Scopri –To. Alla scoperta di Torino

Tutti noi conosciamo il termine tabù ma pochi ne conoscono l’origine: deriva dalla lingua polinesiana, dove la parola tapuindica quei comportamenti che la società condanna perché contrari alla religione o all’etica.
E’ evidente che il tabù, di qualsiasi natura, ha senso se lo inquadriamo nell’epoca e nella latitudine in cui nasce: nella nostra cultura fino a qualche decennio fa era tabù, per una donna,indossare i pantaloni o fumare per strada perché venivano considerate, ipso facto, donne volgari o prostitute.
Per fortuna i tempi cambiano e le persone, almeno in teoria, si dovrebbero evolvere ma certi tabù rimangono: soprattutto rimane la censura che la società pone in essere nei confronti di chi si allontana dalla retta via, via che nessuno sa da chi sia stata disegnata.
La religione, quella cattolica in particolare, ma anche islam ed ebraismo, forti della loro diffusione sul pianeta sono tra le principali fonti di tabù.
Pensiamo soltanto a concetti quali i rapporti prematrimoniali, il sesso anale, l’unicità della coppia, l’incesto, la prostituzione (sia nell’esercitarla che nel rivolgersi ad essa) e molto altro.
Come sanno sia coloro che seguono le mie lezioni presso l’Università popolare sia chi si rivolge a me come coach, io sottolineo sempre come un tabù sia tale per la propria coscienza, in quanto nessuno deve permettersi di dirci se sia corretto o meno agire in un certo modo né può sostituirsi a noi nello stigmatizzareo nel propugnare un comportamento.
Il fatto stesso che un comportamento sia censurato fino ad una certa data e poi consentito o viceversa dovrebbe far capire come non sia il fatto in sé sbagliato, ma sia la modalità con cui la società lo percepisce a fare la differenza. In Italia andare a convivere senza matrimonio fino a 40 anni fa era considerato “peccato”, mentre in Germania, Francia, Svizzera era una cosa perfettamente normale: eppure il Dio è lo stesso nei quattro Paesi.
Girare nudi per casa, anche davanti ai figli è tutt’ora tabù nel Belpaese, mentre nei Paesi citati prima e ancor più nel Paesi scandinavi è cosa perfettamente normale. Vorrei ricordare che, quando nel 1929 venne istituito il proibizionismo negli Stati Uniti, il consumo di alcool non si azzerò come previsto dalla norma ma, al contrario, diminuì pochissimo mentre peggiorò enormemente la qualità del prodotto perché distillato clandestinamente, senza controlli igienici e spesso con tracce pericolosissime di alcool metilico.
Allo stesso modo se facciamo crescere i nostri figli con l’ossessione per il corpo, facendo percepire una cosa normale come il corpo nudo in ambito familiare come se fosse il peggior peccato, otterremo solo di instaurare in loro un concetto totalmente errato e malizioso del rapporto genitori-figli. Non ci si stupisca poi se, quando avremo bisogno di essere accuditi perché non più autosufficienti, i nostri figli non riusciranno a lavarci e vestirci perché saranno in imbarazzo o avranno un’idea falsata del contatto con il corpo del genitore.
Che dire, poi, del rapporto con le altre fedi e con gli atei? Pensate solo che regioni come il Veneto hanno un tasso elevato di praticanti (a messa tutte le domeniche) ma, al contempo, detengono il primato delle bestemmie: ipocrisia? Se è vero che dobbiamo amarci uno con l’altro, perché poi associamo inevitabilmente il nero con lo spaccio di droga, la nera con la prostituzione, i cinesi con prodotti fabbricati a basso costo (ricordo che le maggiori aziende di informatica, telefonia ed elettronica sono cinesi) e così via. Eppure, il tabù è ancora vivo: mogli e buoi dei Paesi tuoi. Voglio vedere se un siciliano che sposa una altoatesina la considera dello stesso Paese. A meno che per paese non si intenda il Comune, magari di 3000 abitanti, dove si vive entrambi, e allora abbiamo buone probabilità di sposare qualcuno della nostra linea di parentela.
E la pornografia? Nessuno la vieta per i danni che può avere a livello sessuale e psicologico sui giovani e sui meno giovani: la si vieta perché è peccato. Qualcuno dovrebbe spiegarmi, poi, perché non diciamo ai maschi che se si eiacula sovente (in caso di solitudine la pornografia può aiutare) si riduce notevolmente il rischio di carcinoma prostatico e si ha un miglioramento del tono muscolare e del riposo dovuto alla produzione di endorfine.
