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Le migliori esperienze da vivere a Torino nel periodo di dicembre

Informazione promozionale

Torino a dicembre è una città che incanta con la sua atmosfera elegante, fatta di luci, tradizioni e scoperte culturali capaci di affascinare visitatori da tutta Italia e dall’estero. È anche un periodo in cui molte realtà professionali scelgono il capoluogo piemontese come location per riunioni aziendali a Torino, unendo appuntamenti di lavoro a momenti di piacere, cultura e intrattenimento. Ma ciò che rende davvero speciale la città in questa stagione è la varietà di esperienze che offre, trasformando ogni giornata in un percorso ricco di emozioni, profumi e scenari unici.

Il rito del bicerin: la tradizione più amata dell’inverno torinese

Tra le prime esperienze da vivere non può mancare il bicerin, la bevanda simbolo della città. Preparato con cioccolato, caffè e crema di latte, è una coccola calda e avvolgente perfetta per affrontare le giornate fredde di dicembre. Degustarlo nei caffè storici — magari in una piccola tazza fumante mentre fuori brillano le decorazioni natalizie — permette di entrare immediatamente in sintonia con l’anima autentica e accogliente di Torino. È un rito che scalda il cuore e che racconta, in un solo sorso, la storia gastronomica del capoluogo sabaudo.

Chocobus Cabrio: il tour più dolce e panoramico della città

Una delle attività più suggestive è il Chocobus Cabrio di Somewhere Tour & Events, un tour che combina la magia delle Luci d’Artista con la degustazione del miglior cioccolato torinese. A bordo del bus scoperto, ci si immerge in un percorso romantico e goloso che attraversa alcune delle installazioni luminose più iconiche della città.

Torino Sotterranea: un viaggio nel cuore nascosto della città

La Torino Sotterranea offre invece un’esperienza completamente diversa: cunicoli, gallerie e rifugi antiaerei che raccontano un passato misterioso e affascinante. Il contrasto tra la città illuminata in superficie e la quiete del sottosuolo rende il tour ancora più emozionante nel periodo natalizio.

Passeggiare nel Parco del Valentino

Una pausa nella natura invernale del Parco del Valentino permette di respirare l’essenza più romantica della città. Il Po, gli alberi spogli, il Borgo Medievale e gli scorci panoramici rendono questo luogo ideale per un momento di tranquillità.

I caffè storici: eleganza sabauda e gusto autentico

I caffè storici come Fiorio, Baratti & Milano e Mulassano custodiscono la tradizione sabauda. Tra velluti, marmi e luci soffuse si possono gustare gianduiotti, cioccolate calde e, naturalmente, altri bicerin, riscoprendo l’atmosfera raffinata della Torino ottocentesca.

Palazzo Reale e Giardini Reali: splendore sabaudo d’inverno

Il Palazzo Reale e i Giardini Reali rappresentano due tappe irrinunciabili per chi desidera vivere la storia sabauda immerso in ambienti eleganti, arricchiti da decorazioni e scenografie invernali.

Mole Antonelliana e Museo del Cinema: il simbolo da vedere almeno una volta

La Mole Antonelliana, con la sua vista spettacolare sulla città illuminata, è una delle esperienze più emozionanti del periodo natalizio. All’interno, il Museo del Cinema offre percorsi immersivi per adulti e bambini.

Museo Egizio: un viaggio nella civiltà faraonica

Il Museo Egizio, celebre nel mondo per la sua collezione unica, permette di vivere un pomeriggio culturale tra sarcofagi, statue, papiri e storie millenarie.

Teatro Regio: vivere la magia dello spettacolo

Il Teatro Regio propone nel mese di dicembre una programmazione ricca di opere, concerti e spettacoli che rendono ogni serata speciale e memorabile.

Gustare le specialità piemontesi

Le trattorie torinesi propongono piatti tipici come brasato al Barolo, agnolotti del plin, tajarin e bagna cauda, ideali per scaldare il cuore e scoprire la tradizione culinaria locale.

Aperitivo in Piazza Carignano

Infine, un aperitivo in Piazza Carignano, avvolti da architetture barocche e luci natalizie, rappresenta uno dei momenti più caratteristici dell’inverno torinese.

