LIFESTYLE- Pagina 193

Miss Italia, in finale per il Piemonte Giulia Giada Cordaro

ECCO LE 21 FINALISTE DI MISS ITALIA 2022
La proclamazione a Fano davanti all’arco di Augusto

 

Davanti all’arco d’Augusto, accolte dal calore della città di Fano, sono state proclamate le ragazze che parteciperanno alle finali nazionali di Miss Italia.

Ufficializzati anche i nomi delle seconde e terze classificate, che accederanno di diritto alle prefinali nazionali e alle prefinali regionali della prossima edizione del Concorso di bellezza.

Prima di raggiungere il palco per la proclamazione, le Miss hanno sfilato in corteo per le vie del centro storico di Fano capitanate da Miss Italia 2021, Zeudi di Palma. In testa, le ragazze delle Marche, omaggio simbolico alla Regione che ha accolto le prefinali del Concorso, in un momento particolare segnato dai drammatici fatti di cronaca di questi giorni.

A questo proposito, il corteo si è aperto con una sorta di flash-mob in piazza XX Settembre, davanti al Teatro della Fortuna, la location d’eccezione che nel week end ha ospitato i lavori della commissione tecnica presieduta dalla giornalista Maria Giovanna Maglie. Nel centro della piazza, davanti ad una grande scarpa rossa, simbolo della lotta per i diritti delle donne e contro la violenza di genere, le ragazze hanno osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime dell’alluvione. Già nei giorni scorsi, del resto, il Concorso si era stretto al dolore dei loro familiari.

Ecco dunque l’elenco delle finaliste nazionali e delle riserve:

PIEMONTE
Giulia Giada Cordaro
Alessandra Boassi
Arianna Roselli

VALLE D’AOSTA
Francesca Poma
Ludovica Tullio
Chiara Pertile

LOMBARDIA
Martina Broggi
Gaia Zamparelli
Marta Fenaroli

TRENTINO ALTO ADIGE
Eleonora Lepore
Michelle De Pinto
Angelica Lazzerini

FRIULI VENEZIA GIULIA
Maria Franceschi
Alice Toniutti
Jannet Antonia Belabed

VENETO
Anna Tosoni
Yassine Gueye
Lucia Lorenzin

LIGURIA
Mariela Nunez
Sara Hitaj
Nicole Barbagallo

EMILIA ROMAGNA
Virginia Cavalieri
Lara Boselli
Greta Mamini

TOSCANA
Arianna Polidori
India Piccinetti
Linda Duville

UMBRIA
Cecilia Alma Levita
Clelia Andreucci
Nicole Pippi

MARCHE
Glelany Cavalcante
Giada Preziuso
Jeyzel Ann Reyes

ABRUZZO
Beatrice Gioia
Giorgia (Xhorxha) Gjinaj
Siria Di Giacomo

MOLISE
Azzurra Gallinari
Antonella Iaffaldano
Marta Porreca

LAZIO
Lavinia Abate
Carolina Stigliano
Swami Ciucci

MISS ROMA
Federica Maini
Melania Ciano
Marta Antonucci

CAMPANIA
Noemi Pirozzi
Jasmine D’Aniello
Filomena Venuso

BASILICATA
Roberta Albano
Valentina Boccarelli
Lucia Traficante

PUGLIA
Anna Pia Masciaveo
Giorgia Polimeno
Isabella Lapenna

CALABRIA
Vanessa Foti
Noemi Casella
Zari Mastruzzo

SICILIA
Anita Lucenti
Anastasia Pellegrino
Alice Carbonaro

SARDEGNA
Carolina Vinci
Jessica Molino
Matilde Soro

Assegnate, inoltre, le seguenti fasce speciali:

Miss Coraggio 2022 a Marta Fenaroli
Miss Coraggio 2022 a Zari Mastruzzo
Miss Simpatia 2022 a Nicole Schiralli
Miss Talento 2022 a Lucrezia di Matteo

Alberto Marchetti presenta a Terra Madre la linea Zaba’

Torino si prepara all’appuntamento di Terra Madre Salone del Gusto dal 22 al 26 settembre, nello spazio dedicato al Piemonte. Lo zabaione rappresenta una delle ricette più  tipiche della cucina piemontese,  una crema a base di tuorli d’uovo, zucchero e Marsala, da accompagnare con ogni genere di biscotto e gelato da versare su una fetta di pandoro, arricchita poi con la panna.

Molte leggende sullo zabaione fanno risalire la sua origine e creazione proprio a Torino. Il maestro gelatiere Alberto Marchetti risulta da sempre innamorato delle cose semplici e genuine e ha scelto Torino per presentare ufficialmente “Zaba’: la nuovadolcissima linea tutta dedicata allo zabaione”.

Il ricavato delle vendite di Zaba’ sarà devoluto alla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus.

Fedele alla filosofia con cui realizza i propri gelati, Alberto Marchetti utilizza pochi ingredienti, scelti con cura.

“Le uova – dichiara Alberto Marchetti con orgoglio – sono fresche, ricavate da galline felici allevate a terra, selezionate da Fantolino

Alberto Marchetti è  convinto che la bontà  sia disarmante e, per questo motivo, il progetto nasce nella Torre dell’Eremo di Pecetto, in provincia di Torino, insieme a un gruppo di ragazzi diversamente abili. Insieme a una rete d’impresa costruita con i partner di filiera, Zaba’ sostiene l’Arsenale dell’Armonia, progetto di Ernesto Olivero che dà forma al sogno della pace, dell’accoglienza, integrazione e armonia che sono stati da lui realizzati nel 1964.

Zaba’ è buono anche da bere, caldo e ottimo per accompagnare biscotti. Basta togliere il tappo e scaldarlo a bagnomaria o in microonde. Perfetto a temperatura ambiente per variegare gelati o arricchire creme e panna montata.

Lo zabaione cremoso e profumato, dal colore dorato, è  diventato un must per tutti gli amanti delle golosità  di Alberto, che lancia una linea dedicata, per il momento composta da sei varianti.

