LIFESTYLE- Pagina 23

Caffè Malabar apre le porte alla moda

Con una sfilata all’interno del sito produttivo di via Sansovino 207, il 9 ottobre, la storica torrefazione torinese si è trasformata nella location della sfilata primavera/estate 2026 di Anjoy.

Torino è una città di tesori nascosti, di persone schive che arrossiscono quando fai notare loro la straordinarietà delle loro storie. Le porte, qui, sono spesso chiuse: non c’è tempo per la frivolezza, si lavora. Ma quando si aprono, permettono di scoprire realtà bellissime.

È quello che è successo il 9 ottobre, quando Caffè Malabar, storica torrefazione torinese fondata nel 1947, ha trasformato per una sera il proprio sito produttivo di via Sansovino 207 in una passerella di moda. Tra macchinari, profumi di arabica e tostatura, è andata in scena la sfilata di Anjoy, giovane brand torinese con atelier in via Miglietti 10.

Un incontro inaspettato tra due mondi – quello del caffè e quello della moda – che condividono però la stessa filosofia: artigianalità, cura del dettaglio e passione autentica per ciò che è fatto bene.

Tutto nasce nel dopoguerra, quando Marcello Crosta, contadino, decide di intraprendere un’avventura al sapore di caffè. È il 1947, l’Italia deve ricostruirsi, e per buttarsi in un’impresa serve coraggio. Oggi le redini di Malabar sono nelle mani del genero Flavio e di sua moglie Antonella, figlia di Marcello, insieme alle tre figlie Arianna, Rebecca e Carlotta, che continuano la tradizione di famiglia.

Ed è proprio Carlotta ad avere l’idea di trasformare, per una notte, la torrefazione in una passerella. Scopre Anjoy, marchio altrettanto torinese fondato dalla designer Joyce Canova, e si riconosce nella sua filosofia: abiti artigianali, ricerca di qualità e una forte componente etica.

La sfilata, intitolata Amazing Blend, gioca su un doppio significato: la miscela come unione di aromi e sapori, ma anche di generi, culture e linguaggi. Anjoy propone infatti capi unisex, versatili e intercambiabili, in un progetto di moda consapevole che rompe le convenzioni e promuove la diversità.

“Le mie radici sono indiane” racconta Joyce Canova. “Vivo a Torino ma la mia anima abbraccia il mondo intero. Credo in una moda che non giudica e che non esclude.”

Il suo messaggio si riflette nel claim del brand, “Siamo tutti uguali”, e in una visione inclusiva della bellezza: un’attività che intreccia artigianalità e attivismo, dando vita ad abiti che parlano di uguaglianza, rispetto e libertà di espressione.

L’incontro tra Malabar e Anjoy nasce quasi per caso, davanti a una tazza di caffè. Da una parte Carlotta Viola, la prima a credere in questo connubio, e dall’altra Joyce Canova, fashion designer e titolare del marchio Anjoy. Donne brillanti, intuitive, accomunate dagli stessi valori e da uno sguardo rivolto al futuro.

Quel caffè è diventato simbolo di un viaggio: una bevanda che racconta un viaggio attorno al mondo, dall’America Latina all’Africa, un gesto, un rituale, una tradizione tutta italiana. È proprio utilizzando il caffè Malabar che Joyce Canova ha colorato i tessuti della collezione primavera-estate 2026, presentata all’interno della torrefazione.

“Amazing Blend è davvero la migliore descrizione del risultato del nostro incontro con Joyce” spiegano le sorelle Viola, “perché sembra sintetizzare la storia della nostra famiglia, che dal 1946 ad oggi ha saputo miscelare non solo ottime qualità di caffè, ma momenti storici e scelte di vita, investendo su un futuro di cui si scorgevano solo i contorni. Oggi la nostra miscela straordinaria è fatta di artigianalità, coerenza e della scelta di lavorare in modo tradizionale e autentico, come una volta, gli stessi valori che abbiamo ritrovato nella proposta di moda di Joyce Canova.”

Una collaborazione che sa di futuro, radici e passione. Una miscela perfetta, capace di unire due tradizioni torinesi – il caffè e la moda – in un’unica, sorprendente esperienza sensoriale.

