LIFESTYLE- Pagina 101

Buono come un gelato, semplice come un piacere

Da Borello Supermercati troverete i gelati che vi accompagneranno in momenti di puro piacere ed inaspettata leggerezza, in cui anche i campioni come Charles Leclerc si ritrovano.

Quanti di noi, fin da piccoli, sono rimasti affascinati dal movimento ipnotico del gelataio che con la spatola estrae dal pozzetto il gelato per poi appoggiarlo con calcolata delicatezza sul cono; quasi come un pittore dosa il colore prima di applicarlo sulla tela. Charles Leclerc, pilota di Formula 1 è uno di questi o meglio, è uno di noi.

Fiorenzo Borello con Charles Leclerc

Un ragazzo che partendo dal suo debole per il gelato, lancia oggi un brillante progetto: il gelato ‘LEC – Why Resist?’ Il nome dice tutto, non solo per il rimando al cognome dello sportivo ma anche semplice, facile e ammiccante, così come lo spirito che ha messo in moto e guida il team di questa Start-Up.

Il desiderio iniziale di Charles era quello di aprire una gelateria ma il messaggio che il brand veicola ha fatto in modo che il progetto prendesse un’altra forma, aiutato anche da personalità importanti del settore come Guido Martinetti e Federico Grom e altri professionisti con esperienze in aziende leader. Così LEC arriva nei reparti surgelati e così nelle nostre case, facendosi portatore non solo di un messaggio di auto-indulgenza rispetto al cibo di cui non riusciamo a privarci ma anche di semplice bontà.

Infatti, gli ingredienti scelti per le 5 proposte di gelato variano dai grandi classici, ai più libidinosi e contemporanei ma tutti con un comune denominatore: il desiderio che la bontà possa far parte di uno stile di vita sano ed equilibrato, l’emozione di gustare un dolce senza pensieri, godendosi il gusto e la consistenza di un dolce antico ma sempre attuale come il gelato.

LEC lo troverete nei supermercati ma non esposti in categorie specifiche come high protein, senza lattosio, zero zuccheri, saranno tra i barattoli di quei gelati che sono semplicemente buoni e che arricchiscono l’assortimento ed i momenti di chi desidera godersi il qui e ora senza pensare a calorie ed a possibili rimorsi. Allora “perché resistere?” da Borello Supermercati troverete i gelati che vi accompagneranno in momenti di puro piacere ed inaspettata leggerezza, in cui anche i campioni come Charles Leclerc si ritrovano.

 

Eleonora Persico

Apre a Torino Dammann Frères: L’antica Maison del Tè e del Polo del Gusto

/

Nel cuore di Torino, Dammann Frères, la prestigiosa maison francese del tè sta per fare il suo debutto con una nuova boutique, diventando così il secondo punto vendita in Italia dopo quello di Milano.
Questa elegante aggiunta al panorama del gusto torinese è parte integrante del Polo del Gusto, la rinomata holding di marche d’eccellenza dell’agroalimentare, presieduta dal visionario Riccardo Illy.
Situata strategicamente in Piazza San Carlo, accanto al già rinomato punto vendita Domori, la nuova boutique Dammann Frères promette di essere un’esperienza unica.
Con uno spazio di circa 30 metri quadri, il negozio accoglie i visitatori in un ambiente accogliente e raffinato, improntato allo stile inconfondibile della maison.
Qui, il tè diventa indiscusso protagonista, con una parete dedicata esclusivamente alle 133 varietà di tè sfuso, custodite in eleganti scatole di latta Dammann.
All’ingresso, un prezioso Orgue à thés accoglie i visitatori, invitandoli in un viaggio sensoriale alla scoperta di raccolti pregiati ed aromi unici. La boutique sarà il luogo ideale per scoprire la straordinaria varietà del mondo Dammann Frères, con ben 400 ricette disponibili.
Ogni giorno, i clienti avranno l’opportunità di degustare un tipo diverso di tè, arricchendo così il loro palato con esperienze sensoriali uniche.
Ma la boutique non è solo uno spazio di vendita; essa fungerà anche da ponte verso il mondo dell’educazione sensoriale. Gli ampi spazi sotterranei ospiteranno sale polifunzionali, attrezzate per degustazioni e masterclass, dove gli appassionati potranno approfondire la loro conoscenza del tè sotto la guida esperta dei maestri Dammann Frères.
Il presidente Riccardo Illy ha commentato:
Con l’apertura della boutique Dammann Frères a Torino, il Polo del Gusto si arricchisce di un altro gioiello nel suo percorso verso l’eccellenza. Questo nuovo spazio, insieme al punto vendita Domori, rappresenta un’opportunità unica per gli amanti del buon gusto di avvicinarsi alle eccellenze agroalimentari, immergendosi in un’esperienza unica e raffinata“.
L’inaugurazione ufficiale della boutique Dammann Frères è prevista per giovedì 11 aprile 2024, promettendo di essere un evento imperdibile per gli amanti del tè e del buon gusto.
CRISTINA TAVERNITI

