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Il lettore Ezio Cairoli ci invia le immagini dei monumenti e degli edifici istituzionali torinesi illuminati di arancione in omaggio al campione di tennis Sinner



E’ giunto alla sua 46 esima edizione
Domenica 4 febbraio prossimo entrerà nel vivo il 46esimo Real Carnevale Venariese, con una giornata dedicata alla festa e alla sfilata.
L’evento è organizzato dalla città di Venaria Reale e dalla Fondazione Via Maestra, in collaborazione con la Pro Loco di Altessano, Venaria Reale, Comitato carnevale e corpo musicale Giuseppe Verdi.
Il programma prevede la sfilata dei gruppi in maschera alle 14.30 da via Diaz, accompagnati dal corpo musicale Giuseppe Verdi, con la partecipazione dei personaggi di Lucio d’la Venaria e la Castellana, la crisalide di ieri e di oggi, il gruppo storico Vittorio Emanuele II, i conti di Cremieu, Gianduja e Giacometta di Pinerolo, Re Peperone di Carmagnola, sbandieratori e tamburini di Fiano, Veneziani di Lemie, Majorette di Orbassano, Abruzzesi e Molisani e da Avigliana sbandieratori, musici, gruppo di corte del Conte Rosso e dei diversi borghi.
Alle 15.30 in piazza Pettiti vi sarà la Carnival parade, con la presenza di trampolieri, giocolieri e musica e la distribuzione di palloncini a cura dell’Avis di Venaria. Alle 16, in piazza Annunziata, si animerà la vera e propria festa del carnevale con giocolieri, trucca bambini, balli di gruppo e battaglia di coriandoli, a cura di Fem spettacoli, con bugie e cioccolata calda a cura del comitato carnevale e della Pro Loco di Altessano Venaria Reale.
MARA MARTELLOTTA
In alternativa alla classica torta di mele vi suggerisco di provare questa particolare ed irresistibile variante. Un dolce delizioso realizzato senza farina, dalla consistenza morbida e dal sapore unico. Una coccola perfetta per palati golosi.
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Ingredienti
1,500kg. di mele Golden
80gr.di amaretti
120gr. di savoiardi
180gr. di zucchero
40gr. di burro
1 bicchiere di vino bianco secco
3 cucchiai di rhum
1 uovo intero e 1 tuorlo
75gr. di cacao in polvere
Zucchero a velo per decorare
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Cuocere le mele sbucciate e tagliate a dadini con il vino bianco e un cucchiaio di zucchero. Sbriciolare gli amaretti e i savoiardi. Frullare le mele, mescolando aggiungere il burro, il cacao, il rhum, lo zucchero rimasto e la polvere di amaretti e savoiardi. Incorporare le uova leggermente sbattute, mescolare bene. Imburrare uno stampo, spolverizzare con panepesto, versare il composto e infornare a 200 gradi per 90 minuti circa. Lasciar raffreddare e decorare a piacere con zucchero a velo.
Paperita Patty
Domenica 28 gennaio, come avviene da diversi anni, la sfilata del Carlevè ‘d Turin ha inaugurato al Parco della Pellerina la cittadella del Carnevale torinese che fino al 3 marzo ospita il più grande luna park d’Italia con le sue oltre 120 attrazioni e il programma del Carnevale Torinese
Attorno al Luna Park (Corso Regina Margherita, Corso Lecce, Corso Appio Claudio), Gruppi carnevaleschi, gruppi folkloristici, gruppi majorettes, ballerine, personaggi del mondo dei bambini, Maschere ufficiali dei Carnevali del Piemonte e Valle d’Aosta guidati da Gianduja e Giacometta del Carlevè ‘d Turin.
Il servizio fotografico è di Mihai Bursuc






Poco fuori dal centro di Torino Diego e Ruggero Bravo circa 12 anni fa crearono il ristorante “Fratelli Bravo”; entrando l’atmosfera è molto famigliare, tovaglie a quadretti bianche e rosse, calde luci, vino e pane ai tavoli e sulle mura tante maglie appese di tantissimi giocatori della Juve e qualcuna anche del Toro, tutte rigorosamente autografate.
amanti di questo ristorante come sono di casa calciatori come Marchisio e la moglie, Dybala, Chiellini, Bonucci, Belotti e moltissimi altri. Anche Cristiano Ronaldo con la compagna Georgina in alcune importanti occasioni sceglievano i Fratelli Bravo come la calciatrice juventina Cecilia Salvai che lascia il segno del suo passaggio firmando la sua maglia dai fratelli Bravo.
