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Miss Italia, le fasce assegnate in Piemonte

E’ proprio nei giorni delle Olimpiadi di Parigi che Miss Italia Piemonte ha deciso di eleggere la sua Miss Sport Givova Piemonte e Valle d’Aosta 2024. Una fascia ambita e importante assegnata alla splendida Ilaria Nari, 20 di Trofarello, studentessa di Scienze Giuridiche con indirizzo in Criminologia e, soprattutto, ex ballerina di danza classica, oggi regina del fitness. L’elezione è avvenuta lo scorso 26 luglio nella splendida cornice dell’Ippodromo di Vinovo.

Secondo il volere di Mirella Rocca da quando è agente regionale per Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, ovvero da tre anni, la Miss Sport deve assolutamente essere una ragazza che pratica o ha praticato a livelli importanti una qualche disciplina.

Come stanno dimostrando i nostri campioni impegnati alle Olimpiadi – spiega Mirella – lo sport è molto importante e aiuta a raggiunge traguardi inimmaginabili. Lo sport è educazione e disciplina. Molte delle mie Miss, oltre a studiare, praticano sport, la cosa mi rende particolarmente felice. Ritengo che la ragazza che indossa questa fascia debba necessariamente essere una sportiva, una persona che possa trasmettere al Piemonte il significato dell’esercizio fisico ed esserne d’esempio”.

Ilaria Nari:

Fin da piccolissima ho sempre praticato sport senza mai mollare. La danza classica mi ha accompagnato durante tutto il periodo della mia infanzia fino ai 15 anni. Purtroppo per un piccolo problema ho dovuto smettere e mi sono subito affacciata al mondo del fitness.  Nel corso del tempo è diventata una delle mie più grandi passioni e proprio per questo due anni fa ho conseguito il brevetto di Attività Sportiva di Ginnastica Finalizzata alla salute ed al Fitness. Per me lo sport significa mettersi in gioco con sestessi, è un continuo superamento dei propri limiti, è sacrificio. Sarei

bugiarda a dire che è tutto semplice… ci vogliono tanta costanza e soprattutto attenzione nella scelta degli alimenti. Senza una buona combinazione di allenamento e dieta non si vedranno mai i risultati sperati. Sono una ragazza molto determinata e nella mia vita cerco di conciliare nel migliore dei modi studio, allenamento e lavoro nelle varie palestre della zona. Un anno fa ho iniziato a coronare un altro dei miei sogni iscrivendomi all’Accademia di Moda e Cinema di Mirella Rocca, il Cdh. Si tratta di una scuola a 360 gradi in cui i ragazzi con in mano un sogno vengono preparati sotto tutti gli aspetti da vari esperti del mondo della fotografia, moda e recitazione. Il più lo devo proprio a Mirella Rocca che ha creduto in me fin da subito e grazie a cui sono riuscita a raggiungere un bellissimo traguardo… essere Miss Sport Givova Piemonte e Valle d’Aosta 2024.

Le altre Miss

Ma non è tutto, per Miss Italia sono tempi stretti. Il viaggio è continuato, infatti, sabato 3 agosto presso la Tenuta Roletto di Cuceglio (To) dove sono state elette Miss Erbaluce, un titolo speciale per il Piemonte voluto da Mirella Rocca, e andato a Carola Augelli di 24 anni di Giaveno, ballerina campionessa internazionale di danze caraibiche, e Miss Framesi Piemonte e Valle d’Aosta, Chiara Frezza 19 anni di Carmagnola. Studia Management Gestione Aziendale…ma sogna il cinema.

Le ragazze accedono tutte alle finali regionali del 28 agosto a Barbaresco quando verranno elette Miss Piemonte e Miss Valle d’Aosta.

Esclusivista per la Regione Piemonte Liguria e Valle D’Aosta

Voglia di gelato. Eccone uno speciale…

Un gustoso e sorprendente antipasto salato rinfrescante.

Un favoloso gelato al parmigiano, un modo diverso per gustare un classico della cucina italiana, molto semplice da realizzare sara’ una piacevole novita’. Servito con delle verdure croccanti incantera’ i vostri ospiti.

