LIFESTYLE- Pagina 16

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

 SOMMARIO: Le migliori scuole – Figliuolo, un grande cittadino e un grande soldato – Lettere

Le migliori scuole
La Fondazione Agnelli dà la pagella, come ogni anno, agli Istituti superiori torinesi facendone una graduatoria. Che l’emanazione di una famiglia che ha contribuito a mandare a ramengo la Fiat, appare quasi incredibile possa valutare il merito delle scuole che dovrebbero fondarsi in primis sulle qualità dei docenti e dei dirigenti. La scuola inclusiva che promuove tutti e non deve bocciare nessuno sembra essere il modello vincente oggi. Ma i meriti di una scuola sono fondati sulla qualità degli insegnanti e di chi la dirige e non sulle demagogie ricorrenti. Ma spesso  non è così perché il bravo docente non è quello che promuove tutti e  non è quello che si riduce a fare il burocrate o addirittura il propagandista politico. Che il liceo classico “d’Azeglio” non goda più di buona fama non deve stupire, perché anche in passato il suo presunto primato era di natura politica. Alcuni presidi hanno messo in crisi da tempo quella scuola. Altre scuole giudicate con la lente agnellesca non appaiono valutate con un criterio giusto: il fatto inoltre  che gli Istituti di provincia siano migliori non può essere una regola. Può valere per una recente eccellenza come il “Botta” di Ivrea e non per altri. Andare a scuola in un piccolo centro non basta a spiegare nulla. A fare la differenza non è sufficiente la vita di provincia. Il dato più negativo di tante scuole paiono le etichettature politiche che fanno di esse delle enclavi di intolleranza ideologica e di antisemitismo in cui il fanatismo ideologico  soffoca la cultura come in certi licei classici. Una valutazione meriterebbero anche i presidi manager. Un tempo presidi come Vigliani, Fornaca, Perelli, Giudice, Taricco, Ramella, erano eccellenze conosciute e stimate. Oggi sono spesso grigi burocrati molto politicizzati. L’ultimo di  quei presidi noti e qualificati è Gianni Oliva, scrittore, storico e giornalista. Molti suoi colleghi sono oggi  vere nullità. Il fatto di aderire ai parametri stabiliti da casa Agnelli, normalmente, non basta. Un obiettivo spesso trascurato è quello della formazione culturale e civile dei giovani.
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Figliuolo, un grande cittadino e un grande soldato
I grandi soldati si conoscono nei periodi più difficili: soprattutto durante le guerre o nei momenti difficili  della storia di un Paese. Il generale Francesco Paolo Figliuolo è uno dei generali più prestigiosi come dimostra la sua sfolgorante carriera, ma è anche e soprattutto un uomo e un cittadino che sa porre se’ stesso al servizio dell’Italia, come ha dimostrato il suo impegno nel combattere la pandemia, che altri voleva affrontare con i banchi a rotelle a scuola. Ed oggi come commissario straordinario per le inondazioni in Emilia Romagna dimostra rara efficienza. Figliuolo è stato nominato recentemente Cavaliere di Gran Croce dal Capo dello Stato. Ma c’è da sperare che il generale Figliuolo venga davvero considerato anche in futuro  una grande riserva per la Repubblica al di là delle stellette che porta con onore. In persone come lui potrà sempre fare affidamento un paese la cui classe dirigente è sempre meno affidabile. Lui ha dimostrato e dimostra con i fatti cosa significhi essere un soldato anche in tempo di pace. Domani gli consegnerò il Premio “Pannunzio” 2024 dedicato al settantesimo del ritorno di Trieste all’Italia. Mai un premio “Pannunzio” appare più meritato. Lui  andrebbe indicato come modello ed esempio ai giovani d’Italia.
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quaglieni penna scritturaLETTERE     scrivere a quaglieni@gmail.com
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Le celebrazioni di Luigi Einaudi
Esiste  un comitato nazionale per le celebrazioni  di Luigi Einaudi per i 150 anni  dalla nascita. Le scrivo perché lei è un autorevole componente di detto comitato che ha l’Alto Patronato del presidente Mattarella. Come mai la manifestazione del 20 novembre a Torino è  stata predominata da alcuni personaggi che non sono neppure degli studiosi di vaglia,  con l’evidente intenzione di prendersi l’esclusiva del noto personaggio piemontese?  E.V.
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Partecipai ad una riunione costitutiva del comitato einaudiano e poi parlai due volte in Liguria e alla tomba del presidente a Dogliani. Vidi subito che alcuni enti volevano egemonizzare con il loro marchio le iniziative einaudiane  ed evitai discussioni. Per la precisione io sono tra i fondatori del  Comitato einaudiano per iniziativa di Enrico Morbelli. Ma la voglia di prevalere fa cadere nel ridicolo i signor nessuno che devono attendere i 150 anni di Einaudi perché possano dire quattro parole in una riunione.
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Riconferma all’Egizio
torino egitto I Il TorineseCredo che come tanti sia anche lei stupefatto per la riconferma di 4 anni alla presidenza del museo fino a stupire la stessa presidente, che si aspettava per il bicentenario del museo una proroga di un anno. Anche Emanuele Filiberto ha voluto essere al museo. Cosa ne pensa?    C.R.
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Non c’è dire. Manca solo la rappresentazione dell’Aida con la sua marcia trionfale. È stato un successone innanzi tutto per la presidente. Il fondatore del Museo, Drovetti, è stato rinchiuso in un sarcofago.

