’ormai tradizionale Mandrialoonga concluderà il programma delle camminate Reali 2024 della Venaria Reale, proponendo un’esperienza ulteriormente suggestiva ed affascinante per i viandanti che, in compagnia, passo dopo passo, parteciperanno numerosi all’iniziativa. Anche quest’anno i tre itinerari svolti hanno registrato la presenza di migliaia di persone, alla scoperta del territorio e delle Residenze Reali Sabaude del Piemonte che lo rappresentano, ammirandone scorci indimenticabili e curiosando tra le sue storie.

La Mandrialooonga prevede due percorsi a scelta ad anello di diversa lunghezza ( 26 e 12 km) che, tra paesaggi sorprendenti immersi nei colori dell’autunno del Parco della Mandria e zone limitrofe, partono e si concludono entrambi nella magnificenza dei giardini della Reggia si Venaria, con il meritato pranzo finale previsto negli imponenti spazi della Citroniera juvarriana.

Il programma delle camminate Reali nasce con l’intento di realizzare nel tempo un cammino strutturato vero e proprio, che valorizzi turisticamente le Residenze sabaude e il loro territorio di pertinenza attraverso un approccio di visita nuovo e consapevole rispetto alle tematiche culturali e della sostenibilità, rivolgendosi ad un target di settore sempre più numeroso e partecipe. Le camminate Reali si presentano come una manifestazione non competitiva aperta a tutti e prendono spunto dal libro racconto di Enrico Brizzi “La via dei Re. Viaggio a piedi tra le Residenze sabaude” , proponendosi come una prima espression3 di tale cammino da ripetersi negli anni.

Per iscrizioni, informazioni, aggiornamenti:

camminatereali.it, residenzerealisabaude.com, la venaria.it

Nome di battaglia, Camelia

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Lucia si faceva chiamare Camelia. Per quale ragione avesse scelto quel nome di battaglia era un mistero. Gianpiero, il Bruno, sosteneva derivasse dalla passione per le piante che il padre coltivava nel parco della Villa delle Rose, dove svolgeva la mansione di giardiniere per i marchesi d’Angera. Mario, il Milanese, accennava ad una storia ben diversa, riferita in confidenza da Giacinta, la miglior amica di Lucia. “Nel linguaggio dei fiori – raccontò – la camelia è sinonimo di bellezza e devozione eterna tra gli innamorati. Ma in questo caso l’amore è finito in tragedia quando Martino, il promesso sposo di Lucia, uscito in barca per pescare, era annegato durante un’improvvisa burrasca che l’aveva colto quand’era al largo di Stresa”. E forse quella era la ragione della malinconia che rivela il suo sguardo triste. Parlava poco, Camelia. Al peso che portava nell’anima per quella disgrazia si era aggiunto quello del padre che era stato deportato in Germania con un gruppo di altre persone, durante una retata delle SS. L’episodio, con le sue drammatiche conseguenze, era avvenuto sulla sponda magra del Verbano, a Sesto Calende, nei pressi della Savoia-Marchetti, l’azienda aeronautica che da poco aveva cambiato come in SIAI Marchetti. La villa dei marchesi d’Angera si trovava da quelle parti e il giardiniere venne arrestato insieme a un gruppo di operai accusati di aver sabotato gli aerei destinati alla