Oltretutto, ciò che dovrebbe far riflettere sull’assurdità dei tabù è il detto “fate come dico, non fate come faccio” come venne rinfacciato a Platone (“In un modo tu parli, in un altro vivi”): se una cosa è tabù per me, perché tu la fai? Sottolineare come un comportamento sia vietato, riprovevole ottiene molto spesso l’effetto contrario: spingere le persone a verificare di persona gli effetti dell’infrazione: effetti che, praticamente sempre, non esistono.
Sergio Motta
Guido Gobino dal 2024:
60 anni di storia, tre generazioni, un cioccolato d’eccellenza
Giudici d’eccezione del progetto GugArt³: Marinella Senatore, Damir Ivic e Nicola Lagioia
Torino, 22 febbraio 2024. Sessant’anni di storie, di lavoratrici e lavoratori, di profumi di nocciole piemontesi e di pregiati cacao guidati dalla passione di un’unica famiglia: Giuseppe, Guido e Pietro Gobino.
Via Cagliari 15, sede della storica fabbrica Gobino odora di cioccolato dal 1964: i più fini cacao aromatici del mondo, dopo aver navigato solcando gli oceani, fanno il loro ingresso in questo quartiere residenziale di Torino per essere trasformati in variegate praline e ripartire sotto questa forma alla volta dei palati più raffinati del mondo.
Sessant’anni e tre generazioni di Cioccolato: nel 2024 Guido Gobino rende omaggio a Torino e al territorio che lo ospita promuovendo l’arte, la musica, la cultura per le nuove generazioni. Un virtuoso connubio che crea un cioccolato apprezzato oggi in sei continenti e anche nello spazio, prodotto da un’azienda da sempre attenta all’eccellenza e alle tematiche di sostenibilità ambientale e sociale, grazie anche al contributo di Pietro Gobino, entrato in azienda nel 2021.
Il 2024 rappresenta l’inizio di una nuova fase, una nuova generazione, un nuovo respiro di un’azienda che ha saputo mantenere il passo con i tempi, trasformandosi e rigenerandosi, senza timore di mescolarsi con mondi diversi. Un’evoluzione che non si ferma e che riesce a proporre un’identità sempre fresca rimanendo fedele a sé stessa.
Un anno memorabile e ricco di eventi: performance artistiche, presentazioni, talk e soprattutto il lancio a settembre della nuova collezione, interpretata da Pietro Gobino, dal design completamente rinnovato con abbinamenti sorprendenti e prodotti inediti, realizzati con origini di cacao esclusivi e pregiati.
La prima miccia si è accesa lo scorso ottobre, con l’open call GugArt³, rivolta a creativi under 35, attivi nelle arti visive, nella musica e nella scrittura, che offre una Residenza d’Arte di una settimana dal 26 febbraio al 1 marzo nella sede produttiva di Via Cagliari per promuovere l’arte e cultura giovanile. Qui i 9 finalisti verranno ispirati da suoni, profumi, storie e attività del laboratorio per la creazione delle loro opere che saranno poi esposte nel corso dell’anno durante alcune tra le più prestigiose manifestazioni culturali della città. Una giuria d’eccezione composta da tre figure di spicco del panorama culturale italiano e internazionale accompagneranno gli artisti nel loro percorso creativo e decreteranno i vincitori delle residenze: Marinella Senatore, artista multidisciplinare formatasi nel campo della musica, delle belle arti e del cinema, Damir Ivic, storica firma de Il Mucchio e Soundwall e autore di saggi sulla musica contemporanea, e Nicola Lagioia, scrittore e conduttore radiofonico italiano, direttore del Salone internazionale del libro di Torino dal 2017 al 2023.
“Desideriamo celebrare i nostri 60 anni di attività insieme a tutte le persone che hanno contribuito alla nostra storia e che continuano a farlo. Il 2024 rappresenta un traguardo di cui siamo molto orgogliosi oltre che un nuovo punto di partenza per l’azienda: sapere evolvere intuendo i cambiamenti del presente, nei gusti, nelle esigenze e nelle abitudini mantenendo fede alla propria identità e alle proprie radici è stata la sfida più importante di questo percorso lungo 60 anni e che accomuna tre generazioni” afferma Guido Gobino.
“Dal 1964 dal portone del laboratorio di via Cagliari sono entrate ed uscite moltissime persone, ognuna di loro con la propria storia. Se mio nonno Beppe incarna idealmente il cioccolato classico e tradizionale mio padre Guido rappresenta l’espressione dello slancio innovativo nel panorama del cioccolato artigianale, la sfida più grande per me sarà quella di seguire le loro orme e di contribuire con creatività e rinnovamento al futuro della Guido Gobino – Afferma Pietro Gobino, promotore del progetto – La curiosità, la passione, l’attenzione meticolosa e l’attenta ricerca per realizzare un prodotto esclusivo e di qualità, che potesse rappresentare la città di Torino nel mondo ci hanno sempre contraddistinto, per questo motivo abbiamo deciso di restituire al nostro territorio un progetto culturale ed è nato così il progetto GugArt³ che vedrà susseguirsi una serie di appuntamenti in città dove protagonisti saranno i giovani a partire dalla residenze d’arte.”