Panettone? Sì, ma con “farina di grilli”

Vera innovazione tra gusto e salute, nasce all’“Antica Pasticceria Castino” di Pinerolo, “PanCricri”, il primo panettone realizzato con “farina di grilli”

Pinerolo (Torino)

“Un panettone che guarda al futuro, un prodotto di eccellenza non solo a livello gastronomico ma anche, e soprattutto, per quanto riguarda le proprietà nutritive e di benessere”: così, e con orgoglio, Davide Muro“Mastro Panettone” dell’“Antica Pasticceria Castino” di Pinerolo, definisce il suo “PanCricri”, il primo panettone realizzato con “farina di grilli”, senza lattosio e all’interno “grilli caramellati”, con un ridotto impatto ambientale e alta digeribilità. Un panettone, sicuramente, che permette ancora una volta alla pinerolese “Pasticceria” di piazza San Donato (nel decimo anniversario della sua riapertura, il 24 dicembre 2014) di proseguire nella sua missione innovativa per quanto concerne i “dolci delle feste”, tenendo ben in piedi la costante ricerca di tre fattori basilari: gustosalute e sostenibilità.

 

Con ‘PanCricrì’ – sottolinea il pluripremiato Davide Muro (primo premio nel 2020 al  Concorso ‘Una mole di panettoni’ e sempre primo premio, nel 2024 al Concorso ‘Divina colomba’, con una ‘Colomba salata ai porcini e al salame valsusino’ – abbiamo voluto spingere ulteriormente i nostri sforzi e le nostre ricerche nella direzione che ormai mi è cara”, cioè giocare con i sapori e le ricette della tradizione, sperimentando accostamenti insoliti, proponendo ingredienti nuovi, studiando come poter rispondere alle esigenze delle persone che rispondono agli stili di vita sempre in mutamento. Con ‘PanCricrì’ ho voluto proporre una nuova esperienza di gusto che unisce piacere e salute, facendo incontrare la golosità e la delizia del Natale, il periodo più dolce dell’anno per antonomasia, a un ‘lifestyle’ di benessere, ‘healthy’”.

Frutto di mesi di ricerca, data anche la “novità” di questa tipologia di farina e delle sue non sempre prevedibili risposte agli stimoli prodotti da altri ingredienti, il “PanCricri” va così ad aggiungersi al già ricco campionario di Davide, pasticcere di origini valsusine , creatore di “panettoni” dai più classici (dolci, soffici e delicati, dal “Mandorlato” al “Moretto al cioccolato”) fino ai più imprevedibili “salati”, che mirano a trasformare il tipico dolce natalizio (le cui origini ancora oggi si perdono fra mito, leggenda e mistero) in un prodotto adatto a ogni stagione, perfetto per aperitivi e occasioni speciali. Così, a firma di Davide Muro – tenetevi ben stretti – all’“Antica Pasticceria Castino” troviamo: “Nduja, semi di finocchio e pecorino”, dal gusto deciso e il profumo intenso; “Polenta di mais bramata, Blu del Moncenisio, cipolla fritta”, un’esperienza tutta piemontese; “Pesto, pomodori secchi, olive taggiasche, parmigiano”, il primo nato dei panettoni salati, leggero e ideale sia fresco sia caldo;  “Peperoni e acciughe”, ispirato ai sapori tradizionali, profumato con scorza di limone e, per finire, “Porcini e salame valsusino”, un equilibrio di sapori che sa essere deciso, dove il salame si fonde in modo equilibrato con l’aroma dei funghi.

Proposte per il Natale 2024? Il più “regolare” “Panettone dai sapori natalizi” (con mele, zenzero e spezie come cannella, chiodi di garofano e anice stellato) e, ovviamente, grande protagonista (si spera) di quest’anno, il “PanCricri”.