Non solo calciatori, tra gli appassionati della cucina dei Fratelli Bravo sono anche le due ex Miss Italia torinesi Cristina Chiabotto e Edelfa Chiara Masciotta.
Se chiedessimo a dieci persone cosa sia la felicità o, peggio, se siano felici otterremmo sicuramente dieci risposte diverse ma, sicuramente, su un punto concorderebbero quasi tutti: se non hanno già raggiunto la felicità la raggiungeranno facendo questo o diventando quello o acquistando una certa cosa.
Nell’accezione originale del termine la felicità è un sentimento, positivo, quando raggiungiamo un obiettivo, o, come dice wikipedia, quando riteniamo soddisfatti i nostri desideri.
E’ evidente che se così fosse noi saremmo soddisfatti per il tempo necessario a godere l’oggetto acquistato (o regalato), il traguardo di studi o lavorativo raggiunto ma subito dopo, per una caratteristica tutta umana, subentrerebbe nuovamente l’insoddisfazione; questo è tanto più valido quanto più la nostra civiltà è industrializzata, moderna, tecnologica.
Chi di noi sia stato in Paesi meno agiati, come la Repubblica Dominicana, il Kenya, la Costa d’Avorio o Capo Verde, per citarne solo alcuni, avrà notato come gli indigeni siano sempre allegri, felici pur non disponendo di nulla, né abitazioni che da noi sarebbero normali, né soldi, né automobili di lusso e talvolta neppure la salute; hanno, però, una filosofia di vita che li porta a considerare positivamente ciò che incontrano quotidianamente: la natura, un mare stupendo, la salute per cagionevole che sia, il lavoro, i figli, essere vivi.
Dall’altra parte del pianeta, invece, riteniamo di essere più fortunati, tecnologici, moderni e, quel che è peggio, civilizzati ma abbiamo perso il vero benessere, la felicità, la gioia.
Inseguendo la felicità ci ispiriamo al vicino di casa che saltella di gioia ammirando l’auto nuova per la quale ha rinunciato a qualche anno di ferie o al collega che brinda alla promozione ottenuta: siamo sicuri che siano realmente felici? E ora che uno soffrirà ogni volta che compare una riga sulla carrozzeria o trova un’ammaccatura, anche lieve, da parcheggio e l’altro sentirà il peso delle maggiori responsabilità e dovrà fermarsi di più in ufficio saranno ancora felici? Io dico di no, perché hanno idealizzato il concetto di felicità considerandolo una meta, un obiettivo da raggiungere anziché un sentimento da provare, da sentire mentre raggiungi quotidianamente la meta prefissata.
C’è chi subordina la propria felicità all’incontro con la propria anima gemella: nobile intento vanificato però dalle numerose insidie che ogni giorno, accoppiati e singoli, incontrano sul loro percorso: stress, scadenze, malattie cosicché, dopo un tempo più o meno lungo, occorre cercare nuovamente la felicità.
Appare quindi evidente come la felicità non possa e non debba essere considerata come una meta da raggiungere ma come uno stato d’animo che deve accompagnarci durante il conseguimento di ogni obiettivo, sia esso lavorativo, sentimentale, familiare, personale, ecc.
Soprattutto non dobbiamo in alcun modo pensare che ciò che rende felice qualcuno possa rendere felice, ipso facto, anche noi;in primis perché non siamo sicuri che tizio sia realmente felice, poiché spesso le persone fingono una soddisfazione che non hanno, un risultato che è fasullo solo per generare invidia, per non ammettere il proprio fallimento. In secondo luogo, perché ogni persona è diversa da un’altra per carattere, educazione, gusti personali, cultura e così via e ciò che ad una persona provoca gioia, felicità ad un’altra può essere indifferente o addiritturafastidiosa.
Molti miei amici amano la barca, trascorrere una vacanza in navigazione, soprattutto in barca a vela: io provai quarant’anni fa a conseguire la patente nautica ma trascorsi l’intera giornata spalmato sul fondo della barca a causa del mal di mare; è evidente che non potrei mai essere felice in quella circostanza, né al pensiero di aderire ad un viaggio simile.
Da quando mi occupo di coaching mi scontro, idealmente, con le tesi propugnate da alcuni colleghi che ti invitano a indagare sui motivi per cui non si è felice, a diventare padrone di sé stessi, a eliminare ogni causa di insoddisfazione con un generico corso o training, uguale per tutti, che ti farà recuperare gli anni persi.