Di seguito i principali appuntamenti:
30 Aprile 2024 – MUSICA
Maggio 2024 – SALONE OFF – SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO – SCRITTURA
Novembre 2024 – TORINO ART WEEK – ARTI VISIVE
Last but not least presto nelle Botteghe sarà disponibile la nuova tavoletta dedicata al 60° anniversario, divisa in tre parti che compongono il logo offrendo un’esperienza del tutto unica con tre ricette inedite: “GUIDO”, un morbido Fondente con gruè di cacao racchiuso in un guscio di Cioccolato Extra Bitter Blend 63%, la “G” centrale al Cioccolato Fondente 83%, realizzato con pregiato cacao Criollo del Guatemala, e “OBINO”, un guscio di Cioccolato al Latte finissimo racchiude un morbido ripieno alla Nocciola aromatizzato al caffè.
Tutti le informazioni e gli aggiornamenti sono pubblicati su guidogobino.com/news
La Cioccolateria Artigiana Guido Gobino si caratterizza dalla costante aspirazione e tendenza alla realizzazione di un cioccolato di eccellenza, prodotto nel rispetto della tradizione torinese con uno sguardo rivolto al futuro. La pregiata qualità del suo cioccolato nasce dal connubio di creatività, gusto e passione. La sua è una storia lunga sessant’anni e contraddistinta da un’attenta selezione delle materie prime, da una lavorazione all’avanguardia, da una sperimentazione ininterrotta con il fine di raggiungere una qualità assoluta. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed è distribuito in 52 Paesi, dal Giappone agli Emirati Arabi Uniti, dagli USA alla Francia, dalla Cina all’Australia. Dal 2021 Guido Gobino è affiancato dal figlio Pietro che ha portato un nuovo spirito innovativo e, oltre a rimarcare la sensibilità verso le tematiche ambientali, ha contribuito alla pubblicazione del primo Bilancio di Sostenibilità, quale strumento per testimoniare l’impegno dell’azienda nella divulgazione di una strategia d’impresa responsabile. Nell’autunno del 2020, in occasione del 25° anniversario del Tourinot®, viene presentato “5 grammi di felicità”, il libro scritto da Giuseppe Culicchia ed edito da Slow Food Editore che racconta la storia del celebre Tourinot, il Giandujotto di Torino. Nel gennaio 2019 l’azienda sigla un accordo di licenza pluriennale con Armani/Dolci per la produzione e la distribuzione in tutto il mondo della linea Armani/Dolci by Guido Gobino. guidogobino.com
“Posso dire che per me la Bellezza è qualcosa che fa sognare, ma è molto più forte del sogno. E’ un ideale, un miraggio, un enigma.” Igor Mitoraj***
Il Dott. Luca Spaziante, specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, ha fatto di tre principi i perni della sua professione: armonia, eleganza e bellezza. Nato a Potenza da madre pittrice e padre architetto, risulta molto legato alla sua terra e ai valori umani ad essa appartenenti, coltivando l’arte e respirandola a 360⁰. Quest’ultima diventa per lui una grande eredità che decide di affinare e approfondire e che lo porterà a conoscere in modo più approfondito l’arte della scultura, da cui è profondamente attratto. Questa passione si unirà a quella per l’anatomia e lo renderà interprete e protagonista di questo connubio che, arricchito dai suoi studi in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva, porterà la sua mano a operare con grande sensibilità, precisione e eleganza. Arte e Medicina rappresentano per lui una sorta di laboratorio della sanità, dell’esclusività e del miglioramento dell’essere fisico e mentale, ma anche di profonda etica.
Il Dott. Spaziante è un medico intraprendente nell’ambito di svariate realtà ospedaliere e private, realtà che si espandono subito dopo la sua laurea conseguita a Pavia, portandolo a lavorare a Roma, Firenze e Perugia. Successivamente si reca a Torino dove consegue la specializzazione in Chirurgia plastica, Ricostruttiva ed Estetica con il massimo dei voti e dignità di stampa, perfezionando la sua formazione con ulteriori Master universitari, tutti conclusi con il massimo dei voti.
Attualmente ricopre il ruolo di Dirigente Medico presso la SC Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino e svolge la sua attività libero professionale tra Torino, Milano, Alba, Asti e Albenga. Naturalezza e innovazione vanno nella sua attività professionale di pari passo con la metodologia che ricerca il mantenimento di ciò che rende unico e irripetibile il volto umano, oltre che dell’armonia e dell’eleganza del corpo, utilizzando quello stesso garbo che lo scultore usa nello scolpire una statua.