Pillole di storia – L’ “Antica Pasticceria Castino”

Il 2024 è l’anno del decimo anniversario della riapertura dell’ “Antica Pasticceria Castino”, che compie poi nel 2025 i suoi primi 100 anni di vita: infatti, la Pasticceria nasce quando Giuseppe Castino insieme alla consorte Margherita Cleretti, discendente di una celebre famiglia di pasticceri, acquista nel 1925 l’antica confetteria “Fabbre” sotto i portici di Piazza Duomo, a Pinerolo.

In un clima internazionale, tra giovani ed eleganti ufficiali e nobili famiglie che popolano Pinerolo, “Città della Cavalleria”, Castino, cresciuto alla scuola di StrattaMoriondo e Baratti, gode di un’ampia fama che va ben al di là di Pinerolo. In molti lo conoscono come il “Michelangelo del cioccolato”. Abile nella decorazione e innovativo nel preparare una vastissima gamma di leccornie dolci e salate, verso gli anni ’30 Castino dà vita a una sua creazione che è diventata insieme al panettone il dolce simbolo di Pinerolo: la “Torta Zurigo-Castino”, a lui commissionata, addirittura, da Jolanda di Savoia in persona.

Dopo un periodo di chiusura la pasticceria riapre il 24 dicembre 2014 su iniziativa della famiglia pinerolese Cosso-Eynard e con la gentile concessione del marchio da parte di Gemma Castino, figlia del fondatore dello storico locale. “Boiserie” in legno, poltroncine di velluto ed eleganti vetrine ricreano, al suo interno, un’atmosfera d’altri tempi. Impossibile, per “Sweets Lovers” e non, andare a Pinerolo e non farci un salto.

Per info: “Antica Pasticceria Castino”, piazza San Donato 42, Pinerolo (Torino); tel. 0121/377786 o www.anticapasticceriacastino.it

g.m.

Nelle foto di Paolo Mantovan: “PanCricri”, Esterni dell’“Antica Pasticceria Castino” e Davide Muro

La storia di Tosini, l’hairstylist dei vip

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SCOPRITO  ALLA SCOPERTA DI TORINO

I capelli sono la cornice del nostro viso e quando ce ne prendiamo cura ci sentiamo subito meglio.
Lo sa bene uno dei più noti hairstylist torinesi, Mauro Tosini, che da quando ha aperto il suo primo negozio con la moglie Anna ha da subito avuto un grandissimo successo.
L’INTERVISTA
D: Ciao Mauro, come sei arrivato dal 1992 col primo salone fino ad oggi che di “Tosini” se ne contano una decina nella città sabauda e non solo?
R: Vero Noemi, insieme a mia moglie fin da ragazzini abbiamo sempre studiato per fare questo mestiere, nel 1992 abbiamo proprio aperto il primo salone, poi il secondo dopo qualche anno e nel 2005 il terzo dove ora è titolare Thea una nostra collaboratrice, in questo salone collaboravamo con Pablo Ardizzione famoso truccatore italiano. Abbiamo così iniziato a lavorare per lo spettacolo, le sfilate e la televisione. Siamo riusciti con tanto impegno e dedizione ad aprire poi altri saloni, due in Corso Vittorio “Vittorio 96 e Vittorio 219”, uno a Pinerolo, uno a Volpiano e addirittura uno in Romania.
D: So che quest’anno avete aperto anche nel centro storico di Moncalieri.
R: Sì insieme a Serena De Leo che aveva già grandissima esperienza nel settore abbiamo deciso di collaborare per creare questo nuovo sogno per i nostri clienti. Serena e la sua collaboratrice Stefania hanno da subito condiviso i nostri valori di massima cura e valorizzazione del cliente. Per noi è importante che i nostri clienti siano soddisfatti non solo dell’estetica dei loro capelli ma anche di una cura avanzata specifica che glieli migliori nel tempo.
D: Come riescono i vostri saloni ad avere tutto questo successo?
R: Io e Anna seguiamo i punti vendita che aprono con noi passo passo, li selezioniamo con cura e li formiamo se necessario con i migliori esperti del settore, rimaniamo sempre al passo con i tempi con continui aggiornamenti, ricerchiamo i prodotti migliori e li condividiamo con tutti i saloni Tosini. Chi decide di collaborare con noi viene seguito a 360 gradi come uno di famiglia perché è fondamentale mantenere standard altissimi e questo permette di avere successo.
D: La vostra bravura vi ha portato a conoscere ed acconciare tantissimi vip, quali ad esempio Gabriel Garko, Adua Del Vesco, Brigitta Boccoli, Fabrizio Corona e tantissimi altri, qualcuno di loro ha avuto esigenze particolari?
R: Sì Corona, sarebbe venuto a tagliarsi i capelli con me e mia moglie con il negozio chiuso e il suo staff mi ha chiesto di preparargli parmigiano e champagne. Lui è un uomo possente e con uno sguardo molto algido che può incutere timore ma noi l’abbiamo subito messo a suo agio con la nostra professionalità e nonostante non fosse di tante parole mi ha detto di essere stato soddisfatto.
D: Chi speri di pettinare in futuro?
R: In futuro spero di pettinare Patty Pravo
Grazie per essere stato con noi Mauro, auguriamo a te e al tuo team un futuro pieno di soddisfazioni e di nuove opportunità!
NOEMI GARIANO

