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Quella strana boule dell’acqua… fredda

Il corteo che ieri ha accompagnato il povero Tugnin al camposanto non aveva la mestizia dei soliti funerali. Era arrivato quello che lui stesso chiamava “il giorno in cui staccherò il biglietto di sola andata”.

Diceva proprio così, rimasticando i modi di dire appresi in una vita “da rotaia”, da ferroviere. Al circolo aveva fatto avere i soldi perché gli amici, terminata la cerimonia, potessero ricordarlo alzando i calici in una bella bevuta. “Ricordate che se vi viene voglia di intonare qualcuna delle canzoni che cantavamo da giovani a me farà solo piacere. Ed anche se non potrò aggiungere la mia voce al coro e non potrò sentire se sarete stonati come una campana ciucca, sarò lì con voi, almeno in spirito”. Quando disse queste parole aveva le lacrime agli occhi e fece venire a tutti un gran magone. Anche per la banda musicale, che doveva accompagnarlo nell’ultimo viaggio, aveva compilato di suo pugno il “borderò:la marcia funebre di Franz Listz o il Requiem di Mozart, la Leggenda del Piave, Bella Ciao , l’Internazionale e, dulcis in fundo, il Silenzio. Un bel casino, perché non è stato possibile trovare una banda in grado di eseguire tutt’intero il repertorio che Tugnin aveva “dettato”. Così ci siamo accontentati della Leggenda del Piave, Bella Ciao ed il Silenzio. Quest’ultimo, eseguito dal Birella, cantoniere di mestiere e trombettiere per passione. A dire il vero è stato uno strazio ma, vivi a parte che –  conoscendolo – non  si aspettavano di meglio, il morto non ha avuto da lamentarsi. Il più affranto è stato, com’era ovvio, il “Giuri”. Adriano Arbusti si era guadagnato il nomignolo di “Giuri” dove averlo detto e ripetuto migliaia di volte alla moglie, soprattutto quando quest’ultima era fuori dagli stracci perché tornava a casa un po’ “brillo”. “ A tal giuri, Maria: sun mia ciucc! Gò gnanca vardà drè alla buteglia” ( tradotto:” Te lo giuro, Maria: non sono ubriaco! Non ho nemmeno guardato la bottiglia”). Ma lo tradiva l’alito e allora, giù mazzate sul groppone con la scopa di saggina. Lui e Tugnin erano amici da quando, entrambi venticinquenni, avevano preso parte alla Resistenza. “Giuri” era barcaiolo e portava da una sponda all’altra del lago e da queste in Svizzera, armi e fuoriusciti. Tugnin, ferroviere addetto alla manutenzione degli scambi sulla tratta Arona-Baveno della linea Milano-Domodossola, aveva aiutato diversi ebrei a mettersi in salvo dopo la proclamazione delle leggi razziali e – nel gennaio del 1944 – era andato in montagna con i partigiani. Fu sulle colline del Vergante e sulle pendici del Mottarone che si ritrovarono insieme, mitra in mano, a dar filo da torcere alle camicie nere. Dopo la “calata al piano” erano tornati alle loro professioni. Tugnin s’occupò ancora di binari ma stavolta per la tratta tra Stresa e Mergozzo, riducendo di molto il “campo d’azione”. L’Arbusti, con il suo cappello da marinaio calcato sulla “crapa”,  faceva la spola  tra le isole e la terraferma con la sua “ Iolanda” , una bella barca da pesca a sei posti, dotata di un potente motore da 15 cavalli. Capitava spesso che, senza darsi appuntamento, si trovavano all’osteria dei Quattro Cantoni per una partita di briscola “chiamata”, al Circolo operaio per un mezzino di rosso o dalla Maria, all’osteria dei Gabbiani, per una “merenda”. Tra loro si era rafforzata un’amicizia “solidale”. Tutti ricordano quando Tugnin ebbe l’incidente fuori dalla stazione di Baveno, cadendo dalla “Truman”, vecchia e robusta locomotiva diesel americana, giunta in Italia dopo la seconda guerra mondiale. Aveva perso l’equilibrio, finendo lungo e tirato sulla massicciata. Una brutta botta che gli era costata la frattura di un femore e della scapola sinistra. Ricoverato per diverse settimane nella traumatologia dell’ospedale S.Biagio di Domodossola, aveva ricevuto – ogni due giorni –  le puntuali visite dell’amico “Giuri”. Quest’ultimo, partiva alla buonora con il treno da Baveno, dopo aver fatto – la sera prima – il “carico” da Luigino Bottecchia, vinaio di Oltrefiume che commerciava una barbera monferrina di buona qualità. Il carico consisteva, ovviamente, in due fiaschi che – per Tugnin – rappresentavano la razione delle quarantott’ore. Così, quando una decina d’anni più tardi, toccò al Giuri fare i conti con la “costrizione” dell’ospedale per una brutta polmonite, l’amico ferroviere ( ormai pensionato ) non aveva  esitato un attimo a rendere il servizio. La casa di cura, per sua fortuna, era quella di Stresa, gestita dalle suore. Prendeva “la tradotta” dopo aver fatto anch’esso il “pieno” ad un paio di bottiglioni. Solo che, già alla prima volta, si era scontrato con un ostacolo insormontabile: l’arcigna e “invalicabile” portiera dell’ospedale stresiano, suor Clementina. A differenza del nome, soave e mite, suor Clementina era un donnone di più di cento chili ed era un vero mastino. Antonio Galletti subì la perquisizione ed il sequestro del vino, protestando tanto animatamente quando inutilmente. “Caro il mio ometto, qui il vino non entra. Quindi, se vuol salutare il suo amico passi pure ma a mani vuote”. La suora era come la linea Maginot. Se la pigliavi di petto era invalicabile e ogni tentativo era destinato a mal partita. “Allora mi sono fatto furbo e l’ho aggirata”, confidò Tugnin. Concordò la tattica con l’amico barcaiolo e la mise in pratica. Giuri doveva affacciarsi alla finestra d’angolo che dava sulla scalinata del retro.Lì, con fare lesto, “allungava” la boulle dell’acqua calda all’amico che, in un baleno, svitava il tappo e la riempiva di barbera. Giuri, dopo essersi infilato nel suo letto tenendosi stretto la boulle opponeva una fiera resistenza ai tentativi delle suore di prelevargliela per cambiare l’acqua,  secondo le religiose, “ormai fredda” . “Ferme lì, sorelle”, intimava con voce che non ammetteva repliche. “La boulle va bene così. A me piace fredda, brut demoni”. Il sistema funzionò fino a quando le suore non mangiarono la foglia e il barcaiolo, privato del “carburante”, si rassegnò ad un periodo di forzata astinenza, soffrendo e brontolando. Ed oggi, eccolo qua, il nostro Giuri. Sembra un vecchio tronco spezzato dalla saetta. Ha accompagnato, insieme agli altri, Tugnin al camposanto e ora si trova perso, spaesato. “Cari miei – ci ha detto – ; siete più giovani e a certe cose non ci pensate, e fate bene. Ma io, alla mia età, mi sentivo già perso quando è morta la mia Marietta. E ora? Eh?  Morto anche Tugnin, che era come un fratello, sono solo come un cane”. Ci ha fatto una tenerezza da non credere e l’abbiamo portato con noi a pranzo. E pure a cena.  D’ora in poi, un po’ del nostro tempo, lo dedicheremo a fargli compagnia quando passerà dal Circolo Operaio. Smazzando le carte ci parlerà del lago, dell’onda vagabonda e del suo amico Tugnin. Del resto, i ricordi sono come i pesci del lago. S’impigliano nella rete della memoria e, ogni tanto, li tiriamo in secca.