La sua spiccata sensibilità artistica lo porta a estrapolare, attraverso una raffinata tecnica chirurgica, la versione più bella e naturale del volto e del corpo sul quale interviene.
Secondo il Dott. Spaziante il concetto di bellezza non ha mai avuto nel tempo un valore assoluto ma è sempre stato rappresentato da un ideale ricorrente, capace di percorrere i secoli mutando e adattandosi al ruolo che la figura femminile ha assunto attraverso le diverse epoche, a seconda della situazione sociale, economica, culturale e religiosa. Se le statuette più antiche, quali la Venere di Willendorf, risalente addirittura a 24.000 anni A.C mostravano seno, fianchi e addome abbondanti, mettendo in rilievo la funzione procreatrice femminile, anche nella Roma antica la figura femminile rimaneva opulenta, per cambiare poi in epoca rinascimentale, dove compariva il concetto di bellezza secondo canoni geometrici, rapporti proporzionali e sequenze matematiche, cosiccome tramandato dal mondo greco.
Ed è proprio l’arte classica greca, tutta basata sulla ricerca delle proporzioni ottimali, ad essere per lui, sin dall’inizio della sua attività, la strada da seguire, così come i grandi artisti dell’epoca rinascimentale che sposarono lo stesso ideale di bellezza.
Il senso delle proporzioni rappresenta per il Dott. Spaziante la stella polare per realizzare i suoi interventi con la massima precisione e senza mai stravolgere la naturalezza del viso e del corpo: “correggere senza stravolgere” è un suo principio di base a cui si affida per donare benessere psicofisico ai suoi pazienti.
Molto amante della scultura, si ispira ad essa nell’elaborazione della sua arte chirurgica. Oltre a Rodin, Mitoraj, Michelangelo, Canova, fonti costanti per lui di ammirazione e studio a cui ritorna spesso per trarre ispirazione, una delle sue scultrici contemporanee preferite, cui fa sempre riferimento, è senza dubbio Rabarama, capace di realizzare sculture e dipinti con creature ibride scomponendone le parti del corpo e del viso. Come lui stesso ha spiegato, quella stessa scomposizione visibile nelle opere dell’artista viene attuata nella sua mente ogni volta che si approccia chirurgicamente ad un volto o a un corpo per renderlo migliore.
Interviene spesso in modo differente e con altrettante tecniche sulle varie aree anatomiche, ma il risultato deve sempre rispecchiare i suoi principi di naturalezza, eleganza e armonia.
La sua chirurgia plastica, strettamente connessa all’arte e al senso delle proporzioni, armonia e equilibrio, la definisce “chirurgia dell’anima” quando, realizzata con maestria e etica, permette di donare al paziente una metamorfosi interiore attraverso il cambiamento corporeo. È fermamente convinto della stretta connessione tra mente e corpo che gli permette, attraverso il cambiamento delle forme esteriori (soma), di ottenere conseguenti positive ripercussioni interiori (psiche) che portano alla cura dei conflitti del profondo.
Arte e Medicina nel Dott. Spaziante sono ispirate da una profonda etica, dove la sofferenza causata dalla malattia trova conforto e salvezza e dove la volontà di apparire più giovani e più belli diventa parte integrante di un desiderio spontaneo, mai involgarito dalle mode o da una mancata serietà. Il progetto di Luca Spaziante accomuna l’umanizzazione del paziente nei luoghi di cura ad esso più adatti alla professionalità nei metodi e nelle finalità, considerando che “il paziente non è un numero ma un essere umano che richiede attenzione e professionalità”.
Mara Martellotta
***
Ma come stanno i torinesi? Per molti di loro affrontare la vita col sorriso è tutt’altro che scontato: stress, ansia e altre emozioni negative rappresentano la battaglia quotidiana di tanti che abitano sotto la Mole, anche se spesso rinunciano a farsi aiutare per via dei costi. A rivelarlo è la nuova ricerca dell’Osservatorio Sanità di UniSalute[1], che insieme a Nomisma ha interrogato i torinesi sui temi legati alla salute psicologica.
Guardando all’anno appena trascorso, a Torino il 48% degli intervistati dichiara di aver faticato a mantenere il buon umore: il 35% dice di aver avuto molti alti e bassi, e un altro 13% di essere stato prevalentemente giù di morale. Meno di uno su tre afferma di essere stato di buon umore la maggior parte del tempo (28%) o addirittura di umore eccellente (3%).