Accanto allo Zaba’, zabaione classico di Alberto, compaiono lo Zaba’ riserva, lo Zaba’ per birra Baladin, Beermouth Baladin, lo Zaba’ per mago Rabin, bianco chinato del mago, lo zaba’ per terra madre, al moscato presidio di Strevi, e lo Zaba’ per gli aironi, nero sake’ italiano.

Mara Martellotta

Deliziosi biscottini da tè farciti all’uva fragola

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Rubrica a cura de La Cuoca Insolita 

Settembre è il mese dell’uva fragola. Lo sa bene chi vive in campagna o chi fa la spesa al mercato dai contadini. La sua fama non è solo dovuta al fatto che è buonissima, ma anche perché nell’800 fu la salvezza del nostro patrimonio di vigneti. In quel periodo infatti le radici di molte vigne europee furono gravemente danneggiate da un insetto, la Fillossera. Le radici della pianta di uva fragola (o vite americana), invece, non erano vulnerabili a questo parassita. Fu così che si diffuse rapidamente la tecnica dell’innesto, ancora oggi in uso, con la quale si impianta la vite europea sull’apparato radicale della vite americana.

Ma veniamo alla tavola: l’uva fragola può essere usata per produrre il fragolino, ma è buona da mangiare anche come frutta (anche se è un po’ difficile separare i semi dalla polpa) oppure può essere impiegata per preparare il succo o per tante ricette dolci. Qui la vediamo qui protagonista di una confettura. E siccome una confettura così buona e naturalmente dolce (l’uva fragola contiene circa il 17% di zuccheri) non poteva restare tutta sola in un barattolo, ecco la ricetta dei biscottini farciti all’uva fragola. Un connubio delizioso, dove la dolcezza della confettura e una leggera nota di acidità dovuta al succo di limone sono contrastati dal profumo delle mandorle della pasta frolla. Biscotti saporiti, morbidi e molto leggeri, perché senza burro e preparati con soli due cucchiai di zucchero. L’ideale per una merenda sana e golosa (anche per i bambini) o per una coccola pomeridiana, magari davanti ad una tazza di tè.

 

vasetti di confettura uva fragola biscottini

Tempi: Preparazione (30 min); Cottura (15 min)

Attrezzatura necessaria: Estrattore di succo o centrifuga (oppure un passaverdure), casseruola media da 1 L circa e coperchio, vasetti di vetro per la confettura, contenitore a bordi alti, matterello, taglia-biscotti rotondo, teglia e carta da forno.

Difficoltà (da 1 a 3): 1 Costo totale: 6,50 €

Ingredienti per 1 kg di biscottini farciti

Per 500 g di confettura:

Per i biscottini di pasta frolla speciale:

  • 160 g di farina di riso integrale
  • 120 g di farina di mandorle
  • 120 g di fecola di patate
  • 2 uova intere
  • il lato dolce: 60 g eritritolo+ 30 g dolcificante alla stevia* + 30 g di zucchero
  • 50 g di olio di girasole o di oliva
  • 1 bustina di vanillina + scorza di meno di mezzo limone
  • 1/4 di cucchiaino di lievito per dolci (1 g)

* dolcificante alla stevia: lo potete trovare anche nei supermercati, insieme agli altri dolcificanti. È una polvere bianca, che ha lo stesso aspetto dello zucchero. Sarebbe meglio usare le foglie di stevia essiccate, più naturali (potete produrle anche a casa vostra https://lacuocainsolita.it/ingredienti/stevia/), ma darebbero alla pasta frolla un colore meno invitante e in questa ricetta, quindi, non le consiglio.

Succo di limone (facoltativo) – 15 g

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Valori nutrizionali: rispetto ad una confettura di uva fragola preparata con lo zucchero, la ricetta de La Cuoca Insolita ha meno 60% di calorie e meno 60% di carboidrati.
  • È una confettura senza zuccheri aggiunti. Se quindi avete qualche problema con la glicemia, è certamente più indicata rispetto a quelle che si trovano in commercio. Non abusatene però, perché l’uva fragola ha comunque un alto contenuto di zuccheri.
  • È ottima anche per preparare una merenda ai vostri bambini: L’uva fragola è ricca di vitamine (gruppo A e B, C, potassio, ferro, fosforo, calcio, manganese e magnesio).
  • Il kuzu ha proprietà alcalinizzanti sul nostro corpo.
  • L’agar-agar è un’alga – un prodotto naturale- ed è ricca di calcio e vitamine. Oltre a questo, il vantaggio di usarla al posto della pectina sta nel fatto che l’agar-agar non ha bisogno di zucchero per formare la gelatina (la pectina invece sì).
  • I biscottini di pasta frolla sono senza glutine, senza burro né latte e con solo 30 g di zucchero in totale. Gli altri dolcificanti (stevia ed eritritolo) sono a zero calorie.

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link).

Preparazione dei biscottini farciti all’uva fragola

FASE 1: LA PREPARAZIONE DEL SUCCO DI UVA FRAGOLA

Lavate l’uva fragola sotto l’acqua corrente e sgranate gli acini. Se avete un estrattore o una centrifuga, non vi resta che versare gli acini nella macchina per ottenere il succo. Se decidete di fare più di mezzo litro di succo, vi consiglio di ripulire la macchina almeno una volta a metà lavoro, perché i semi potrebbero rovinare la macchina o intasarla. Potete aggiungere il succo di limone, eliminando i semi (il limone da un po’ più di acidità che equilibra il sapore dolce dell’uva, ma è facoltativo).

Se non avete l’estrattore, mettete nella casseruola gli acini e schiacciateli con le mani in modo che si rompano il più possibile. Aggiungete il succo di limone. Accendete il fuoco a calore moderato e lasciate cuocere per circa 20 minuti. Passate quindi tutto al passaverdure per eliminare buccia e semi.

prova del cucchiaino uva fragola biscottiniFASE 2: LA COTTURA

Ponete il succo e l’agar-agar nella casseruola, date una mescolata veloce e portate a bollore. Quando vedete le bollicine, abbassate il calore al minimo e lasciate cuocere per 10 minuti, coperto. Intanto sciogliete il kuzu in due cucchiai di acqua a temperatura ambiente. Passati i primi dieci minuti di cottura, aggiungete il kuzu sciolto nella casseruola, mescolate subito velocemente e fate cuocere ancora per 5 minuti a calore molto basso, sempre coperto. Se volete provare a vedere che la marmellata sia pronta, potete fare il test del cucchiaino o del piattino: metteteci un po’ di confettura e verificate dopo poco se, raffreddandosi, si è addensata. Versate quindi nei vasetti di vetro, chiudeteli e aspettate che si raffreddi del tutto (ci vorranno un paio d’ore).