Marco Travaglini

FLOR Primavera torna per il quarto anno consecutivo ai Giardini Reali 

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LA NATURA SI FA ARTE CON LE NINFEE AMATE DA MONET

Musei Reali di Torino – Giardini Reali

Da venerdì 23 a domenica 25 maggio 2025

 

Accanto alla mostra mercato florovivaistica, una ricca proposta espositiva: dalle ninfee predilette da Monet a Citrus, una esposizione dedicata al mondo degli agrumi,

ma anche installazioni interattive e un’esposizione curata dagli studenti dello IED.

A inaugurare la manifestazione, nella mattina di venerdì 23, l’“invasione pacifica” di centinaia di bambini delle scuole dell’infanzia comunali di Torino

 

 

FLOR Primavera torna per il quarto anno consecutivo presso i Musei Reali di Torino, coinvolgendo gli spazi dei Giardini Reali in un magnifico connubio tra natura, arte e storia.

L’appuntamento è per venerdì 23, sabato 24 e domenica 25 maggio, dalle 9.30 alle 19 (ultimo ingresso ore 18). Organizzato da Orticola del Piemonte, in collaborazione con i Musei Reali di Torino e con il patrocinio della Città di Torino, FLOR è uno degli appuntamenti conclusivi e più attesi del Festival del Verde (5-25 maggio a Torino e provincia), il cui maggior sostenitore è Fondazione Compagnia di San Paolo.

 

Accanto alla mostra – mercato florovivaistica, che ospiterà alcuni dei migliori vivaisti, artigiani, agricoltori e Associazioni del verde provenienti da tutta Italia, per un totale di circa 100 espositori, l’edizione 2025 di FLOR sarà ulteriormente impreziosita da un’ampia e variegata proposta espositiva per raccontare il mondo dei fiori e delle piante attraverso l’arte, la storia e la creatività.

Dalla reintroduzione di 18 varietà di magnifiche ninfee antiche, tra cui le varietà originali ibridate dal vivaio francese Latour-Marliac, amate e disegnate dal pittore francese Claude Monet, che torneranno a popolare la Fontana dei Tritoni nei Giardini Reali, a Citrus, una sorprendente collezione che racconta il mondo degli agrumi attraverso i secoli. Dal “Piccolo manuale di Flora selvatica” realizzato dagli studenti del 2° anno del corso di Illustrazione di IED Torino, all’installazione interattiva “La Natura che risponde”.

 

A inaugurare l’edizione 2025 di FLOR Primavera saranno i bambini delle scuole dell’infanzia comunali di Torino. Nella mattinata di venerdì 23, centinaia di piccoli scolari, provenienti dalla Scuola materna municipale Aporti Gastaldi, dalla Scuola comunale dell’infanzia “C.B. Freinet”, dalla Scuola Materna Margherita Hack, dall’Asilo Nido Municipale “Alda Merini”, e dalla Scuola Materna Collodi, accompagnati dalle maestre e da Carlotta Salerno, Assessora alle Politiche educative della Città di Torino, invaderanno pacificamente i Giardini Reali con il loro entusiasmo e la loro voglia di scoprire il mondo e i segreti della Natura.

Dopo aver visitato la mostra – mercato, i piccoli ospiti si cimenteranno in alcuni laboratori che li avvicineranno al mondo del verde e delle piante e grazie a cui impareranno a travasare una piantina di basilico che potranno poi portarsi a casa.

 

L’iniziativa con gli alunni delle Scuole dell’Infanzia è stata pensata per rendere sempre più protagoniste le giovani generazioni e per dare continuità a “Il futuro con le piante”, tema portante del Festival del Verde e, in generale, di tutti i progetti curati da Orticola del Piemonte: saranno, infatti, i bambini di oggi a dover migliorare il rapporto futuro tra Uomo e Natura, trovando nuovi modi di convivenza e di rispetto per il bene del Pianeta.

 

«Bambine e bambini nelle scorse settimane hanno vissuto momenti preziosi di contatto diretto con la natura – ha affermato l’assessora alle Politiche educative della Città di Torino Carlotta Salerno -. Hanno potuto sperimentare e avvicinarsi ai fiori, alle piante, prendersene cura e, così facendo, instaurare con il verde un rapporto unico e speciale. L’evento di FLOR, il prossimo 23 maggio, sarà una grande festa ma anche una nuova occasione di apprendimento, di scoperta, dimostrazione concreta di come si possa fare scuola anche fuori da scuola».

 

FLOR cambia e si evolve anno dopo anno. Accanto alla immancabile e sempre apprezzata mostra mercato florovivaistica, vogliamo creare uno spazio di cultura,  condivisione e arricchimento dove poter raccontare in modi sempre diversi e innovativi il rapporto esistente tra l’uomo e le piante – Spiega Giustino Ballato, Presidente di Orticola del Piemonte – L’obiettivo che ci poniamo con il Festival del Verde e con FLOR non è però solo quello di raccontare il mondo della Natura in tutte le sue forme, ma anche di contribuire in modo concreto a rendere più verde e più bella Torino, lasciando in dono qualcosa di duraturo ai luoghi che ci ospitano: per questo motivo abbiamo deciso di mettere alcune varietà di ninfee, che dopo diversi anni torneranno ad abbellire e valorizzare la preziosa Fontana dei Tritoni, gioiello barocco custodito all’interno dei Giardini Reali”.

