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Gli asparagi ortaggi pregiati protagonisti della primavera, teneri germogli che simboleggiano il risveglio della natura, poche calorie, ricchi di sali minerali hanno proprieta’ disintossicanti, diuretiche ed antiossidanti. Il risotto agli asparagi e’ un primo delicato e raffinato generalmente realizzato con asparagi verdi, un grande classico della nostra cucina.
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Ingredienti
300gr. di asparagi
200gr. di riso
40gr. di burro
30gr. di parmigiano grattugiato
1 scalogno
Brodo vegetale q.b.
½ bicchiere di vino bianco secco
Sale, pepe, q.b.
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Pulire e lavare gli asparagi poi tagliarli a tocchetti. In una larga padella sciogliere 20gr. di burro, rosolare lo scalogno finemente affettato, aggiungere il riso e lasciar tostare per qualche minuto poi, sfumare con il vino bianco. Aggiungere gli asparagi, mescolare, salare, pepare e poco alla volta bagnare con il brodo vegetale sino a cottura (circa 20 minuti). Togliere dal fuoco, mantecare con il burro rimasto, il parmigiano e servire subito.
Paperita Patty
Pochi ingredienti, di alta qualità e ricchi di gusto rendono il tiramisù preparato ogni giorno dagli chef di Eataly un fine pasto immancabile. Ecco i Savoiardi Giovanni Moro fatti a mano, il caffè il Supremo Presidio Slow Food della Cooperativa Sociale Pausa Café, la crema al mascarpone di Golosi di Salute e il cacao in polvere Due Vecchi di Venchi da pregiate miscele del centro e sud America. Un omaggio al dolce italiano più amato al mondo, così semplice ma anche così buono. E dall’8 al 13 marzo ancora più buono: sosteniamo insieme la ricerca!
Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro
La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus è stata costituita nel 1986 per offrire un contributo significativo alla sconfitta del cancro attraverso la realizzazione in Piemonte di un centro oncologico, l’Istituto di Candiolo (Torino), capace di coniugare la ricerca scientifica con la pratica clinica e di mettere a disposizione dei pazienti le migliori risorse umane e tecnologiche.
La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro si occupa di reperire le risorse economiche attraverso attività di raccolta fondi e organizza tutte le iniziative e le manifestazioni necessarie per raggiungere questo scopo.
L’Istituto di Candiolo è l’unico centro di ricerca e cura del cancro italiano realizzato esclusivamente attraverso il sostegno di oltre 300 mila donatori privati che, grazie alla loro generosità, ne hanno fatto un centro di rilievo internazionale. L’ Istituto di Candiolo è anche l’unico “Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico” del Piemonte, riconosciuto dal Ministero della Salute, a testimonianza delle importanti scoperte fatte e pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali. È inserito nella Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta e le sue prestazioni sono fornite in convenzione col Servizio Sanitario Nazionale o in regime di libera professione. Ha iniziato la sua attività nel 1996 e da allora ha sviluppato nuovi spazi e servizi. Oggi si estende su 56.500 mq, di cui circa 10 mila dedicati alla ricerca. A Candiolo lavorano circa 800 persone tra medici, ricercatori italiani e internazionali, infermieri, personale amministrativo e tecnici.
La Fondazione ha previsto per i prossimi anni un importante piano di sviluppo che permetterà all’Istituto di crescere ulteriormente, dotandosi così di nuovi spazi da mettere a disposizione di medici, ricercatori e, soprattutto, dei pazienti e delle persone a loro vicine. L’obiettivo è di curare sempre più persone e sempre meglio.
Chiara Vannini
Ottimo servito fumante con un bel crostone di pane casereccio abbrustolito e un buon bicchiere di vino rosso.
Ingredienti
500gr. di fagioli borlotti lessati
4 cucchiai di passata di pomodoro
100gr. di pancetta affumicata a dadini
1 peperoncino
1/2 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
1 spicchio di aglio
1 foglia di alloro
Sale e olio q.b.