Regia Aeronautica. Una dannatissima disgrazia per lui, di cui non si seppe più nulla, e anche per la ragazza che, orfana di madre morta nel darle la luce, era rimasta sola e senza parenti prossimi, se si escludeva un anziano cugino della madre che viveva a Saronno. Così Lucia prese la sua decisione. Contattati i partigiani della banda del Mottarone, si unì a loro con quel nome – Camelia – che crucchi e camicie nere impararono ben presto a temere. La notte profumava d’erba tagliata. Merico, nell’alpeggio più a est di Vidabbia, si era dato da fare con il taglio maggengo, per ottenere il foraggio più ricco di graminacee per le sue due vacche. Benedetto uomo! Grazie a quel latte, che generosamente ci forniva insieme ad un poco di farina gialla, si riusciva a calmare i brontolii della fame che salivano cupi dai nostri stomaci spesso vuoti. Rannicchiato dietro a un masso erratico, ricoperto di una patina verdastra di muschi e licheni, guardai su verso il crinale, oltre la chioma degli ultimi alberi. La luna, tonda e bianca come latte appena munto, segnava il profilo del monte Zughero. Poi, volgendo lo sguardo verso il lago, vidi che la luna riverberava quella sua luce sulla superficie dell’acqua, accarezzandola. Una larga fascia d’argento si stendeva tra le due sponde, da Baveno a Pallanza. Le isole Borromee parevano macchie scure e buie, annegate in quella luce. Le rive erano anch’esse tenebrose, con le poche luci soffocate dal coprifuoco. Pensai a chi era giù, nei paesi. Dormivano, dietro quelle persiane chiuse? O erano ancora svegli, tormentati dall’insonnia in quei tempi tristi e duri? E se dormivano, com’era il loro sonno? Sereno o agitato? Sognavano o il loro riposo era ghermito dagli incubi? Chissà. Io, intanto, qui di vedetta con gli occhi che tentavano di chiudersi per la stanchezza e la testa pesante, pensavo a come sarebbe stato il giorno in cui avremmo finalmente raggiunto la libertà, posando il fucile, tornando a casa. Ci saremmo arrivati, a quel giorno? E quando? E chi, di noi? Non certamente Maurizio, l’amico più caro di Camelia. Dinamite, così aveva scelto di farsi chiamare, era morto in quella maledetta, gelida alba sulle balze del monte Camoscio. Non era rientrato al comando. Attendemmo a lungo e poi mandammo alcuni uomini a pattugliare il bosco delle querce verso la cava di granito. Lo trovammo io e Pernod, all’indomani, morto. Era duro, rigido, con la pelle diafana per il freddo. Una smorfia in volto che pareva quasi un mezzo sorriso e la camicia lacera, strappata sul petto dalla raffica di mitra che l’aveva falciato. Accanto al suo, il corpo di Rolando. Aveva solo sedici anni e, con il suo moschetto, quasi più grande di lui, l’aveva accompagnato in quella che era stata la loro ultima missione. Camelia era distrutta dal dolore ma quando si riprese disse che l’avrebbero pagata quei delinquenti in camicia nera e i loro alleati tedeschi. Era il 24 dicembre, la vigilia di Natale del 1943. Una festa triste, dove nessuno ebbe voglia di aprir bocca. Solo Marcello, che aveva studiato in seminario, mormoro una breve preghiera: “L’eterno riposo dona a loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen”.