FASE 3: I BISCOTTINI E LA FARCITURA

Mescolate insieme tutti gli ingredienti della pasta frolla fino a formare una palla morbida e compatta. Se l’impasto si divide, aggiungete pochissimo latte di riso. Lasciate riposare per mezz’ora in frigorifero, coperto con la pellicola. Stendete in strato spesso poco più di mezzo centimetro con un matterello, su un piano di lavoro infarinato con farina di riso. Formate dei biscottini rotondi e infornate a 160° C per circa 15 minuti. Resteranno morbidi e saranno irresistibili.

Ora, quando tutto sarà ben raffreddato (confettura e biscotti), spalmate su una metà di biscotto mezzo cucchiaino di confettura e poi chiudete con l’altra metà di biscotto.

Buon appetito!

“Un ponte con l’infinito” ricordando Gustavo A. Rol

Adriana Guglielminotti e Loredana Roberti del Gruppo  https://www.facebook.com/groups/dottorrol, grazie al patrocinio del Comune di San Secondo di Pinerolo, hanno organizzato una conferenza dal titolo “Un ponte con l’infinito” per il giorno 22/09 alle ore 16,00 presso la sala del Consiglio del Comune, in Via Bonatto 3, dove amici e testimoni condivideranno con affetto i ricordi dei loro incontri con Gustavo A.Rol.
Sempre il 22/09 presso la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Torino alle ore 18,30 verrà celebrata una messa in Sua memoria.

A Terra Madre 13 nuove delizie italiane per Slow Food

 

Dall’Italia e dal mondo, sono più di 100 le realtà virtuose presenti a Parco Dora, dal 22 al 26 settembre 

La 14esima edizione di Terra Madre Salone del Gusto, a Parco Dora di Torino dal 22 al 26 settembre, vede il debutto di 13 nuovi Presìdi italiani, che vanno ad arricchire lo straordinario bagaglio di biodiversità tutelata da Slow Food e si aggiungono ad altre storiche produzioni internazionali presenti all’evento. Tra queste, le ostriche bretoni dalla Francia e del mare di Wadden dai Paesi Bassi, lo zafferano di Jiloca e i capperi di Ballobar dell’Aragona, nel nord est della Spagna e i diversi tipi di formaggi a latte crudo irlandesi.

 

Da sempre Slow Food pone la difesa della biodiversità al centro dei suoi progetti con l’obiettivo di tutelare la straordinaria ricchezza del nostro Pianeta. Ed è proprio nella nostra Penisola, ricca di prodotti artigianali, tecniche tradizionali, specie autoctone e paesaggi rurali, che già nel 1999, l’Associazione ha dato vita a uno dei suoi strumenti più significativi: i Presìdi Slow Food. Questi progetti sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta. Oggi sono oltre 600 in 79 paesi (in Italia se ne contano più di 350) e coinvolgono migliaia di produttori.

 

Sono sei le regioni italiane che presentano quest’anno una nuova ricchezza da tutelare: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Ecco le loro storie, simbolo di rinascita e resilienza.

 

Il Lazio presenta: sua maestà la Mosciarella 

Oltre a vedere la nascita ufficiale della rete dei castanicoltori italiani, Terra Madre ospita per la prima volta il Presidio della Mosciarella delle casette di Capranica Prenestina, una cinquantina di chilometri a est di Roma. Mosciarella non è il nome della varietà di castagna, bensì quello del prodotto che si ottiene dall’essiccatura del frutto: un procedimento lungo ma indispensabile per conservare le castagne nel freddo inverno che, da queste parti a oltre 900 metri d’altitudine, non si fa attendere. Tipica è la lavorazione, che avviene nelle casette, i piccoli locali in pietra costruiti nei boschi, dove vengono bruciate le ramaglie della potatura dei castagni e la spulla (cioè i resti delle bucce di castagne dell’anno precedente): il fumo e il calore sprigionato asciugano le castagne novelle, affumicandole leggermente.

 

La Sicilia: sono oltre 50 i progetti attivi nella regione 

L’ultimo arrivato dei Presìdi Slow Food siciliani nasce a Tortorici, centro di seimila abitanti in provincia di Messina noto soprattutto per i noccioli, di cui oggi troviamo ancora numerosi ecotipi locali. Il Presidio tutela la pasta reale di Tortorici, dolce costituito da soli tre ingredienti: acqua, zucchero e le nocciole che crescono sui monti dei Nebrodi. Piatta e irregolare, la pasta reale si contraddistingue per un rigonfiamento al centro che si produce in cottura, nel momento in cui l’impasto “scoppia”, facendo sciogliere lo zucchero e generando la particolare forma. Non esiste una ricetta precisa, molto dipende da come vengono tritate le nocciole tostate.

 

Come per la pasta reale, anche nel caso della scattata di Alia la preparazione non richiede molti ingredienti. Il dolce tipico di questa cittadina montana a sud est di Palermo prevede solo mandorle, acqua e farina di maiorca, un grano antico presente ancora oggi nel territorio delle Madonie. Si dice che nessuna scattata viene mai uguale all’altra. La ricetta tradizionale, tipica dei giorni di festa, risalirebbe ai primi anni del Novecento e continua a essere tramandata da generazioni. Valorizzare questo lavoro artigiano è il principale obiettivo del Presidio, che mira anche a coinvolgere e rinforzare il tessuto agricolo e rurale del territorio, a partire dalle coltivazioni necessarie per realizzare il dolce, come il grano di maiorca e i mandorleti, nettamente diminuiti.