Preparare un bel soffritto con la cipolla, la carota, il sedano, l’aglio, la foglia di alloro ed il peperoncino. Unire la pancetta, lasciar rosolare, aggiungere i fagioli precedentemente lessati e la salsa di pomodoro, cuocere a fuoco lento per circa un’ora. Aggiustare di sale, se troppo asciutto aggiungere poca acqua. Servire bollente con crostoni di pane abbrustoliti.
Paperita Patty
Domenica 6 marzo a partire dalle 12 in Via Belfiore 16C
“AFFINI DAILY OPENING – VINTAGE MARKET”:
Dalle specialità enogastronomiche del brand Distillerie Subalpine, con la presentazione ufficiale del nuovissimo “Amaro San Salvario”, e della filiera di “Artigiani Gentili” di Affini, fino alle eclettiche proposte di sartoria e moda vintage di giovani stilisti torinesi come “Barone Ostu” e “Al Fresco Vintage”.
Domenica 6 marzo, a partire dalle 12, Affini San Salvario (in Via Belfiore 16 C) mette in mostra “Affini Daily Opening – Vintage Market” un vero e proprio mercatino estemporaneo dell’artigianato autentico, appropriandosi per tutta la giornata di uno spazio importante nel cuore del quartiere – laboratorio di San Salvario.
Un’iniziativa fortemente voluta da Davide Pinto e Michele Marzella di Affini, frutto di uno degli insegnamenti più importanti ricevuti dall’emergenza pandemica: la necessità di fare sistema, di mettere insieme diverse professionalità e discipline per sostenersi e affrontare il percorso assieme.
“Affini Daily Opening – Vintage Market” sarà l’occasione per assaporare per tutto il giorno le prime creazioni di Artigiani Gentili di Affini, progetto nato a fine 2021 con l’obiettivo di ridurre l’impronta ecologica dei propri locali e dell’intera filiera, come i tomini a pasta molle e quelli più stagionati, ma anche il miele di castagno e il miele millefiori di montagna. I numerosi e gustosi liquori artigianali di Distillerie Subalpine, tra cui spicca il nuovissimo “Amaro San Salvario”, creato appositamente per rendere omaggio al quartiere di San Salvario, culla e rampa di lancio del Gruppo Affini.
Non solo sapori ma anche eccentriche e sorprendenti proposte di abbigliamento vintage, grazie alla presenza di due giovani e creative realtà torinesi che presenteranno le loro affascinanti idee di moda, nel segno dello stile e della sostenibilità ambientale e sociale.
Barone Ostu, considerato il primo stilista vintage ed anche il creatore del “cheapest vintage shop on Instagram”, è diventato un punto di riferimento per la moda vintage grazie alla sua ampia proposta di abiti unici nel loro genere, alle sue creazioni su misura in base alle richieste dei clienti, ma anche per la sua costante presenza al Balon di Torino e all’East Market di Milano, di cui è uno dei protagonisti più conosciuti e apprezzati. Barone Ostu ha inoltre da poco aperto il suo primo punto vendita all’interno di Green Pea, dove ha l’esclusiva per l’abbigliamento vintage.
Al Fresco Vintage è invece una realtà tutta al femminile, nata dall’idea di Letizia e Cristina che hanno abbandonato i loro posti fissi per tuffarsi a capofitto nel loro sogno. Presenti costantemente al Balon di Torino, proprietarie di uno showroom in zona Santa Giulia, propongono un vero e proprio tuffo nel passato attraverso capi d’abbigliamento originali e fantasiosi, con un occhio all’ambiente e alle tematiche sociali.
Per rendere omaggio a questi due affascinanti brand torinesi, Affini in occasione di “Affini Daily Opening – Vintage Market” proporrà due cocktail creati ad hoc per l’occasione: Barone Spritz, in omaggio a “Barone Ostu”, a base di Green Bee, Nuvolari, aceto e kombucha, e Alfresco Sour, in omaggio a “Al Fresco Vintage”, a base di gin, the, lemongrass e burlesque bitter.
“Affini Daily Opening – Vintage Market”
Domenica 6 marzo a partire dalle 12
Affini San Salvario, Via Belfiore 16 C a Torino
Grissino, mon amour! Il legame dei torinesi con questo prelibato bastoncino affonda le sue radici fin nel Seicento: per alcuni avrebbe origini molto popolari, per altri addirittura “regali”!
