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La Prima dell’Alta Langa

Lunedì 10 marzo 2025, si è tenuta a Torino la settima edizione de “La Prima dell’Alta Langa”, la grande degustazione annuale delle Alte Bollicine Piemontesi presso La Centrale di Nuvola Lavazza dalle 9:30 alle 17:30.
82 produttori hanno presentato oltre 180 cuvée in degustazione.
Durante la giornata erano previsti due seminari per approfondire la storia e le caratteristiche della denominazione:
• Dalle 12:00 alle 13:00, gli storici del vino Pierstefano Berta e Giusi Mainardi hanno raccontato le origini e lo sviluppo del metodo classico più antico d’Italia.
• Dalle 16:00 alle 17:00, Edmondo Bonelli, esperto di geologia, parlerà dei suoli dell’Alta Langa.
Inoltre, era prevista un’apertura straordinaria del Museo Lavazza dalle 11:30 alle 18:00.
Alcune informazioni tecniche:
La denominazione di origine controllata e garantita “Alta Langa” è riservata solo da uve vitigni Pinot nero e/o Chardonnay dal 90 al 100%.
La zona di produzione nelle province di Asti , Alessandria e Cuneo.
Alta Langa deve rispettare queste caratteristiche :
  • spuma: fine e persistente;
  • colore: da giallo paglierino tenue ad oro intenso;
  • odore: fragrante, complesso, caratteristico della rifermentazione in bottiglia;
  • sapore: sapido, fine ed armonico;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l
Come devono essere i terreni :
  • terreni: i terreni marnosi calcareo-argillosi, a fertilità moderata;
  • giacitura: esclusivamente collinare. Sono da escludere categoricamente i terreni di fondovalle, umidi e pianeggianti;
  • altitudine: non inferiore a metri 250 s.l.m.;
  • densità d’impianto: quelle generalmente usate in funzione delle caratteristiche peculiari delle uve e dei vini. I vigneti dovranno essere composti da un numero di ceppi ad ettaro non inferiore a 4.000;
  • forme di allevamento e sistemi di potatura: quelli tradizionali, controspalliera bassa con potatura a Guyot tradizionale o cordone speronato;
  • è vietata ogni pratica di forzatura. È consentita l’irrigazione di soccorso.
Vinificazione ed invecchiamento:
La durata del processo di elaborazione (l’invecchiamento cioè dall’inizio della fermentazione in bottiglia destinata a rendere spumante la partita (cuvèe) e la durata della permanenza sulle fecce, minimo 30 mesi per “Alta Langa” spumante e “Alta Langa” spumante rosato e a 36 mesi per i vini con menzione riserva.
STORIA
Attorno al 1850, il Marchese Leopoldo Incisa aveva incluso diversi vitigni francesi nella sua collezione ampelografica localizzata nei vigneti di Rocchetta Tanaro. A metà dell’800 non mancavano in Piemonte impianti di Pinot. Già intorno al 1810 i Conti di Sambuy avevano introdotto alcuni rinomati vitigni francesi per migliorare la produzione vinicola locale. Carlo Gancia, però, aveva favorito la diffusione dei Pinot e Chardonnay intorno a Canelli per favorire la produzione dei suoi spumanti. Con il Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte, del quale la denominazione “Alta Langa” è nata, l’industria spumantistica piemontese ha dato al suo territorio un contributo di impegno economico e tecnologico prezioso per la produzione di spumanti Metodo Classico .
Il metodo di produzione dell’Alta Langa Docg – Alte bollicine piemontesi
Link
Ecco alcuni Alta Langa che mi sono particolarmente piaciuti:

Gancia

2013 millesimato Brut , sboccatura 10/2023 , 60 mesi sui lieviti
2010 millesimato Brut Riserva ,sboccatura 6/2024 , 120 mesi sui lieviti con 5 gr litro