Il Black Friday di Birra Metzger 1848

La tradizione torinese dal birrificio a casa tua

Dal 24 al 28 novembre prossimi , dalle 11 alle 19, sarà possibile scoprire da vicino il luogo in cui nasce la storica birra torinese e approfittare di due offerte pensate per accompagnare il ritorno di un marchio che, dopo quasi due secoli di storia, ha ripreso a brillare grazie a una rinascita autentica e profondamente legata alla torinesità.
Metzger 1848 celebra il Black Friday invitando tutti a compiere un gesto semplice, ma speciale, acquistare le nuove birre direttamente nel rinnovato birrificio di via Catania 37, nel cuore di borgo Rossini.
In occasione del Black Friday , le sei nuove birre Metzger , Bionda Helles, Weiss, Ambrata,  Vienna Lager, Modern IPA, Bock e Doppel Bock , saranno disponibili nel  Party Pack da 12 bottiglie a 39 euro invece di 60 euro e nella confezione da tre bottiglie a scelta a 9,9 euro invece di 15.

Si tratta di un’occasione per assaporare ricette che uniscono tradizione, qualità e alta bevibilità, frutto di un progetto che affonda le sue radici nel  passato, ma guardando però al futuro. Da quasi due secoli Metzger è parte dell’identità industriale e culturale della città. Nata nel 1848 per mano del mastro birraio alsaziano  Karl Metzger, cresciuta fino a diventare  una delle principali realtà brassicole nazionali e poi scomparsa dal mercato nel 1975, la birra torinese torna oggi grazie alla nuova visione dell’imprenditore Marco Bianco che, nel 2025, ha ricomprato il marchio e il birrificio, inaugurando una nuova stagione per questa icona cittadina. Attorno a lui un team di professionisti lavora con l’obiettivo di restituire a Metzgerl la sua identità attraverso una filosofia di produzione contemporanea basata su artigianalità premium, materie prime selezionate, attenzione alla sostenibilità  e apertura al territorio, con collaborazioni di eccellenza come quelle nate con Riccardo Mascioscia della Piazza dei Mestieri  e Alessio Gatti del birrificio Canediguerra.
Il team di professionisti che collabora al birrificio Metzger  è formato da Guido Palazzo, Davide Masoero, i birrai Pietro Lanzilotta e Francesco Giacomelli, con la supervisione tecnica di Giampaolo Tonelli.
Il birrificio non è soltanto un sito produttivo,  ma un vero e proprio centro di  cultura della birra, destinato ad accogliere visite, corsi e degustazioni, con iniziative come il Metzger Fest di ottobre e i walking tour mensili dedicati alla storia del quartiere.  Il Black Friady diventa, così,  un momento simbolico, l’occasione per scoprire da vicino una storia torinese che continua a rinnovarsi e per portare a casa il gusto autentico di una tradizione che dal 1848 accompagna il cammino di Torino.

Mara Martellotta

Dalle iconiche Birkin e Kelly Hermès alle Bamboo di Gucci all’asta Bolaffi

Dalle borse cult di Hermès, Chanel, Louis Vuitton e Gucci agli oggetti più glamour a tema natalizio, come le boule de neige di Chanel e il calendario dell’avvento di Louis Vuitton, fino a un prezioso
mobiletto-archivio in edizione limitata contenente schizzi e campioni tessili di Yves Saint Laurent raccolti in 40 anni. Sono questi alcuni dei lotti più significativi della prossima asta di moda vintage firmata Aste Bolaffi, in programma martedì 25 novembre alle 10 presso la Sala Bolaffi di via Cavour 17, a Torino. Sotto i riflettori borse emblematiche, foulard d’autore e bijoux che raccontano epoche e sogni, tra eleganza senza tempo e un tocco di nostalgia, tutti accuratamente selezionati per stato di conservazione e autenticità.
La selezione sfiora i 560 lotti tra borse e valigeria, cravatte e foulard, alta bigiotteria di lusso, portachiavi e piccoli oggetti decorativi: un viaggio nel gusto e nello stile delle grandi griffe
italiane e internazionali che unisce lusso, artigianalità e storia della moda.
Tra i pezzi più attesi, Hermès è rappresentata da sette Kelly, dalla Retourné 32 del 1966 in pelle box nera alla rara Sellier 20 del 1987 in pelle Courchevel Gold passando per la Kelly 28 Sellier
in pelle Epsom Bleu Royal con manico impreziosito da foulard Twilly “Les Clés à Pois” e dalla Birkin 35 del 2008 in pelle Togo Curry.
Di Chanel spiccano la pochette Cassette del 2004 in lucite nera con
dettagli bianchi, la Classic Flap Bag matelassé (lotto 389, base 3.500 euro) e la Timeless Maxi Jumbo in pelle blu verniciata con motivo a spina di pesce.
Louis Vuitton è proposta anche con un set di valigie vintage e due borse in edizione limitata di Takashi Murakami: la Neo Deauville Cerises 2005 e la Marilyn 2008 in pelle Monogram multicolore con dettagli in coccodrillo fucsia e borchie dorate.
L’eccellenza della moda italiana è rappresentata da Fendi, Ferragamo e Gucci, di cui si segnalano sette Bamboo, tra cui una 1947 degli anni Settanta in pelle rossa con interno in camoscio. Inoltre è presente anche la Peekaboo Mini 2010 di Fendi in coccodrillo citron con interno viola.
In catalogo si distingue inoltre un lotto dal valore quasi museale: il mobiletto-archivio in edizione limitata della Fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent & Éditions de la Martinière, che custodisce schizzi, note di sfilata e campioni tessili della maison dal 1962 al 2002. Infine, tra gli accessori e le idee regalo natalizie si segnalano le boule de neige firmate Chanel e il calendario dell’avvento 2022 di Louis Vuitton,con 24 caselle ancora intatte e piccole decorazioni di lusso firmate Luis Vuitton.