 

LE NINFEE DI MONET: DA GIVERNY AI GIARDINI REALI

 

Per lasciare in eredità qualcosa di prezioso, in occasione di FLOR, Orticola del Piemonte contribuisce in modo concreto attraverso Art Bonus al restauro del gruppo scultoreo della Fontana dei Tritoni nel Giardino di Levante, splendida opera dello scultore Simone Martinez, posizionata al centro del bacino nel 1757.

 

Inoltre, basandosi sulla testimonianza storica della presenza di ninfee nella vasca sin dalla fine del XIX secolo, Orticola del Piemonte ha promosso la reintroduzione di 18 varietà di ninfee ottocentesche che sarà possibile ammirare per la prima volta durante la tre giorni di FLOR: tra queste, anche alcune varietà ibridate dal celebre vivaio francese Latour-Marliac tra fine Ottocento e inizio Novecento, che il pittore francese Claude Monet acquistò per i giardini di Giverny e riprodusse nei suoi celeberrimi dipinti.

 

Le cultivar di Latour-Marliac hanno una storia avvincente. Fino alla fine dell’Ottocento, per limiti climatici e agronomici, in Europa si coltivava solo una varietà autoctona della specie Nymphea alba, di colore bianco, l’unica del continente. Successivamente, con un metodo di incrocio originale con specie selvatiche di origine americana, il vivaista francese Joseph Bory Latour-Marliac creò una varietà di ninfee di diversi colori, dal giallo delicato al fucsia fino al rosso fuoco. La collezione di Latour-Marliac era unica in Europa e fu presentata all’Esposizione Universale di Parigi del 1889, in occasione dell’inaugurazione della Torre Eiffel per il centenario della Rivoluzione francese. La fama delle ninfee di Latour-Marliac ispirò anche il mondo dell’arte, diventando soggetto del famoso ciclo di opere di Claude Monet, Les Nymphéas: fermando sulla tela la peculiare novità botanica, i suoi dipinti costituiscono una delle prime fonti di documentazione di ninfee colorate coltivate in Europa.

 

L’intervento di reintroduzione delle ninfee ottocentesche nella Fontana deI Tritoni dei Giardini Reali di Torino è stato curato da Piante d’acqua di Gianluca Bonomo, vivaio che vanta una delle più importanti collezioni botaniche al mondo di ninfee rustiche e piante acquatiche, grazie a cui è stato possibile recuperare quattro varietà originali tra quelle acquistate da Claude Monet.

Per Orticola del Piemonte è un modo per restituire alla comunità un piccolo tesoro e rendere ancora più affascinanti i Giardini Reali, che per il quarto anno consecutivo ospitano la manifestazione.

 

CITRUS: UN VIAGGIO NELLA STORIA DEGLI AGRUMI

 

L’esposizione Citrus è un viaggio nel passato e nel presente di una delle piante più amate e ricche di storia. L’esposizione curata da Orticola del Piemonte propone, infatti, un’incredibile varietà di piante e frutti di agrumi di ogni epoca: dagli antenati selvatici, come le cultivar dell’arancio amaro, che ha caratterizzato per secoli la storia del giardino in Europa prima dell’avvento, in epoca più recente, dell’arancio dolce, agli ibridi ornamentali gelosamente custoditi nelle serre dell’aristocrazia europea. Ma anche varietà curiose e meno conosciute come la “Mano di Buddha”, un frutto dalla forma molto particolare della famiglia del cedro.

 

Le varietà di agrumi, sia italiane che internazionali, ospitate da Citrus arrivano dalla Sicilia: uno dei centri di acclimatazione più importanti per gli agrumi nel Mediterraneo è l’Orto botanico dell’Università di Palermo, dove sono stati coltivati e adattati alle nostre latitudini per la prima volta il mandarino e il chinotto.

La mostra Citrus va oltre la semplice esposizione e narra la storia di questi alberi di origine orientale che, a partire dal XVI secolo, diventarono oggetto di collezionismo ornamentale presso le corti europee fino a rappresentare il dono per eccellenza della nobiltà.

Gli agrumi erano presenti anche nei Giardini Reali di Torino: durante i mesi caldi abbellivano e profumavano i viali. A fine Ottocento erano presenti circa una cinquantina di esemplari di agrumi coltivati tra Citrus ornamentali, limoni e chinotti. Rientravano a pieno titolo nella collezione botanica dei Savoia che comprendeva circa 605 specie, per un totale di oltre 9.000 esemplari, che comprendeva cultivar rari per l’epoca come i gerani provenienti dall’Africa, le camelie e le azalee dall’Oriente e altre piante provenienti dal continente americano.

 

“LA NATURA CHE RISPONDE” E “PICCOLO MANUALE DI FLORA SELVATICA”: QUANDO LA NATURA È CREATIVA

Le piante non sono solo ornamento ma rappresentano qualcosa di ancora più prezioso.

È questa l’idea alla base dell’installazione interattiva “La Natura che risponde”, presente nel cuore dei Giardini Reali durante la tre giorni di FLOR Primavera.

 

Le piante diventano custodi di luce, strumenti vivi di una sinfonia luminosa che attende di essere composta. L’installazione invita ogni visitatore a interagire attivamente con le piante e a osservare ciò che accade: ad ogni tocco, la natura risponde con bagliori, accensioni delicate e atmosfere mutevoli. È un gesto semplice, primordiale, che risveglia il legame tra uomo e natura: ogni luce che si accende non è solo un effetto visivo: è il segno di una relazione, di un contatto che genera risposta.

L’opera “La Natura che risponde” è un invito a rallentare, ad ascoltare il verde, a riscoprire la meraviglia di una comunicazione silenziosa ma profonda. Toccare una pianta, in questo caso, significa toccare anche se stessi.

 

In occasione di FLOR, IED Torino presenta Piccolo manuale di flora selvatica, una mostra che raccoglie le opere degli studenti del secondo anno del Triennio in Illustrazione, coordinato da Sara Maragotto, realizzate nell’ambito del corso di Scrittura Creativa tenuto da Luisa Pellegrino ed Elisa Talentino.

Il progetto nasce dal desiderio di osservare e dare voce alle piante spontanee che popolano i boschi e gli angoli delle nostre città. Una flora tenace, discreta, che abita le crepe dell’asfalto e i margini dimenticati, offrendo una testimonianza silenziosa della capacità della natura di resistere, adattarsi e reinventarsi ogni giorno.