Ecco tutti i personaggi che hanno contribuito a rendere popolari i grissini in Italia e nel mondo.
La ghërsa, madre del grissino, era la classica forma di pane allungata, simile alla baguette francese, prodotta secondo tradizione dai fornai sabaudi dell’epoca.
Uno di questi, Antonio Brunero, sarebbe l’artefice della trasformazione della ghërsa in goloso bastoncino friabile, che accompagna sempre (o quasi) i pasti della famiglia torinese media. La storia – o la leggenda – vuole che il Brunero, su esplicita richiesta della corte sabauda, si dovette ingegnare per offrire un prodotto facilmente digeribile al giovane principe Vittorio Amedeo II. Il rampollo di casa Savoia, futuro eroe dell’Assedio del 1706, aveva infatti non poche difficoltà a digerire il cibo, tanto da essere affetto da continue gastroenteriti. Furono prese diverse iniziative per curare Vittorio Amedeo II, ma con poco successo. Don Baldo Pecchi di Lanzo, medico presso la corte ducale, pare avesse perfino esposto il giovane alla Sacra Sindone, invano.
Siamo nel 1679: il medico conferì con Antonio Brunero, panificatore di Lanzo, ed ebbe l’ispirazione: dispose di eliminare il pane – piuttosto pesante – dai pasti del giovane erede al trono. Venne quindi sostituito il pane con questi lunghi bastoncini di pane croccante, molto leggeri e ben lievitati. La risposta del principe non si fece aspettare: il sapore era gradevole, la fragranza conquistò rampollo ed i problemi digestivi svanirono.Si aprirono dunque le porte del grande successo ai grissini (in dialetto piemontese, i gherssin): divenuto Duca, e successivamente Re di Sardegna, Vittorio Amedeo era solito sventolarli amabilmente in ogni occasione, addirittura portandoli con sé nelle sue uscite a cavallo. Il giovane Re creò una vera tendenza gastronomica tra sovrani e cortigiani, che cominciarono ad adorarli, con i fornai ben lieti di replicarli.
Il “Re Sole”, senza alcun dubbio l’uomo più potente d’Europa, di fronte alla bontà dei grissini obbligò i suoi cuochi di replicare i “petits bâtons de Turin”, senza ottenerne però grandi soddisfazioni.
Amante della specialità torinese fino all’ingordigia, la figlia del re Carlo Emanuele III meritò l’appellativo di “principessa del grissino”, avendo posato per un quadro con il noto bastoncino in mano.
L’Imperatore riteneva i grissini un “must” a tavola, e non esitava a spedire corrieri a Torino per farne scorta continua, per poterli degustare sempre freschi e fragranti.
Si dice che amasse sbriciolarli nel brodo. La zuppa le venne servita nella “tasse de l’accouché” (tazza della puerpera), regalatale da Napoleone e che oggi possiamo ammirare al museo Glauco Lombardi di Parma.
Dopo Vittorio Amedeo, il Re pare diventasse quasi “maleducato” in presenza dei grissini: in barba all’etichetta, sgranocchiava di continuo e ovunque. Persino dal palco reale del Teatro Regio, incurante del fastidio che arrecava ai vicini e delle voci imbarazzanti che giravano sul suo conto.
Chi l’avrebbe detto? Dopo le “teste coronate“, il grissino ha conquistato Vips da ogni parte del mondo. I cosiddetti Breadsticks hanno valicato l’oceano e sono andati alla conquista degli USA, dove sono diventati un vero e proprio “cult”!
La catena di ristoranti statunitense Olive Garden – specializzata in cucina italo-americana – ha stabilmente inserito i grissini nei suo menu “all you can eat”. Secondo la rivista People, il popolare anchorman Tv Jimmy Fallon pare sia devoto alle zuppe ed insalate accompagnate dai nostri amati bastoncini. Se poi pensiamo che l’amore per il grissino ha portato all’istituzione di una giornata dedicata, il Breadstick Day (ogni 26 ottobre), è chiaro come il fenomeno sia diventato globale!