 

Nell’Agrigentano invece, il buttiglieddru di Licata non è solo un pomodoro che, come suggerisce il nome, ha una forma simile a quella di una bottiglia. La sua particolarità è data da una coltivazione pressoché unica, con semina a dicembre, maturazione a fine maggio e utilizzo di insetti “utili” al posto di fitofarmaci. Ottimo fresco per la sua dolcezza, il buttiglieddru viene da sempre trasformato anche in passata, polpa e pomodori secchi. Il Presidio oggi riunisce una decina di produttori attorno a un rigido disciplinare di produzione che prevede, tra le altre cose, l’autoriproduzione della semente, il divieto del diserbo e la semina in campo aperto.

 

Il Friuli-Venezia Giulia, un viaggio attraverso il Carso e le Alpi

Il Friuli-Venezia Giulia partecipa a Terra Madre con due nuovi Presìdi Slow Food, avviati quest’anno nella regione più orientale dell’arco alpino: il miele di marasca nell’area del Carso e il pestith, un pesto di rape macerate diffuso in Valecellina e Val Vajont in provincia di Pordenone.

 

Il miele di marasca si ottiene dal nettare dei fiori di ciliegio canino (Prunus mahaleb), conosciuto anche come ciliegio di santa Lucia, varietà che cresce spontaneamente sui substrati carbonatici del Carso triestino e goriziano. Dalla sua breve fioritura, più precoce vicino al mare rispetto all’entroterra, si ottiene un miele dal colore ambrato e dall’aroma delicato, con un leggero retrogusto amarognolo che ricorda quello delle mandorle.

 

Dal Carso poi ci spostiamo sulle Alpi con il pestith, che a seconda della località può venire chiamato anche pestìç, pestìth, pestìf o pastìç, ottenuto dalla macerazione della rapa dal colletto viola. Si tratta di una varietà di rapa che cresce anche nelle zone montane più fredde e poco soleggiate. Viene raccolta in autunno e lasciata macerare fino al periodo natalizio, quando le rape vengono lavate e pestate: a quel punto sono pronte per essere soffritte in olio oppure burro, cipolle, sale e pepe.

 

La Puglia, tra gioielli del mare, dolci tipici e lievitati tradizionali

A Taranto, la cozza nera è un nuovo Presidio Slow Food ed è anche molto di più: innanzitutto un riconoscimento che sfida i pregiudizi che da anni, per ragioni prima di tutto ambientali, affliggono la città pugliese, e poi anche un simbolo di rinascita di una comunità che ha nella mitilicoltura le origini della propria storia. Più di venti mitilicoltori hanno aderito al progetto, che prevede l’allevamento della cozza nera tarantina secondo un disciplinare che non garantisce soltanto la tracciabilità e la qualità del prodotto, ma anche il rispetto dell’ecosistema marino. Grazie alla collaborazione con partner scientifici, come il Cnr, e tecnici, come Novamont, i produttori che aderiscono al Presidio utilizzano infatti materiali ecosostenibili, prodotti in mater-bi e quindi compostabili.

 

Sempre in provincia di Taranto, a Manduria, il colombino è il dolce delle feste. Oggi sono pochi i pasticceri locali a conservarne la ricetta. Questo pasticcino dalla forma di tortino tronco-conico presenta due strati di pasta sfoglia farcita con pasta di mandorle all’arancia e crema pasticcera. Il tutto ricoperto da una soffice glassa di meringa fatta con zucchero, albume e limone, e da un decoro a forma di colombino, da cui deriva il nome, realizzato con confettura di albicocche. Un classico è il suo abbinamento con un bicchiere di Primitivo di Manduria Dolce Naturale.

 

Nel brindisino invece, il confetto riccio di Martina Franca è legato ad altre due occasioni speciali, i due giovedì che precedono il martedì grasso. Il confetto viene realizzato con mandorle di varietà locale di forma tondeggiante – la tondina in particolare, ma anche la catuccia, la spappacarnale e la carluccio – zucchero e limone. La preparazione prevede l’abbrustolimento delle mandorle all’interno della conca, un pentolone basso, tondo e largo di rame, riscaldato a temperatura costante, a cui l’artigiano del riccio imprime movimenti ondulatori. Segue poi l’arricciatura, che si ottiene riducendo la temperatura del fuoco e versando nella conca “lu gilueppu”, uno sciroppo cotto a filo, formato da acqua calda, zucchero e qualche goccia di limone.

 

La focaccia a libro di Sammichele di Bari è una focaccia dalla forma circolare, croccante e dal colore bruno esternamente, soffice e di colore bianco all’interno. Il nome deriva dalla chiusura a libro della sfoglia che, durante la lavorazione, viene stesa, condita con olio extravergine, sale e origano e poi richiusa su sé stessa per formare un rotolo sistemato a spirale. Tratto tipico nella realizzazione della focaccia a libro, fecazze a livre in dialetto, è l’utilizzo e la valorizzazione di ingredienti “poveri” e poco elaborati: farina provenienti da grani teneri coltivati localmente e legati alla tradizione cerealicola regionale – maiorca, risciola, bianchetta; sale delle vicine saline di Margherita di Savoia; olio extravergine di oliva di frantoi locali da olive della cultivar ogliarola barese; origano spontaneo raccolto nelle zone incolte, aride e assolate; lievito naturale proveniente dalla pasta acida dell’impasto precedente.


A chiudere il cerchio pugliese è il pane di Monte Sant’Angelo, un pane di farina di grano tenero di forma rotonda grande, a volte grandissima. Un tempo, infatti, le famiglie acquistavano il pane una sola volta alla settimana e quindi le forme potevano superare i 12 chilogrammi. Un aspetto curioso e caratteristico dei forni del paese garganico, è il fatto che molti fornai sono soliti esporre i pani all’esterno delle botteghe, a volte anche appendendoli al muro. La sua cottura avviene ancora in forni con camere in pietra refrattaria spesso molto vecchi che, con l’eccezione di Natale e Capodanno, rimangono sempre accesi. La preparazione prevede la lievitazione con la sola pasta acida, al quale ogni giorno si aggiunge la farina necessaria per la produzione quotidiana.