 

Ingredienti

200 ml. di panna fresca da cucina

200 ml. di latte fresco intero

100 gr. di Parmigiano Reggiano grattugiato

Pepe macinato

Granella di pistacchi di Bronte

Verdure fresche a piacere

 

Sciogliere a bagnomaria il parmigiano grattugiato fresco nella panna, lasciar raffreddare. Aggiungere il latte e una macinata di pepe, mescolare bene. Versare tutto nella gelatiera e lasciar mantecare. Preparare le verdure, ottimo con sedano e ravanelli, servire le palline di gelato in coppette individuali cosparse di granella di pistacchio di Bronte. Strepitoso !

 

Paperita Patty

Phubbing, stare al cellulare può essere antisocial

Di recente creazione, il termine inglese phubbing è la fusione tra phone (cellulare) e snubbing (snobbare).

Nella sostanza, invece, questo neologismo corrisponde alla poco gradevole attività, e in alcuni casi anche nociva, che molti compiono stando ininterrottamente al cellulare, ignorando gli altri in loro compagnia e sminuendo di fatto il valore delle relazioni concrete e tangibili.

Non si tratta di guardare ogni tanto il telefono o di rispondere alle chiamate di lavoro, ma di una attenzione permanente nei confronti dello strumento più usato del secolo che promette una vita social in costante aggiornamento, ma che spesso ci fa trascurare le persone vicine che con noi condividono spazi e tempo; con questa condotta si attua una vera e propria mancanza di considerazione nei confronti di coloro che ci vorrebbero vivere, ascoltare e parlare ed è molto probabile che si perda il contatto col mondo reale.

Al bar con un amico, a casa con i figli o anche durante un incontro di lavoro a chi non è capitato di stare con persone che dovrebbero rivolgerci l’attenzione ma che invece fissano ipnotizzati il cellulare, consultano i vari profili social, controllano ossessivamente le email o fanno shopping online? E’ molto frustrante essere in competizione con un mini aggeggio che ha il potere di annullare una conversazione, lo scambio tra individui e persino una sana discussione, ma purtroppo questa abitudine disfunzionale è sempre più frequente. Io per conto mio se capisco che la situazione sta prendendo una piega non tollerabile comincio con l’emettere piccoli sospiri, proseguo con manifestare facce seccate e, infine, con una scusa mi congedo sperando che il messaggio “ci sono anche io” arrivi diretto.

Questo non saper fare a meno di attenzionare il cellulare di continuo è a tutti gli effetti una dipendenza causata dall’ansia di essere tagliati fuori dalle notizie, dagli aggiornamenti e in generale dal circuito di internet e dei social network; si tratta di una vera e propria paura, la Fomo, in inglese “fear of missing out”. Ci sono anche altre cause per cui si ignora il mondo circostante dedicandosi quasi esclusivamente allo smartphone, per esempio la noia e, in alcuni casi più gravi, alcuni tratti della personalità che rimandano al neuroticismo che provoca instabilità emotiva e disadattamento.

“La buona notizia è che l’intelligenza sociale si può imparare, attraverso l’esperienza, l’ascolto attivo o una riflessione sugli errori compiuti o osservati negli altri”. E’ importante, facendo un passo per volta, riabilitare quella fondamentale capacità che ci rimette in sintonia con gli altri, quella attitudine sociale che ci fa connettere realmente con gli altri ponendoci in modalità di ascolto e di empatia. Un telefono per quanto smart sia non può sostituire le persone, la rete con tutti i suoi ammalianti contenuti è un luogo fittizio e limitante. Senza voler togliere i meriti a sistemi che hanno rivoluzionato la nostra vita in maniera decisamente positiva facilitando molte delle nostre attività, nulla può prendere il posto delle conversazioni in presenza, niente può sostituire lo stare insieme condividendo sensazioni, emozioni ma anche

gli scenari e l’ ambiente circostante. Qualsiasi macchina per quanto potente non può sostituire l’essere umano.

MARIA LA BARBERA

 

Fonte: Focus

Difendiamoci da chi ci vuole manipolare / 2

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STARE BENE CON NOI STESSI

Molto spesso non ci rendiamo conto di essere manipolati. Le emozioni e sensazioni che proviamo dovrebbero però metterci in guardia dal rischio che corriamo, ma non sempre siamo in grado di “tradurle” e di darci le corrette spiegazioni a livello razionale.