Fontanafredda

Contessa Rosa 2018 Rose’ Brut Riserva , 70% pinot nero 30% chardonnay, sboccatura 2024,60 mesi sui lieviti con goccia di Barolo 1967
Vigna Gatinera 2016 100% Pinot noir Pas Dose’ Riserva, sboccatura 7/2023 , 72 mesi sui lieviti , single Vineyard
Vigna Gatinera 2014 100% Pinot noir Pas Dose’ Brut nature , sboccatura 6/2024 ,
108 mesi sui lieviti

Ettore Germano

2017 100% chardonnay Riserva Blanc de Blanc Pas Dose’ , 50% in acciaio, 50% 8 mesi in tonneaux , sboccatura 3/2024 , 65 mesi sui lieviti
2017 100% Pinot noir Riserva Blanc de Noir Pas Dose’, 50% in acciaio, 50% 8 mesi in tonneaux , sboccatura 3/2024, 65 mesi sui lieviti
2013 Brut , 80% Pinot noir 20% chardonnay , 70% acciaio, 30% tonneaux , sboccatura 2020 36 mesi sui lieviti

Contratto

2015 Riserva Pas Dose’ , 90% Pinot noir in acciaio, 10% chardonnay tonneaux usati per sei mesi ,sboccatura 3/2024, 100 mesi sui lieviti

Rapalino Fratelli

2019 Pas Dose’ , 50% Pinot noir e 50% chardonnay, sboccatura 12/2024,48 mesi sui lieviti
2018 Rose’ Pas Dose’ , 100% Pino noir, sboccatura 6/2024 ,60 mesi su lieviti

Enrico Serafino

2018 Zero Pas Dosè , Pinot noir 100%, sboccatura ? , 70 mesi sui lieviti
2018 Zero Riserva Pas Dosè De saignee’, cioè sanguinamento, Pinot noir 100%, sboccatura ?, 60 mesi su lieviti.
2011 Zero Riserva Pas Dosè , 85 %Pinot noir 15% chardonnay, sboccatura 2021,140 mesi sui lieviti

Bera

2018 Brut 70% chardonnay 30% Pinot noir, sboccatura 1/2024, bottiglia magnum ,80 mesi sui lieviti

Banfi

Cuvee’ Aurora 2017 Pinot noir 100%, sboccatura 6/2023 ,60 mesi sui lieviti
Cuveè Aurora 2015 Pinot noir 100%, sboccatura 11/2019 , 30 mesi sui lieviti
Cuveè Aurora Riserva Pas Dosè 2012 , 85% Pinot noir 15% chardonnay, sboccatura 10/2022 , 100 mesi sui lieviti

Abrigo fratelli

2018 Brut Riserva 100% chardonnay sboccatura 5/2024, 60 mesi sui lieviti

Pecchenino

2019 Riserva Pas Dosè, 70% Pinot noir 30% chardonnay, sboccatura 01/2025, 60 mesi sui lieviti

Tenuta il Falchetto

2018 Riserva Pas Dosè , chardonnay 100%, sboccatura 7/2024 Doss, 60 mesi sui lieviti
Alla prossima !
LUCA GANDIN

Trancio di salmone con puré di broccoli e ceci

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Un tris di sapori per una ricetta d’effetto, un piatto completo, nutriente e sano. La delicatezza e morbidezza del salmone abbinate ad un colorato pure’ vellutato sorprendera’ i vostri ospiti.

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Ingredienti

2 Tranci di salmone fresco

250gr. di ceci lessati

2 piccole teste di broccolo

½ spicchio di aglio

1 piccolo peperoncino

Olio evo, sale, 1/2 limone, prezzemolo q.b.

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Cuocere i tranci di salmone a vapore irrorati con il succo del limone. Cuocere, sempre a vapore, i broccoli precedentemente lavati, quindi frullarli con l’aglio, il peperoncino, i ceci scolati e risciacquati. Allungare il pure’ con un mestolino di acqua di cottura dei broccoli per renderlo piu’ cremoso, aggiustare di sale, aggiungere l’olio evo ed il prezzemolo tritato. Servire tiepido.