L’asta sarà preceduta dall’esposizione, aperta al pubblico nella
stessa sede, da venerdì 21 a lunedì 24 novembre alle ore 10-18:30, domenica esclusa.

https://astebolaffi.it/it/auction/456

Martedì 25 novembre 2025, ore 10:30
Sala Bolaffi, via Cavour 17/F, Torino – www.astebolaffi.it

Mara Martellotta

La gallina Maddalena e gli opossum

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Nel santuario torinese di piazza Santa Rita da Cascia, con un gesto cristianamente dubbio e poco credibile considerate le sue convinzioni religiose, Carletto accese una candela davanti alla statua della santa degli Impossibili ringraziandola, confidando nella sua divina intercessione affinché venisse mantenuta nel tempo quella grandissima invenzione che gli anglofoni chiamavano smart working e gli autoctoni avevano tradotto in lavoro agile. A dire il vero, almeno per lui e per chi apparteneva a quello che alcuni ribattezzarono “il club degli opossum”, la parola lavoro provocava un naturale rigetto, una sorta di eritema dell’animo. Cerimonioso, abilissimo a svicolare gli impegni e a rendersi quasi invisibile per schivare il lavoro, Carletto aveva interpretato a modo suo il lavoro a distanza, da casa. Omettendo il riferimento a tutto ciò che significasse attività, servizio, impiego, mansione, compito, responsabilità, azione oppure risultato si era concentrato sulla parte dell’agile da intendere come un processo di inoperosità, massima aspirazione per coloro che non provavano alcun rimorso nell’essere dei perdigiorno, degli scansafatiche. Pazienza se poi questo atteggiamento sfociasse nell’imbroglio o nella truffa, ingannando il prossimo e principalmente chi gli aveva affidato il lavoro.