A Santhia’ apre il museo del carnevale

Santhià celebra il carnevale più antico del Piemonte:
inaugura il 14 aprile il Carvè Museum, interamente dedicato alla manifestazione folclorica
Santhià, 8 aprile 2024 – È in programma domenica 14 aprile, alla presenza del Sindaco Angela Ariotti e del Presidente della Provincia Davide Gilardino, l’inaugurazione del Carvè Museum. La cerimonia, prevista alle ore 16.30 nello storico “Palazzo del Capitano” di via De Rege Como, 7 a Santhià (VC), sarà il momento clou della giornata di festa che prevede numerose iniziative di celebrazione. Un importante appuntamento per gli appassionati di cultura e folklore locale perché il museo è interamente dedicato alla storia della più famosa manifestazione cittadina: il Carnevale più antico del Piemonte attestato fin dall’anno 1093.
Il Carvè Museum è un museo didattico che si sviluppa al primo piano e, grazie a un ricco assortimento di materiale originale e ricostruzioni artigianali, farà conoscere ai visitatori tutto quanto c’è da sapere su una festa che ha quasi mille anni di storia e colloca Santhià nel solco delle grandi tradizioni carnascialesche europee. Un viaggio unico nel suo genere alla scoperta di un’usanza che affonda le sue radici nella notte dei tempi, un inno alla libertà sorto – a seconda delle interpretazioni – per festeggiare la fine della tirannia, la celebrazione di un matrimonio ostacolato dai potenti locali, la scampata paura della fame. Un fenomeno collettivo capace di richiamare nell’edizione 2024 della manifestazione 40.000 turisti, 2.000 figuranti in maschera, una trentina di Compagnie del Carnevale e numerosi gruppi musicali.
Il Carvè Museum è stato realizzato grazie al finanziamento ottenuto dalla Direzione Generale dello spettacolo del Ministero della Cultura per i carnevali storici del 2023 e collocato all’interno dell’antica casa tardo-quattrocentesca denominata “Palazzo del Capitano”, che ospiterà anche la nuova sede della Pro Loco di Santhià. Quasi un ritorno alle origini per l’associazione, che ebbe qui la sua sede dal 1978 al 1986, che potrà contare su una struttura totalmente rinnovata oggetto di un profondo intervento di restauro reso possibile dall’opera del mecenate Alessandro Caprioglio.
“Con grande emozione invito tutti quanti a partecipare a questo importante appuntamento, che mi porta a ricordi lontani, ma che nello stesso tempo ci proietta verso nuove avventure” dichiara il Presidente della Pro Loco Fabrizio Pistono. “Come i visitatori potranno vedere, al piano rialzato della nuova Sede della Pro Loco si potranno ammirare le opere più significative della nostra Galleria d’Arte Contemporanea; ma la vera novità è al primo piano, dove si potrà ammirare il Carvè Museum, la cui realizzazione è stata affidata a veri maestri d’arte e di scenografia, quali la Ditta Garavaglia di Cinisello Balsamo specializzata in grandi scenografie, e a Gianni Franceschina in collaborazione con la ditta Fornace di Castellamonte. Lo abbiamo fortemente voluto e credo sarà una bellissima sorpresa, un vero museo didattico, dove si vivranno tutti i momenti del nostro Carnevale, con le sue antiche tradizioni”.
Il taglio del nastro sarà il culmine di una giornata di celebrazioni in grande stile che coinvolgeranno tutta Santhià, con un ampio programma di iniziative pubbliche dedicate alla cittadinanza e agli ospiti che vorranno cogliere l’occasione per visitare il borgo. Il fitto programma prenderà il via alle ore 15.00 con il corteo storico lungo Corso Nuova Italia che vedrà la Banda Musicale Cittadina, la Banda Musicale I Giovani, il Corpo Pifferi e Tamburi e lo Stato Maggiore Napoleonico sfilare insieme ai Cavalieri e Falconieri del Conte Verde fino in Piazza Roma. Al termine dell’esibizione ci si sposterà al Palazzo del Capitano dove, dopo la cerimonia di inaugurazione del Carvè Museum e della nuova Sede della Pro Loco, si terrà il convegno “Amedeo di Savoia, il Conte Verde”, a cura dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon. La festa terminerà con un assaggio gratuito della famosa panissa santhiatese, il gustoso piatto tipico del territorio a base di riso e fagioli.