Lori Barozzino

Un click d’amore per la montagna

“Oltre lo scatto”: è la mostra fotografica presentata dal “Forte di Bard”, in collaborazione con il “Parco Nazionale Gran Paradiso”

Fino all’8 dicembre

Bard (Aosta)

Fotografia “Wildlife”. Scatti di “Natura”. Le meraviglie di boschi e di prati incontaminati, la montagna a far da cornice a scenari in cui paiono vivere solo esseri umani “illuminati” e animali selvatici che hanno imparato (o forse è il contrario) a condividere le loro giornate con quegli “amici”, esseri umani “illuminati”. Che bella e rassicurante è la mostra “Oltre lo scatto” ospitata fino a lunedì 8 dicembre nelle “Scuderie” del “Forte di Bard” e organizzata dall’antica “Fortezza sabauda” in collaborazione con il “Parco Nazionale Gran Paradiso”! Mostra “etica”, l’hanno definita i responsabili. “Etica” e (aggiungerei) saggiamente “didattica”. L’obiettivo è infatti, si sottolinea, quello di “promuovere una riflessione sull’etica della fotografia naturalistica e più in generale sull’importanza di un approccio all’ambiente alpino rispettoso, proponendo un percorso che accompagni il visitatore oltre la dimensione estetica dell’immagine e invitandolo a interrogarsi su ciò che accade prima, durante e dopo lo scatto fotografico”. C’è un prima, un durante e un dopo dietro ogni scatto. No all’improvvisazione, no alla fotografia a tutti i costi “perfetta” (anche in barba al buon senso e al doveroso rispetto verso animali e cose) da condividere magari sui social “tanto più accattivante quanto più rappresentativa di momenti eccezionali, come gli incontri con gli animali selvatici”. Teniamo a riposo per un attimo (e anche un po’di più) l’obiettivo per evitare che i nostri comportamenti possano avere effetti negativi sulla fauna selvatica. Adottiamo atteggiamenti responsabili. E’ questo il monito che arriva dalle opere esposte. E dai testi che spesso accompagnano la mano del fotografo e le sue immagini, “raccontando le emozioni, il caso, la tenacia, l’ironia, le verità che si nascondono dietro ogni incontro con la fauna alpina”: parole sante, scritte per Roberto Andrighetto, guida valdostana che dal 2006 conduce con il fotografo Enzo Massa Micon i trekking foto naturalistici in Vallée e le Escursioni Fotografiche “Obiettivo Parco” organizzate in collaborazione con il “Parco Nazionale Gran Paradiso”.

E proprio di Andrighetto è una stupendo, per effetto tecnico e di acuta intuizione, scatto fotografico presente in mostra, dove una simpatica paciosa “Marmotta” si lascia immortalare, per nulla stranita, dall’obiettivo di un “amico fotografo”, intento a “documentare” e a “raccogliere emozioni”, ben lontano dalla ricerca dello “scoop”, della “foto rubata” che avrebbe forse spaventato e allontanato l’“amica marmotta”. Un altro scatto di Jean Laurent Jordaney (detto “Patience”) – guida di Courmayeur – ci racconta invece della fierezza e della geniale capacità di mimetizzarsi con l’ambiente, di un “Gufo” sicuramente “Reale” o “Gufo Aquila” (per quei bizzarri ciuffi di piume sulla testa che sembrano orecchie), quasi un tutt’uno con la corteccia e l’intreccio dei rami dell’albero che è ormai la sua casa. Simpatica, di una vivacità e vitalità quasi sfrontata è, poi, la vispa “Volpe” dal pelo  grigio-marrone in perfetto risalto cromatico con il candore della neve, cristallizzata, senza disturbo alcuno alla quiete che è nell’aria intorno, dall’aostano Dario De Siena, fotografo e, dal ’90, Guardiaparco del “Primo Parco Nazionale d’Italia”, con lo “Stambecco” a simbolo universale.

Complessivamente sono oltre 20 le immagini, in grande e medio formato, esposte a Bard. Con esse, uno storytelling che evidenzia le conseguenze di azioni umane solo in apparenza innocue, due pannelli didattici, di cui uno interattivo, che permettono di scoprire i mesi più vulnerabili per alcune specie montane e le complesse interconnessioni tra flora e fauna nell’ecosistema alpino. Il percorso si conclude con due proiezioni video: ad uno, in special modo, è affidato il compito di far ritrovare al fruitore “equilibrio e connessione” con la natura di cui fa parte, avvicinandolo con gli occhi e con il cuore a quell’ecosistema alpino fatto (e questo è importante sapere) di delicati equilibri e di stretti legami in grado di tenere uniti piante, animali e uomo. “La mostra – concludono gli organizzatori – diventa così un viaggio di consapevolezza che porta a riconoscere il nostro ruolo all’interno di questa rete ecologica e a comprendere come ogni gesto, ogni scelta, ogni scatto lasci un segno”.