Rosina, sua socia in tutto e per tutto (aspetti sentimentali a parte), la pensava ovviamente alla stessa maniera. Erano davvero una bella coppia e, affidandosi all’immortale capolavoro di Collodi, non si faticava a identificarli con il gatto e la volpe. O con l’opossum e la sua nota strategia di fingersi morto per scoraggiare i predatori. Solo che, nel caso dei due, si trattava di un buon modo per schivare lavoro e impegni, infrattandosi al fine di rendersi indivisibili e silenziosi. Il lavoro reclamava attenzione e presenza? Chissenefrega e buonanotte ai suonatori, tanto c’era sempre qualcuno sul quale si poteva, in qualche maniera, scaricare le incombenze. Rosina era nipote di Mario, conosciuto dai più come “il Mario pulito”, uno stradino originario della provincia di Rovigo il quale, mantenendo fede al suo soprannome, aveva sempre e tenacemente operato per ottenere con il minimo sforzo la massima resa dalla sua attività. A differenza di sua moglie Maria che si “tirava nera” a lavorare, lui era diventato famoso per la proverbiale abilità a sdraiarsi ai bordi della strada dove, disteso su un vecchio plaid, allungava le mani nelle cunette per estirpare le erbacce con movimenti tanto lenti quanto studiati. Ben attento a non faticare troppo e a non sporcarsi gli abiti. Se ne accorse anche il vecchio cavaliere Hoffman, pentendosi amaramente di avergli offerto il lavoro di giardiniere nel parco della sua villa. Il buon Mario si sdraiava sotto gli alberi sul finire dell’estate in pigra attesa che le foglie cadessero e solo quand’erano tutte a terra, con una gran flemma, iniziava a raccoglierle, una ad una. E lo stesso in primavera quando, dopo la sosta invernale dove veniva pagato per non far nulla, attendeva che l’erba crescesse fino ai polpacci per rasare il prato con il tosaerba riservandosi tutto il tempo che riteneva necessario. La nipote non poteva certo smentire quell’attitudine perché, come si usa dire, buon sangue non mente. Eppure i due, nonostante tutto, erano simpatici e nemmeno lontanamente paragonabili a Stella, conosciuta come “la gallina Maddalena”, parafrasando una canzone di Roberto Vecchioni. A parte l’idiosincrasia per il lavoro che, forse, poteva accomunarla a Carletto e Rosina ma in una versione molto più acuta, la sua personalità era contorta e poco raccomandabile. Falsa come il peccato di Giuda, cattiva d’animo e terribilmente pettegola, anche lei come la gallina Maddalena si credeva una faraona e ingrassava “senza fare mai le uova”. Piena di se e sempre pronta a cambiar bandiera, tagliuzzava i vestiti addosso al prossimo con la sua linguaccia ma non voleva essere criticata (“io, le cose, non le mando mica a dire… Io, le cose, non le faccio alle spalle. Non è vero che io non abbia mai torto: sono gli altri che non hanno mai ragione”). Quel posto di lavoro per lei era solo un rifugio all’ombra del politico compiacente e lo smart working lo intendeva non come lavoro a distanza ma la maggior distanza possibile dal lavoro che, peraltro, non era in grado di fare a causa dei propri limiti e dell’assenza di un seppur piccolo barlume di volontà. Ma come spesso capita le cose possono cambiare improvvisamente e non è detto che i cambiamenti siano in meglio. Anzi. E così capitò che un giorno finì il suo credito con la fortuna e dovette ridare indietro tutto ciò che aveva ottenuto con intrighi e piccole furbizie. In poche parole, dalla sera alla mattina, la gallina rimase “senza penne sul di dietro”. Ancora una volta quella canzone del grande maestro ritornava quasi fosse una condanna (“Maddalena dei lamenti, che stà lì, che aspetta e spera; Maddalena senza denti, vittimista di carriera; Maddalena dei padroni che van bene tutti quanti: le stanno tutti sui coglioni, però manda gli altri avanti”). Quelli che definiva i suoi santi in Paradiso caddero in disgrazia e per quanto manifestasse la sua disperazione, le toccò andare a lavorare in un fast food. Tra le otto e le dieci ore al giorno a friggere ali di pollo e patatine senza il conforto di un aeratore che funzionasse erano il risultato dell’applicazione della legge del contrappasso per chi, come lei, aveva sempre riso in faccia a chi era costretto a faticare per mettere insieme il pranzo con la cena. E lì la presenza al lavoro era obbligatoria, non facoltativa. Qualche volta capitò che dei conoscenti ai quali aveva riservato in passato le sue attenzioni, delle quali avrebbero fatto volentieri a meno, si fermassero a fare un boccone in quel locale canticchiando “Maddalena, Maddalé, Maddalena dei funamboli: prima c’era e poi non c’è, Maddalena, Maddalé; Maddalena dei tuoi comodi: basta che va bene a te; Maddalena dei pronostici: “io l’avevo detto che…”. Maddalena dei colpevoli: tutti quanti tranne te, Maddalena, Maddalé”.

Marco Travaglini

Alla scoperta dei mercatini di Natale a Torino e in provincia

Il Natale 2025 a Torino e in provincia promette di essere ricco di atmosfere suggestive e di eventi per grandi e piccini. In città, il mercatino di Natale di Piazza Solferino si svolgerà dall’8 dicembre 2025 al 6 gennaio 2026, offrendo ai visitatori casette in legno con prodotti artigianali, dolci tipici e prelibatezze locali, accompagnati da spettacoli e intrattenimenti per tutta la famiglia.

Sempre a Torino, in Via Giovanni Fattori, il 13 e 14 dicembre 2025 si terrà un mercatino natalizio con espositori di artigianato, decorazioni e idee regalo, creando un piccolo villaggio festivo nel cuore della città.