Penne saporite in salsa di zucchine

/

Un piatto leggero, semplice, delicato ma al contempo saporito

Un primo piatto perfetto, leggero, semplice, delicato ma al contempo saporito, dal color verde acceso che sara’ una gioia per occhi e palato di tutti i commensali.

***

Ingredienti per 4 persone:

360 g di pasta corta tipo penne
400 g di zucchine chiare
50 g di parmigiano grattugiato
100 g di pancetta affumicata a cubetti
1/2 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1cucchiaino di menta fresca tritata
1 cucchiaino di basilico fresco tritato
Olio evo q.b.
Sale, pepe
***

Tagliare le zucchine a meta’, scavare leggermente per eliminare un poco di polpa, lessare in acqua salata mantenendole al dente. Scolare, conservare l’acqua di cottura e lasciar  raffreddare. In una larga padella soffriggere con un poco di olio i cubetti di pancetta. Frullare le zucchine con il parmigiano, l’aglio, il prezzemolo ed il basilico tritati, il pepe e l’olio, aggiustare di sale. Cuocere la pasta nell’acqua di cottura delle zucchine, scolare e saltare in padella con la salsa di zucchine.

Paperita Patty

 

“La Credenza”, progetto ristorazione nei locali di Fiorshop Coop

Fare la spesa tra le eccellenze gastronomiche piemontesi del Fiorshop Coop,  salire le scale e accomodarsi in una piccola sala accogliente, luminosa, e degustare piatti realizzati, per la maggior parte, proprio con i prodotti d’alta gamma a marchio Fior fiore” dei supermercati Coop, nella storica  Galleria San Federico a Torino.
Il progetto ristorativo Fiorfood by  ” La Credenza“, accanto all’offerta più easy ma al contempo di qualità, del già consolidato Bistrot , è guidato, da poco più di un anno dal già noto e grintoso, sulla piazza della ristorazione torinese,  chef Alessandro Uccheddu.  È l’angolo dedicato alle ” estasi culinarie”, dove l’unione di cibo ed emozioni non può che lasciare a bocca aperta e occhi chiusi.
L’aspetto su cui Novacoop ha voluto focalizzare l’attenzione è stato proprio l’aspetto emozionale che deriva dal gesto del mangiare: desiderio, piacere, soddisfazione, condivisione. Con il quid aggiuntivo del luogo di ritrovo e frequentazione quotidiano per tutti noi, cioè il supermercato, esempio originale che regala l’opportunità al cliente di gustare quegli stessi prodotti visti o acquistati tra gli scaffali del market : ” Nova Coop, ha colto la sfida del tentativo di prendersi cura dei consumatori /clienti in un luogo così carico di storia e significato attraverso un concept store innovativo, dove far crescere la socialità, assistere alla presentazione di libri , fare la spesa a prezzi convenienti e poter degustare cibi sapientemente preparati. Un luogo dove si fa innovazione, si sviluppano emozioni e si tenta di divulgare un approccio al cibo in maniera diversa rispetto all’esperienze tradizionali al ristorante”. 