Più nel dettaglio, lo stress sembra essere lo stato d’animo negativo più diffuso, con il 42% che dice di sentirsi stressato“spesso” (33%), o addirittura “regolarmente, quasi ogni giorno”(9%). Altri sintomi comuni sono la sensazione di essere nervosi e tesi – percepita dal 39% dei torinesi – e uno stato di ansia eccessiva, che colpisce spesso o regolarmente il 34% del campione.
Dal sondaggio emerge anche quali sono le cause di queste emozioni negative: la situazione economica familiare risulta essere il principale motivo di preoccupazione (27%), seguito dallo stato di salute personale e dei propri cari (24%), dall’organizzazione familiare (20%) e dalle incertezze legate alla propria situazione lavorativa (13%).
Per gestire i momenti difficili dal punto di vista emotivo e psicologico, le soluzioni “fai-da-te” – come i rimedi naturali o lo sport – sono le più utilizzate (27%), seguite dai consigli delmedico di base (17%) e del farmacista (15%). Solo il 13% ha optato per il supporto di uno psicologo o psicoterapeuta, nonostante il 61% dei torinesi affermi che si rivolgerebbe a queste figure in caso di necessità, anche attraverso sedute da remoto e videoconsulti (27% preferirebbe questa modalità).
UniSalute ha indagato allora le ragioni dietro a questo limitato ricorso a degli specialisti: molti intervistati pensano sia meglio aspettare che il momento difficile passi da solo (34%), oppure che il proprio caso non sia abbastanza serio (22%). Pesano però anche considerazioni economiche: il 32% di chi non è ricorso a uno psicologo o psicoterapeuta, pur avendo avuto delle difficoltà, dice di non averlo fatto per i costi troppo onerosi.
I torinesi sembrano comunque consapevoli dell’importanza della salute psicologica: indicano lo stress come il fattore che più di ogni altro ha il maggiore impatto sul loro attuale stato psico-fisico (36%), e quasi due su tre (62%) ritengono che unostato emotivo e mentale equilibrato sia fondamentale per una buona salute.
[1] Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nomisma a dicembre 2023 su di un campione di 1.200 persone stratificato per età (18-75 anni), sesso ed area geografica con sovracampionamento nelle province di Milano, Torino, Padova, Bologna, Napoli
L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2019 lo ha definito una “sindrome” inserendolo ufficialmente nella lista delle malattie:
l’ICD-11 (“International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems”) che entrerà in vigore dal 2022. Il Burnout è un fenomeno molto serio legato alla sfera lavorativa caratterizzato da ansia, stress, perdita di motivazione, mancanza di energia, una profonda stanchezza e nei casi più gravi fobie specifiche e disturbi dell’umore che possono portare al totale distaccomentale dalla propria attività professionale e ad una conseguente carenza di efficienza.
In epoca attuale il rendimento, la competizione e risultati professionali sono determinanti, siamo costantemente sotto pressione, alla ricerca della produttività e della perfezione mentre il tempo da dedicare a noi stessi è molto ridimensionato, se non addirittura inesistente.
Nel Burnout l’esaurimento fisico è il primo sintomo ad insorgere in risposta ad una situazione lavorativa non più sostenibile. Ci si sente consumati, svuotati ed incapaci di trovare energie ed affrontare sfide e nuovi obiettivi. Alla questione fisica si aggiunge, poi, una forte apatia emotiva, l’allontanamento dall’attività ma anche da tutti quei valori e ideali che accompagnano l’impegno professionale. Il cedimento fisico e l’intorpidimento dell’interesse portano ad una ridotta efficienzanell’espletamento dei compiti previsti dal proprio ruololavorativo e questo, a sua volta, può causare un senso di inadeguatezza che spegne l’ autostima.
Perché si arriva a questa condizione di elevato stress lavorativo?
Come accennato stiamo sperimentando condizioni di lavoro “disumane” che ci mettono continuamente in gara con noi stessi e con gli altri; il nostro valore come persone viene troppo spesso definito attraverso i risultati professionali e il successo, così come viene concepito attualmente ovvero attraverso una dimensione puramente materiale. Tutto deve essere vissuto secondo schemi predeterminati di innaturale esemplarità, mentre l’aspetto spirituale della nostra esistenza così come quello creativo è sempre meno considerato macinicamente sostituito dalla tecnica e da ritmi impersonali che puntano solo all’efficienza.
Il Burnout può colpire qualsiasi categoria lavorativa mace ne sono alcune più a rischio come le cosiddette le “professioni d’aiuto” per esempio gli insegnati, i medici, gli operatori sociali, le forze dell’ordine, i pompieri, gli psicologi e psicoterapeuti. In alcune di queste attività, al sovraccarico di lavoro e di responsabilità, si aggiunge lo scarso controllo sulle situazioni e sulle condizioni di lavoro e la scarsa remunerazione.