Da segnalareFino a domenica 26 ottobre, il “Forte” presenta anche la decima edizione de “Le Sommet de l’Artisanat Valdôtain” esponendo, nell’ex “Cappella Militare” le opere premiate alla 72^ “Mostra-Concorso dell’Artigianato Valdostano” di Aosta. L’evento intende essere un omaggio all’eccellenza di un artigianato che ha saputo evolvere nei tempi, senza mai rinnegare l’antica sapienza di un “savoir-faire” che porta i tratti rigorosi di un “mestiere” tramandato nei secoli.

Gianni Milani

“Oltre lo scatto”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino all’8 dicembre. Orari: Feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

Nelle foto: alcuni scatti di Roberto Andrighetto, Jean Laurent Jordaney e Dario De Siena con una scultura dalla mostra “Le Sommet de l’Artisanat  Valdôtain”.

Piove, governo ladro

Quante volte abbiamo sentito questa frase, in riferimento a qualsiasi disgrazia succedesse nel nostro Paese?

Ci siamo, però, mai fermati a pensare a quale sia la colpa del Governo e quale sia la nostra, di noi comuni cittadini che periodicamente ci rechiamo (o dovremmo recarci) alle urne?

Non entrando nel contesto sinistra-destra o, in particolare, nella diatriba politica attuale, è evidente come, quasi sempre, l’aspettativa degli elettori con la realtà delle urne siano antitetici.

Sono dell’idea che chi rinuncia al diritto del voto, cioè non si reca a votare, non abbia alcun diritto, poi, di criticare chi governa, dalla circoscrizione al Parlamento, passando per provincie e regioni.

In aggiunta, posso dire che chi vota scheda bianca (cioè chi non prende una posizione) e, peggio ancora, chi annulla la scheda scrivendo insulti, o segnando più di un simbolo, sia ancora più colpevole, perché spreca letteralmente i soldi spesi per una tornata elettorale. Se consideriamo una media di 47 milioni di aventi diritto al voto, i 400 milioni di euro che una tornata elettorale costa, significano poco più di 8 euro a testa e, dunque, il voto inutile è costato, inutilmente, 8 euro alla Stato.

Chi vota, invece, si aspetta che il vincitore mantenga le promesse e che l’opposizione si comporti come tale.

Assistiamo, invece, spesso a rimescolamenti, nascita di nuovi gruppi tanto in Parlamento quanto in Regione che contribuiscono a minare la poca, residua, fiducia degli elettori nella politica. Fin quando non verrà realizzato il vincolo di mandato, cioè l’obbligo di appartenere al gruppo in cui si è stati eletti, pena decadere dalla carica, questi giochini saranno sempre possibili e non sono sempre giustificabili con reali problemi interni alla lista.

Fin qui sembrerebbe una politica da manuale; peccato, però, che gli elettori, una volta adempiuto al diritto-dovere del voto, non si occupino più di politica fino alla volta successiva e, dunque, criticano indistintamente tutto il Parlamento se qualcosa non viene approvato, se un provvedimento torna al voto dopo emendamenti, ecc.

Quanti di noi partecipano, anche solo saltuariamente, alle sedute del proprio Consiglio comunale? O seguono in TV (esistono canali appositi) le sedute di Camera e Senato? Quanti sono i parlamentari, dopo la legge costituzionale che ne ha ridefinito il numero?  Nebbia!

Dal compimento del 18° compleanno, quasi sempre fino a qualche anno fa, ho prestato servizio quale scrutatore nelle varie tornate elettorali (dalle politiche, alle amministrative, regionali, referendum) e c’erano sempre molte persone che assolutamente non sapevano come si voti, chi siano i candidati (ci sono gli elenchi all’esterno della sala elettorale) o ignoravano le regola più elementari (uscire dalla cabina con le schede aperte, ecc).

Sicuramente, se arrivassimo finalmente al voto elettronico, magari da casa con lo SPID per chi non possa recarsi al seggio, i costi si ridurrebbero enormemente e si invoglierebbe a votare chi si trovi lontano dal seggio (anziani, disabili).

Forse è nella nostra cultura, forse decenni di malapolitica ci hanno disaffezionato dall’impegno politico che ogni cittadino deve possedere, il risultato è sotto gli occhi di tutti: affluenza alle urne in continuo calo, conoscenza nulla dell’attività politica, gli italiani seguono chi fa la voce più forte o compie i gesti più eclatanti; quel che è peggio seguono l’empatia di questo o quello, anziché valutarne l’attività, i risultati, la capacità e l’impegno.