La cucina ha ripreso vita con un menù che mantiene ed esalta la cucina che caratterizza la mano dello chef, declinata al vegetale, in stretta unione sia con le tipicità regionali che con gli ingredienti in stretta correlazione con i sapori del mare, coi quali lo chef è cresciuto ( Alessandro è nato e cresciuto in Sardegna).
Il menù è davvero curioso e inaspettato:  ideato in collaborazione con il ristorante stellato ” La Credenza” di San Maurizio Canavese, attraverso la personalità chiave di Giovanni Grasso e gli chef de ” La Credenza Group” , contribuiscono tutti insieme alla creazione e allo sviluppo dell’offerta ristorativa.
È suddiviso in un ” menù degustazione del nostro Chef” ,  della “tradizione” e alla carta: tutti i piatti sono realizzati con materie prime eccellenti sia di pesce che di carne, esaltati da abbinamenti audaci con ingredienti di altrettanta qualità,  riusciti alla perfezione e che riescono ad armonizzare e a definire gusti apparentemente ” difficili” da percepire.
Come accade con lo starter, un foie gras di fegato dello scorfano, capperi e lampone: pura scioglievolezza in bocca, dove l’eventuale sentore di salato è smorzato dalla piacevole acidità del lampone. La tartarre di tonno, la vera scoperta del menù primaverile: 80 grammi di morbidezza, marinata con latte di bufala, olio al basilico e accompagnata con fette di pane carasau e uovo di lompo. I contrasti che lasciano il ricordo, insomma.
L’inclinazione di chef Uccheddu per la cura della parte vegetale e il talento nel lavoro della materia prima, consiste, in particolar modo, in questi due piatti: un maestoso e gustoso spaghetto all’estratto di carota, pinoli, olive taggiasche e gel di uvetta e l’anatra pechinese, salsa all’arancia accompagnata da pack choi. Piatti caratterizzati dai sapori ben distinti degli ortaggi utilizzati, condimenti leggeri e facilmente digeribili, attenzione nel dosaggio dei gusti nelle parti croccanti, mantenimento il più possibile del gusto naturale, in questo caso, dell’anatra e del pack choi.
E, a finire,  semplicemente ma non banalmente, un minestrone di frutta e verdura, degno di un ristorante che vuole comunque regalare tocchi di finezza e coraggio, senza dimenticare che mangiare è prima di tutto una coccola che si fa a sè stessi.
Bistrot e Ristorante Fior Food by la Credenza: da Lunedì alla Domenica 12 – 14.30/ 18 – 22.30 
Galleria San Federico 26, Torino 
 
 
Chiara Vannini

Valle Strona, dal “solletico ai tarli” ai Pinocchi

Un tempo la Valstrona era conosciuta come la Valle dei “gràta gàmul”, i tornitori e lavoratori del legno in grado di “fare il solletico ai tarli”.

Nelle botteghe poste lungo lo Strona, il torrente che dà il nome alla valle,  principale affluente del Toce, si tornivano e lavoravano utensili da cucina, ciotole, mestoli, e piccoli oggetti d’arredo, già molto prima che arrivasse l’energia elettrica, usando la forza motrice dell’acqua.