Uscirne è complicato ma possibile, venirne fuori necessita di una riorganizzazione dello stile di vita e un riordino della scala delle priorità. E’ necessario prendere consapevolezza di quanto il nostro benessere debba dipendere dal nostro interno e non dall’esterno, del fatto che non siamo quello che produciamo e che il nostro valore non è legato unicamente ai nostri risultati professionali e al denaro che siamo capaci di guadagnare. Fare troppo arrivando ai limiti della sopportazione non farà di noi degli individui migliori ma, al contrario, ci porterà sulla riva dell’ esaurimento fisico e mentale e questo può avere gravi conseguenzesulla nostra salute. E’ necessario riprendersi i propri spazi e il proprio tempo , riconquistare quei momenti fondamentali per alimentare la sfera spirituale e creativa.Cosa vuol dire concretamente? Vuol dire dare valore alla nostra vita praticando attività che ci piacciono, dedicaretempo alle nostre passioni, stare a contatto con la natura e con le persone a cui teniamo e che ci fanno stare bene. E’ necessario ricaricarci di energia positiva, assecondando i nostri bisogni, accettando i nostri limiti come esseri umani e soprattutto non ricercando quella perfezione che nella realtà non può esistere. Se le condizioni lo richiedono è essenziale l’ aiuto e il supporto di uno specialista per imparare ad affrontare lo stress sul posto di lavoro ma anche per apprendere l’autoaccettazione e riprogrammare l’autostima in base a valori sani e aderenti ad una realtà che ci vuole sereni e non impeccabili e altamente performanti.
Maria La Barbera
La Basilica di Superga, Villa Regina, Villa Genero e il Monte dei Cappuccini rappresentano solo una parte delle meraviglie della collina torinese, spesso ancora poco conosciuta nel profondo.
Noemi Gariano
Per dire “no” a qualsiasi forma di “barriera”, la prossima primavera porta due nuovi itinerari turistici pensati ad hoc
Pinerolo (Torino)
Turismo per tutti. Parola d’ordine: ovviare a tutte le “barriere”, architettoniche e sensoriali, ma soprattutto culturali, per permettere anche alle persone “con disabilità” di avvicinarsi alle bellezze e ai piaceri di una qualsiasi visita turistica condotta insieme a persone normodotate. Il principio è sicuramente lodevole. E su questo ha ragionato il “Consorzio Turistico Pinerolese e Valli”, progettando in tema di accoglienza turistica, a partire dalla prossima primavera, due nuovissimi itinerari nel segno dell’“accessibilità” (l’accesso al turismo è, peraltro, un diritto sacrosanto sancito dalla “Convenzione delle Nazioni Unite”) per permettere a tutti di scoprire un territorio vasto e ancora poco conosciuto, come il Pinerolese. Uno è “Val Germanasca. La valle che unisce”, dedicato alla montagna e all’outdoor.
L’altro è l’itinerario “Nobili dimore” che va alla scoperta di luoghi della cultura, come il “Castello di Miradolo”, il “Museo della Cavalleria” di Pinerolo e “Casa Lajolo”, dimora storica settecentesca sita in Piossasco, il cui giardino – il tradizionale “prà giardin”articolato su tre gradoni collegati da gradini di pietra – diventerà banco per un’interessante esperienza sensoriale da dedicare a chi non potrà gustarlo ed osservarlo in altro modo. I due itinerari hanno la caratteristica di essere accessibili a tutti, comprese le persone con disabilità motoria, sensoriale o cognitiva.
“Turismo accessibile – sottolinea la presidente del ‘Consorzio Turistico Pinerolese e Valli’, Rossana Turina – non vuol dire solo strutture prive di barriere architettoniche ma anche un territorio culturalmente aperto che consideri prioritaria la fruibilità da parte di tutti delle proprie risorse come elemento cardine della qualità dell’offerta turistica”.
La proposta “Val Germanasca. La valle che unisce” prevede, in primis, una passeggiata in natura immersi in una stupenda cornice sovrastata da montagne e cime mozzafiato. A condurla sarà una guida escursionistica qualificata. E, a disposizione ci sarà, inoltre, una “jolette”, la speciale “carrozzina mono-ruota” che permette di trasportare in sicurezza persone impossibilitate a camminare lungo i sentieri. La guida presenterà il territorio costruendo una visita “su misura” per tutti i partecipanti e che sarà anche l’occasione per conoscere un po’ della storia locale valdese e della vita dei valligiani di un tempo su queste montagne. Questa prima proposta porterà anche a conoscere i cosiddetti “Tumpi”, le piscine naturali delle valli pinerolesi che si formano lungo il corso di un torrente, ideali per una “pausa ristoro” nelle giornate estive e dove i più coraggiosi potranno anche provare il brivido di un’immersione. Il pacchetto permette anche di soggiornare a Prali o a Massello in “strutture alberghiere” attrezzate, con colazione a base di prodotti del territorio e invitante cena tipica. Completa l’itinerario la visita nella “Caserma Principe Amedeo” (poi intitolata al generale Dardano Fenulli) al “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria”, risalente al 1961 – ma la datazione dei reperti conservati inizia dal 1845 – e luogo iconico per Pinerolo, città che ha dato i natali a questo speciale corpo dell’esercito.