Anche nella provincia torinese il Natale porta con sé mercatini ricchi di fascino e tradizione. Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi (Nichelino), l’evento “Natale è Reale” si svolgerà dal 29 novembre fino al 14 dicembre 2025, con laboratori creativi, il villaggio di Babbo Natale, spettacoli e bancarelle di artigianato per grandi e bambini.

A Susa, nelle giornate del 7 e 8 dicembre 2025, il mercatino “La Magia del Natale” proporrà esposizioni di prodotti locali e artigianali, accompagnate da intrattenimento musicale e animazioni, creando un’atmosfera calorosa e festiva.

A Pragelato, dal 6 all’8 dicembre 2025, il “Mercatino di Natale tra i Larici” offrirà bancarelle artigianali e prodotti tipici locali, immerse nella splendida cornice delle montagne olimpiche, perfetto per chi cerca regali originali e un’esperienza natalizia autentica.

Infine, ad Ivrea, il mercatino natalizio sarà attivo dal 16 novembre al 6 gennaio 2026 nei fine settimana, l’8 dicembre e fino al 21 dicembre 2025. Le casette allestite in Piazza di Città e in Piazza Ottinetti offriranno artigianato, prodotti locali e spettacoli, con luci e decorazioni che animeranno le vie del centro storico rendendo il Natale un’occasione speciale per famiglie e visitatori.

La cultura del caffè approda al Mercato Centrale con Coffee Reload 

Sabato 29 novembre, dalle 10 alle 17.30, piazza della Repubblica celebra il caffè come simbolo di condivisione e convivialità. Una serie di attività e degustazioni consentiranno di conoscere meglio e apprezzare questo prodotto così radicato nella nostra quotidianità. Avrà infatti luogo Coffee Reload, un evento dedicato al mondo del caffè, ideato e organizzato da Fabio Verona per conto di ASA Associazione Stampa Agroalimentare Italiana, con patrocinio di EPAT e ASCOM Torino. Si tratta di un’opportunità unica per esplorare un settore in continua evoluzione e promuovere un dialogo interattivo tra professionisti, aziende e aappassionati di questa bevanda. Il profumo avvolgente del caffè diventerà protagonista indiscusso di un’esperienza unica, dove torrefazioni, esperti e appassionati si uniranno per condividere aromi, racconti e idee innovative. I visitatori intraprenderanno un vero e proprio viaggio sensoriale che partirà dal chicco e approderà alla tazzina, attraversando le fasi di infusione  che vanno dalla moka all’espresso, senza trascurare le ultime tendenze nel settore del bar.

Coffee Reload si caratterizza per un programma ricco e variegato tra talk, degustazioni e masterclass per scoprire la cultura del caffè nelle sue molteplici sfaccettature. Al piano terra ci si potrà immergere nella cultura del caffè, con la presenza di IVCA International Woman Coffee Alliance, che presenterà le storie delle donne nel settore. Gli ospiti potranno assistere a dimostrazioni dal vivo di IPA Porcellane “su come nasce una tazzina” e gustare drink esclusivi, realizzati da antiche distillerie Vincenzi, in collaborazione con Affini, con il primo Gin alla cascata al mondo e drink NOLO. Un’esperienza da non perdere presso l’Emporio Sabaudo. Salendo al primo piano, l’arte si intreccerà con la cultura grazie alla collaborazione con la libreria Luxemburg e le opere di Bruno Casetta. La moka sarà al centro di un’area dedicata, mentre Luciano Iamonte condurrà masterclass sulla tostatura. Non mancheranno interazioni con gli specialisti della Latte Art, e approfondimenti sul caffè monoporzionato. Al secondo piano, il Roaster Village offrirà degustazioni gratuite dei migliori Speciality Coffee, seguito dalla finale nazionale del Campionato di Macinatura, che sicuramente promette di entusiasmare gli amanti del caffè. A partire dalle 10.30, si svolgerà l’incontro dal titolo “Le istituzioni si confrontano”, dedicato al mondo del caffè, con l’obiettivo di promuoverne il consumo di qualità. Sotto la moderazione della giornalista Piera Genta, coordinatrice nazionale ASA, diversi esperti si confronteranno su valori, esperienze e innovazioni del settore, inclusi i rappresentanti del Comune di Torino e i rappresentanti del caffè. Alle 12 il focus si sposterà su “Cucina e caffè”, approfondendo il ruolo del caffè nelle ricerche gastronomiche e analizzando le opportunità legate al suo utilizzo nel mondo dei ristoranti. Anche in questo caso Piera Genta guiderà la discussione, mentre sarà offerta la degustazione di una ricetta a base di caffè, con posti limitati. Alle 14 vari esperti si alterneranno sulla questione che riguarda il valore etico, moderati da Monica Di Martino. Alle 15 si terrà l’incontro su “Il caffè in pasticceria(oltre al tiramisù)” con la moderazione della direttrice di Pasticceria Internazionale Livia Chiriotti. Infine, alle 16, si concluderà la giornata con l’incontro con medici e professionisti su “Gusto, olfatto e interazioni tra caffè e dolci”, condotto da Piera Genta.