A onor del vero, quella che oggi in molti chiamano anche la “valle dei Pinocchi”  – da quando gli artigiani si sono specializzati nel dar vita al burattino più amato del mondo – aveva un altro soprannome: la “val di cazzuj”, rammentando la grande quantità di cucchiai di legno che lì venivano prodotti. Questa valle, che da Omegna sale verso il monte Capezzone, è una terra ricca di suggestioni e bellezze. Comprende, nei quattro comuni che la compongono, ben 14 nuclei abitati: Germagno, Loreglia, Chesio, Strona, Luzzogno, Fornero, Inuggio, Piana, Sambughetto, Massiola, Rosarolo, Otra, Forno e Campello Monti. Da sempre è terra di lavoratori e inventori che l’anno resa famosa non solo per il legno ma anche per l’antica tradizione nella lavorazione del ferro e del peltro, tanto che, dal XVII al XIX secolo si può parlare di una scuola di peltrai emigrati dalla Valle strona in varie città d’Italia ed Europa. L’ingegno non è mai mancato. A Sambughetto venne inventata una pala, la “sesula” , che veniva utilizzata in inverno per sgomberare la neve dalle strade , senza che la neve le si attaccasse. Il primo tornio mosso dalla forza dell’acqua fu quello di Gaudenzio Piana, di Fornero. Come e perché Piana poté costruirlo, è questione avvolta in un alone di leggenda. Pare che avendone visto un esemplare nelle prigioni di Genova, dove era stato rinchiuso perché aveva disertato dall’esercito piemontese dopo la sconfitta di Novara del 1849, decise di costruirsene uno uguale, non appena fosse tornato libero. Il tutto in gran segreto, evitando che i compaesani potessero copiare la sua nuova macchina e usufruire anch’essi dei vantaggi che arrecava, visto che il tornio ad acqua consentiva una resa di gran lunga più alta rispetto ai tradizionali torni azionati a pedale. Il segreto durò poco, però e nel giro di pochi decenni la valle si riempì di torni mossi dalle acque dello Strona. Così, producendo senza soste e innovando in base alle richieste di mercato, si è giunti ai Pinocchi di tutte le fogge e grandezze che, insigniti del marchio “Piemonte eccellenza artigiana”, vengono venduti un po’ ovunque, compresa Collodi, la patria toscana del burattino inventato nel 1881. Sono più di cento i passaggi che occorrono per realizzare un Pinocchio snodabile completo e per immaginare sempre dei nuovi modelli occorrono un estro e una fantasia non comuni. “C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”, si legge nell’incipit di uno dei più famosi libri per l’infanzia al mondo, il Pinocchio, di Carlo Lorenzini, detto il Collodi. Ma andrebbe detto anche, senza offesa per nessuno, che quel mastro Geppetto che ha saputo lavorare il “tronco parlante” regalatogli da mastro Ciliegia, forse era arrivato nel Granducato di Toscana dalla Valle Strona.

 

Marco Travaglini

Gelato, quando la tradizione incontra l’innovazione

SCOPRI – TO  Alla scoperta di Torino e dintorni

Vicino a Torino una famosa gelateria sta facendo parlare di se in tutto il Piemonte, si tratta di “Enrietto il latte a gelato”, un’azienda dolciaria con 50 anni di tradizione alle spalle.
Enrietto si trova a Prascorsano e a Rivarolo Canavese e la sua notorietà è data dalla produzione di un gelato molto particolare, fatto solo con latte e zucchero senza nient’altro, mantecato in una gelatiera creata appositamente per questo prodotto spettacolare.


La famiglia Enrietto entrò nel mondo della ristorazione nel 1950 creando un piccolo ristorante in un delizioso paesino del Piemonte in provincia di Torino, Prascorsano, qui si dedicarono attentamente alla cura del cibo realizzato esclusivamente con materie prime fino agli anni 2000 dove la famiglia iniziò a studiare come poter creare un gelato alternativo. Dopo numerose ricerche e prove nel 2002 iniziarono a creare un gelato con il latte utilizzando un macchinario costruito appositamente e qualche anno dopo il risultato divenne ancora più performante, crearono un gelato morbido e gustoso in poco tempo. Dal 2014 decisero di cessare l’attività di ristorazione e dedicarsi interamente alla gelateria.