 

Dalla Calabria, il legume che non ti aspetti 

Storicamente considerato la carne dei poveri per la sua ricchezza in proteine, il fagiolo poverello bianco è un legume dalle ottime proprietà nutrizionali. La sua produzione avviene in provincia di Cosenza, all’interno del Parco Nazionale del Pollino, e le località coinvolte sono tre: Mormanno, Laino Castello e Laino Borgo. Qui il fagiolo poverello bianco viene ancora coltivato secondo la tradizione: essendo un fagiolo rampicante, si utilizzano paletti di sostegno in castagno, ottenuti dai vicini boschi cedui, mentre la raccolta è manuale. I baccelli vengono lasciati essiccare sui cannizzi, cioè graticci di canna intrecciata, e poi inseriti per essere battuti. Una delle sue peculiarità è proprio la coltivazione, realizzata arricchendo il terreno soltanto con letame ben maturo, senza fertilizzanti chimici di sintesi.

 

In Campania la cipolla è di Vatolla

Ingrediente fondamentale del tradizionale “susciello di cipolla”, la cipolla di Vatolla, frazione del comune cilentano di Perdifumo, in provincia di Salerno, riflette secolari tradizioni contadine: dall’abitudine di accendere tre falò al momento della semina, a quella di vendere le cipolle rigorosamente intrecciate. L’associazione dei produttori che aderiscono al Presidio è composta in grande maggioranza da donne, coinvolte in particolare nel lavoro di intrecciatura, insieme alle quali collabora un gruppo di giovani, desiderosi di riscoprire la propria storia e le proprie radici. La caratteristica principale di questa cipolla è il sapore – spiccatamente dolce, poco pungente e dal profumo penetrante – che la rende perfetta per essere consumata cruda, in insalata, oppure nella classica frittata di cipolla e cacioricotta.

L’ipnosi, un potente presidio terapeutico che nulla ha a che vedere con la magia

L’ipnosi non si è ancora scrollata di dosso del tutto l’alone di tecnica magica che, da sempre, l’avvolge.

Ancora all’inizio del 1900 è possibile ritrovare le tracce delle antiche credenza, nel tentativo di spiegare quale fosse la visione di un essere umano da parte di un medico,il dottor Gerard Anaclet Encosse, che assunse il nome mistico di “Papus,  già citato in un precedente articoloche, si interessò a tale tematica, per tuttala vita.

I suoi insegnamenti, erano sempre dispensati in circoli ristretti , chiusi al pubblico ordinario , in società segrete di derivazione essenzialmente massonica.

Si tratta di tecniche, oggi ben conosciute, dispensate all’uomo ordinario che desideri elevarsi spiritualmente raggiungendo con gradualità   stati mentali e fisici in grado di permettergli di compiere azioni meravigliose ;

Un esempio dello stile con cui tali metodiche venivano diffuse lo  possiamo leggere nella prefazione del libro “Come si diventa Alchimista  “ di Jollivet Castelot accademico di Francia , da cui traggo brevemente alcune frasi:

In questa ininterrotta lotta con le distrazioni della vita ordinaria e con  gli schemi del  mondo psichico, la volontà dovrà trovare aiuto    in ciascuno dei tre organismi che  compongono  l’essere umano.

L’uomo intellettuale dovrà utilizzare  la sua facoltà di meditazione, attraverso la  quale genererà consapevolmente idee: l’uomo animico  si svilupperà , eliminando   le emozioni personali ed acquistando il potere di provare le emozioni dell’Universale; l’uomo  fisico dovrà chiudere infine la porta alle sensazioni esterne mediante l’auto ipnosi…

.

Vi è dunque citata l’auto ipnosi,procedimento all’epoca ormai ben conosciuto e praticato in numerosi studi medici e non , ancora di incerta attribuzione.

Vengono chiamati in causa inoltre altri organismi, o corpi, che comporrebbero l’essere umano ovvero l’uomo animico, l’uomo intellettuale e l’uomo fisico.

I primi due sono entità empiriche, descritte come visibili solo da alcuni “Iniziati” alle scienze esoteriche magiche, tenute rigorosamente nascoste agli occhi dei profani, la cui conoscenza e descrizione consentiva di spiegare alcune manifestazioni ben riproducibili, ma incomprensibili in base alle sole conoscenze dell’epoca.

L’ipnosi di inizio secolo si trova per  la prima volta in una condizione assai particolare : rimane infatti sospesa  fra l’indirizzo positivista ,razionale, via via che gli studi e le scoperte fisio-anatomiche  imporranno nuove vedute e chiariranno le teorie empiriche ,derivanti dalla impossibilità di  comprendere la vera essenza dei fenomeni osservati e che costringevano pertanto a colmare le lacune con spiegazioni  che chiamavano in causa l’intervento divino  e le manifestazioni magiche ,legando tutta una serie di fenomeni concreti  a teorie irrazionali ma che , nella loro irrazionalità , avevano una qualche ragione di esistere e possono essere spiegate perché provenivano da secoli di insegnamenti che avevano trasmesso quello che oggi siamo soliti definire  “credenze provenienti dal superstizioso mondo magico dei primitivi “, ma non solo da questo ,infatti tale modo di pensare  è da considerare anche derivante da teorie elaborate  da prestigiosi personaggi  del Rinascimento quali furono ad esempio; Marsilio Ficino e Giordano Bruno .

Per  poter dunque comprendere il modo in cui gli studiosi dei tempi  passati , anche  in epoche relativamente vicine a noi, tentassero di dare una spiegazione alla fenomenologia  ipnotica ed alle sue manifestazioni  è necessario esaminare il modo cui veniva concepito l’essere umano , che veniva considerato come composto da tre entità principali, distinte fra di loro di cui l’unica visibile rappresentata dal corpo fisico , entità solida ,tangibile ,con la prerogativa di poter facilmente essere sottoposta a verifica in ogni suo aspetto ed altre due entità corporali , dette “sottili “ ,invisibili ai più  e pertanto non accettabili dagli scienziati positivisti  che non erano e non sono ancora oggi  in grado di verificarne scientificamente tale teoria ,tutt’ora conosciuta , apprezzata  e diffusa dalle correnti spirituali della New Age.