Le tavole sono il risultato di un percorso di osservazione e ricerca avviato al Vivaio Millefoglie di Ivrea, proseguito con una visita guidata a cura delle Magistre del club Amici Valchiusella e completato da un’esplorazione urbana. In laboratorio, le immagini hanno preso forma attraverso lo sguardo attento e sensibile degli studenti, che hanno saputo restituire, con il linguaggio dell’illustrazione, la bellezza minuta e la forza resiliente di queste presenze vegetali.

La mostra è un invito a rallentare lo sguardo, ad ascoltare il paesaggio che ci circonda, e a riscoprire – attraverso l’arte – la biodiversità che cresce accanto a noi, ogni giorno, in silenzio.

Le illustrazioni sono di Sofia Azuni, Luca Calabrese, Sofia Costanza, Clara Farinelli, Chiara Giamberardini, Alessia Lanzi, Dacia Mastrantuono, Mara Perelli, Chiara Robino, Beatrice Vaudagna e Anna Vucetti.

 

LA MOSTRA MERCATO

Cuore pulsante di FLOR Primavera, sarà, come sempre, la mostra mercato che ospiterà all’interno dei Giardini Reali circa 100 espositori tra vivaisti, Associazioni, artigiani e agricoltori

Ricca, come da tradizione, la schiera di vivaisti provenienti da tutta Italia, che esporranno il meglio delle proprie produzioni promettendo il solito spettacolo di fiori e piante in un tripudio di profumi e colori. Un tuffo nella Primavera tra rose, piante aromatiche e officinali, orchidee e agrumi passando per le affascinanti succulente. Ma anche piante carnivore, rampicanti e tropicali, da secco e da sole intenso, da ombra, bonsai, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Un insieme di proposte per abbellire spazi urbani, giardini, terrazzi e balconi e stuzzicare la curiosità degli esperti di giardinaggio e di tutti gli appassionati che stanno affinando il loro pollice verde.

 

Per una FLOR che cambia, si amplia e si rinnova anno dopo anno, la Natura prenderà altre forme e sarà rappresentata da un numero sempre maggiore di artigiani, con i loro prodotti antichi e moderni per l’arredo del giardino, ma anche con decorazioni naturali per abbellire gli spazi indoor e outdoor delle proprie case, di Associazioni che operano nel mondo del verde e di agricoltori con le loro tipicità enogastronomiche, oltre che spezie di ogni tipo, erbe medicinali e prodotti per la bellezza del corpo

 

Anche il mondo della moda si vestirà di Natura con “Verde Trama”, la mostra mercato di tessuti sostenibili e lavorazioni a basso impatto, dove natura e stile si intrecciano in modo armonioso: dalla scelta delle materie prime alle tecniche di produzione, ogni dettaglio racconta un modo più consapevole di vestire.

 

INFORMAZIONI

FLOR Primavera 2025 è ideato e organizzato da Orticola del Piemonte (www.orticolapiemonte.it) grazie alla preziosa collaborazione dei Musei Reali di Torino. Ha ottenuto il patrocinio della Città di Torino.

Si svolge presso i Giardini dei Musei Reali, con ingresso da Piazzetta Reale 1, da venerdì 23 a domenica 25 maggio (orari: 9.30 – 19 tutti i giorni, ultimo ingresso ore 18).

 

Costi:

biglietto di ingresso giornaliero euro 8

biglietto ridotto (under 30 solo online) euro 6

Ingresso gratuito per bambini e ragazzi da 0 a 14 anni

Per i Soci A.Di.Pa. il costo del biglietto è di 5 euro (acquisto in loco).

Per i possessori di Abbonamento Musei, Royal Pass o Torino + Piemonte card è possibile acquistare il biglietto alla tariffa ridotta di 6 euro (acquisto in loco).

Con il biglietto dei Musei Reali, ingresso per FLOR ridotto a euro 6; possibilità di biglietto combinato Musei Reali+FLOR al costo di 16 euro (acquisto solo in loco presso la biglietteria del museo).

La Tilde che parla ai colombi in piemontese e… un po’ in latino

Diario minimo urbano … Vedere e ascoltare per credere

Gianni Milani

L’orario più o meno è sempre quello. E lo stesso dicasi per il luogo. Metà mattina, al centro del giardino che attraverso per andare al mio solito bar, dal mio solito barista per la mia solita colazione … Caffè, brioche ai frutti di bosco o se non c’è all’arancia o – ultima richiesta, ma non meno meritevole – strudel di mele con pasta sfoglia … Se ci passate a tempo, prima ancora di vederla, sentirete arrivare con un roboante strider d’ali, pari a una “flottiglia aerea” in missione bellica, un gruppone affamato di colombi o piccioni (unica differenza il colore delle piume, grigio verde/blu per i piccioni, generalmente bianco per i colombi) che ben sanno attorno a chi effettuare l’atterraggio – è proprio il caso di dirlo – di fortuna. Al centro della “pista”, la loro grande amica, generosa dispensatrice di cibo che, subito, apre il carrello della spesa e dispensa a man larga le leccornie sicuramente più idonee ai suoi protetti con le ali. Granaglie e quant’altro. Lei sa bene cosa dare loro in pasto. Non le solite briciole di pane o di brioches in caduta libera dai tavolini dei bar con dehors esterni ancora resistenti al freddo invernale. E credo sappia anche bene delle ordinanze comunali che disciplinano le modalità di alimentazione dei piccioni in città, individuando aree apposite, una ventina a Torino (quasi tutte aree-parco), ma tutte lontane per le sue deboli gambe.

E allora … Certo non se la sente di lasciare a stomaco vuoto i suoi animaletti. Che paiono per lei essere unico rattoppo a una vita di quotidiana  solitudine. Indifferente agli improperi che le arrivano dalle solite madamin sedute a cianciare sulle panchine – sverniciate, imbrattate, indecorosi siti graffitari dimentichi delle loro originarie utilità – e che, a volte, senza astio la rimbrottano: ma Tilde (ecco il suo nome) lassa perde, lur lì a portu mac ‘d malattie. E questo è pur vero. Ma lei continua imperterrita. Di età possiamo definirla diversamente giovane. Sempre sola e, fra le labbra, un via vai continuo di sigarette. Cappottone nero, sciarpone grigio, pantofoloni imbottiti e colbacco di pelliccia o  (più facile) simil-pelliccia nero: Tilde è una perfetta, impeccabile madamin d’antan. Sempre sola, mai che si fermi a parlare con qualcuno. Unici suoi interlocutori, quei beati, starnazzanti e tubanti piccioni o colombi. E con loro parla. Eccome! E per tutti ha un nome e tutti sembrano riconoscerla. Al passo, prima ancora che alla vista. Fa nen parei, Clementina, non essere così ingorda, ce n’è per tutti! Il più recente incontro proprio ieri mattina. Mi sono seduto anch’io, giornale sotto le natiche, su una panchina. Spiavo incuriosito, armeggiando, per non dar nell’occhio, con il telefonino.