Quanto ci costerebbe (in termini di tempo e fatica) documentarci sui siti di Camera e Senato (per avere un resoconto obiettivo, non viziato dalla linea editoriale di questa o quella testata giornalistica) e farci un’idea nostra?

Quando le statistiche dicono che in Italia sta diminuendo il QI e stanno aumentando gli analfabeti funzionali, non fatico a crederlo; basta leggere i posti sui social e abbiamo ben presente il disagio mentale da cui sempre più persone sono affette.

Proviamo a invertire la tendenza? Proviamo, per una volta, a fingere di essere cittadini degni di quel nome, anziché sudditi? Chissà che poi non ci piaccia.

Sergio Motta

L’arte di far star bene: Torino e la forza dei suoi volontari

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Torino è una città che sa prendersi cura. Lo fa con discrezione, con quella riservatezza che la contraddistingue, ma anche con una profonda umanità. In mezzo ai suoi viali eleganti e ai portici antichi, esiste un cuore che batte per chi soffre. È il cuore delle associazioni che dedicano tempo, energie e sorrisi ai bambini e alle persone malate, rendendo la città un laboratorio quotidiano di solidarietà.
Tra queste realtà, un posto speciale lo occupa La Mole del Sorriso, un’associazione ODV nata a Torino nel marzo del 2004, “il primo giorno di una primavera”, come amano ricordare i suoi fondatori. Tutto è cominciato da un piccolo gruppo di persone unite da un’idea semplice ma potente: portare un sorriso dove la vita si fa più difficile. Con il tempo, quella scintilla è diventata una fioritura colorata, proprio come i fiori in primavera.
Oggi i volontari della Mole del Sorriso – che si fanno chiamare affettuosamente “Molini” – sono più di ottanta. Uomini e donne tra i 18 e i 75 anni, studenti, lavoratori, pensionati, persone comuni con una passione fuori dall’ordinario: regalare leggerezza. Ogni settimana si trasformano in “claun di corsia”, sì, con la “a” e non con la “o”, perché il loro non è un mestiere, ma un volontariato del cuore. Non sono artisti professionisti né medici, ma volontari che, armati di un naso rosso, abiti sgargianti e una dose inesauribile di empatia, portano nelle stanze degli ospedali di Torino e dintorni un po’ di allegria, di gioco e di normalità.
Il loro camice, a prima vista, può ricordare quello dei dottori, ma basta uno sguardo per capire che è un camice speciale: colorato, vivace, impossibile da confondere. È la loro divisa del sorriso, quella che apre porte e cuori, che riesce a trasformare un pomeriggio difficile in un momento di luce. Ogni volta che entrano in una stanza, i Molini lasciano da parte la loro vita quotidiana per diventare “supereroi del sorriso”, pronti a condividere un po’ di spensieratezza con chi ne ha più bisogno.
La loro forza sta nel gruppo: un insieme di persone diverse ma unite dallo stesso desiderio, quello di mettersi in gioco, di regalare un frammento di felicità anche a chi sta affrontando una malattia o un momento di disagio. Ogni incontro è un piccolo miracolo di empatia. Non si tratta solo di far ridere: è un modo per ricordare ai bambini e agli adulti che dietro una stanza d’ospedale continua a esserci la vita, con la sua bellezza, i suoi colori, e la sua possibilità di meravigliarsi ancora. E quando li vedi all’opera, capisci che dietro quei sorrisi non c’è improvvisazione, ma una profonda attenzione alla persona, alla sua sensibilità, al momento che sta vivendo. Ogni gesto è misurato, ogni parola è scelta con cura: è un linguaggio fatto di leggerezza, ma anche di profondo rispetto per la fragilità.
Accanto alla Mole del Sorriso ci sono altre realtà torinesi che condividono la stessa missione. Casa UGI, che accoglie e sostiene i bambini malati di tumore e le loro famiglie, o VIP Torino, con i suoi clown volontari che portano leggerezza e vicinanza in ospedale. Tutte queste associazioni sono diverse tra loro, ma legate da un filo invisibile: la convinzione che l’aiuto, per essere efficace, debba essere prima di tutto umano. In ognuna di esse si respira la stessa energia: quella di chi sceglie di donare tempo e presenza, consapevole che a volte un sorriso sincero può cambiare il corso di una giornata, e forse, anche di una vita.
Il potere delle parole e dell’energia che trasmettiamo
Chi si avvicina al mondo del volontariato scopre presto che non bastano le buone intenzioni: serve attenzione, rispetto e consapevolezza anche nel linguaggio. Come ricorda Paolo Borzacchiello, esperto di linguaggio e comunicazione, le parole non sono neutre. Hanno il potere di cambiare lo stato emotivo di chi le ascolta e di chi le pronuncia. Alcune frasi, anche se dette con affetto, possono evocare immagini di sforzo o di dolore — come “supererai questa battaglia” o “vedrai la luce alla fine del tunnel”. Queste espressioni, spiegano gli studi, attivano inconsciamente risposte di stress nel cervello, aumentando il cortisolo e abbassando le difese immunitarie.
Per questo, quando si parla con una persona fragile è importante scegliere parole che creino serenità, che accendano speranza e non paura. È ciò che fanno ogni giorno i volontari della Mole del Sorriso, che comunicano con leggerezza ma anche con grande responsabilità. Un linguaggio gentile può cambiare il modo in cui una persona vive la propria malattia, perché, in fondo, ogni parola è una piccola dose di energia che doniamo agli altri.
Lo stesso principio vale anche nella vita quotidiana. Troppo spesso ci parliamo male, ci sminuiamo, ci raccontiamo con parole che non ci aiutano: “sono un disastro”, “non ce la faccio”, “scusa se disturbo”. Ma il cervello, per sua natura, tende a confermare ciò che pensa: se gli diciamo che non possiamo, troverà il modo di renderlo vero. Per questo è così importante cambiare linguaggio, dentro e fuori di noi. Non per fingere che tutto vada bene, ma per costruire una realtà più equilibrata, più consapevole, più nostra.
Torino, con i suoi volontari e le sue associazioni, ci insegna che la cura comincia da un sorriso, da una parola, da un gesto semplice perché aiutare gli altri è anche un modo per aiutare se stessi. E che, forse, il segreto per stare davvero bene è imparare a vivere ogni giorno con la stessa leggerezza e gratitudine con cui i Molini varcano la soglia di una stanza d’ospedale. Perché, come loro ricordano, la vita non va aspettata: va vissuta, fino in fondo, con gentilezza, coraggio e amore.
NOEMI GARIANO