Marco Travaglini

Arturo, fascista pentito

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Le discussioni con Arturo, fascista tutto d’un pezzo, erano spesso animate e a volte molto dure. Lui era convinto della bontà delle scelte del Duce, entusiasta del regime e profondamente legato alla politica nazionale e autarchica. Non era mai stato un violento anche se non ammetteva nessun tipo di errore per quanto veniva imposto in quegli anni ed era pronto a giustificare quasi tutto. Quasi perché su un punto s’incrinavano le sue certezze: chi non la pensava come i fascisti andava convinto, ragionando con tutta la passione necessaria ma mai si doveva usare la violenza. Le squadracce e le loro bravate, non godevano del suo plauso. S’arrabbiava, diventavano rosso in volto. Tutta quella violenza, le botte e le bevute d’olio di ricino imposte ai dissidenti, andavano non solo criticate ma anche condannate. Arturo sosteneva che il vero fascismo non fosse quello. La rivoluzione sociale non poteva degenerare e il riscatto del popolo non doveva affermarsi con imposizioni e discriminazioni. Le nostre discussioni, all’osteria davanti all’imbarcadero di questo piccolo paese sul lago Maggiore, assumevano toni molto forti ma non degeneravano mai in uno scontro vero e proprio. Arturo portava rispetto per chi non condivideva il suo punto di vista e concludeva i suoi ragionamenti con una frase precisa, sempre la stessa: “Sei più testardo di un mulo e non vuoi vedere più in là del tuo naso. Ti convincerai che le cose andranno per il verso giusto. E chi sgarra, come questi matti che interpretano le direttive del partito con arroganza e violenza, pagherà per i suoi torti”. In realtà era lui, povero Arturo, a non persuadersi di ciò che stava accadendo attorno a noi, al clima sempre più pesante e opprimente, alla paura che induceva al silenzio, al clima di sospetto. Eravamo agli inizi ma già si intuiva che le cose sarebbero peggiorate, che il regime avrebbe mostrato il suo volto peggiore anche nei piccoli centri, nella provincia più profonda. Ogni dissenso era considerato tradimento, e come tale andava represso. Arturo se ne andò una mattina. Aveva trovato un impiego dalle parti di Castellanza come contabile in una manifattura tessile. Sembrava invecchiato precocemente. Parlava poco, non mostrava più l’ardore di un tempo. Qualcuno disse che un giorno, sul finire del 1938, ebbe uno scontro durissimo con alcune camicie nere che avevano prelevato dalla fabbrica due giovani operai accusandoli di essere ebrei e che, come tali, dovevano essere allontanati dalla produzione. Arturo li difese, gridando che il fascismo era nato per difendere il popolo e i lavoratori, che nessuno doveva essere discriminato, che quei metodi gli facevano schifo, ribrezzo. Venne malmenato e, una settimana più tardi, licenziato dalla direzione del cotonificio. Tornò da sua zia, l’unica parente che gli era rimasta dopo la morte, avvenuta molti anni prima, dei genitori. Era avvilito, provato. Mangiava poco e vagava a lungo, senza meta, tra i boschi e lungo le rive del lago. Un giorno sparì. E di lui non si seppe più nulla. Solo dopo la liberazione, venimmo a conoscenza della sua morte. La delusione profonda verso il tradimento dei suoi ideali l’aveva portato ad aggregarsi ad un gruppo di partigiani del varesotto e, durante un rastrellamento, era stato catturato e fucilato dai suoi ex camerati. Ci dissero che non aveva armi per sua precisa scelta: la violenza gli faceva orrore e si occupava solo di tutto ciò che poteva consentire alla banda di resistere tra quei monti, dal recupero del vettovagliamento alla logistica. Morì senza aver mai sparato un colpo. Vittima di quel regime che gli aveva acceso in cuore una speranza per poi spegnerla con l’arbitrio e la violenza.

Marco Travaglini

Che Natale! … a Chieri”

E’ già al via il Natale chierese, fra luci, videomapping, il “villaggio di Babbo Natale” che poi passerà alla “Befana”, la pista di pattinaggio e tant’altro ancora

Dal 30 novembre al 6 gennaio 2025

Chieri (Torino)

Un cartellone ricco a non finire per la Festa di tutte le Feste. Durerà più di un mese il Natale chierese. Dunque “Che Natale! … a Chieri”. Dice bene il titolo di tutto il grandioso e piacevole ambaradan messo in piedi, per le Feste di quest’anno, dalla “Città di Chieri”, con il patrocinio di “Regione Piemonte”, “Città Metropolitana di Torino” e “MAB Unesco Collina Po”, in collaborazione con numerose Associazioni ed Istituzioni locali. Il via è già per il prossimo sabato 30 novembre (con inaugurazione alle 17 in piazza Cavour, con tanto di “dj set” e varia animazione), per arrivare fino a lunedì 6 gennaio 2025, all’“Epifania che tutte le feste si porta via”.

“Il ricco programma di iniziative che presentiamo – dicono il sindaco Alessandro Sicchiero e l’assessora alla Cultura, Eventi e Promozione del Territorio Antonella Giordanofarà vivere ai chieresi l’atmosfera che caratterizza questo periodo di feste, avvolgendo la nostra città in un abbraccio di colori ed emozioni. Tante le iniziative proposte dalle associazioni del territorio, che anche quest’anno animeranno la città: attività per grandi e piccini, concerti, mostre d’arte, spettacoli ed esibizioni di cori e musicisti del territorio … Un vero e proprio spettacolo che arricchirà il periodo natalizio e farà riscoprire sotto una nuova luce anche i monumenti di Chieri, l’arte che racchiudono e la storia che raccontano”.