E ne ho scoperte delle belle. Intanto Clementina anche ieri s’è dimostrata fra le più insaziabili. Ma, quasi al par suo, ho scoperto esserci anche la Graziella, la Totina sempre attaccata alla Cate e poi, fra i maschietti (come farà a capirne il sesso?) quel gadan del Berto e poi Fredo (tses propi ‘n balòs), e Tromlin (che bërlicafojòt ca tses!). E così con tanti altri. Incredibile! Li aveva battezzati tutti. E tutti sembravano rispondere alle sue “cazziate” e ai suoi complimenti. Chissà in “piccionese” come avranno chiamato lei, la Tilde? Perché di sicuro, quando la vedevano arrivare, si passavano con il loro classico “gru gru” la voce … arriva la Tilde … arriva la Tilde, finalmente si mangia! Sulla panchina meno sporca del giardino, osservavo, spiavo e sempre più mi sentivo “basito”. Fuori dai giochi, come tutto il resto di quel piccolo delimitato mondo: le madamin che spettegolavano, i cani al guinzaglio che innaffiavano ciò che resta dei miseri o degli strapieni e incolti “tappeti verdi”, il pakistano seduto sulle cassette di frutta, in un misero cono di sole, a vendere i giornali del mattino e qualche bimbo, con nonni annessi, nel malconcio spazio–giochi lasciato lì, senza mai la soddisfazione di qualche new entry (qualche passatempo un po’ meno agé) da anni e anni.

E non basta. Dopo una mezz’oretta di quello spettacolo, davvero curioso, la stridula, aggraziata vocina di Tilde ha profferito “verbo” che mi ha letteralmente stravolto e sconvolto … Giùsep fa nen l’ambrojon … e gnanca vuiautri … Réddite quae sunt Caésaris Caésari … Come dire, per chi non sa di latinorum: date a Cesare quel che è di Cesare … e adesso basta, ci vediamo domani!… Stesso posto, stessa ora! Aggiunsi mentalmente io. Incredulo. La Tilde parlava ai suoi “piccioncini” in piemontese e un po’ anche in latino! Sì, sì avete capito bene … in latino! E mentre se ne andava pian pianino, mani al carrello della spesa senza rivolgere un bé a nessuno, riprendendosi addosso il valigione della sua triste solitudine e, in bocca, l’ennesima sigaretta, i suoi “protetti” per un po’ la seguivano (quasi a proteggerla) sempre in modalità “flottiglia aerea” per poi, “rotte le righe”, lanciarsi alla ricerca di altri improvvisati (quelli sì, nocivi) street food. Io? Basito. Riconciliato con il pigro grigiore di un mattino qualunque. Ad maiora, Tilde. Qualche volta mi piacerebbe sedermi con te sulla “mia” panchina, “a giornal protettivo”, per scambiare insieme due chiacchiere. Per scoprire (scusa la curiosità) la tua storia. I tuoi rifiuti rancorosi al mondo e, di contro, il tuo grande amore per la Totina, la Cate o per quel bërlicafojòt del Tromlin.

Gianni Milani

Sapore d’Oriente nel piatto: straccetti speciali di pollo

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Il piatto non necessita di lunghe cotture ma di una profumata marinatura

 

Un ottimo secondo piatto leggero, fresco e veloce, non necessita di lunghe cotture ma di una profumata marinatura che esaltera’ il delicato gusto del pollo abbinato alla croccantezza delle verdure.

Semplice, dal successo garantito.

 

 Ingredienti:

1/2 petto di pollo intero

2 carote

2 zucchine

1 limone

1 spicchio di aglio

1 cucchiaino di zenzero in polvere

1 cucchiaino di semi di cumino

1 cucchiaino di semi di sesamo

olio evo q.b.

sale, pepe q.b.

Lavare le verdure e tagliarle a bastoncini nel senso della lunghezza.Tagliare il petto di pollo a striscioline, metterlo in una terrina, cospargerlo con le verdure, le spezie, l’aglio a fettine, bagnare il tutto con il limone, l’olio, il sale,e il pepe. Mescolare bene e lasciar marinare in frigorifero per almeno due ore. In una piastra in ghisa rovente, cuocere gli straccetti di pollo con le verdure scolate per circa dieci minuti, mescolare con una paletta e bagnare con la marinatura, lasciar sfumare. A cottura ultimata, servire subito.

Paperita Patty

Sfoglia caramellata alla crema, trionfo di dolcezza

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Una croccante sfoglia caramellata che racchiude una deliziosa crema pasticcera aromatizzata al limone.

Un perfetto connubio di morbidezza e friabilita’, semplice e irresistibile.

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Ingredienti

 

1 confezione di pasta sfoglia pronta quadrata

500ml. di latte fresco intero

4tuorli

100gr. di zucchero

40gr. di maizena

1 bustina di vanillina

1 limone

Zucchero a velo

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Preparare la crema pasticcera. Portare ad ebollizione il latte aromatizzato con la buccia di limone grattugiata, lasciar intiepidire e filtrare. Lavorare i tuorli con lo zucchero, unire la vanillina, versare il latte a filo sempre mescolando. Cuocere la crema a bagnomaria per circa 10 minuti. Lasciar raffreddare, aggiungere il succo di  ½ limone senza mai smettere di mescolare. Disporre una base di sfoglia su un piatto da portata, coprire con la crema pasticcera, mettere la seconda sfoglia, ricoprire con la crema. Disporre l’ultima sfoglia, spolverizzare di zucchero a velo, guarnire a piacere. Servire fresca.