Sono due interpretazioni del pensiero riguardo la costituzione dell’essere umano , una giunta a noi attraverso i libri scritti da Papus il quale , nato da padre francese e da  madre spagnola,  a Corona ,in Spagna , il 13 luglio 1865  e morto a Parigi nel 1916 , trascorse  la sua giovinezza  a Parigi, dove si laureò  in medicina. Ancor prima di terminare i suoi studi, si era imposto il compito di lottare contro lo scientismo dell’epoca diffondendo una dottrina formatasi alle sorgenti dell’esoterismo occidentale. Encausse si fece chiamare Papus assegnandosi il nome di uno spirito corrispondente al Genio della Medicina del Nyctameron di Apollonio di Tiana e di questi studi fu un capofila incontestato. Non voleva assolutamente essere considerato un taumaturgo o un ispirato, ma fu tra i primi a presentarsi come uno scienziato, uno sperimentatore. Deve le sue idee a Saint-Yves di Alveydre, a Wronski e soprattutto ad Eliphas Lévi ed a Fabre di Olivet., eruditi, filologi e cultori d’occultismo.

Peraltro, il pensiero di Louis-Claude di Saint-Martin lasciò  su lui una traccia profonda a partire da 1889 circa, poco dopo la sua rottura (nel 1888) con la Società Teosofica di M.me Blavatsky. Nel 1889 si affiliò all’ordine Kabbalistico della Rosa-croce fondato da Peladan e Stanislas de Guaita quell’anno. Autore tra i più prolifici, nella sua breve vita riuscì a pubblicare oltre duecento titoli e fu fra i più validi Maestri della scuola occultista francese.

Fu personaggio assai conosciuto all’epoca, la sua fama raggiunselo Zar Nicola II che, nel 1905 , lo invitò in Russia.  Dove ebbe modo di mettere ulteriormente in luce le sue capacità di conferenziere abilissimo .Rimase a lungo nel cuore degli allievi che lo avevano frequentato e seguito ,colpiti dal suo notevole carisma , cui attribuiva fantastiche possibilità ,sconfinanti nelle potenzialità descritte negli antichi testi di Magia, in cui è descritta una metodica che oggi sappiamo presentare un’alta validità terapeutica, che ben poco ha di magico, ma permette di svelare alcune potenzialità dell’essere capaci di sbalordirci se le confrontiamo con l’ordinaria realtà quotidiana.

Rodolfo Alessandro Neri

Benvenuti a Casa Martini

Immerso nel verde delle campagne, nella piccola frazione di Pessione, c’è Casa Martini- stabilimento storico del brand, che festeggerà l’anno prossimo 150 anni. Qui è nato il cocktail italiano più famoso del mondo: il Martini. La sede è un palazzo nobiliare del 1700, circondato da un vasto stabilimento, una palazzina più recente sede degli uffici, grandi giardini e uno store ricco di bottiglie e oggetti da cocktail.

Quella che stiamo per vivere sarà un’esperienza di gusti, sapori e odori in grado- anche grazie alle numerose evocazioni che suscita- di raccontare la storia ultracentenaria di un marchio conosciuto in tutto il mondo. Ad accoglierci c’è il Brand Home Ambassador, Nicola Piazza.

A Casa Martini, si ha la possibilità di scegliere fra tre tipologie differenti di visite: la prima è il “Martini Discovery Tour” che comprende la visita libera al museo con audio-guida, una parte dedicata alla visione del plant accompagnati dai membri dallo staff ed, infine, la degustazione di tre prodotti targati Martini. Il secondo è il “Privileged tour” ovvero una visita interamente guidata dei musei, del plant compresa di degustazione finale. Infine vi è la “Only museum” che prevede la visione del solo museo, scelta preferita dai turisti di passaggio.

La prima parte del Discovery tour accompagna il visitatore alla scoperta del prodotto, in lungo viaggio che parte dai componenti essenziali del cocktail, ricercati e studiati da qualsiasi parte del mondo. Tale peculiarità rende questo azienda “glocal” grazie al suo mercato internazionale, ma alle sue origini saldamente piemontesi. Infatti, il 60% delle piante arriva da Pancalieri e la filiera produttiva è interamente condotta a Pessione, anche se le bottiglie sono esportate ovunque.

Ci addentriamo alla scoperta del prodotto, partendo dalle erbe, parte fondamentale del successo del gusto Martini. La scelta e lo studio delle stesse è affidato a Ivan Tonutti, master Herbalist con sede a Ginevra. Insieme al suo team, seleziona la materia prima e crea rapporti di partenariato con i produttori. Questo permette di conoscere direttamente i patner e interagire con loro, oltre ad avere la tracciabilità completa del processo. Il team si occupa, inoltre, di ricercare nuove materie prime in giro per il mondo. La stessa ricerca e cura viene applicata ai vini: solitamente si opta per un gusto neutro. Quello prescelto è il fiore, ottenuto dalla prima pressatura dell’uva. Questa base è essenziale per il Vermut. Si passa poi alla visione della lavorazione delle spezie, macerate accuratamente in periodi differenti, per estrarre il gusto amaro, segno riconoscimento dell’ “effetto aperitivo” ed in grado di attivare il senso di fame. L’unico colorante aggiunto alle bevande è il caramello, caratteristico del nel Martini Rosso. Il tutto finisce in grandi serbatoi in cui il prodotto inizia a decantare per concludersi con due stabilizzazioni a freddo e una filtrazione.

Il tour continua nella zona dedicata alla “Vermut Experience” in cui il visitatore ha la possibilità di creare il proprio cocktail, grazie ad una serie di prodotti base forniti direttamente da Martini. Alla sera, invece, si può provare la “Martini cocktail experience” un’oretta focalizzata alla creazione di tre drinks personalizzati.

Passiamo poi all’altra parte del museo, dedicata al racconto storico dell’origine dell’Azienda. Una grande sala costellata di quadri e iconografi introduce il visitatore alla conoscenza dei tre fondatori della Martini: Teofilo Sola, Luigi Rossi, Alessandro Martini. Il nome del brand ha attraversato la storia di queste famiglie, per giungere definitivamente alla denominazione “Martini- Rossi” quando i Rossi sono divenuti soci di maggioranza. Il riferimento alla famiglia Martini, negli anni, non si è perso ed è stato preferito in quanto era già entrato nella cultura nazional- popolare italiana. I restanti pannelli sono ricche di medaglie e onorificenze, testimoni di un brand che non ha mai sbagliato un colpo.