Restiamo a sabato 30 novembre e sempre in piazza Cavour. Lì sarà allestito un magico “Villaggio di Babbo Natale”, dove divertirsi e giocare nei weekend con attività e laboratori (poi la “Baita di Babbo Natale” dal 6 gennaio si trasformerà nella “Casa della Befana”). Sempre piazza Cavour ospiterà una fantastica “pista per pattinaggio su ghiaccio” per imparare a pattinare o, per i già provetti, sperimentare divertenti acrobazie. E da domenica 15 dicembre torna l’“illuminazione mappata”(per i più fini, il “videomapping”) dei monumenti cittadini. L’Arco trionfale sarà rivestito da una nuova proiezione elegante e ricca di storia ispirata dai preziosi disegni conservati al “Museo del Tessile”; il Campanile del Duomo presenterà la proiezione degli splendidi affreschi della “Cappella Gallieri” e la “Pala Tana” del Battistero; sulla facciata della chiesa di San Guglielmo rivedremo le immagini tratte dal quadro del manierista chierese Francesco Fea, l’“Adorazione dei Magi”.

Fra le moltissime altre iniziative, segnaliamo ancora, per sommi capi, il “Calendario dell’Avvento” ( in via Vittorio Emanuele II ang. Piazza Umberto, ogni giorno dall’1 al 24 dicembre verrà aperta una casella dedicata a un valore da condividere e su cui ragionare in questo particolare periodo dell’anno); il “Presepe Vivente”, domenica 15 dicembre, ore 15/18,30 (in via Vittorio Emanuele, Mercatino di Natale degli hobbisti); “Adventum Incantum” (Musiche Sacre) e “Spettacoli ed esibizioni di cori e musicisti” del territorio in varie Chiese e noti “spazi ospitanti” del territorio. Da non perdere le proposte del “Natale in mostra” alla “Porta” e al “Museo del Tessile”, al “M.A.C. – Mostra Archeologica Chieri”, così come alla “StArt Gallery” e alla “Chieri Oggi” di “Palazzo Opesso” (in mostra artisti del Chierese); per finire con i “Mercati Straordinari” in via Palazzo di Città, i “Babbi Natale Itineranti”, “La Babband: la Streetband del Natale” (sabato 21 dicembre, dalle 15 alle 17, dal Complesso di San Filippo  alla Casa di Riposo Giovanni XXIII), la “Babbo Bike – Pedalata Solidale dei Babbo Natale” (domenica 15 dicembre, ritrovo 10,30 presso “Eden Bar”) e le tante iniziative del “Natale in Biblioteca” (Biblioteca Civica “Nicolò e Paola Francone, in via Vittorio Emanuele, 1).

Per info e programma dettagliato: Comune di Chieri, via Palazzo di Città 10; tel. 011/94281 o www.comune.chieri.to.it

g.m.

Nelle foto: Locandina “Che Natale! … a Chieri”, videomapping del “Campanile del Duomo” e della Chiesa di “San Guglielmo”

I Nocciolini di Chivasso protagonisti di un francobollo celebrativo

I nocciolini di Chivasso, simbolo dell’eccellenza sul territorio, saranno protagonisti di un francobollo celebrativo che verrà emesso il 10 settembre 2025 nell’ambito del programma delle carte valori approvato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Con tre soli ingredienti, zucchero, albume e nocciole, e appena un grammo di peso, il nocciolino di Chivasso aggrega cultura, storia, commercio e enogastronomia, in un territorio che sta dimostrando una gran voglia di crescere.

La decisione, annunciata dal Sottosegretario di Stato Fausta Bergamotto, pone l’accento sull’importanza dei tributi filatelici come veicolo di promozione del patrimonio culturale, naturale e produttivo italiano.

“Il programma 2025 intende valorizzare i valori sociali, le eccellenze culturali e il made in Italy – ha dichiarato il Sottosegretario – per rappresentare un’Italia sempre più protagonista a livello internazionale “.

Il francobollo dedicato ai nocciolini di Chivasso si inserisce in un programma filatelico che celebra figure, eventi e marchi illustri, tra cui il 550esimo anniversario della nascita di Michelangelo Buonarroti, la canzone italiana, le aziende centenarie e ultracentenarie, e momenti storici come la liberazione d’Italia.

La proposta si includere il dolce più piccolo al mondo tra le eccellenze italiane da celebrare anche con un francobollo speciale è stata avanzata da Ascom Confcommercio Torino e Provincia.

“ La scelta del Ministero di accogliere la nostra segnalazione – sottolinea la presidente Maria Luisa Coppa – rende omaggio ai quasi due secoli di storia dei Nocciolini, ai 120 anni dal deposito del brevetto e ai 30 anni dalla festa dei Nocciolini, ideata da Ascom nel 1995.