 

Paperita Patty

Barbera è Nizza

ANNATE STORICHE DEL NIZZA DOCG
in collaborazione con l’Associazione Produttori del Nizza
Azienda
Denominazione
Annata
DAMERIO
NIZZA DOCG
2017
TENUTA IL FALCHETTO
NIZZA RISERVA DOCG “Bricco Roche”
2017
TENUTA OLIM BAUDA
NIZZA RISERVA DOCG
2017
TENUTA IL FALCHETTO
NIZZA RISERVA DOCG “Bricco Roche”
2016
TENUTA GARETTO
NIZZA DOCG
“Favà”
2016
REGGIO MARCO
NIZZA DOCG
“Caino”
2016
ISOLABELLA DELLA CROCE NIZZA DOCG
“Augusta”
2016
COPPO
NIZZA DOC
“Pomorosso”
2016
CASCINA GIOVINALE
NIZZA DOCG
“Ansséma”
2016
REGGIO MARCO
NIZZA DOCG
“Caino”
2015
MICHELE CHIARLO
NIZZA RISERVA DOCG “La Court”
2015
TENUTA OLIM BAUDA
NIZZA RISERVA DOCG
2014
LA GIRONDA
BARBERA D’ASTI SUPERIORE NIZZA “Le Nicchie”
2004
EREDE DI CHIAPPONE A.
BARBERA D’ASTI SUPERIORE NIZZA “Ru”
2004
COPPO
BARBERA D’ASTI SUPERIORE NIZZA “Pomorosso”
2004
LA GIRONDA
BARBERA D’ASTI SUPERIORE NIZZA “Le Nicchie”
2003
EREDE DI CHIAPPONE A.
BARBERA D’ASTI SUPERIORE NIZZA “Ru”
2003
Il disciplinare di produzione del Nizza DOCG definisce rigorosi criteri per garantire l’eccellenza di questo vino piemontese, prodotto esclusivamente con uve Barbera.
Zona di Produzione
Il Nizza DOCG è prodotto in 18 comuni della provincia di Asti: Agliano Terme, Belveglio, Bruno, Calamandrana, Castel Boglione, Castelnuovo Belbo, Castelnuovo Calcea, Castel Rocchero, Cortiglione, Incisa Scapaccino, Moasca, Mombaruzzo, Mombercelli, Nizza Monferrato, Rocchetta Palafea, San Marzano Oliveto, Vaglio Serra e Vinchio .
Vitigno e Rese
• Vitigno: 100% Barbera.
• Resa massima: 7 tonnellate per ettaro (ridotta a 6,3 t/ha per la menzione “Vigna”) .
Caratteristiche Analitiche
• Titolo alcolometrico minimo:
• Nizza e Nizza Riserva: 13% vol.
• Nizza con menzione “Vigna”: 13,5% vol.
• Acidità totale minima: 5 g/l.
• Estratto secco netto minimo: 26 g/l (28 g/l per la menzione “Vigna”) .
Invecchiamento
• Nizza: minimo 18 mesi, di cui almeno 6 in botti di legno.
• Nizza Riserva: minimo 30 mesi, di cui almeno 12 in legno .
Norme Viticole
• Esposizione dei vigneti: orientamento da sud-est a sud-ovest, evitando i fondovalle.
• Sistema di allevamento: controspalliera con potatura a Guyot o cordone speronato basso.
• Densità d’impianto: minimo 4.000 ceppi per ettaro.
• Numero massimo di gemme per ceppo: 10 .
Vinificazione e Imbottigliamento
Le operazioni di vinificazione e imbottigliamento devono avvenire all’interno della zona di produzione, con possibilità di effettuare l’imbottigliamento anche nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo .
Menzioni Aggiuntive
• “Vigna”: indica un singolo vigneto registrato; richiede caratteristiche più restrittive in termini di resa e titolo alcolometrico.
• “Riserva”: richiede un periodo di invecchiamento più lungo, come specificato sopra.
Per consultare il disciplinare completo e aggiornato, è possibile visitare il sito ufficiale dell’Associazione Produttori del Nizza:
https://www.ilnizza.net/disciplinare.html
Alla prossima !
LUCA GANDIN

Il treno storico e la ferrovia delle meraviglie Cuneo-Ventimiglia

IL TORINESE WEB TV

Da Cuneo a Ventimiglia su un treno di “terza classe”. Sedili di legno e doppia motrice: una a diesel e l’altra elettrica che funziona con la corrente generata dalla motrice a diesel. La ferrovia Cuneo-Ventimiglia è interessante dal punto di vista internazionale perché ha costituito una opportuna comunicazione tra Italia e Francia, purtroppo vincolata da tante difficoltà di esercizio. La sua costruzione ebbe inizio, addirittura, nel 1883 con il tronco tra Cuneo e Vievola di 42 km. Occorsero ben 70 anni per completare l’opera. La linea presenta interessanti opere d’arte e 60 gallerie, la più importante è quella di valico del Colle di Tenda lunga 8 km (a forma elicoidale o lumaca) con arrivo 1040 m sul livello del mare, dopo la quale si sbocca in Valle Roia. La pendenza massima è del 26%. La distanza tra Cuneo e Ventimiglia è di circa 99 km. Nell’autunno del 1944 i bombardamenti e le distruzioni causate dall’esercito tedesco interruppero definitivamente il binario a sud di Breil. La ricostruzione nel dopoguerra fu lunga e laboriosa; finalmente il 6 ottobre 1979 avvenne l’inaugurazione con 2 treni speciali. Era l’inizio di una nuova storia con un’affluenza di persone sui treni superiore a tutte le più ottimistiche previsioni della vigilia. Alcuni affermano che la linea è inutile e la vogliono chiudere, ma questa ferrovia non è affatto un ramo secco: i pochi treni viaggiano pieni di turisti e nel 2020 questa ferrovia è arrivata prima nel censimento del Fai “I luoghi del cuore” con oltre 75000 preferenze.

Francesco Valente

 

Guarda il video:

 

I molteplici volti del cibo

Presentato al Salone del Libro il volume di indagine  alla presenza degli autori Vincenzo Gesmundo, Roberto Weber e Felice Adinolfi

 

Il cibo è ancora una volta protagonista non solo della vita quotidiana, ma anche dei dibattiti letterari e pubblici, come ha dimostrato la presentazione del libro dal titolo “Il cibo a pezzi”, con il sottotitolo emblematico “La guerra nel piatto”, edito da Bompiani e uscito in libreria nel febbraio del 2025.

Il volume è stato presentato e dibattuto nella giornata di lunedì 19 maggio presso il Salone Internazionale del Libro di Torino, con la moderazione di Andrea Tramontana, editor Bompiani, e alla presenza degli autori Vincenzo Gesmundo, Segretario generale della Confederazione Nazionale Coldiretti, la più grande organizzazione di rappresentanza agricola italiana ed europea, Roberto Weber, sondaggista e Presidente dell’Istituto Ixè, dedito all’attività di ricerca e consulenza per soggetti pubblici e privati relativa al trend di opinione alla comunicazione editoriale e al marketing politico. Il terzo autore intervenuto alla presentazione è il Professore ordinario di Economia Agraria ed Estimo all’Università di Bologna Felice Adinolfi.

Il libro, che reca anche un importante saggio del filosofo Massimo Cacciari, si presenta come un’analisi e un reportage che tocca, a livello di citazioni letterarie, anche scrittori del calibro di Melville, Orwell e Calvino.

