A Natale non può mancare anche a tavola il meglio dell’enogastronomia di alta qualità, che si può trovare tutta in un unico posto, naturalmente a Eataly Lingotto.
Grande classico è rappresentato dalle confezioni regalo, che racchiudono il meglio della tradizione culinaria italiana: Eataly ha selezionato le eccellenze del Belpaese e le propone in confezioni regalo, in carta riciclata, a tema, dai grandi classici, agli indispensabili e poi le chicche, i dolci delle feste e molto altro! Anche quest’anno inoltre Eataly si impegna a sostegno del programma di Alimentazione Scolastica del WFP, il World Food Programme. Per ogni confezione natalizia venduta, Eataly dona l’equivalente di un pasto nutriente che il WFP fornisce ai bambini e alle bambine delle scuole più povere del mondo. Obiettivo: un mondo finalmente libero da fame e povertà.
E poi ci sono tutte le proposte dei banchi freschi per regalare e regalarsi un’esperienza di gusto. Ecco i salumi e formaggi, per compiere un viaggio da Nord a Sud, dalle principali denominazioni agli oltre 20 Presidi Slow Food, senza dimenticare le oltre 10 specialità di cotechini e zamponi. E poi i migliori tagli di carne di Razza Bovina Piemontese Presidio Slow Food de La Granda, dai pregiati tagli di bue grasso alle grandi costate frollate: un’associazione formata da oltre 90 famiglie di allevatori che lavorano con passione e rispetto portando avanti un modello virtuoso e sostenibile, per davvero. Le carni di suino nero dei Monti Reatini, il Cappone di Morozzo, anch’esso tutelato dal Presidio Slow Food dal 1999, zamponi e cotechini crudi legati a mano, polli e faraone ripieni preparati freschi tutti i giorni, le uova biologiche. Per chi preferisce il pesce, la Pescheria di Eataly propone una ricca selezione: il crudo del nostro Mediterraneo, dai gamberi viola di Sanremo, a quelli rossi di Mazara del Vallo, ma anche il pesce delle piccole cooperative di pescatori come quella della Laguna di Orbetello, Presidio Slow Food, pescato ancora come un tempo, esclusivamente con metodi tradizionali e sostenibili. E poi il salmone selvaggio che arriva esclusivamente dai freddi mari tra Canada e Alaska durante le migrazioni dall’oceano verso fiumi e ruscelli incontaminati, la bottarga di muggine, oltre 10 varietà di ostriche e caviale 100% italiano.
Immancabile per le Feste la pasta fresca: agnolotti, plin, tortellini… preparati ogni giorno a partire da eccellenti materie prime dalle sfogline di Plin, il laboratorio di produzione dal vivo di Ugo Alciati, chef 1 stella Michelin con Guido Ristorante a Fontanafredda e che a Torino porta la tradizione della mamma Lidia, definita dal Los Angeles Times “Agnolotti Queen”.
E per chi preferisce avere già tutto pronto, la Gastronomia di Eataly è la soluzione giusta: ottime materie prime, cucinate con gusto dagli esperti chef, per portare a tavola anche durante le Feste i piatti della tradizione. Proposte ad hoc e menu sono stati pensati per l’occasione da Patrik Lisa, executive chef di Eataly Lingotto.
A tavola protagoniste sono anche le specialità dei maestri Panettieri di Eataly Lingotto, preparate con farine Bio macinate a pietra. Tante proposte dolci, come i pan brioche con cioccolato, la torta di mele, i cookie, ma anche taralli e altre proposte per un aperitivo sfizioso. Ma la grande novità di quest’anno è il Panettone di Eataly! Creato da Fulvio Marino, impastato e lavorato fresco a mano ogni settimana e prodotto con la farina buona del Mulino. Gli altri ingredienti sono il lievito madre della nostra panetteria, il burro da latte piemontese di alta qualità del Caseificio Fiandino, il mandarino tardivo di ciaculli, l’arancia e il limone canditi di Agrimontana, le uova fresche piemontesi dell’azienda agricola Tavernola, il miele millefiori italiano e la vaniglia del Madagascar. Oltre al Panettone Eataly c’è comunque l’imbarazzo della scelta, con una selezione di oltre 50 varietà tra Panettoni e Pandori, cui si aggiungono torroni e marron glacé, cioccolatini e tartufini, panforte e datteri, creme spalmabili e zabajone e molto altro.
Per il brindisi si scende nella Grande Enoteca di Eataly Lingotto, insignita da poco dei Tre Cavatappi della guida Berebene di Gambero Rosso. A scaffale oltre 5.000 etichette: dalle grandi denominazioni alle piccole produzioni locali, dalla rinomata cantina al vignaiolo indipendente che produce esclusivamente vino con le uve da lui coltivate, passando dal progetto del “Vivaio di Eataly”, nato per valorizzare attraverso la ricerca e visibilità giovani e piccoli produttori italiani di prima generazione. Tanti vini biologici e biodinamici, emblema del rispetto della terra. Dal vino sfuso all’Alta Langa Contessa Rosa Rosè di Fontanafredda. Oltre 400 grandi formati e 200 bollicine metodo classico, e ancora tanti distillati, birre e vini liquorosi.