 

Paperita Patty

Il turismo del sonno. Dove il riposo è la meta più importante

La vita odierna e’ pura frenesia. Il lavoro e’ fonte di soddisfazioni, ma anche di stress e stanchezza, cosi’ come la quotidianita’ familiare divisa tra doveri e abitudini logoranti. L’utilizzo eccessivo dei dispositivi elettronici, inoltre, ha creato tutta una serie di conseguenze che si vanno a sommare alla nostra impegnativa routine creando quella condizione oramai dilagante che e’ l’insonnia.

Non dormire abbastanza e’ snervante e porta con se’ conseguenze negative anche nella vita diurna come stanchezza cronica, irritabilita’ e difficolta’ a gestire la vita sociale e lavorativa.

Il sonno sta diventando un lusso, una dimensione determinante che garantisce una buona salute, sia fisica che mentale; ed e’ proprio per questo suo valore imprescindibile che ora anche le vacanze possono essere dedicate alla sua “pratica”. Il turismo del sonno e’ ora una tendenza, ma forse molto di piu’: una aspirazione; prenotare hotel che offrono condizioni perfette per il riposo, a cominciare da materassi di ottima qualita’, ambienti silenziosi, camere e vasche di deprivazione sensoriale, ipnoterapeuti e’ una realta’ che sta avendo molto consenso e questo perche’ il bisogno di dormire e’ cresciuto, il nostro corpo lo reclama.

Gli alberghi specializzati in questo settore del turismo hanno camere dai colori delicati, cuscini personalizzati, generatori di suoni ambientali, come i rumori bianchi, mascherine per dormire, massaggiatori specializzati, saune, aromaterapia, tisane rilassanti, illuminazione calibrata e docce all’eucalipto.

Sempre piu’ alberghi si stanno attrezzando per diventare rifugi del riposo perche’ questa necessita’ e’ destinata a crescere, dormire e’ diventata, infatti, una meta molto desiderata.

Possiamo immaginare queste strutture immerse nel verde, con piscine private, camere insonorizzate, biancheria in fibre naturali, in zone dal clima mite e indulgente.

I luoghi ideali per questa non-attivita’ possono essere casali immersi nella natura, alberghi lontani dalle mete turistiche affollate e troppo attive, posti dove, nei momenti liberi dal sonno, si possono visitare piccoli centri, gustare l’enogastronomia del luogo, fare passeggiate rilassanti in luoghi ovattati.

Dimentichiamo quindi file in macchina, spiagge gremite e afose, persone che urlano e si divertono rumorosamente, lo sleep turism ha bisogno di un suo galateo della tranquillita’, di un proprio cerimoniale della pigrizia.

All’estero questa vacanza all’insegna del relax e’ oramai una consuetudine che ha creato una vera e propria specializzazione turistica, nel nostro paese, siamo ancora agli albori, ma ci sono diverse proposte in zone come l’Umbria o la Toscana, basta fare una ricerca scrivendo “turismo del sonno in Italia”. Il Piemonte e’ una meta ideale per favorire il riposo, persi nei filari delle Langhe, nel silenzio delle montagne o nelle vicinanze dei bellissimi laghi. E’ una tendenza che ha un futuro concreto, abbiamo bisogno tutti di fare pause dall’inquietudine dei ritmi imposti dal trantran quotidiano che ci ha avvolge, abbiamo bisogno di dormire.

MARIA LA BARBERA

Il ragioniere di Baveno

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“Ragioniere, buongiorno. Anche oggi, il solito?”. Così lo salutava ogni mattina, dal lunedì al sabato, il signor Alfredo. All’anagrafe Alfredo Tichetti, di professione bigliettaio addetto allo scalo della Navigazione Lago Maggiore, in servizio all’imbarcadero di Baveno.