A seconda delle modalità e dei comportamenti adottati dalle persone manipolatrici esse possono essere la paura, nel caso di atteggiamenti più o meno aggressivi di chi ci vuole manipolare o il senso di colpa nel caso si atteggiamenti vittimistici.

Nel primo caso il manipolatore tende a svalutare le sue vittime, utilizzando critiche e insinuazioni talvolta sarcastiche e in certi casi pesanti, attraverso le parole, i toni e gli atteggiamenti, mentre nella versione “vittimistica” lamenta di subire torti.

O di essere una persona sfortunata, maltrattata, offesa, ferita, non rispettata, ecc. In ogni caso le migliori vittime dei manipolatori sono le persone con un basso livello di autostima, più facilmente agganciabili e condizionabili.

Se la manipolazione avviene all’interno di una qualsiasi relazione affettiva, si deve capire se accettiamo pesanti condizionamenti pur di mantenere la relazione e di non perdere quel legame che magari ci sembra indispensabile, unico e meraviglioso.

La manipolazione pubblicitaria si manifesta invece nel sollecitare un bisogno, reale o più spesso semplicemente provocato, in chi la riceve, spingendolo in modo sottile e talvolta subliminale all’acquisto del prodotto o del servizio oggetto della réclame.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
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L’Aforisma Pizzeria Torino: Una Serata Gourmet a Quattro Mani

La pizzeria e locale glamour L’Aforisma, in via Tepice, 8 a Torino ha ospitato una serata eccezionale denominata “Serata a 4 Mani”, che ha visto la collaborazione tra il proprietario Claudio Fusco e il noto pizzaiolo e ideatore de “La Pizza Croccante”.

Questo evento, supportato da Molino Casillo, ha messo in risalto le farine con germi di grano, ingrediente chiave per la realizzazione delle specialità della serata.

Il menù di quattro portate ha conquistato i palati dei partecipanti, registrando il tutto esaurito e lasciando un’impronta indelebile nei ricordi culinari dei presenti.

Il menù della serata a Quattro Mani

Gran Lievitato Emiliano di Claudio Fusco

La serata ha preso il via con il “Gran Lievitato Emiliano” di Claudio Fusco, una creazione unica che ha reinterpretato il tradizionale panettone in versione salata.

Questo lievitato, preparato con lievito madre, è stato tostato e farcito con canditi di Parmigiano Reggiano 24 mesi e prosciutto crudo San Giacomo 20 mesi.

La combinazione di sapori intensi e la qualità degli ingredienti hanno reso questo antipasto un inizio memorabile per la serata.

Fiore dal Medio Oriente di Alessandro Lo Stocco

Alessandro Lo Stocco ha portato un tocco di esotismo con la sua pizza “Fiore dal Medio Oriente”. Questa pizza “SuperCrust” è stata preparata con farina di tipo 1 con germe di grano e arricchita con una varietà di ingredienti ispirati alla cucina mediorientale: fior di Latte d’Agerola, cavolfiore brulée, hummus di Cicerchie di Campodimele (PAT Lazio), tahina di sesamo bianco, polpa di peperoni verdi freschi, cumino e paprika dolce.

I sapori ricchi e aromatici di questa pizza hanno trasportato i commensali in un viaggio sensoriale attraverso il Medio Oriente.

L’Evoluzione di una Norma (Claudio Fusco)

Claudio Fusco ha proseguito la serata con “L’Evoluzione di una Norma“, una pizza contemporanea che ha reinterpretato la classica Norma siciliana.

Utilizzando farina con germe di grano, il piatto è stato arricchito con passata di melanzana bruciata, stracciatella del caseificio Montrone, capocollo croccante De Pasquale e Parmigiano Reggiano stagionato 24 mesi. Questo piatto combina tradizione e innovazione, offrendo una versione sofisticata e deliziosa di un classico intramontabile.

Saku Saku di Coppa (Alessandro Lo Stocco)

La seconda creazione di Alessandro Lo Stocco, “Saku Saku di Coppa“, ha portato gli ospiti in Giappone. Utilizzando una base di pizza “Crustica” con cerealapizza, Lo Stocco ha arricchito questa portata con coppa di testa, provola affumicata, fiori di zucca, polvere di olive di Gaeta, shichimi togarashi e polvere di capperi di Pantelleria. Questo piatto ha celebrato le spezie e i sapori tipici della cucina giapponese, con il togarashi che ha aggiunto un tocco piccante e aromatico.