Numerose Stars sono state immortalate mentre si accompagnavano con un grissino o semplicemente lo hanno citato come loro prelibatezza. L’attrice Jessica Biel, durante i Critics’ Choice Awards di Hollywood, addenta golosamente un grissino.
L’icona del football inglese Alan Shearer, interprete di un video virale in rete, festeggia la vittoria della sua Nazionale ai campionati del mondo di Russia 2018, cantando “All night long”, impugnando un grissino come microfono.
Ed infine, la leggenda musicale Madonna.
Durante i red carpets al MET Gala 2016 (uno dei più grandi eventi del calendario mondiale della moda), alla richiesta della giornalista di E! News’ Zuri Hall, avrebbe confidato di essere lì soltanto per un motivo… “The bread sticks!”.
L’omaggio alla pastry ucraina, Dinara Kasko
La ricetta prende spunto dal geometrico dolce AntiPavlova cake della pasticcera ucraina, che sta raccontando la guerra attraverso i suoi canali social, Dinara Kasko, da qui la scelta di chiamare il dolce proprio Supernova. “Ho conosciuto Dinara sui social grazie a questo dessert” – ha dichiarato Noemi Dell’Agnello – “e ho pensato non potesse esserci occasione migliore per proporre la mia versione in omaggio a lei e ai suoi connazionali vittime di una violenza che non ha nulla di umano nella sua genesi”.
L’INIZIATIVA BENEFICA
La scelta di donare, con il proprio lavoro, un contributo alla causa dell’Ucraina è nata in maniera spontanea. “Vista la passione che nutro per i dolci di Dinara da ormai 7 anni a questa parte” – era il 2015 quando creò questa rivisitazione della Pavlova – “ho pensato che anche noi, nel nostro piccolo, potevamo aiutare l’Ucraina sensibilizzando i nostri clienti sul tema” ha detto Noemi Dell’Agnello.
La donazione, pari a 9 € per ogni dolce ordinato, va nelle casse della Croce Rossa Italiana, un’Organizzazione di Volontariato componente della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale, che in questo momento si è prefissata l’obiettivo di sopperire ai bisogni che stanno colpendo numerose persone in Ucraina.
“Alla luce dell’intensificarsi delle violenze e della conseguente emergenza umanitaria” si legge sul sito dell’Organizzazione “la Croce Rossa Italiana lancia un’urgente raccolta fondi per rispondere alle enormi necessità cui stanno dando risposta senza sosta i volontari della Croce Rossa Ucraina. Manca acqua, cibo, elettricità”. È proprio a questa raccolta fondi che Azotea intende unirsi, con il contributo dei propri clienti che ordineranno il dolce.
LA RICETTA DEL DOLCE SUPERNOVA
La ricetta Supernova è firmata da Noemi Dell’Agnello, che si è ispirata al dolce della pastry chef ucraina Dinara Kasko AntiPavlova cake, in cui sono ben visibili la formazione da architetto della pasticcera ucraina e il gusto estetico davvero singolare, che le ha permesso di innovare un classico della tradizione pasticcera mondiale come la Pavlova, “grazie al lavoro sugli inserti e sulla modalità di presentazione delle meringhe”.
Il dessert contiene inserti di mango e frutti di bosco come nell’analogo ucraino, dal quale si differenzia per alcuni aspetti, come l’utilizzo di latte di cocco al posto del mascarpone. Completano il dessert spikes di meringa alla francese, una mousse al cocco e vaniglia, una dacquoise alla mandorla, un gel lime e della polvere di lamponi, tutte preparazioni che ben si inseriscono nella filosofia di cucina di contaminazione nippo-peruviana che Noemi Dell’Agnello e il suo compagno e co-proprietario Matteo Fornaro propongono nel proprio locale, sia nei piatti che nei cocktail. Ultimo aspetto che non cambia rispetto al dolce originale è l’estetica, che a Noemi ha suggerito il nome da dare al dessert, Supernova. Come la stella, che speriamo illumini presto le menti dei protagonisti di queste due battaglie, la guerra russo-ucraina e la violenza contro le donne.