E il “solito” non era una consumazione al bar ma semplicemente il biglietto del battello che da Baveno lo portava in giro per il lago. A volte verso Intra dove, dopo gli scali all’Isola Madre, a Pallanza e a  Villa Taranto ( ma solo d’estate), aveva a disposizione un quarto d’ora scarso per imbarcarsi sul traghetto che faceva la spola con Laveno, sulla sponda lombarda del Verbano. A volte verso le isole Pescatori e Bella, Stresa, Santa Caterina del Sasso e la parte bassa del Maggiore, verso Angera e Arona. Il ragioniere era Teobaldo Lucciconi di anni sessantasei, celibe. Per quelli che lo conoscevano era semplicemente “il ragioniere”, tant’è che il suo nome non lo usava più nessuno e, se non fosse scritto sui registri del municipio, avrebbe potuto anche pensare di cancellarlo. Lucciconi era stato ragioniere contabile, impiegato alla filiale bavenese della Banca d’Intra al n. 5 di corso Giuseppe Garibaldi, a pochi passi dal piazzale dell’imbarcadero e dei moli d’attracco dei battelli e dei motoscafi. Aveva passato più di trent’anni dietro a quello sportello, intento a contare i soldi degli altri, a darne e riceverne. In tutto quel tempo gli sono passati davanti agli occhi i fatti privati e pubblici, le gioie e le tristezze di diverse generazioni. Altro che il confessionale del prete, su alla parrocchiale! Era in banca che ci si scambiava un saluto e si ricevevano confidenze, dovendo anche dare – se richiesto – qualche utile consiglio. Ma giunto al tempo della pensione, non ci pensò un minuto di troppo. Si levò le mezze maniche e, sempre con garbo (il che non guasta mai), salutò tutti e se ne andò senza rimorsi. Non che stesse male, anzi: aveva degli amici sinceri lì, e in fondo era stata la sua famiglia per tanto tempo. Vivendo da solo si era affezionato a quell’ambiente ma, come in tutte le cose, cercava di non vivere di ricordi e malinconie. Così aveva pensato che, dopo tanti anni passati tra casa e ufficio, ufficio e casa, era venuto il momento di prendere un poco d’aria fresca, guardandosi intorno. E sul lago di cose da vedere ce n’erano davvero tante. Così, a volte a piedi e altre utilizzando i mezzi pubblici (dal treno alla corriera passando, ovviamente, dal battello), iniziò a girare i paesi del lago su entrambe le sponde, la piemontese e la lombarda senza tralasciare la parte più a nord, in territorio elvetico, dedicandosi a frequentare le amicizie e a ripercorrere, con la memoria, le tante storie dei tipi originali con cui ha avuto a che fare. E vi possiamo assicurare che sono tanti che nemmeno vi immaginate. Ma soprattutto ebbe occasione e tempo per riscorire Baveno e le sue frazioni. ” Ma guarda tu”, pensava “E chi l’avrebbe mai detto che vivevo in un posto così bello e non ci avevo quasi mai fatto caso”. Era una delle sue riflessioni ricorrenti da quando era andato in pensione. Per tanti, troppi anni era stato “preso” dal lavoro e non alzava quasi mai lo sguardo sopra lo sportello. Arrivava in banca al mattino presto, portandosi da casa la “schisceta”. Eh, sì. Voi come la chiamate? Baracchino, pietanziera, gamelin, gavetta, gamella? Da noi quella pentolina di metallo a strati, con un coperchio ben chiuso per evitare perdite, indispensabile per scaldare su un termosifone un poco di pasta avanzata del giorno prima, una minestra di verdura o una fetta di carne, era la schisceta. Del resto da single, come si usa dire al giorno d’oggi, cosa andava a casa a fare? Non aveva nessuno ad aspettarlo o che cucinasse per lui e allora gli avanzi della sera prima erano più che sufficienti per mettere insieme un pasto economico da consumare sul posto di lavoro. Usciva di casa che era buio e ritornava a sera inoltrata perché spesso si fermava a dare una mano al direttore nel disbrigo dei conti e delle chiusure di cassa. Eh, un tempo non si guardava mica l’orologio. Prima il lavoro, poi il lavoro e poi ancora la famiglia. E lui che era praticamente tutta la sua famiglia quando andava a casa si fermava qualche minuto ad accarezzare il gatto della signora Maria, la vecchia lavandaia che abitava in cima a quel rione che chiamavano “il baeton”. Si faceva accarezzare perché gli dava sempre qualche pelle di salame, crosta di formaggio e cotiche avanzate. Il Tigre (si chiamava così per il pelo rosso striato di grigio e non certo per il carattere intraprendente visto che stava sempre sdraiato al sole, sullo zerbino di casa, a ronfare) manifestava la sua riconoscenza sfregandosi alle gambe con un sonoro ron-ron. Le giornate del ragioniere scorrevano così, senza troppe emozioni e senza andar di fretta. Poteva permetterselo, facendo una vita tanto regolare da far invidia a un orologiaio svizzero. Ogni giorno gli capitava di veder gente correre qua e là, sempre indaffarata, quasi avessero addosso tutti l’argento vivo. E lui? Niente. Si era guadagnato il diritto alla flemma. Gli capitava, come accade a tutti, qualche episodio dove la frenesia prendeva il sopravvento e bisognava darsi da fare ma erano, per fortuna, momenti piuttosto rari. Così, pur non mancando ai suoi doveri, cercava di tenere un passo che fosse, come dire, il più lento e ragionato possibile. E, bene o male, ci riusciva. Al Circolo Operaio bavenese ci andava soprattutto il lunedì mattina, giorno di mercato, dopo aver bighellonato tra le bancarelle. Gli piaceva quel brulicare di persone che chiacchieravano e contrattavano le merci esposte con un vociare che metteva allegria. Quando c’erano i turisti, dalla tarda primavera alla fine dell’estate, era una vera e propria babele di lingue. Sarà stato perché pativa la solitudine o perché gli piaceva iniziare una nuova settimana con un poco di movimento dopo l’ozio domenicale, ma far due passi al mercato era proprio divertente. Non che ci andasse per comprare qualcosa. Gli capitava raramente e solo per alcuni capi di vestiario. Per i generi alimentari andava in uno dei due piccoli supermercati.