Questo libro rappresenta una narrazione di ciò che Coldiretti ha fatto in questi anni, un segnale d’urgenza verso il mondo della produzione di cibo, oggi minacciata – ha dichiarato Vincenzo Gesmundo – Il cibo tocca anche temi importanti quali la società e la politica, non solo a livello nazionale, ma europeo. Fino agli anni ’99 – 2000 si parlava di cibo semplicemente come materia prima, in cui il produttore si occupava anche di trasformare il prodotto in cibo. Oggi è necessario forse recuperare questo aspetto per ristabilire il fondamentale incontro tra l’aspetto della salute e quello dell’alimentazione. Vale la pena sottolineare quanto gli studi scientifici prevedano un aumento esponenziale delle malattie metaboliche, tra cui il diabete, causate dalla trasformazione, da parte dell’industria alimentare, del prodotto”.

Il cibo svuotato di significato è uno dei grandi temi contenuti nel libro – ha sottolineato Felice Adinolfi – Il suo svuotamento, in considerazione del fatto che in Italia il cibo è sinonimo di grande tradizione e cultura locale, mette a rischio persino il concetto di democrazia creato attorno al cibo. Si può considerare un catalizzatore di socialità, un collante che unisce un popolo”.

Il cibo rischia di ‘andare a pezzi’, e questo è il significato del titolo della nostra opera, a causa della mancanza di volontà d’ascolto nei confronti delle culture differenti dalla nostra – ha commentato Roberto Weber – Il cibo rappresenta sicuramente un grande simbolo identitario, ma è importante ricordare quanto sia anche ‘condivisione’”.

Una politica che vada contro gli interessi degli agricoltori, hanno condiviso i tre autori del volume, fa si che un Paese non possa essere governato.

Fin dai tempi di Socrate, il “Simposio” rappresenta un momento di nutrimento profondo, del corpo come dello spirito, insaziabile di conoscenza. Così, oggi più che mai, il gesto del nutrirsi è al centro non solo delle nostre vite, ma anche dei complessi intrecci economici, strategici, etici, che determineranno le sorti del pianeta in cui viviamo.

Attraverso una trattazione ricca di dati, esempi e punti di vista, le pagine di questo libro ci parlano del cibo, delle nuove frontiere tecnologiche applicate all’alimentazione, come la necessità di proteggere la biodiversità; lo fanno attraverso una tesi forte, vale a dire che il cibo sia oggetto di una vera e propria guerra su cui opposti fronti si confrontano su due modalità di produzione degli alimenti, figlie di due diverse visioni della società, della salute e della democrazia.

 

Mara Martellotta

Carla Milone: viaggiatrice, fotografa e Travel Designer

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Carla Milone, signora torinese, ex professoressa di Letteratura Inglese, è sinonimo di ‘viaggiare con stile’; chiunque la conosca non può non apprezzare la sua esperienza e la sua bravura nell’organizzare, ormai da molti anni, viaggi meravigliosi in ogni parte del mondo, dall’India al Cile, dai Caraibi al Giappone, dalla Groenlandia all’Europa intera, ma esiste qualche posto nel mondo che Carla non abbia visitato?
“ Certo, qualcosa mi manca – ci racconta Carla- non sono ancora stata in Nuova Zelanda, in Pakistan, Bangladesh, Nicaragua e Uruguay, in compenso credo di essere stata 24 volte in Cina, altrettante in India e poi in tutto il resto del mondo”.
Come e quando nasce questa passione per il viaggio?
“ Da quanto ricordo ho sempre viaggiato, ho iniziato da ragazza con i miei genitori e ho sempre voluto andare oltre i sentieri conosciuti, al di là di quello che c’era da vedere di prestabilito in ogni posto. Mi aveva colpito quanto disse un mio insegnante: “ girate sempre dietro l’angolo, scoprite quello che c’è oltre il sentiero battuto e avrete delle belle sorprese”.
Un’altra sua grande passione è la fotografia che unita all’amore per i viaggi ha dato vita ad una serie di libri e mostre.
“Si, all’inizio giravo film, documentavo i miei viaggi in giro per il mondo, facevo molte riprese anche sott’acqua, quando poi è finita l’epoca del super 8 ho iniziato con la fotografia che mi ha sempre dato soddisfazioni immense. Le mie foto rappresentano la realtà, voglio restituire a chi le guarda esattamente quello che io ho visto in quel momento, nulla di più, nulla di meno, mi interessa cogliere l’attimo fuggente, fermarlo in uno scatto e ricordarlo proprio come lo vedo.  Ho un ricordo preciso di tutti i volti delle persone incontrate che non dimenticherò mai, tante di loro compaiono nei miei libri fotografici come il viso di una bambina indiana, che ho visto girando quel famoso angolo di cui parlavo prima, una scena bellissima che è poi diventata la copertina del mio libro “Intorno al fuoco- Viaggio tra cibi e cucine del mondo”.
 Se andate a vedere le Piramidi in Egitto o il Taj Mahal in India non dimenticate di andare oltre la folla , andate dietro queste meraviglie dell’architettura e osservatele da dove nessuno le guarda”!
Quale è stato il viaggio più bello?
“I viaggi più belli sono quelli che sono stati vissuti ai margini degli itinerari classici, se sai viaggiare non esistono barriere, tantomeno linguistiche. Un viaggio indimenticabile è stato in Siberia, verso lo Stretto di Bering, esattamente in una zona chiamata Chukotka. Eravamo con un autista che ci accompagnava in queste zone e ad un tratto vediamo dei pastori nomadi con un branco di renne, ci fermiamo per fotografare questo spettacolo incredibile, scendiamo dal mezzo per avvicinarci alle renne e quando ci siamo girati l’autista era sparito, andato via. La grande umanità dei pastori ,che ci hanno accolti nelle loro tende per quasi due giorni, ha cancellato subito il nostro sconforto e il nostro senso di abbandono.
Un’altra  esperienza particolare l’ho vissuta in Amazzonia, dove sono stata tre volte, a contatto con le popolazioni locali; ho assistito alle loro ‘Olimpiadi’ che vengono organizzate affinché s’incontrino tra loro e non restino isolate l’una dall’altra”.
Il viaggio che non rifarebbe?
“Non tornerei in alcune parti della Russia meridionale o in Manciuria, nord-est della Cina, perché sono diventate zone troppo ibride, hanno perso totalmente la loro identità, è cambiato il paesaggio, la cultura e i costumi non hanno più alcun fascino. L’atmosfera è importantissima, ci sono posti che l’hanno preservata e sono quelli dove regna un’armonia di paesaggio e architettura ma anche di umanità.  Un esempio di un altro luogo che a mio parere ha perso molto è la Cambogia: io e mio marito Giorgio ci andammo in viaggio di nozze, arrivando a piedi dalla Thailandia, non ci andava nessuno, il turismo non esisteva,  ci siamo tornati dopo 40 anni e non era più la stessa cosa. “
Si è mai trovata in una situazione di pericolo?
“ Una volta ero da sola in Nuova Guinea, dove ero stata invitata per valutare una struttura, un bellissimo hotel, non c’erano altri clienti ma solo il proprietario del resort che però dormiva in una stanza lontana dalla mia. Ad un certo punto, nel cuore della notte, sento che qualcuno è entrato in camera e sta rovistando fra le mie cose, piano,piano, senza far rumore cerco di togliere la zanzariera per garantirmi una via di fuga ma fortunatamente l’intruso se ne va. Il mattino dopo abbiamo scoperto che era riuscito ad entrare dal tetto del bungalow, che paura”!
Che differenza c’è tra un Travel Designer ed un Agente di Viaggio?
“Il primo programma, inventa, studia e crea un itinerario in base agli interessi del cliente, a cosa vuole vedere: c’è chi vuole la natura, chi vuole osservare l’architettura contemporanea inserita nel paesaggio, chi vuole fare un viaggio nel passato , penso ad alcuni villaggi Ming antichi dove regna tuttora una perfetta armonia di stile ed architettura. L’agente di viaggio propone e vende i viaggi organizzati, preconfezionati dagli operatori del settore.
Personalmente ho lavorato con grandi tour operator ed ora collaboro con Viaggi Chiara a Torino che fa parte del gruppo Magia, per loro costruisco viaggi che trasformano le passioni dei clienti in itinerari unici, personalizzati; fortunatamente posso contare su validi corrispondenti in tutto il mondo che mi conoscono e sanno quello che voglio.
Per il 2025 e l’inizio del 2026 abbiamo messo in programma viaggi bellissimi e particolari come quello in Groenlandia ad agosto, le lagune di Arcachon, la Libia a ottobre in concomitanza con il Festival di Ghadames, il Giappone a novembre durante il foliage, una crociera sul mitico Star Clipper in Costarica e Panama a Capodanno e poi ancora una crociera esclusiva sul Nilo a marzo del prossimo anno , un viaggio in Arabia Saudita e tanto altro”.
Quali sono le competenze necessarie per svolgere questa attività?
“Bisogna aver viaggiato tantissimo, in ogni parte del mondo, è importante leggere, studiare, amare l’arte, l’architettura, la natura, capire i desideri delle persone, ascoltarle, frequentare le fiere di settore, fondamentali quelle di Londra e Berlino e poi, non mi stancherò mai di ripeterlo, bisogna girare l’angolo e guardare oltre”.
***