Questo francobollo è un simbolo del legame tra tradizione e territorio e qualità, caratteristiche che rendono il Made in Italy unico al mondo.

Il presidente di Ascom Chivasso, Carlo Nicosia, ha espresso grande soddisfazione. “Il francobollo rappresenta un riconoscimento non solo per il nostro dolce tipico, ma anche per un settore, quello della pasticceria piemontese, di grande livello e per gli stessi imprenditori chivassesi che custodiscono questa tradizione. La storia dei nocciolini, nata nel laboratorio Giovanni Podio nel 1810 e ufficializzata con il brevetto del 1904, prosegue oggi grazie al lavoro appassionato di Pasticceria Bonfante, Dolce Canavese, Fontana, Pasticceria Piccoli, produttori associati Ascom.

I quattro produttori hanno accolto con entusiasmo la notizia sottolineando il valore storico e culturale che il francobollo porterà alla città e al prodotto simbolo della tradizione pasticcera di Chivasso.

Mara Martellotta

Museo illusioni tra arte e scienza, la riapertura

Arrivano LE TRE GREAT ILLUSIONS

Palazzo Barolo

Via delle Orfane 7/A

Il 7 e l’8 dicembre dalle 10 alle 19

Adrenalina, Energia, Paura, Arte, Scienza, Tecnologia, Sogno: in esclusiva per Il Museo delle Illusioni Ottiche fra Arte e Scienza, a Palazzo Barolo Torino , via delle Orfane 7/A, ARRIVANO LE TRE GREAT ILLUSIONS (G.I.). Non coinvolgono solo la mente, ma anche il corpo, i battiti del nostro cuore e le reti neuronali dei nostri sogni. Una delle principali funzioni dell’attività onirica è quella di aiutare a pensare fuori dagli schemi e fra le scorie trovare una perla, un’Emozione. LE TRE GREAT ILLUSIONS non hanno struttura narrativa, non sono solo giochi percettivi da decifrare per riscoprire un ordine, una soluzione o il falso che c’è in quel che sembra vero… no, propongono un’avventura diversa da vivere sfidando il tempo mettendo in campo il default-mode-network, una rete di aree e connessioni cerebrali che entrano in funzione ogni volta che siamo in modalità emozioni estreme.

La prima è Vortex ci inghiotte con impeto appassionante mentre camminiamo su ponte in sospensione e – catturandoci in una galleria di luci e forme liquide che ruotano iper-veloci intoro a loro stesse – ci invita a ripetere mille e mille volte l’esperienza. Cosa lascia: perdita dell’orientamento e dei punti di riferimento. Rivoluzione creativa, voglia di cambiare e neutralizzare i nostri incubi.

La seconda è Grattacielo ci tiene sospesi all’ultimo piano sul punto di scivolare sulla Quinta Strada e poi voilà precipitiamo nel traffico di New York senza che la velocità di caduta provochi alcun dramma: nessun effetto “sfracellamento”. Possiamo continuare integri la nostra passeggiata: Cosa lascia: Energia, Voglia di nuove sfide.

La terza è il Pozzo ci invita ad andare verso il fondo Giù, sempre più Giù per percorrere l’Infinito e incontrare i nostri desideri. Cosa lascia: tanta paura, ma anche la consapevolezza che è il nostro cervello a inventarsi la storia, tante storie. Un sogno lucido che può durare quanto i giorni della nostra vita. Ma noi siamo più forti dei nostri sogni.

Provare, sperimentare e, poi, dopo l’esperienza scrivere un diario per avere le idee più chiare sul nostro QE, Quoziente Emozionale.