Il secondo progetto “Nobili giardini” prevede, invece, per prima cosa, un’“esperienza sensoriale” nel giardino di “Casa Lajolo”. L’obiettivo di questa prima tappa è scoprire e vivere un giardino storico settecentesco “con altri occhi” e risvegliare i cinque sensi tra suoni, piante e alberi secolari da scoprire in punta di dita, profumi e sapori del giardino e dell’orto. “Un momento – si sottolinea – per riappropriarsi del piacere di un’esplorazione ricca, lenta e paziente”. L’itinerario prosegue con la visita del “Castello di Miradolo” a San Secondo di Pinerolo, del suo parco storico (con oltre 70 specie botaniche e più 130 esemplari di camelie tra le varietà più antiche e rare d’Italia) e di Pinerolo, con la visita alle 33 sale del “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria”, in grado di far rivivere gli ultimi tre secoli della storia d’Italia.
“L’idea – conclude Rossana Turina – è quella di declinare la ‘sostenibilità’ in tutte le sue forme, dunque con un occhio attento anche all’ambiente, alle tradizioni e al territorio”.
Info: www.turismopinerolese.it.
g.m.
Nelle foto:
– Jolette sul sentiero di Massello
– Particolare del “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria” a Pinerolo
– Nel settecentesco Giardino di Casa Lajolo a Piossasco
Chi di noi vorrebbe un amico (o amica) egoista? L’egoismo, solitamente, viene visto come un difetto non di poco conto, che porta le persone a concentrarsi esclusivamente su sé stesse escludendo gli altri (parenti, amici o colleghi non importa).
Evidente, quindi, come essere egoisti ci possa privare di una parte importante di affetti e di amicizie.
Ma quando è sbagliato non essere assolutamente egoisti, pensare sempre agli altri, ascoltare chiunque abbia un tiramento (parafrasando il grande Guccini)? Pensiamo ai vampiri energetici, che ci succhiano letteralmente l’energia assillandoci con i loro problemi, che in realtà non vogliono risolvere, e che hanno solo bisogno di scaricare le loro ansie, le loro paure o la loro solitudine.
Discorso analogo si può fare per i ladri di tempo, cioè quelle persone che decidono di disporre del nostro tempo come e quando sembra a loro, non curandosi delle nostre necessità, dei nostri bisogni e, soprattutto, senza pensare che non siamo gli interlocutori più titolati.
Come ho scritto nel libro Ventiquattro sfumature di vita, è stato dimostrato che il cervello subisce danni quando sia sottoposto a continue lamentele e che, al contrario, sia in grado di reingegnerizzarsi per riparare i danni subìti, per effetto di quella che viene chiamata neuroplasticità.
Danneggiare noi stessi per dare l’impressione ad altri di ascoltare i loro problemi e, forse, farcene carico non è certamente un comportamento positivo; danneggiamo i nostri neuroni, impediamo a noi stessi di costruire la nostra felicità e perdiamo tempo che potremmo utilizzare per cose molto più importanti.
Come dico spesso è solo questione di abitudine: quando impariamo a rifiutare richieste di soccorso che tali non sono, essendo solo coinvolgimenti in stati d’animo che non possiamo migliorare né curare, ci accorgeremo che non saremo né maleducati né menefreghisti ma eviteremo il coinvolgimento in problematiche che, non aiutando chi si rivolge a noi, mettono noi nella condizione di necessitare aiuto.
Non sto dicendo che se la vicina suona per chiedere aiuto, perché il papà ha avuto un infarto, non la si debba aiutare, anzi: salvare una vita è la cosa più nobile che si possa fare, e per la quale non dobbiamo aspettarci un ringraziamento. Anni fa ero a casa di amici, dopo cena: la vicina suonò alla porta chiedendo aiuto perché il padre aveva in atto un’ischemia cerebrale o qualcosa di analogo. La madre del mio amico andò ad aprire e rispose che non poteva fare nulla, di chiamare l’ambulanza. Ora io dico, se è venuta da te a suonare, forse ha bisogno di aiuto, che uno chiami l’ambulanza mentre lei sta vicino al padre per esempio. Indovinate chi andò dalla vicina? Bravi, non il figlio e neppure lei.