Una delle sale è dedicate alle etichette delle bottiglie, altro grande segno di riconoscimento della Martini. L’evoluzione si percepisce dalla differenza tra la prima e l’ultima: inizialmente ricche di informazioni criptate sotto forma di immagini fino ad arrivare all’ultima, minimalista e essenziale, ormai sinonimo della fama mondiale acquisita dal brand.

Anche le pubblicità hanno fatta la storia lanciando star divenute famose a livello internazionale. Per tale ragione, un’intera sala del museo è dedicata alla storica cartellonistica, riconoscibile a chiunque di noi. Unica è anche l’idea della terrazza Martini, un’esperienza in luoghi esclusivi della città con viste panoramiche accompagnati da cocktail inimitabili. La più famosa è’ quella di Milano, oltre quella presente proprio qui a Pessione.

Martini è stata rivoluzionaria anche per la scelta di sponsorizzazione delle macchine della Formula Uno, con la successiva creazione della Martini Racing, un vero e proprio dipartimento aziendale dedicata alle corse, che si occupa a 360° del settore.

Il tour si conclude con la visita degli stabilimenti produttivi introducendo lo spettatore nel vivo della produzione del Martini: una vera e propria cittadina fatta di fabbriche snodate tra micro-viali. Al suo interno vi sono grossissime cisterne in grado di produrre milioni di bottiglie, nel rispetto dei meccanismi produttivi originari.

Questa esperienza finisce nel bellissimo bar, curatissimo nel design, in grado di far vivere davvero il gusto del prodotto, frutto di una storia centenaria, di un grande impegno e una genialità che non finisce di stupire, rendendolo il Martini un prodotto Made in Italy unico nel mondo.

Valeria Rombolà

Foto di Antoni Roseti

Il meglio dell’arte floreale italiana in mostra alla Reggia di Venaria

Dal 15 al 18 settembre 2022
Dopo il successo della prima edizione del 2021, la Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale barocco alle porte di Torino, apre nuovamente i suoi sontuosi spazi barocchi per ospitare Corollaria Flower Exhibition, la prima rassegna italiana dedicata all’arte floreale.
Da giovedì 15 a domenica 18 settembre florovivaisti, fioristi e flower designer da tutta Italia mettono in mostra le innumerevoli forme di bellezza che possono assumere i fiori, tra installazioni artistiche e decorative, in una profusione di colori, profumi, piante, foglie ed emozioni.
Un grande evento organizzato in un contesto unico al mondo, per far scoprire e riscoprire a professionisti, flower designer, fioristi, scuole, appassionati, turisti e semplici curiosi le ultime tendenze del settore e tutto l’incanto e la bellezza del mondo floreale, con un focus particolare sul “fiore reciso”.
Sono 7 le sale della Reggia di Venaria vestite a festa con l’esuberanza e la vivacità dei fiori e della Natura: il Rondò Alfieriano, la Cappella di Sant Uberto, l’Anticamera dei Valletti a Piedi, la Sala di Diana e le Sale 17, 19 e 31.
Ad animarli alcuni dei più importanti artisti floreali italiani, con le loro geniali installazioni e con spettacoli creativi, in un caleidoscopio di colori, profumi e forme sorprendenti e intriganti.
Il Rondò Alfieriano si inebria con l’esplosiva installazione “Boooommmm!!!” a cura di Flauerpauer, Associazione nata nel 2021 dall’idea di alcuni coltivatori e compositori di piante e fiori per diffondere, con la creazione di grandi allestimenti, di corsi e di interventi, la cultura della coltivazione sostenibile, della bellezza dei fiori, del rispetto della natura e dell’ambiente.
Attraverso il potere salvifico dei fiori e della Natura, “Booommmm!!!” vuole raccontare il difficile momento storico che stiamo vivendo in un modo ottimistico: attraverso l’esplosione di nuove possibilità e la capacità di tutte e tutti noi di raccogliere le sfide che gravano sul futuro e trovare nuovi modi di convivenza tra le persone e con la natura. L’installazione punta a far esplodere in tutti quanti il desiderio di mettersi sulla via dei fiori con attenzione, cura e bellezza!
In tutti gli altri saloni, invece, spazio a “Emozioni floreali tra arte e musica”, un insieme di installazioni creative proposte dai professionisti di Federfiori, la Federazione Nazionale dei fioristi italiani, coinvolgono il pubblico in un turbinio di emozioni attraverso un itinerario appassionante in cui la Natura si incontra con la musica, si fonde con essa e guida i visitatori in un viaggio multisensoriale unico nel suo genere. Tra le installazioni in mostra, anche le opere che hanno partecipato alla “Coppa Italia” di arte floreale, tra cui l’opera vincitrice della manifestazione del Floral designer Nicola Puricelli, e quelle che hanno preso parte alla fase finale del Campionato Europeo dell’arte floreale dello scorso agosto in Polonia, presentate dal Floral designer e insegnante