Non entro nel merito della metodica, ma mi permetto di obiettare che, essendo ognuno di noi diverso dagli altri, e credendo io nella dottrina olistica (dal greco ὅλος = tutto, intero) non si può pensare di aiutare una persona a incontrare la felicità e condurla con sé mentre viaggia alla ricerca di questo o quello se non si valutal’insieme di sentimenti, emozioni, problemi, esperienze e limiti mentali che un individuo porta con sé.
Anni fa il mio amico Gaetano Capitano scrisse per i cantanti Fabi, Silvestri e Gazzé, la canzone “Il Dio delle piccole cose”: ecco, io credo che anche nelle piccole cose si possa trovare il divino, che anche da esse si possa partire con la felicità come compagna di viaggio all’inseguimento dei propri obiettivi.
Quando ci apprestiamo a fare un viaggio con un amico o un parente verso un certo luogo, questi sono i nostri compagni di viaggio mentre la meta è il luogo dove ci stiamo dirigendo; allo stesso modo la felicità sarà la nostra compagna di viaggio (e se siamo intelligenti viaggeremo sempre con lei) mentre il luogo sarà ciò che vogliamo raggiungere in sua compagnia.
Perciò mi sento di suggerire a tutti di trovare la felicità nella quotidianità, in ciò che a noi fa stare bene; chi di noi si pone la tristezza o l’infelicità come obiettivo? Credo nessuno: al massimo è un sentimento, però negativo; perché allora non cerchiamo la felicità e, con essa, proseguire il nostro cammino?
Sergio Motta
Ha riaperto La Pista, il ristorante sul tetto del Lingotto a Torino.
Lo chef Fabrizio Tesse ha concluso la sua consulenza il 31 dicembre per proseguire alcuni personali progetti. Il Gruppo Gerla ringrazia chef Tesse per il percorso gastronomico fatto insieme e dà il benvenuto ad Alessandro Scardina.
Giovane e deciso, lo chef Alessandro Scardina, in arrivo da Villa La Bollina a Serravalle Scrivia, vanta un percorso professionale internazionale di oltre 15 anni tra Inghilterra, Australia, Grecia, Spagna e Scandinavia. Ed è proprio dalla sua esperienza nei ristoranti più blasonati di tutto il mondo che arrivano i sapori che si ritrovano nella cucina di Scardina, una cucina che abbraccia la tradizione ma che spinge sull’acceleratore dell’innovazione, una cucina mai monotona o ripetitiva, che osa e azzarda, stupisce e sperimenta.
Tocchi fusion ed esotici, influenze giapponesi e peruviane, vanno ad amalgamarsi con preparazioni classiche e materie prime di qualità, rigorosamente stagionali, per una varietà di suggestioni capace di declinare in chiave contemporanea anche la tradizione più pura.
La proposta culinaria pensata da chef Alessandro Scardina per il ristorante La Pista, gestito da Gerla 1927, prevede tre menù che ben si adattano a tutti i tipi di esigenze e palati. Il primo è Trust, il menù più coraggioso e stravagante, molto estero ed estroso, contemporaneo e personale, come un “atto di fiducia” verso lo chef, sicuro di riuscire a conquistare il commensale con i suoi accostamenti ricercati e inediti. Alcuni esempi? Granchio e rafano, manzo e ricci, merluzzo e mais, banane e bacon… Il secondo menù è Botanic World, cinque portate completamente vegetariane caratterizzate da preparazioni attente e abbinamenti vegetali inaspettati, come kale e mango acerbo, patata e cocco, primo fiore e Kombucha. Il terzo, immancabile, è Radici, Gli Essenziali, un menù che celebra la tradizione e la cucina piemontese con qualche variazione di prodotto, come il vitello tonnato fatto con il sotto filetto alla brace invece del girello, per un sapore più intenso e gustoso. Immancabili e molto amati dallo chef gli Agnolotti del Plin, rigorosamente con pasta solo tuorli e ripieno ai tre arrosti: coniglio, manzo e maiale.
Ad accompagnare Alessandro Scardina nella sua nuova avventura sul tetto del Lingotto una brigata salda e coesa, all’interno della quale spiccano il sous chef Daniele Lo Grasso, Davide Sterrantino, maître e sommelier, Mattia Dagnelli vice maître di sala e Evi Polliotto, pastry chef.
La Pista – Via Nizza 262, Torino – Tel. 011.19173073