Soffice Conclusione (Claudio Fusco)

La serata si è conclusa con un dessert che ha lasciato tutti i partecipanti pienamente soddisfatti. Claudio Fusco ha presentato un pan brioche con gelato al mirtillo fatto in casa e zabaione al Vermouth di Torino.

L’evento “Serata a Quattro Mani” è stato un successo straordinario, gli ospiti hanno apprezzato ogni singolo piatto servito.

La collaborazione tra Claudio Fusco e Alessandro Lo Stocco ha dimostrato come la passione per la cucina e l’innovazione possono creare esperienze culinarie indimenticabili.

La pizzeria L’Aforisma si conferma così un luogo d’ eccellenza gastronomica a Torino, capace di sorprendere e deliziare con creatività e qualità.

L’evento ha lasciato tutti con la speranza di future collaborazioni e nuove serate all’insegna del buon cibo e della convivialità.

CRISTINA TAVERNITI

Sad summer: in estate è sempre tutto bello?

Effetti positivi e negativi del momento piu’ atteso dell’anno.

Si sente il profumo degli odori tipici dell’ estate diffuso nell’aria; il tiglio, il gelsomino, la rosa e la lavanda pervadono l’ambiente avvisandoci che ci siamo, le temperature stanno salendo o sono gia’ calde . Finiscono le scuole, arrivano le ferie, si fanno progetti, anche solo gite in giornata per godersi il sole e la luce o pochi giorni per ricaricarsi e rimettersi in pari con il benessere.

Per me l’estate voleva dire Sicilia, cugini, traghetto e mare cristallino, la aspettavo tutto l’inverno sognando situazioni, persone care e divertimenti.

Certamente la stagione calda ha, nella memoria collettiva, una connotazione positiva, la socialita’ aumenta, il colore della pelle, ambrato, ci fa sembrare piu’ in salute e piu’ attraenti e ci si toglie un carico fatto di pesanti tessuti, ma anche di grande affanno.

Ma in estate e’ davvero tutto armonioso e positivo?

Non proprio, durante questa bella stagione compaiono, infatti, diversi disturbi causati per cominciare dalle alte temperature, spesso afose e opprimenti, che gravano sulle nostre giornate impedendoci di fare molto di quello che durante i periodi piu’ miti si puo’ fare a tutte le ore. Si accendono i ventilatori e i condizionatori di giorno e di notte, ci sentiamo affaticati, irritabili e la disidratazione aumenta insieme all’insonnia e si sa che non dormire crea tensione.

Il cielo azzurro e le notti stellate non bastano per evitare i mal di testa tipici del caldo, dell’umidita’ e anche di quella luce solare che ci mette di buon umore. Gli sbalzi di temperatura provocati dall’alternare ambienti caldi e freddi o causati delle bevande fredde, crea ulteriori malesseri. Infine il cambio di routine e dei ritmi sonno veglia contribuiscono ad affaticarci sia fisicamente che mentalmente.

Esiste, dunque, un vero e proprio mal d’estate che arriva con molta puntualita’ minando le nostre piu’ rosee aspettative e frustrando previsioni e programmi; tutto cio’ e’ aggravato anche dall’amplificarsi dell’ansia e delle depressioni che d’estate aumentano circa del 12%.

Cosa fare, allora, per difendersi da questo disturbo affettivo stagionale?

Il nostro benessere non deve mai andare in vacanza e per affrontare al meglio i risvolti negativi dell’estate sarebbe bene, per esempio, continuare a fare attivita’ fisica, ovviamente negli orari piu’ freschi e magari anche a casa, e questo per favorire il rilascio delle endorfine, le sostanze prodotte dal cervello che aumentano il tono dell’umore. Passeggiare in compagnia ed immergersi nel verde puo’ essere un’ottima soluzione come reintegrare i sali minerali, come il potassio e il magnesio, che vengono espulsi col sudore. Inutile dire, poi, di bere molto e di seguire una alimentazione con frutta e verdura che, grazie alle fibre e ai polifenoli contenuti, dei veri antiossidanti, ci aiutano a combattere la stanchezza.