Nella cultura ebraica esiste un precetto che è il Tikkun Olam. Ogni persona, quando andrà via da questo mondo, dovrà lasciarlo un po’ migliore di come l’ha trovato. Questo avviene soprattutto non pensando soltanto a sé stessi ma anche ai bisogni altrui, di chi ci è vicino e di chi, anche a distanza, può avere bisogno di noi, con le modalità adatte.
Io sostengo che le energie di cui dispone ciascuno di noi siano limitate: qualcuno dispone di maggior energia, altri ne posseggono meno ma non possiamo acquistarla su internet o produrla appositamente. Va da sé che, se disperdiamo parte della nostra energia per soccorsi inutili, ne avremo meno per ciò che è realmente importante.
Inoltre, perché curiamo ogni minima affezione che ci occorra e quando possiamo non evitiamo chi realmente danneggia il nostro organismo e la nostra psiche?
Il buonismo che è innato in molti di noi, tipicamente italiano, ci fa sentire in colpa ogni qualvolta disattendiamo le attese di qualcuno, fosse anche un estraneo, perché pensiamo subito alle fiamme dell’inferno, al peccato commesso, quasi mai alla nostra salvezzaderivante proprio dal rifiuto.
Oltretutto, se quella persona periodicamente si rivolge a noi per un problema ogni volta diverso significa che il problema ce l’ha, ma non è quello che ci espone: a meno che sia nostro figlio non abbiamo alcuna colpa della sua incapacità di affrontare e, perché no, prevenire le disgrazie che gli capitano.
Ma, soprattutto, siamo sicuri che i problemi occorsi a quella persona siano della gravità dichiarata? Spesso palesare problemi è una richiesta di aiuto che l’individuo ci manda, non percependo neppure lui con chiarezza quale sia il vero problema, ma percependo che ha bisogno di “qualcuno”, un qualcuno più adatto, ai suoi occhi, degli altri. Perché non consigliargli uno psicoterapeuta che possa inquadrare la situazione ed agire di conseguenza? Perché intanto non suggerirgli una vista dal proprio medico di base per escludere reali patologie?
Sergio Motta
Dopo il primo week end, tornano i festeggiamenti del Carnevale al Bioparco ZOOM.
Numerosi gli appuntamenti e le attività dedicate al mondo dell’immaginario e della magia in tutte le sue forme.
I più piccoli, tutti i giorni, potranno partecipare a numerosi eventi: dal face painting ai laboratori di magia per avvicinarsi all’arte delprestigio e stimolare la creatività con enigmi e indovinelli, fino alla baby dance.
Per gli amanti della magia, tanti gli appuntamenti che intratterranno il visitatore durante la visita del parco. Dallo show “Il Mago Giullare: uno spettacolo incantato” alla performance “Blaze of Sparks: i fili della magia”, un’esibizione che unisce il teatro fisico al duello magico che vede protagonisti sei maghi intenti a scontrarsi in combattimento a colpi di incantesimi.
Ma non può esistere un Carnevale senza maschere.
Tutti i giorni (ore 12.00 @Anfiteatro di Petra) i bambini mascherati potranno partecipare alla gara per il miglior costume, che vedrà come protagoniste 3 categorie: “Miglior Costume Originalità” (verrà premiato il migliore della categoria per l’idea più originale, inaspettata e creativa di travestimento), “Miglior Costume Fedeltà” (verrà premiato il migliore della categoria per la somiglianza con il personaggio scelto e l’accuratezza nel riprodurre il travestimento), “Miglior Costume Fai da te” (verrà premiato il migliore della categoria per la creazione homemade del travestimento, scegliendo materiali di riuso e recupero in ottica di sostenibilità ambientale). Per i vincitori di ogni categoria, in palio un ingresso allo spettacolo di magia del Circolo Amici della Magia di Torino e un abbonamento annuale al Bioparco, che consentirà di vivere i numerosi eventi e appuntamenti che caratterizzeranno la stagione 2024.
Anche quest’anno, inoltre, non mancheranno i tanti cosplayer che animeranno 2 aree tematiche per una passeggiata avventurosa in unmondo immaginario in cui sarà possibile incontrare Spiderman, Thor, Mulan, Biancaneve, Elsa, Silente e tantissimi altri tra supereroi, principesse e personaggi fantasy.
E prima di lasciare il parco … tutti a far merenda al Mora MoraVillage con crepes colorate, bacchette di marshmallow e cioccorane!
Giorni di apertura:
Orario: dalle 10.30 alle 17.30