Il Drone Art Show all’ippodromo di Vinovo

 

Tra musica classica e spettacolo di droni

Il 17 e il 18 ottobre prossimi, l’Ippodromo di Vinovo ospiterà un’esperienza multisensoriale che unisce armonia, luce e tecnologia. Dopo il successo straordinario delle due date milanesi di fine luglio, entrambe sold out, Drone Art Show, presentato da Fever, principale piattaforma globale per l’intrattenimento dal vivo, in collaborazione con Nova Sky Stories, sceglie Torino per proseguire il suo viaggio in Italia. L’ippodromo di Vinovo diventerà palcoscenico di un evento unico, capace di fondere la  agia senza tempo della musica classica con l’innovazione spettacolare della tecnologia dei droni. Dopo aver incantato il pubblico di Milano, Drone Art Show si prepara a conquistare Torino, confermandosi come uno degli appuntamenti più attesi dell’autunno. L’evento è pensato per tutti, per chiunque desideri vivere un’esperienza indimenticabile sotto il cielo stellato di Torino. In un’atmosfera suggestiva, illuminata da centinaia di candele, un quartetto d’archi eseguirà dal vivo capolavori intramontabili, come Le Quattro Stagioni di Vivaldi e Il Lago dei Cigni di Cajkovskij. In perfetta armonia con le note, una flotta di droni prenderà il volo disegnando straordinarie coreografie luminose, figure poetiche, fiori, stelle scintillanti ed eleganti cigni che daranno forma alla musica in tempo reale.

“i droni sono in grado di creare nel cielo qualsiasi raffigurazione si possa immaginare – afferma Sofia Bottolo, Project Manager di Fever – chiunque abbia assistito a uno spettacolo con i droni ne resta affascinato e sorpreso. Possono dare vita a forme, mondi e interi film nel cielo, in un modo mai visto prima. Insieme alla musica dal vivo, questa magia si amplifica maggiormente, trasformando la serata in una esperienza indimenticabile. Una nuova forma di intrattenimento che sta diventando sempre più popolare”.

Concepito per unire tradizione e innovazione, The Drone Art Show regala al pubblico un nuovo modo di vivere la musica classica, trasformandola in un’esperienza immersiva fatta di emozione, luce e tecnologia. Due sole serate, un appuntamento imperdibile nel ricco calendario culturale della città.