E’ determinante, infine, ma molto importante, non cedere a tutte quelle pressioni sociali capaci di rovinare le nostre vacanze ( e spesso anche la vita in generale); una di queste, soprattutto per noi donne, e’ la questione legata alla linea, la prova costume. Diventa quasi una ossessione dover perdere peso per andare dietro a qualche modello predominante di bellezza non sempre raggiungibile; fare un tuffo con qualche chilo in piu’ non ci deve togliere la gioia, ma al contrario e’ necessario non cedere alla tendenza di fare pericolosi e insensati confronti.

Un’altra cosa che si puo’ fare e’ non coltivare troppe aspettative, quello che vediamo nella pubblicita’ e nei film e’ fiction, la vita vera ha sempre qualche imprevisto e soprattutto e’ fatta di imperfezione; possiamo fare solo del nostro meglio e goderci al massimo le nostre giornate estive che saranno fatte anche di caldo eccessivo, di file all’aeroporto, di insonnia, di qualche disdetta e, dopo un po’, anche di tanta voglia di autunno e di tornare alla nostra routine quotidiana.

MARIA LA BARBERA

Barolo experience… che gradevole esperienza!

L’Enoteca Regionale del Barolo insegna ad assaggiare e a scegliere il Barolo, re di Langa

“Vinum regum, Rex vinorum”“Il vino dei Re, il Re dei Vini”. Così è stato definito il nobile “Barolo” di Langa. E non a caso. La nascita e il successo del “Barolo”, uno dei vini rossi più noti in Italia e nel mondo (ottenuto al 100% da uve nebbiolo “in purezza” e prodotto in soli 11 Comuni della Bassa Langa) sono infatti strettamente legati alla storia dei Savoia e all’Unità d’Italia. Suo grande estimatore fu soprattutto re Carlo Alberto che dalla marchesa Giulia Colbert Falletti (ultima marchesa di Barolo) ne ricevette in dono ben 325 “carrà”, le botti da trasporto del tempo, promovendolo, per la sua delizia, a “Vino di Corte” e le cui prime bottiglie pare siano state “imbottigliate” nel 1844 niente meno che da Camillo Benso Conte di Cavour insieme alla stessa marchesa Colbert. E proprio Cavour, negli anni successivi, ne avviò la produzione (mentre Carlo Alberto s’era già acquistato una sua personale tenuta a Verduno per produrvi il “proprio” Barolo), cominciando ad utilizzarlo come “vino istituzionale” per ritrovi più o meno formali, compresi i festeggiamenti, nel 1861, per l’Unità d’Italia. Linea mantenuta ovviamente, dal figlio di re Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, cui si deve, nel 1858, la realizzazione della stupenda “Tenuta Fontanafredda” a Serralunga d’Alba, offerta in dono dal primo Re d’Italia a Rosa Vercellana, la “Bela Rosin”, amante e, in seguito, moglie morganatica, cui concesse i titoli nobiliari minori di “Contessa di Mirafiori” e, appunto, di “Fontanafredda”. Lunga e nobile storia, dunque, quella del regal “Barolo”, caratterizzata da risultati affinati nel tempo (dall’uomo da uomini da famiglie eccezionali) e che oggi gli permettono di competere alla grandissima su tutte le tavole del mondo. Come vuole testimoniare l’iniziativa “Il Barolo consapevole”, proposta da giovedì 8 a domenica 18 agosto (tutti i giornialle 18,30) dall’“Enoteca Regionale del Barolo”, sita nel cuore dell’omonimo piccolo “ma con una grande storia” Paese di Langa, all’interno del millenario Castello che domina il Borgo e che ospita anche il “Museo del Vino Barolo”. A tenere quella che gli organizzatori definiscono una “Barolo Experience” sarà lo stesso direttore dell’“Enoteca Regionale”, Cristiana Grimaldi.