Noi siamo le vergin…

Alcuni anni fa era consuetudine, da parte degli sposi, dopo la prima notte di nozze esporre un lenzuolo macchiato di sangue, a dimostrazione che la moglie era ancora vergine, a tutela dell’onorabilità di lei e di lui.

Come sa chiunque abbia una Qi appena normale, tale esposizione non provava nulla per due motivi: in primo luogo il sangue poteva essere dovuto alle mestruazioni o procurato in altro modo (carne macellata) per tacitare i pettegolezzi; in secondo luogo, particolarmente durante gli anni ’70, era quasi una regola praticare sesso anale per arrivare integre al matrimonio (anche con un altro partner). Molti anni prima, nel 1928, Hertz De Benedetti aveva scritto un poemetto goliardico dal titolo “Ifigonia in culide” (parodia di Ifigenia in Aulide) dove raccontava come le vergini di Corte, per deliziare il Sovrano, restassero vergini davanti concedendo, diremmo noi oggi, il lato B.

Resta, tuttavia, vivo nella nostra cultura il concetto di verginità quale pregio, quale maggior valore per una donna, esattamente come un’auto nuova vale più di una usata, se escludiamo le auto d’epoca che però, nel caso delle donne, sono fortemente deprezzate.

La verginità (e l’imene come suo simbolo) infatti non ha alcun significato medico essendo unicamente un concetto culturale, risalente ad un’epoca in cui il controllo sulle donne e sulla loro sessualità era totale e l’autodeterminazione inesistente.

Tutti, almeno lo spero, sanno che l’imene è una membrana ubicata all’ingresso del canale vaginale che può avere forme diverse (luna, semiluna, perforato); le più sfortunate hanno un imene imperforato che le obbliga a subire un piccolo intervento chirurgico in occasione del menarca per permettere la fuoriuscita del mestruo.

Mi sono sempre domandato quale funzione abbia l’imene e ancora non l’ho capito: qualcuno sostiene che eserciti una barriera contro la risalita di germi nel canale vaginale, altri che sia un organo come l’appendice, della quale sentiamo la presenza solo quando si infiamma e dobbiamo essere operati.

Si tratta di una membrana piuttosto elastica che in alcuni casi non viene deflorata durante il primo coito ma, per assurdo, può rompersi in seguito ad un trauma, attività sportiva violenta, caduta da cavallo, ecc.; in alcuni casi, inoltre, è stato riscontrato un imene intatto in donne prossime al parto, segno che l’attività sessuale non aveva modificato la struttura delle membrana.

Su un campione di 100 donne intervistate, solo 4 hanno dichiarato di aver subito una perdita di sangue durante la presunta deflorazione, segno anche questo di enorme ignoranza nell’associare perdita di sangue a deflorazione; molto più verosimilmente si tratta di perdite ematiche dovute alla scarsa lubrificazione, alla mancanza di delicatezza del partner per scarsa intimità, poca dimestichezza e disinteresse per il piacere della partner.

Anni addietro una persona mi chiese perché io non scegliessi donne  vergini, piuttosto di una con molta esperienza; risposi, in totale onestà, che se era molto “usata” vuol dire che aveva ottime prestazioni, altrimenti sarebbe stata sempre a riposo. Lasciai l’interlocutore perplesso.

La religione, poi, soprattutto quella farneticante di certi estremismi anglosassoni considera la verginità un “must”, un obbligo nei confronti del futuro marito; guarda caso tra quelle persone il tasso di infelicità è ai massimi livelli.

L’idea stessa di doverlo fare solo con il marito (dopo aver pronunciato il fatidico SI) e quindi sapere di dover dare il massimo con quella persona, in quel luogo, in quel momento è sicuramente un’ottima fonte di stress, di ansia da prestazione; va da sé che non potendo imparare la pratica a scuola o presso conoscenti di chiara fama ci si presenti all’appuntamento coitaleda perfette impreparate. Per gli uomini invece nessuna prescrizione perché, beati noi, non vi sono segni visibili di presunte esperienze pregresse e, quand’anche vi fossero, sarebbero giuste perché “l’uomo è uomo”.