Anzi, per non far torto a nessuno, stava ben attento a fare la spesa sia in uno che nell’altro. Così, pensava, nessuno ne avrà a male. Tanto più che al giorno d’oggi i prezzi sono più o meno uguali e anche la qualità non si discosta di molto. Ma, compere a parte, il mercato lo metteva di buon umore. Confessava che rimpiangeva quando era in centro, occupando la piazzetta tra le scuole elementari, il retro del municipio e pure la via principale che costeggiava la scalinata della chiesa. In seguito, per non intralciare il traffico e agevolare la viabilità, venne spostato sul viale del ponte che attraversava il torrente Selvaspessa tra Baveno e Oltrefiume, piò meno all’altezza del punto dove in passato c’era la vecchia passerella. Era sì più funzionale al traffico ma anche più decentrato e, quindi, un po’ più scomodo. Comunque, ora che era in pensione, quella passeggiata era piacevole e, terminato il giro verso le dieci e mezza, si avviava pigramente alla volta del Circolo. Passava sotto il ponte della ferrovia, svoltando a destra sul viale alberato e scendeva a fianco della stazione ferroviaria proprio davanti all’entrata dell’imponente Casa del Popolo. Fuori, nella bella stagione, c’era sempre qualcuno che si sfidava sui campi da bocce, mentre gli altri avventori si dividevano tra coloro che sbirciavano la partita, leggevano il giornale commentando i fatti del paese o si lasciavano prendere la mano dal turbinio delle carte da ramino o da scopa. E lui, il ragioniere, dopo aver chiesto un bicchiere di spuma o, più raramente, una cedrata, rispondeva di buon grado ai quesiti di natura finanziaria che gli venivano posti. Del resto, come gli aveva detto il cavalier Borloni dandogli una pacca sulla schiena, anche se a riposo “si è sempre ragionieri, no?”.