Martini, un mondo di vermouth. Una mostra a Pessione

La storia della Casa Martini rivive in una mostra nella grande fabbrica di Vermouth a Pessione, frazione di Chieri. Dieci pannelli illustrano 160 anni di storie uscite dagli archivi che ricostruiscono il lungo cammino della Martini dal 1864 ai giorni nostri. Furono l’imprenditore Alessandro Martini, Teofilo Sola e Luigi Rossi a fondare la Martini &Rossi a Torino nel 1863 ma scelsero Pessione, vicino a Torino, per fondare il nuovo stabilimento. Nel 1993 Martini & Rossi entrò nel gruppo della famiglia Bacardi e oggi produce oltre 200 milioni di bottiglie l’anno inviate in un centinaio di Paesi.
In vetrina a Pessione si possono vedere documenti dell’archivio storico Martini &Rossi con centinaia di fascicoli, registri, prodotti, immagini, oggetti sulla storia dell’azienda e del marchio, aneddoti, curiosità e informazioni. C’è tutta la storia dell’azienda, da quando mosse i primi passi a Torino, in quegli anni capitale del Regno d’Italia, per poi finire a Pessione per motivi “strategici”, un borgo vicino al capoluogo e alla ferrovia con la possibilità di espandere gli impianti. “Martini&Rossi, sottolineano i promotori dell’iniziativa, si trasformò ben presto in una fabbrica-famiglia diventando un punto di riferimento per il territorio chierese”. Alla fine dell’Ottocento la Martini aprì a Buenos Aires la prima delle sedi estere diventando, alcuni anni dopo, la più grande fabbrica di vermouth del mondo. All’inizio del Novecento produceva 20 milioni di litri all’anno e il vermouth Martini diventò il più venduto in America. Nel 1961 fu aperto il Museo Martini di storia dell’enologia e la Terrazza Martini. La mostra “Martini a Pessione, 160 anni di storie dagli archivi” è aperta al pubblico nella piazzetta di Casa Martini fino al 31 dicembre. Per visitare il Museo Martini, aperto dal giovedì al lunedì con orario 11-19, è obbligatoria la prenotazione.         Filippo Re

Polliotto (Unc): “Come comportarsi se la merce acquistata sul web arriva danneggiata”

 

I consigli della Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori Piemonte.

L’arrivo del pacco danneggiato è purtroppo un inconveniente sempre possibile quando si acquista online. Ad aggravare il disservizio è il fastidioso rimbalzo di responsabilità tra venditore e corriere che spesso si innesca a tutto svantaggio del consumatore.

Un primo consiglio per evitare problemi riguarda il momento dell’acquisto: rivolgetevi a venditori affidabili che garantiscano all’acquirente delle chiare procedure da seguire in caso di danni. Una volta tenuto conto di questo, però, può comunque capitare che un nostro ordine online arrivi a casa danneggiato. Questi sono i consigli di UNC: “Se possibile, aprire il pacco davanti al corriere, così da segnalare eventuali danni all’imballaggio o al contenuto già nella bolla di consegna; se non è possibile aprire il pacco alla presenza del corriere, documentate la fase di disimballaggio con foto e video, così da dimostrare che l’eventuale non integrità dell’ordine non dipende da voi; esiste la possibilità di “accettare con riserva” una consegna, è un diritto del consumatore che permette di verificare l’integrità dell’oggetto ordinato anche in un secondo momento. Quest’ipotesi torna utile quando, ad esempio, ritiriamo un pacco presso l’ufficio postale;

 non appena constatate il danno contattate il venditore, che dovrà rispondere dei problemi al pacco anche nel caso in cui siano stati causati dal corriere”, spiega Patrizia Polliotto, avvocato, fondatore e presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori. “Secondo il Codice del Consumo il venditore è sempre responsabile di eventuali problemi relativi all’ordine fino al momento in cui l’acquirente non ne entra materialmente in possesso. Questo è un importante strumento per il consumatore, che deve essere quindi tutelato anche in caso di danno arrecato dal corriere o di danno non immediatamente riconoscibile al momento della consegna.  L’unica eccezione a quanto detto si presenta nel momento in cui il compratore scelga direttamente il corriere dal quale vuole che venga effettuata la consegna: in questo caso, la responsabilità per la perdita o il danneggiamento del pacco passa al cliente. Se invece la scelta del corriere è una possibilità data dal venditore, la responsabilità resterà comunque in carico a quest’ultimo”, chiosa il noto legale torinese.

Per queste e altre esigenze è possibile contattare dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 lo sportello del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, con sede a Torino in Via Roma 366 ed a Pinerolo, in Viale Cavalieri d’Italia n. 14, al numero 0115611800 oppure scrivendo una mail a uncpiemonte@gmail.com, o visitando il sito www.uncpiemonte.it compilando l’apposito format.