Ovviamente non la penso così, riporto solo i pensieri di molte, troppe persone.

La Chiesa ha sicuramente contribuito enormemente a diffondere questo culto della donna vergine. Sant’Ambrogio, per esempio, scrisse ben cinque opere sulla verginità, con preferenza per quella femminile: De virginibusDe viduisDe virginitateDe institutione virginis e Exhortatio virginitatis. Il Vescovo di Milano esaltò la verginità come massimo ideale di vita cristiana, degno erede di quel Saulo, poi convertitosi col nome di Paolo di Tarso,che disse “colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio. Ambrogio ritenne che la verginità fosse l’unica vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova subordinata. Critica aspramente il fatto che il matrimonio costituisce solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli sposi e in particolare della donna: Davvero degna di compianto è la condizione che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all’asta come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più alto”.Ambrogio arriva al punto di invitare i genitori a rispettare la scelta di restare vergini dei figli che, così facendo, non sono obbligati a sposarsi.

E’ vero, parliamo di 17 secoli fa ma solo fino a 50-60 anni fa guai se un genitore scopriva che la figlia aveva avuto rapporti prima del matrimonio; nota bene, non perché la figlia avesse fatto male di per sé, ma perché poi lo sposo e tutti i suoi parenti avrebbero denigrato la ragazza e, “Il lupo e l’agnello” di Fedro insegna, la sua famiglia di origine.

A tutt’oggi, e per i distratti ricordo che siamo nel millennio, in alcune scuole degli Stati Uniti il programma di educazione sessuale include o si basa sull’astinenza: un chewing gummasticato o un mozzicone di sigaretta vengo usati come metafora: una volta usati sono da buttare perché nessuno li vuole più.

La realtà è che, tuttora, troppe persone ancora pensano che il primo coito cambi la vita a chi lo subisce, che nulla sia più come prima; la verità è che, se la società abbattesse il culto della verginità, avremmo persone consapevoli di ciò che fanno e lo fanno senza ansia, paure, tabù e obblighi o divieti.

Per finire non voglio obbligare nessuno a “perdere” la verginità:semplicemente, chi vuole restare vergine per qualsiasi motivo è giusto che lo rimanga, come è sacrosanto che chi desidera avere rapporti appena la ragione glielo consente sia libero di averli senza essere etichettato, catalogato o, peggio, schernito o denigrato.

E’ però necessario che, da parte di entrambi, vi sia il consenso.

Sergio Motta

Sex coach

 

“Che Forte Natale!” a Vinadio

Alla Caserma “Carlo Alberto” si riscaldano i motori per l’arrivo delle Feste 

Sabato 23 e domenica 24 novembre

E ancora sabato 30 novembre e domenica 1° dicembre

Vinadio (Cuneo)

Quest’anno farà il bis, in omaggio al suo ventennale, il “Mercatino di Natale” che si terrà nei recuperati spazi della “Caserma Carlo Alberto”, in piazza Vittorio Veneto 8, al “Forte di Vinadio”. Organizzata, come sempre, dalla “Fondazione Artea”, in collaborazione con il Comune vinadiese, la manifestazione “Che Forte Natale!” cambierà, per l’occasione, forma, ampliando l’offerta e raddoppiando i weekend di apertura. Il doppio appuntamento si terrà infatti sabato 23 (dalle 14 alle 21) e domenica 24 novembre (dalle 10 alle 18) e, poi ancora, sabato 30 novembre (dalle 10 alle 21) e domenica 1° dicembre (dalle 10 alle 18). Ricca di proposte ed eventi per tutti i gusti e tutte le età “quest’anno, in occasione del suo ventesimo anniversario, l’iniziativa natalizia al ‘Forte’ – sottolinea Davide De Luca, direttore della ‘Fondazione Artea’– aumenterà la sua offerta culturale e di valorizzazione con un doppio weekend, offrendo la possibilità di un’esperienza più ampia, in cui i visitatori potranno prendere parte, ancora di più rispetto agli anni passati, ad un ricco programma di iniziative, oltre che fruire delle eccellenze del territorio”.

Non mancherà, anche quest’anno, il tanto atteso “Mercatino”, allestito dal 2004, su oltre 1.600 mq di percorso al chiuso con più di 120 espositori (in buona parte diversi nei due finesettimana di apertura) che proporranno ai visitatori una vasta selezione di prodotti tipici e gastronomici d’eccellenza (di Piemonte, Liguria e del territorio provenzale), oltre che manufatti artigianali, articoli natalizi e tante altre idee regalo, per immergersi nella magica atmosfera delle feste. E alla fine del percorso del “Mercatino”, sarà inoltre possibile assistere alla preparazione della tradizionale pasta fresca di Vinadio, i “crouset”. Leccornia non da poco!