Il latte mantecato a gelato ebbe un grande successo fin dalle sue origini, questo permise di aprire un secondo locale nel 2018 a Rivarolo, che oggi ne è la sede.
Entrando da “Enrietto a gelato” ci si sente come a casa, l’ambiente è spazioso con pareti chiare che danno molta luce a tutta la sala e i tavoli più scuri proprio per far risaltare ancora di più il bianco candido delle coppe di gelato.
Quando ci si accomoda si può notare che nel menù ci sono due varianti, la proposta di solo una porzione di latte a gelato senza topping oppure la scelta più allettante che consiste nell’avere il gelato fino a che non si dice “stop” con la guarnizione che si desidera.
Tra i topping da accompagnare al gelato vi sono; la frutta fresca di stagione come le fragole, i frutti di bosco, le banane, le mele, che può essere servita spadellata calda con dello zucchero caramellato. Per i più golosi ecco la crema di nocciole con nocciole fresche del Piemonte, la crema pasticcera o lo zabaione caldo preparati al momento a vista del cliente. Il personale di Enrietto ha infatti una piccola cucina mobile all’interno della sala vicino ai tavoli dove preparano tantissime prelibatezze.


Altre varianti di guarnizioni e accompagnamenti sono ad esempio il torrone con scaglie di fondente, il caramello salato con paste di meliga, la crema di pistacchi, la torta del giorno, il miele, le amarene e moltissime altre.
Il latte a gelato ha per ora un unico gusto, fiordilatte, per poterlo abbinare con tantissimi ingredienti e per non perdere la genuinità delle sue materie prime. Al contrario di molti gelati pur non avendo né conservanti né panna non ha pezzi di ghiaccio per l’attenta lavorazione. Se lasciato sciogliere torna all’origine latte puro con solo un po’ di zucchero.
Questo gelato è quindi molto adatto anche a coloro che vogliono mantenersi in forma proprio per il basso contenuto di zuccheri e grassi.


Come da tradizione la famiglia Enrietto utilizza materie prime di qualità anche per tutti gli accompagnamenti, il cioccolato ad esempio è di Giordano, un’antica cioccolateria piemontese nata nel 1897, il torrone è della nota azienda Barbero lavorato ancora con l’antica ricetta del torrone D’Asti, effettuata interamente a mano e che prevede una lunga cottura a caldaie a vapore per circa 7 ore con nocciole del Piemonte I.G.P e miele Millefiori.


Anche le creme di frutta sono tutte lavorate artigianalmente per offrire la massima esperienza gustativa.
Una nota di merito va sicuramente ai loro mitici biscotti di Meliga creati da loro e alle torte profumate che quando vengono scaldate inebriano di profumo e bontà chiunque le assaggi.
Cosa dire, tradizione e innovazione, un connubio in questo caso, …. tutto da gustare.

.

NOEMI GARIANO

 

Io sono io, e voi non siete…

Chi non ricorda questa frase del Marchese del Grillo, magistralmente interpretato da Alberto Sordi, con la quale il Marchese spiega, in modo inequivocabile, come lui possa tutto e gli altri no, come lui sia qualcuno e gli altri poco nulla.

Senza arrivare ad un personaggio così simbolico, quotidianamente siamo circondati da persone che credono di sapere, di essere, di potere mentre è già tanto se la natura ha permesso loro di vivere un tempo sufficientemente lungo da pronunciare queste eresie.

La scienza spiega, in parte, questa deformazione cognitiva con la sindrome di Dunning-Kruger, che ho trattato in un mio articolo su queste colonne il 27 febbraio del 2023; in parte, tuttavia, c’è la presunzione da parte delle persone, ed indipendentemente dal titolo di studio conseguito, di essere meglio degli altri, più potenti, più sapienti, più tutto.

Ce ne accorgiamo nelle cose più banali, come aiutare una persona in difficoltà a caricare la spesa sull’auto, piuttosto che nell’aiutare una persona anziana o con difficoltà motorie ad attraversare la strada e, in generale, aiutare chi a nostro giudizio sia inferiore a noi, momentaneamente o per eventi occorsi.