Il mio tempo adesso

LIBRI / L’INTERVISTA 

Sul suo profilo Facebook, Roberta Westmacott si presenta così: ” Scrivo di donne che rinascono. Romanzi per chi ha vissuto, perso, amato. E ricomincia da sè” . 

Una modalità da vera e propria scrittrice da lungo corso: non ha preso parte ad alcun evento al Salone del Libro di Torino, eppure il suo libro ha tutte le potenzialità per attirare attenzione, anche fuori da circuiti canonici dedicato alla promozione libraria
‘ IL MIO TEMPO ADESSO’: un titolo che si rivolge soprattutto al mondo delle femmine sensibile, caparbie, determinate, fragili. ma così attaccate e desiderose di vita.
Noi de IL TORINESE l’abbiamo intervistata:
1. Come nasce l’idea di scrivere un libro dedicato alla rinascita? immagino sua personale… 
Io sono sempre stata una persona molto empatica e, nelle mie diverse vite, ho avuto tante occasioni per entrare in contatto con donne a cui serviva solo una fiammella per rinascere. Pensi che un tempo mi occupavo di una rubrica di posta dedicata alle donne e alle loro problematiche. È stato un momento molto bello ed edificante  nella mia vita.
Come tutti ho vissuto dei grossi drammi e ho scoperto che, anche nelle relazioni più miti, si nasconde il rischio di spegnerci e di perdersi. I miei ultimi anni sono stati complicati e pieni di dolore e di paura. Mi hanno portato a spegnermi e a perdermi e a rendermi conto che non sarei stata utile a nessuno se avessi continuato a mettermi così da parte. Quindi ho ripreso a prendermi cura di me, anche attraverso la scrittura, per me terapeutica. E ho pensato che potesse essere terapeutica anche per chi legge.
2. Ci può fare una breve sinossi ? 
2. Ho scritto di Laura, una donna che ho davvero conosciuto e che stava vivendo una relazione tossica con il marito. Ci siamo conosciute al mare, lei era ligure. Poi non so che fine abbia fatto, ma per lei ho immaginato una rivalsa, esattamente come la Laura de ‘Il mio tempo adesso’ che capisce di essere finita in un vortice di annullamento di sé e prova a tirarsene fuori attraverso la sua più grande passione, la pittura. Poi è un libro d’amore (che penso ce ne sia tanto bisogno) e quindi una parte della rinascita passa attraverso la riscoperta di un sentimento e del suo corpo, per tanto tempo mortificato dall’indifferenza. Ho scelto di inserire un paio di scene d’amore passionale di Laura perché ritengo che anche il sesso sia un modo per riscoprirsi.
3. Cos’ è per lei il tempo che passa? 
Per me il tempo che è passato è un bagaglio di esperienza dal quale attingere, un pozzo senza fondo di vita vissuta, che mi ha resa chi sono. E penso al tempo che mi resta, che non so se sia paragonabile a quello passato in termini di quantità, e che per questo voglio vivere al meglio. Cercando di esaudire i miei desideri, quelli che mi identificano. Come scrivere un libro, e autopubblicarlo.
4. Perchè, scrivendo il libro, secondo lei, sono le donne a subire di più la pressione dello scorrere degli anni che passano? 
Siamo in una società che ci chiede di essere performanti a livello cerebrale, fisico, emotivo, sessuale. In tutti i campi. E gli anni che passano, in quest’ottica, ci rendono insicure.
5. Dove si puà acquistare? 
Il mio tempo adesso è disponibile su Amazon sia in versione kindle che in quella cartacea, ed è addirittura gratis per gli abbonati di Kindle Unlimited. https://www.amazon.it/dp/B0F8J7QY8Z
Chiara Vannini