Biglietti disponibili sulla piattaforma ufficiale di Fever, feverup.com

Info: thedroneartshow.com

Mara Martellotta

Diwali, festa induista della luce, dall’11 al 19 ottobre

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Il Diwali è la più importante ricorrenza induista che celebra la vittoria della luce interiore sull’oscurità del male, diffondendo i valori della pace e della fratellanza tra popoli.

L’iniziativa, che gode del patrocinio della Città di Torino, è organizzata dall’Unione Induista Italiana e dal Coordinamento spontaneo Divali, con capofila l’associazione Sanjivani, e vede anche la collaborazione del MAO.

Il programma, presentato  nella sala delle Colonne di Palazzo Civico, si svolgerà dall’11 al 19 ottobre. Alla presentazione dell’iniziativa, in rappresentanza della Città di Torino, è intervenuta la vicepresidente del Consiglio comunale Ludovica Cioria che ha sottolineato che il “Diwali è ormai una tradizione della nostra Città. Abbiamo così tanto bisogno di luce, in questo tempo buio di odio e conflitti, che celebrazioni come queste sono un grande segnale di speranza, di gioia, di condivisione e convivenza”.

I festeggiamenti avranno inizio sabato 11 alle ore 16 presso il MAO, Museo D’arte Orientale con la conferenza   “Introduzione alla Dipavali: significato, cultura e aƫtività”, con la prof.ssa Pinuccia Caracchi.

Lunedì 13 alle ore 17 presso la Bocciofila Vanchiglietta si terrà il laboratorio creativo per adulti, “Realizzazione di lampade di carta”, e laboratorio decorativo per bambini, “Decorazione di lampade di terracotta”.

Il 14 e 15 ottobre alle ore 17 presso Dastrà si potrà partecipare al laboratorio di cucina, con la preparazione di piatti tipici legati alla festa di Diwali.

Giovedì 16 alle ore 19.30 presso la Scuola Yoga Shanti “Meditazione e riflessione sul significato spirituale della Diwali”.

Il 18 dalle ore 17.30 nel Giardino di Sambuy si potrà prendere parte alla camminata simbolica per celebrare la festa e illuminare la serata in segno di rinascita e speranza.

Ultimi appuntamenti domenica 19 a partire dalle 10.30 fino alle 23 presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani dove andranno in scena spettacoli di danza tradizionale indiana, concerti, conferenze, lezioni di yoga e laboratori.

Inaugurato a Castellamonte il centro “Mary Salt”: un nuovo spazio dedicato al benessere e alla salute naturale

 

Castellamonte, 11 ottobre 2025 – È stato inaugurato oggi pomeriggio, in Via Nigra 28, Mary Salt, un innovativo centro dedicato all’haloterapia, una disciplina naturale che sfrutta le proprietà benefiche del sale per favorire il benessere del corpo e della mente.

All’evento ha partecipato anche il Consigliere Regionale del Piemonte Sergio Bartoli, Presidente della V Commissione Ambiente, che ha voluto portare il proprio saluto e ringraziare gli organizzatori per l’invito:

“Ringrazio di cuore per l’invito e per avermi dato l’occasione di conoscere da vicino questa realtà. Mary Salt rappresenta un esempio virtuoso di come si possa coniugare salute, innovazione e imprenditoria locale, valorizzando al tempo stesso il nostro territorio. In un momento storico in cui il benessere e la prevenzione sono temi centrali, iniziative come questa meritano tutto il nostro sostegno.”

Il centro Mary Salt nasce con l’obiettivo di promuovere un approccio naturale alla salute: l’haloterapia, o “terapia del sale”, è nota per i suoi effetti benefici sull’apparato respiratorio, sulla pelle e su diverse forme di infiammazione. Una sola seduta in grotta di sale equivale a tre giorni di mare, grazie alla concentrazione di micro-particelle saline che purificano e ossigenano le vie respiratorie, migliorando la respirazione e rafforzando il sistema immunitario.

Durante l’inaugurazione, i numerosi visitatori hanno potuto scoprire gli ambienti del centro e i percorsi di benessere proposti, pensati per favorire l’equilibrio tra corpo e mente.

L’apertura di Mary Salt rappresenta un segnale positivo per tutto il territorio del Canavese: un progetto imprenditoriale al femminile che unisce passione, professionalità e attenzione alla persona, contribuendo a rendere Castellamonte un punto di riferimento per chi cerca salute e serenità in un contesto accogliente e moderno.