Infine, qualche suggerimento per un regalo diverso dal solito? La Scuola di Eataly propone un’ampia selezione di corsi di cucina, per grandi e piccoli, degustazioni guidate, incontri di approfondimento sulle eccellenze italiane per neofiti e appassionati. O ancora, le Eataly Card: una carta speciale in diversi tagli che ti permetterà di effettuare la spesa in negozio, mangiare nei nostri Ristoranti tematici, acquistare i corsi e gli eventi in programma ogni mese nelle nostre sale e aule didattiche. E infine gli Eatinerari, i cofanetti marchiati Eataly per regalare e regalarsi un’esperienza enogastronomica.
Dal vecchio portone di casa alla vicicinissima bottega del Droghiere. Dieci minuti, andata e ritorno e compere in borsa. Botteghe, le drogherie, dove allora si trovava un po’ di tutto, dallo zucchero alla carta igienica agli alimentari alle stringhe per le scarpe. Botteghe ormai scomparse. O rarissime. Oggi reinventate in stile vintage che va tanto di moda e molto molto cult. Avrò avuto sette anni, da poco arrivato a Torino. Io con la mamma per ricongiungerci al papà. Immigrati piacentini. Ricordati bene – mi aveva straraccomandato mamma Giulia, che sarebbe stata in ansia da ricovero fino al mio ritorno – devi chiedere ‘per favore due etti di fontina e due di prosciutto cotto’! Capito? Certo che sì. E la richiesta me l’ero memorizzata alla parfezione in testa per tutto il “lungo” tragitto. Ragazzino sveglio fin d’allora! Due etti di fontina… No, prima, per favore. Per favore, due etti di fontina e due di prosciutto cotto; per favore, due etti di fontina e due di prosciutto cotto; per favore,due etti di…Ero arrivato ed entrato trafelato, gridando a squarciagola …fontina e due di prosciutto cotto. Il gelo. Silenzio assoluto. Sguardo minaccioso dell’omaccione (a me tale sembrava) che stava dietro al bancone e di stizzito e indispettito rimprovero dalla madamin tutta in ghingheri che l’omaccione stava servendo. Avevo decisamente sbagliato i tempi. Calma gàgno, t’las nèn vist che servu madamin? Bofonchiò il gigante droghiere. Che vergogna! Le guance di fuoco. Mi sentivo piccolo picolo. E tale ero. E maldestro e maleducato. Servita la madamin arriva finalmente il mio turno. Du..du..no, (prima) per favore, due etti di fontina e due di prosciutto cotto. Il gigante mi guarda ancora un po’ stizzito. Ed è allora che dalla sua bocca esce quella (per me) terribile, imprevista parola. Vaire? Sudori. Mi guardo intorno in cerca di aiuto. Co..co..come? “Oh gàgno – replica terribile il droghierone – mi l’hai nén temp da pèrde, l’hai ciamate ‘vaire’. Che tonto (io)! Avrei potuto arrivarci da solo. Vaire come dire quanto. Ma ero da poco arrivato a Torino e parlavo solo (e male) l’italiano, mentre in casa (benissimo) quel dialetto della bassa piacentina che ancora oggi con orgoglio mi ostino a parlare con quanti dei miei famigliari hanno resistito all’onda lunga del tempo. Vaire – mi venne in aiuto una deliziosa nonnina o fatina – in piemontese vuol dire ‘quanto?’. Ah, quanto! Le sorrisi, con gratitudine. E mi co’ l’hai dite?, s’innervosì ancora di più quell’omaccione-omicciatolo del droghiere. Finalmente arrivarono i due etti di fontina e di prosciutto cotto. Ero impaurito, ma anche arrabbiato e indispettito. A quell’omaccione (che non m’avrebbe visto mai più) avrei ficcato volentieri due dita negli occhi. Tanto più che uscendo, dopo aver ringraziato la nonnina, lo sentii brontolare ‘Sti Napuli! Eh già, per la sabauda torinesità di allora tutti quelli che arrivavano da appena un po’ al di sotto di Asti erano tutti “terroni” o meglio “Napuli”. Corsi a casa, con una rabbia in corpo da far preoccupare la mamma. Quel maledetto vaire me lo porto dietro da oltre sessant’anni. E mai lo scorderò. Proprio oggi me l’ha fatto tornare in mente un maleducatissimo e un tantino razzista (la parola ci sta) signore in là con gli anni e dall’italiano fortemente sicilianizzato che ho colto a sgridare un ragazzo di colore, davanti ad un noto supermercato cittadino, semplicemente perché aveva “osato” salutarlo. Ciao papà, l’aveva apostrofato come il giovane è solito rivolgersi a tutte le persone di una certa età, il sottoscritto compreso. Un ragazzo bravo, gentilissimo, negli occhi la tristezza e il ricordo di un villaggio lontano. E di chissà quale viaggio infernale! Minchia, quante volte devo dirti di non salutarmi! Lo aveva rimbrottato l’anziano malamente piemontesizzato. Io alla tua età andavo a spalare la neve e al mattino presto a scaricare i camion ai mercati generali! Cazzolina. La frase mi bastò per farmi tornare alla mente quel dannato vaire! I “Napuli” (nel senso lato di “migranti”) ci sono ancora. E sono tanti tanti Come tanti sono anche purtroppo i “Napuli” (quelli nostrani – e sempre nel senso di “migranti”- settentrionali e meridionali di prima, seconda, terza…generazione) che danno tristemente segno d’aver perso la dolorosa memoria del loro passato. Le sole differenze fra gli uni e gli altri: la lingua e il colore della pelle.