Per rispondere alla domanda Come si assaggia e si sceglie un Barolo?, i partecipanti saranno guidati in un percorso di tre assaggi alla scoperta di rinomati vini da zone “DOCG 2020” con differenti caratteristiche. L’iniziativa, della durata di circa 45 minuti, è su prenotazione obbligatoria sul sito www.enotecadelbarolo.it  e si svolge nello storico “Castello di Barolo”. La “Boutique dell’Enoteca” (ingresso via Collegio Barolo, Barolo)è “aperta per ferie” tutti i giorni dalle 10,30 alle 18,30 (con assaggi fino alle 18), pronta ad offrire al pubblico decine di etichette dei 217 produttori selezionati dagli esperti della “Commissione Tecnica” dell’“Enoteca” e a proporre, senza prenotazione, un “percorso sensoriale” fino a 32 etichette differenti, fra “Langhe Nebbiolo DOC” e “Barolo DOCG”.

Spiega Cristiana Grimaldi: “Ad un anno esatto dal cambio di presidenza dell’‘Enoteca’, con l’arrivo di Claudio Botto, proponiamo questa nuova esperienza, nel segno della continuità nel lavoro di promozione e divulgazione delle caratteristiche del ‘Barolo’. Invitiamo i partecipanti a scoprire insieme cosa significhi ‘Barolo consapevole’, consci di come si apprezzi molto di più un vino di cui si riconoscono le qualità e di come conoscere un prodotto sia un’occasione di comunicazione e di condivisione di interessi comuni”.

Dall’“Enoteca Regionale del Barolo”, informano inoltre che è già possibile prenotare, sul sito www.enotecadelbarolo.it, la MasterClass “2020. Il Barolo che non ti aspetti”, in programma domenica 22 settembre (alle 10,30), già sold out ma con possibilità di iscriversi alla lista d’attesa, con replica domenica 29 settembre, con posti ancora disponibili. Pensato come una vera e propria “passeggiata sensoriale” nella zona del Barolo, l’appuntamento – sempre a cura di Cristiana Grimaldi –  si rivolge agli amanti del vino e ai “professionisti” che desiderano approfondire le proprio conoscenze sul mondo del “Barolo” concentrandosi sull’ultima annata in commercio, ma anche a quanti sono al loro primo approccio con questo vino. Dopo un breve inquadramento dell’area, della denominazione e dell’annata dal punto di vista climatico, seguirà la “degustazione alla cieca” che consentirà di esplorare le sottili variazioni di espressione che costituiscono una delle possibili chiavi di lettura per conoscere più a fondo l’annata, sperimentandone la profondità ed il potenziale.

Per ulteriori info: “Enoteca Regionale del Barolo”, via Collegio Barolo, Barolo (Cuneo); tel. 388/6262864 o www.enotecadelbarolo.it

g. m. (ilTorinese.it)

Nelle foto:

–       “Enoteca Regionale del Barolo”

–       Cristiana Grimaldi, durante una degustazione

Ho girato il mondo ma non ho visto nulla

Nel titolo dell’articolo si riassume la filosofia della maggior parte dei turisti: viaggio, sto nei villaggi, mangio cucina internazionale, parlo la mia lingua perché gli animatori sono miei connazionali, se va bene (e se non sono pigro) effettuo un’escursione extra, dopodiché torno nel mio Paese e posso, orgogliosamente, dire di avere visitato i Caraibi piuttosto che le Maldive, Capo Verde piuttosto che il Kenya e così via.

La vacanza, per la stragrande maggioranza delle persone, consiste nel soggiorno in un villaggio che, visto dall’interno, è identico a quelli presenti in 100 altri Paesi, con gli stessi svaghi, gli stessi slogan per cui di realmente tipico c’è poco, a parte i dipendenti della struttura reclutati sul posto.

Un giorno, infatti, qualcuno decise di creare il turismo dei vari club o resort o come li volete chiamare, con formula all inclusive,dove il turista viene prelevato all’aeroporto e riportato lì al termine della vacanza e nel frattempo viene mentalmente obbligato a fare attività sportive o ludiche in nome di una non ben definita vacanza, dove potresti essere ai Caraibi, in Kenya o in Sardegna ma se non incontri qualche indigeno ti viene difficile capire l’unicità di quel luogo.

Ovviamente, al ritorno a casa, la vacanza verrà decantata (o denigrata, dipende) per il clima, per il cibo e per la simpatia degli animatori ma se chiedi se abbiano visto tracce del popolo Taino o se abbiano imparato l’adumu masai ti risponderanno che erano lì per riposarsi, non per studiare.