Marco Travaglini

Cavour ha vinto il 7° “Carnevale delle 2 Province”

Cavour ha vinto il 7° “Carnevale delle 2 Province” con il carro “Chi è senza peccato scagli la prima mela”. La vittoria è arrivata nella serata di venerdì 7 marzo nel recupero della tappa del 10° Carnevale della Città di Barge rinviata per il maltempo lo scorso 1° marzo. Anche nell’ultimo atto del “Carnevale delle 2 Province” sono state migliaia le persone che sono scese in strada a Barge per ammirare il festoso corteo di carri e figuranti che hanno attraversato viale Mazzini e viale Stazione, a conferma del successo del Carnevale organizzato da Fondazione Amleto Bertoni e Città di Saluzzo con Città e Pro Loco di Rivoli, Città e Pro Loco di Barge e Città di Nichelino con Ascom di Moncalieri.

Con spinaci e ricotta la torta è speciale e stuzzicante

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Le torte salate sono apprezzate per la loro versatilità. Molto facili e veloci da preparare sono ottime servite tiepide o fredde, stuzzicanti e fantasiose

Ideali per un aperitivo con amici, una cena veloce, un antipasto o un pic nic,  le torte salate sono molto apprezzate per la loro versatilita’. Molto facili e veloci da preparare sono ottime servite tiepide o fredde, stuzzicanti e fantasiose. Un must per tutte le stagioni.

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Ingredienti:

2 rotoli di pasta sfoglia rotonda

½ kg. di spinacini freschi

1 fetta di prosciutto cotto (100gr.)

250gr. di ricotta piemontese

100gr. di taleggio

1 uovo intero, 4 tuorli

1 spicchio di aglio

50gr.di parmigiano grattugiato

sale, pepe,burro, noce moscata q.b.

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Lavare gli spinacini, saltarli in padella con una noce di burro e l’aglio, lasciar raffreddare. In una ciotola mescolare il prosciutto e il taleggio tagliati a dadini, aggiungere il parmigiano, l’uovo intero, gli spinacini, sale, pepe e un pizzico di noce moscata. Stendere la pasta sfoglia in una teglia rotonda foderata di carta forno,bucherellare il fondo, disporre il ripieno, coprire con la ricotta, fare 4 fossette in ognuna delle quali sistemare il tuorlo. Coprire con la sfoglia rimanente, saldare bene i bordi, spennellare con poco latte e cuocere in forno per 35-40 minuti a 200 gradi. Servire tiepida.

 