Federfiori Fabrizio Panone, la cui arte mischia i fiori alla flora con materiali talvolta imprevedibili.
Non solo opere artistiche ma anche dei veri e propri floral – show: sabato 17 e domenica 18 settembre (dalle ore 11 e 30 alle ore 13.30 entrambi i giorni) i professionisti di Federfiori si esibiscono per il pubblico con alcune affascinanti dimostrazioni di arte floreale in un connubio costante tra fiori e musica.
Anche FLOR quest’anno è tra i protagonisti di Corollaria con il nuovo marchio FLORCASA, attraverso un’installazione dal nome “Insieme” che esplora le possibilità di costruire “comunità multispecie”, cioè spazi all’interno dei quali far convivere in armonia umani, piante e animali.
Sabato 17 settembre, dalle 18:30 a mezzanotte, Corollaria sarà la protagonista di Una Notte alla Reggia di Venaria | Corollaria Flower Edition, una serata targata Club Silencio all’insegna della cultura e del mondo floreale, con visita, music, food & drink. Durante la serata si potrà vivere la magia di alcuni spazi della Reggia arricchiti delle installazioni decorative, i Giardini, il Gran Parterre, la Corte d’Onore, la Galleria Grande, la Cappella di Sant’Uberto, il Rondò Alfieriano,
l’Anticamera dei Valletti a Piedi e la Sala di Diana, e intrattenersi con divertenti quiz culturali a
tema accompagnati dalla selezione musicale di Tapeout. L’evento è a cura di Club Silencio, organizzazione torinese che intende avvicinare i giovani al patrimonio storico-artistico e culturale italiano attraverso innovative manifestazioni serali all’interno di musei ed edifici storici. Maggiori informazioni presto disponibili su www.clubsilencio.it
L’ edizione 2022 di Corollaria è organizzata da Associazione Società Orticola del Piemonte, che dal 2009 organizza a Torino la mostra florovivaistica FLOR, in collaborazione con Asproflor, l’associazione di produttori florovivaisti italiani, e Federfiori Confcommercio, la Federazione Nazionale dei fioristi italiani.
Si avvale della collaborazione del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude che gestisce la Reggia di Venaria, residenza sabauda e sito UNESCO, cornice d’eccellenza per raccontare il fiore e tutte le sue declinazioni.
Per maggiori informazioni sull’evento, sulle prenotazioni e sulle modalità di partecipazione consultare il sito www.corollaria.it e www.lavenaria.it

Serralunga Day in onore di re Barolo

Serralunga Day, i produttori del Barolo a menzione comunale “Serralunga d’Alba” si sono incontrati a Fontanafredda per istituire la prima giornata mondiale dedicata a questa menzione, a 30 anni dalla sua nascita. Un momento di confronto sulle diverse interpretazioni di questo territorio, patrimonio unico riconosciuto a livello internazionale.

Si è svolto, nella splendida cornice del Villaggio Narrate nel cuore delle Langhe Patrimonio Unesco, il “Serralunga Day” la prima giornata mondiale dedicata al Barolo del Comune di Serralunga d’Alba. A 30 anni dalla nascita della menzione comunale, i produttori hanno istituito un appuntamento annuale, il secondo venerdì di settembre, per un confronto sulle diverse interpretazioni del territorio.

Serralunga d’Alba (CN), 13 settembre 2022 – È stato inaugurato nel secondo venerdì di settembre il “Serralunga Day”, il progetto voluto dai produttori del Barolo del Comune di Serralunga d’Alba per celebrare e valorizzare questa importante menzione, a 30 anni dalla sua nascita.

Il “Serralunga Day” nasce dal desiderio di tutti i produttori della denominazione di dare vita a un momento di confronto sulle diverse interpretazioni del territorio, concretizzandolo con una presentazione ad amici, critici e stampa l’anteprima straordinaria dell’annata 2019, rigorosamente alla cieca, con l’unico scopo di delinearne un ritratto comune. Ed è proprio in occasione del 30° anniversario dalla nascita del primo Barolo del Comune di Serralunga d’Alba (era il 1992 con il Barolo del 1988), che il “Serralunga Day” si pone l’obiettivo di diventare appuntamento annuale fissato per il secondo venerdì di settembre dove ogni anno tutti i produttori in anteprima racconteranno la nuova annata.

I cosiddetti “Serralunga writers”, pool di giornalisti, critici e amici, al termine della degustazione, hanno elaborato un manifesto descrittivo dell’annata, intitolato “Barolo Serralunga d’Alba 2019, la grammatica del tannino”:

Come i periodi letterari di Seneca erano diretti e incisivi, così i tannini del Barolo Serralunga d’Alba 2019 risultano rigorosi nello stile e simili alla leggiadria dei versi del grande poeta. Una vendemmia classica, ma mai polverosa che esprime grande dinamismo e profondità. Qui, c’è contemporaneità espressa in una leggerezza impalpabile e un’eleganza senza tempo. La distintività dell’origine è testimoniata da una grande nettezza, balsamicità e freschezza. È evidente il superamento del mero abbinamento gastronomico, indice di grande versatilità e attualità. Un’ottima annata, godibile e golosa sin da subito e al contempo rispettosa, rigorosa ed evocativa. Con la 2019 Serralunga si conferma un terroir che, da sempre, dà valore al tempo restituendo a sua volta valore al vino. Un racconto unanime che traduce nel calice un territorio unico e fortemente identitario che parla il verbo del presente con uno sguardo verso il futuro come una promessa. Ci piace pensare che oggi Seneca avrebbe condiviso con noi un Barolo Serralunga d’Alba 2019!

La giornata è terminata con la grande cena di gala al Garden del Lago, con i piatti dello chef stellato Ugo Alciati di Guidoristorante, accompagnati da tutti i Barolo 2018 dei produttori della menzione comunale di Serralunga d’Alba. Dove l’intero ricavato della cena è stato devoluto da parte di tutti i produttori di Serralunga ad una associazione territoriale che propone un progetto dedicato alle famiglie con bambini malati di cancro che hanno ultimato le terapie e iniziato il loro percorso di recupero: LA COLLINA DEGLI ELFI di Govone.

“Siamo infinitamente grati di essere nati su questa Terra, per questo abbiamo deciso di ricambiare, restituendo un po’ di questa fortuna al territorio meraviglioso che ci ospita” dichiarano i produttori del Barolo del Comune di Serralunga.

Presenti al “Serralunga Day” 25 produttori della denominazione del Barolo del Comune di Serralunga d’Alba per una giornata di incontro e degustazione delle annate 2019 (in assoluta anteprima) e 2018, oltre che di condivisione delle varie impressioni sull’annata 2022.

Eccoli in ordine alfabetico: Alessandro Rivetto, Angelo Negro, Boasso Franco, Ca’ Rome’, Cantina del Nebbiolo, Cascina Adelaide, Domenico Clerico, Enrico Serafino, Ettore Germano, Famiglia Anselma, Fontanafredda, Garesio, Giovanni Rosso, Luigi Baudana, Luigi Vico, Palladino, Paolo Manzone, Pico Maccario, Pira, Podere Gagliassi, Principiano Ferdinando, Rivetto, Schiavenza, Tenuta Rocca, Villadoria