Fino all’avvento della fotografia digitale, era prassi (noiosa per chi la subiva, ad onore del vero) mostrare agli amici ed ai parenti le diapositive della vacanza appena conclusa, ma era comunque un modo di erudire chi non era mai stato nel luogo, per mostrare i paesaggi o gli animali locali e, dunque, svolgeva una funzione istruttiva; ora, in un’epoca in cui all’arrivo al casello dell’autostrada abbiamo già scattato il numero di foto che allora scattavamo in un’intera vacanza, le teniamo nel pc e non le guarderemo più. affetti da una forma compulsiva di catturavirtuale di ciò che ci circonda.

Le distanze sempre maggiori delle nostre mete sembrano più una sfida alle proprie capacità di viaggio, alla propria resistenza, che alla volontà di scoprire qualcosa, di conoscere, di incontrare, di imparare; il fatto, poi, che alcune destinazioni siano praticamente scomparse dai nostri itinerari (Capo Nord, Scandinavia, Botswana, Nepal e molte altre) e che altre siano sempre più gettonate per 2-3 anni (Albania, USA, Croazia, Giappone) fa capire come viaggiare segua le indicazioni della moda, esattamente come l’acquisto di un’auto o del colore degli abiti; se non vai in vacanza in un certo posto sei “out”, sei demodé.

Il fatto, inoltre, che ci si accontenti di andare nei villaggi, anziché chiedere l’organizzazione di un viaggio su misura o che non si voglia organizzare un viaggio per proprio conto indica inequivocabilmente che si viaggia per muoversi, non per vedere cosa vi sia in quel luogo; io ho viaggiato in quasi tutta l’Europa, Balcani compresi, Capo Verde, Rep. Dominicana, Israele, Tunisia, Marocco, Turchia ma in ogni luogo ho sempre cercato di andare nei posti non turistici (quelli frequentati dagli indigeni, per intenderci) per bere e mangiare cosa e come mangiano loro, per acquistare oggetti tipici senza farmi spennare perché turista.

In uno dei viaggi a Tunisi, mentre i miei compagni di viaggio andavano ad acquistare essenze di profumo, tabacco per narghillè o vestiti, io mi sono seduto in un bar (allora fumavo ancora) per prendere un caffè fumando una sigaretta e, intanto, parlare con alcuni avventori del luogo che mi hanno spiegato un po’ di storia della Tunisia e alcuni precetti dell’Islam. Chi, tra i miei compagni di viaggio e me, è uscito più arricchito da quel tour?

E cosa dire del tour nella Repubblica Dominicana quando, decidendo di noleggiare un fuoristrada, sono andato a pranzo in una casa di indigeni e un’altra volta a cena in una capanna sulla spiaggia, mangiando aragosta appena pescata? Scopriì così che a Santo Domingo vent’anni fa praticamente mancava l’energia elettrica quasi ovunque, salvo generatori appositamente installati da hotels, scuole, ecc e che l’arrivo degli emigrati da Haiti, Paese che confina con la Repubblica Dominicana, ha fatto impennare i casi di HIV nel Paese.

Un esempio classico di come molti italiani dovrebbero stare a casa, anziché fare figuracce in giro, lo si vede all’ora dei pasti: ricerca ansiosa della pasta, se trovano i cannelloni o le lasagne (magari in Vietnam) poi si lamentano che non erano granché, piuttosto insipide o scotte; se siamo il Paese che ha minore dimestichezza con le lingue straniere e con la geografia, un motivo ci sarà; se concepiamo solamente un mondo italocentrico, dove al centro di tutto c’è l’Italia e intorno qualche altro Paese ci sarà una spiegazione, e non è certo l’importanza del nostro Paesenell’assetto mondiale.

Salvo poi conoscere benissimo le formazioni di calcio di almeno 6-7 squadre, i risultati dei mondiali di almeno 12 edizioni e saper spiegare perché l’Italia è stata esclusa da alcune recenti competizioni: l’importante però è chiudersi per due settimane l’anno in qualche resort, uguale a quelli degli anni precedenti.

Sergio Motta