E il programma è solo agli inizi. Basti pensare che, per la prima volta, l’evento natalizio al “Forte” ospiterà anche il circo contemporaneo con lo spettacolo “Gran Cabaret Madera”(intreccio surreale di musica, acrobatica e teatro comico), proposto in otto repliche dalla “Compagnia Madera” tutti i giorni della manifestazione, per non dire dell’immancabile “Casa di Babbo e Mamma Natale”, allestita nella “Cappella del Forte”, dove i più piccoli potranno, come da tradizione, consegnare la classica “letterina portadoni”. Numerose saranno poi le “visite animate”, che accompagneranno i visitatori a conoscere i segreti e la storia della “Caserma del Forte”, come il dietro le quinte delle “chapiteau” del “Circo Madera” e la suggestiva “arte della falconeria”.

Sabato 30 novembre, infine, alle 21, le calde voci di “FeelArmonia Ensemble”, con il concerto “Cartoline”, condurranno il pubblico in un insolito “viaggio musicale” intorno al mondo.

Sottolinea Giuseppe Cornara, sindaco di Vinadio: “Anche quest’anno si riconferma la scelta della ‘Caserma Carlo Alberto del Forte’ come ‘location’ per ospitare le attività legate al Natale. Dopo il recente restauro, gli spazi, oltre ad essere perfettamente funzionali allo svolgimento di eventi di questa portata, risultano accessibili anche per chi presenta difficoltà motorie. Inoltre, la struttura dello ‘chapiteau’ che verrà allestita nel grande Cortile è priva di barriere architettoniche e ciò consente un accesso garantito e senza ostacoli anche agli spettacoli circensi, grande novità del Natale 2024”.

L’accesso a “Che Forte Natale!” ha un costo di 3 Euro ed è gratuito per i bimbi fino a 10 anni e, il sabato, per i residenti a Vinadio. I biglietti sono anche acquistabili su www.ticket.it

Inoltre, partecipando alla manifestazione, si avrà anche diritto a un “buono” per visitare a tariffa ridotta le mostre “Robert Doisneau,. Trame di vita” al “Filatoio” di Caraglio e “Elliot Erwitt. L’idea fuggevole” alla “Castiglia” di Saluzzo, fino al 25 febbraio 2025.

Per ulteriori info: tel. 0171/1670042 o www.fortedivinadio.com

g.m.

Nelle foto: “Che Forte Natale!” a Vinadio (immagini di repertorio) e Davide De Luca, direttore “Fondazione Artea”

Lady Poopise

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Curiosando su Instagram alla ricerca di personaggi, aziende di famiglia più o meno grandi, negozi particolari , tutti aventi come comune denominatore l’essere di Torino o provincia, mi sono imbattuta in questo nome: Lady Poopise. Curioso, ho pensato, chi sarà mai questa signora?
Lady Poopise è una performer torinese di Burlesque, un’antica forma di spettacolo teatrale nata nel periodo dell’Inghilterra Vittoriana, caratterizzata da un’ironia pungente che si trasformava in satira contro la classe dirigente. Con il passare degli anni lo spettacolo ha perso il suo carattere sovversivo ed è diventato una sorta di varietà dove la donna, grazie anche a meravigliosi e scenografici costumi da pin-up per lo più succinti ma mai volgari, diventa protagonista della storia messa in scena.
La sua più acclamata performer, l’americana Dita von Teese, ha riportato in auge il Burlesque negli anni duemila e da allora questo tipo di spettacolo si è sempre più diffuso; nella sola Torino, mi racconta Lady Poopise, ci sono due scuole di Burlesque, Amazing Flamingo Art Studio di Vanille Bon Bon e quella di Mara Scagli, inoltre tutti gli anni si tiene l’International Cabaret Burlesque Festival al Teatro Q77 in corso Brescia.
Perché hai scelto di diventare una performer di Burlesque?
“Tre anni fa, durante una lezione di canto, ho conosciuto un’insegnante di questa fantastica arte e dopo averle fatto vedere un mio numero le ho chiesto d’inserirmi nel suo spettacolo e da allora non mi sono più fermata. Sono partita avvantaggiata in quanto la danza, il canto e la passione per la moda e gli abiti degli anni ‘30, ‘40 e ‘50 sono sempre stati la mia passione.”
“ Dal primo Festival al quale ho partecipato, ho capito che per essere una performer lo devi essere a 360 gradi- spiega Lady Poopise- io canto dal vivo, ballo, spesso invento il mio ‘act’ (la storia), creo e cucio personalmente gli abiti di scena, quante ore passate a cucire strass, paillettes, perline e piume! La musica ha un ruolo importantissimo, può essere funky, rock, blues, classica, jazz,  dipende dalla storia, se è Classic o Comic; lo spettacolo finisce sempre con uno strip-tease, mai nudità totale, basato sulla seduzione, non sulla volgarità”.
Si tratta di uno show divertente, colorato che per le sue ambientazioni spesso ci porta agli anni ‘40, ‘50 o al periodo dei Varietà, dei Musical, spettacoli colmi di lustrini, luci e balletti.
Il Burlesque è l’arte che celebra il corpo e la sensualità senza falsi moralismi, sempre con un tocco d’ironia , “ l’aspetto teatrale si mescola al gioco di seduzione, sdrammatizzando la sensualità attraverso il cabaret e l’umorismo, mostrando e giocando con il proprio corpo in modo libero”.
“ La parte fisica è impegnativa – continua Lady Poopise- le performance richiedono preparazione sia per quanto riguarda la danza e il canto ma anche per la coordinazione e la presenza scenica, la reazione del pubblico è uno degli aspetti più gratificanti, si crea infatti una grande empatia tra la performer e chi guarda”.
Attraverso il Burlesque possiamo dunque entrare in contatto con il nostro corpo, imparare a vivere la sensualità con gioia, senza paura di osare e liberarci dalle imposizioni sociali per celebrare davvero chi siamo senza alcun tipo d’inibizione o vergogna.