Il criterio col quale giudichiamo l’altro, la sua presunta inferiorità o diversità, è ovviamente in stretta relazione col nostro carattere, con la nostra cultura (non in senso scolastico) e con le nostre esperienze di vita; in altre parole, non può essere parametrata o misurata in alcun modo, non esistendo per fortuna una scala di valori ai quali rapportarsi.

Mi capita, quindi, di elargire volentieri qualche euro ad un anziano, che vorrebbe aiutarmi a caricare la spesa nell’auto e al quale non permetto di farlo, vista l’età e ipotizzando le sue condizioni di salute, ma di rifiutare qualsiasi aiuto ad un giovane che stia seduto con la birra in mano o il cartoccio del vino al suo fianco che guarda ed aspetta l’obolo, come fosse un diritto acquisito; non perché sia etilista, ma perché sarebbe opportuno imparasse a guadagnarseli e perché, aiutandolo economicamente, lo illudiamo che il suo stile di vita sia corretto e che il suo modus operandi sia accettato.

Salendo nella scala dei possibili casi di egocentrismo, abbiamo il collega che appena arrivato pensa di poter dettare legge, stravolgere le regole dell’ufficio e decidere quali compiti gli siano maggiormente graditi ritenendo che l’esperienza, le capacità ed il ruolo dei colleghi siano poco importanti, se non addirittura inferiori ai propri.

Se queste condotte sono parzialmente accettabili dove la gerarchia sia istituzionalizzata (in ambito militare, per esempio) è pur vero che la dignità umana va sempre preservata: anni or sono i superiori si potevano rivolgere ai subordinati (un sergente al soldato, per esempio) con il “tu” o urlando perché “da che mondo è mondo, il sergente è un persona che urla” come diceva Abatantuono nel film “Mediterraneo”; da alcuni anni è fatto obbligo, salvo concessioni da parte degli interessati, usare il “lei”, trattandosi di un luogo di lavoro a tutti gli effetti e la confidenza va bene se concessa, non estorta.

Allo stesso modo, anche in ambito scolastico si assiste, oggi più che mai, a perfetti deficienti che insultano i docenti ritenendo inutili i loro insegnamenti, non riconoscendo la loro autorità e, ancora peggio, assumendo toni e atteggiamenti pericolosi che, di per sé, impediscono qualsiasi legittimazione del loro comportamento.

Come porre rimedio a questo stato di cose? Iniziando con la consapevolezza che non sappiamo mai chi abbiamo di fronte: mi è capitato di incontrare, al pub di pomeriggio, una persona che sembrava uno scappato di casa e scoprire, in breve tempo, che si trattava di un docente di matematica di un prestigioso politecnico italiano, autore di non ricordo quante pubblicazioni, come pure una persona che, dopo la morte dei genitori, non si curava più di stesso, non si lavava (rendendo impegnativo ogni contattoravvicinato), e scoprire che parlava fluentemente sei lingue edaveva conseguito due lauree.

Analogamente, ho incontrato spesso persone che potevano fare il manifesto animato di diversi brand di moda, vestiti elegantemente, con macchinone da centomila euro, ma che a parlargli insieme dimostravano non solo la loro ignoranza in ogni campo, ma palesavano senza vergognarsene la loro supponenza, l’arroganza e la pochezza dei loro ragionamenti.

Ma la consapevolezza non è sufficiente: se l’umiltà ed il buon senso sono doti innate, l’educazione, l’umiltà sono frutto dell’educazione che i genitori in particolare, e la scuola in aggiunta, devono saper erogare fin dalla più tenera età con le parole e soprattutto con l’esempio.

Quindi, prima di criticare qualcuno, domandatevi se in casa vostra avete fatto tutto il possibile per evitare ciò che vi sta dando fastidio in altri; è più saggio aspirare la polvere anziché raccoglierla sotto il tappeto.

Sergio Motta