Paperita Patty 

La Signora dei Biscotti

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Mi piacciono le storie, mi piace leggerle ma ancor di più scriverle e questa storia, tutta al femminile, merita di essere raccontata.
Ivana e Vittorina sono due sorelle che nella loro casa di campagna, Bricco Dolce, sulla collina di San Sebastiano Po, all’inizio degli anni 2000 si divertivano a preparare biscotti, torte e marmellate. Decidono così che della loro passione vogliono farne un lavoro e si rivolgono al mulino di Casalborgone dove scoprono che non esiste una sola farina ma tante farine con caratteristiche diverse. Il papà non è d’accordo sul fatto che la sua casa diventi un laboratorio-negozio e le dissuade dal voler stabilire la futura attività proprio lì, in strada Bricco Dolce n.7
Le ragazze riescono a trovare una valida alternativa a Borgaretto dove trasformano un grande garage in laboratorio ed iniziano a seguire dei corsi indicati dalla Regione Piemonte per mettersi in regola. All’inizio dell’avventura decidono di servire i bar e la vendita al minuto, realizzano diversi biscottini che vengono confezionati in piccoli sacchetti, tutto il lavoro viene fatto manualmente. Le ricette sono quelle di mamma Rosina, delle nonna e delle suocere e così nel 2004 fondano la società “ Biscotteria Artigianale Bricco Dolce”, che fornisce alcune enoteche, bar, gastronomie, di biscotti sani, artigianali, belli e ben confezionati.
Il caso vuole che una hostess in servizio su alcuni voli privati che frequentemente portavano Sergio Marchionne ed il suo staff a Detroit scelga proprio le dolcezze di Bricco Dolce per allietare i viaggi di questi passeggeri che mentre giocavano a carte desideravano sgranocchiare qualcosa di buono. Ed è così che Ivana e Vittorina vengono contattate anche da Air Dolomiti che decide di portare a bordo dei propri aerei i loro biscotti.
“Abbiamo avuto un momento di panico – mi racconta Ivana- non saremmo riuscite a confezionare a mano sacchetti per ordini così importanti e così abbiamo acquistato una confezionatrice e nel 2012 abbiamo vinto una gara per fornire anche Alitalia, oggi Ita, ed è arrivata una confezionatrice ancora più performante”.
Ivana mi racconta la storia del biscottificio nel suo negozio in corso De Gasperi 20 a Torino, nel cuore della Crocetta. “ Da noi è tutto artigianale, usiamo solo materie prime eccellenti come le farine Bongiovanni e le uova fresche già sgusciate che riceviamo tre volte alla settimana, in questi giorni stiamo mettendo a punto nuove ricette con farine non raffinate, cereali antichi, grano arso affinché il prodotto finito sia il più naturale possibile. I nostri clienti amano molto la linea dei Biscotti del Buongiorno, senza latte né burro, in vari gusti come vaniglia, farina di mais, cacao e gli integrali. Sono anche richiesti quelli della Linea Classica: meliga, krumiri, ciambelline panna e caffè e gli arancetti con scorza d’arancia e cioccolato”
Chiaccherando scopro che proprio in quel momento sta per salpare, direzione USA, una nave carica di Parlapa’, biscotto ideato ai tempi del Covid quando con il negozio chiuso il tempo per pensare non mancava. “ Il Parlapa’ è un biscotto a forma di gianduiotto realizzato con gli ingredienti del famoso cioccolatino torinese, pasta di nocciole e burro di cacao, la ricetta è stata brevettata come per il Cuore Rosa che ha avuto il patrocinio di Candiolo, bello, buono, ha il sapore di confetto, e fa del bene”.
In negozio, arricchito anche con oggetti molto particolari che volendo vengono abbinati alla vendita dei biscotti ( tazze, latte tedesche, tessuti realizzati appositamente per Bricco Dolce a Chivasso e a Chieri) spiccano sugli scaffali le Meringhette con gocce di cioccolato, i Girasoli integrali, le Pannocchiette, i biscotti senza farina per gli intolleranti al glutine e le Coccole al cocco , senza burro né uova per i vegani , crostate e torte di nocciola.
“ Nel 2025 avremo almeno altri tre nuovi prodotti che per ora sono in fase sperimentale, devono essere buonissimi per metterli in vendita ma soprattutto dobbiamo essere tutte d’accordo: io, mia sorella, mia figlia e mia mamma”.
“Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto”, lo scriveva Oscar Wilde.

Aromatici biscotti all’arancia 

Invaderà la vostra cucina il delizioso profumo di questi biscotti

Si preparano semplicemente questi friabili e aromatici dolcetti ideali per una sana merenda o colazione. 

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Ingredienti 
250gr. di farina 00 
120gr. di burro 
140gr.di zucchero 
1 uovo intero 
3 cucchiai di scorza di arancia grattugiata 
1 cucchiaio di succo di arancia 
1 pizzico di lievito in polvere 
1 pizzico di sale 
Zucchero a velo 
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Lavorare il burro con lo zucchero ed un pizzico di sale fino a renderlo spumoso, unire l’uovo, la scorza e il succo di arancia poi, aggiungere a pioggia la farina con un pizzico di lievito. Formare una palla, avvolgere in pellicola e riporre in frigo per 30 minuti.  Formare un cilindro, avvolgere in pellicola e mettere in freezer per 30 minuti. Tagliare il cilindro a fette di un centimetro di spessore, disporre i biscotti su una teglia foderata con carta forno e cuocere in forno a 170 gradi per 15 minuti.  Lasciar raffreddare e spolverizzare con zucchero a velo. 
Paperita Patty