La Perla di Torino apre all’evento più magico dell’anno: “Ho fatto l’albero”

Sabato 14 e domenica 15 dicembre, La Perla di Torino riapre le porte per l’evento più magico del Natale:”Ho fatto l’albero”, un workshop rivolto a un pubblico di ogni età, durante il quale sarà possibile decorare e personalizzare un albero di Natale di cioccolato guidati dai maestri cioccolatieri dell’azienda. Un‘occasione imperdibile per realizzare un regalo speciale arricchito di dettagli unici. Il pubblico, composto da adulti e bambini, sarà accompagnato da maestri cioccolatieri nelle decorazioni di un albero di cioccolato. Sarà possibile dare libero sfogo alla fantasia personalizzando l’albero secondo i propri gusti. Un’occasione imperdibile per realizzare un dono natalizio artigianale e speciale, creato a mano e arricchito da dettagli unici. Al termine dell’attività ogni partecipante dovrà portare a casa la propria creazione  confezionata con cura da un’elegante packaging completo di nastro e fiocco. Ogni partecipante riceverà un kit che comprenderà un albero di cioccolato scelto al momento della prenotazione con variante tra cui latte, fondente, bianco, pistacchio e senza lattosio, indumenti quali camice, guanti e calzari per accedere in sicurezza al laboratorio, strumenti per la decorazione  tra cui cioccolato, pasta da zucchero e sac a poche, oltre a una confezione natalizia realizzata a mano dal team de La Perla. Il workshop si terrà presso il laboratorio dell’azienda situata in Lungodora Colletta, a Torino.

Per partecipare è necessario compilare il modulo di prenotazione sul sito www.laperladitorino.it, indicando il numero dei partecipanti, la data e l’orario desiderato. La durata dell’evento sarà di 90 minuti.

Mara Martellotta 

Da necessità a piacere

Chiunque visiti il nostro Paese, e ancor più noi che ci viviamo, non possiamo non conoscere la cucina, i cibi, le ricette e tutto ciò che contraddistingue la nostra alimentazione da quella di molti altri Paesi.

Per ammissione di molti stranieri, noi cuciniamo i cibi mentre loro si limitano a cuocerli, non riuscendo così ad attribuire al pasto quel valore aggiunto che la nostra cucina ha guadagnato in secoli di storia.

La posizione geografica, il clima, la presenza di montagne elevate e di mari pescosissimi, di fiumi e laghi, di pianure estese ed una storia multi-millenaria, fabbriche di armi e di imbarcazioni hanno contribuito a rendere l’Italia famosa in tutto il mondo per le sue prelibatezze.

Ma questo sarebbe l’aspetto puramente alimentare della cucina; noi italiani andiamo oltre: il mangiare, il cucinare, il sedersi a tavola è diventato un rito sociale, un momento che non soltanto riunisce parenti ed amici ma che stimola riflessioni, è prodromico alla redazione di un contratto, consente di raccontare le proprie vacanze attraverso ciò che di alimentare si è portato a casa.

Un carissimo amico narra che la sua compagna, finlandese, potrebbe vivere a cotoletta e patatine, eventualmente aggiungendo alla sera una minestrina (modello nudelnsuppe tedesca) senza sentire la necessità di cambiare sapori.

In effetti sembra che mentre noi viviamo per mangiare, molti altri Paesi mangino per vivere.

Ho viaggiato in Medioriente, nei Caraibi, nell’Africa sub sahariana, nel Maghreb, nei Balcani, in Turchia e posso dire che sono pochi i Paesi che si avvicinano al nostro per varietà di cibi, per modalità di cottura, per fonti (ovini, caprini, equini, molluschi, pesci d’acqua dolce e di mare, verdure e frutta di tutti i generi) e per capacità di presentazione oltre che per qualità dei vini di ogni tipo e gradazione e dei liquori e distillati.

Tralasciando festività quali Pasqua e Natale, anche la preparazione di un pasto della domenica o di una festa di compleanno è un evento conviviale che consente non soltanto di soddisfare il bisogno primario di alimentarsi, ma coinvolge i partecipanti, a vario titolo, nella riuscita dell’evento.

Dalla scelta della tovaglia e degli accessori, dalla scelta dei menù e delle bevande la socialità tra i partecipanti è un sentimento che raggiunge il suo culmine nel brindisi di inizio pasto e prosegue con la portata in tavola delle varie portate.

Ancor più se ognuno dei partecipanti porta qualcosa perché narrerà come gli sia venuta l’idea, dove abbia trovato la ricetta, dove abbia comprato le materie prime, ecc.

In ogni regione ci sono riti, tradizioni particolari tipiche di un periodo dell’anno e cibi che diventano il motivo ufficiale dell’incontro, mentre il motivo ufficioso, ben più importante, è ritrovarsi, magari dopo mesi senza vedersi.

Negli ultimi mesi, almeno a Torino e Milano, i ristoranti sono tutti prenotati, e non solo nei week end, segno che le persone dopo aver dovuto rinunciare obtorto collo ai ritrovi, alle serate a cena fuori, stanno recuperando perché la voglia e la capacità di relazionarsi è superiore a qualsiasi paura, a qualsiasi rischio sanitario.

A chi non è capitato, trovandosi da solo in prossimità del Natale o di Pasqua, di essere invitato da parenti o amici “così mangiamo insieme”.

E cosa dire dei giovani che, magari solitari e taciturni davanti allo smartphone, trovano però occasione di dialogo e cameratismo nell’intervallo di pranzo in un fast food o nella mensa universitaria?

Eventi come “Cheese”, la “Fiera del peperone”, la “Fiera del tartufo bianco” o la “Fiera del bue grasso” iniziano come una fiera di paese ma proseguono come un momento conviviale organizzato mesi prima e vissuto come un pellegrinaggio laico, in adorazione di questo o quel cibo.

Dalla trippa di Moncalieri al tartufo d’Alba, dalle olive taggiasche o coratine alle lenticchie di Castelluccio di Norcia i santuari del cibo vedono aumentare ogni anno il numero di visitatori e di eventi.

Le trasmissioni di cucina in TV, moltiplicatesi negli anni, sono la dimostrazione mediatica di quale e quanto sia l’interesse per il cibo.

Non dimentichiamo, però, che gli eccessi possono nuocere gravemente alla salute e che una festa è bella quando la si vive ogni tanto e non diventa una abitudine perpetua.

Soprattutto ricordate: non guidate se dovete bere.

Sergio Motta

Nelle gallerie di Mondojuve Shopping Village la terza fiera del disco

Sabato 23 e domenica 24 novembre, dalle 9 alle 20.30, Ernyaldisco presenta nelle gallerie di Mondojuve Shopping Village la terza fiera del disco. Un appuntamento con ingresso gratuito dove appassionati e collezionisti potranno tuffarsi tra CD, dischi, vinili, nuovi, usati e da collezione.

La Fiera sarà un vero e proprio paradiso per i collezionisti e nostalgici del suono analogico, proponendo una vasta selezione di dischi in vinile a 33 e 45 giri, MIX e CD, sia nuovi, sia usati, fino ad arrivare a pezzi da collezione. Gli appassionati potranno immergersi in un universo musicale che spazia dal rock al jazz, dal punk alla musica classica, dal soul ai cantautori italiani, passando per generi come i metal, la psichedelica, il funky e molto altro. Durante l’evento i visitatori avranno l’opportunità di acquistare, vendere, scambiare i propri dischi, avvalendosi della competenza degli espositori presenti. Sarà un’occasione unica per incontrare altri appassionati, condividere storie, consigli e momenti di pura passione musicale, entrando a far parte di una vera e propria community.

 

Mara Martellotta