Coffee Reload pone in connessione il settore professionale del grande pubblico, stimolando conversazioni su temi fondamentali quali il consumo consapevole, la sostenibilità e nuovi modi di vivere l’esperienza del caffè. Si tratta di un invito a riscoprire i piacere di un caffè ben preparato, sorretto da una sinfonia di aromi che stupiscono e ispirano. Durante l’evento, gli studenti dell’istituto alberghiero Immaginazione e Lavoro parteciperanno attivamente alle masterclass, affiancati da esperti del settore.

Sabato 29 novembre – piazza della Repubblica – Mercato Centrale – dalle 10 alle 17.30

Mara Martellotta

L’imbarazzante presentazione…

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File di lampadine illuminavano la festa. I tavoli e le panche di legno, per l’occasione, erano stati rimessi a nuovo da Bepi Venier. Ripuliti, passati meticolosamente con la spessa carta vetrata e tonificati con una mano abbondante di essenza di trementina e poi di coppale, una resina dura, traslucida, delicata d’odore

La scelta del colore, un bel marrone carico, non era stata dettata da ragioni estetiche ma dalla necessità: erano le uniche due latte di vernice che Aquilino Bonello era riuscito a recuperare gratis da un suo vecchio cliente. Dunque, di necessità si fece virtù. La cucina, protetta da una struttura in tubi Innocenti, era stata montata su di un pavimento in mattonelle di ceramica posato da Teresio che in gioventù si era distinto come onesto artigiano piastrellista. Mariuccia era stata nominata, con il consenso di tutti, comandante in capo per le operazioni di cucina. Insieme a due amiche, Luisella e Adelaide, e a tre aiutanti a far da garzoni aveva predisposto un piano di battaglia adeguato. “Mettere insieme pranzo e cena per un oltre un centinaio di commensali per volta non è semplice”, ripeté per giorni, facendosi pregare. Maria era fatta così. Le piaceva fare la preziosa ma era solo scena; in fondo era ben contenta di farsi in due per la buona riuscita della prima festa dei pescatori del lago di Viverone, al campo sportivo di Azeglio. Lo specchio d’acqua dolce era il terzo lago più grande del Piemonte, situato tra l’estrema parte nord-orientale del Canavese e  e l’estrema parte meridionale del Biellese. E quella festa era davvero molto importante. Così come il contributo di Maria. La sua era una presenza indispensabile. Senza i suoi consigli e, quando capitava, senza il suo tocco, non ci sarebbero state quelle cene a base di pescato del lago che ogni mese venivano organizzate all’Osteria del Coregone Dorato. Nell’occasione aveva deciso di chiudere per tre giorni il locale, trasferendosi alla festa. Gran cuoca, dal cuore generoso e senza un’ombra di avarizia, non vedeva l’ora di poter raccontare a tutti i segreti della sua cucina. Immaginiamo che possa apparire come una stranezza, visto e considerato che i cuochi, di norma, sono gelosissimi dei loro segreti. Ma la nostra Maria  era convintissima di un fatto: a fare la differenza non erano solo ingredienti e tecniche ma il tocco, lamano. E su quello non temeva confronti. Un esempio, così a caso? La scorsa settimana, mentre si parlava del più e del meno, ci disse a bruciapelo: “Volete sapere come si fa la pastella per la frittura delle alborelle?” Non abbiamo fatto in tempo ad aprir bocca  che stava già declinando la ricetta. “Dovete versare in una terrina duecentocinquanta grammi di farina. Ci aggiungete due cucchiai di olio extra-vergine di oliva  e un pizzico di sale fino. Versate a poco a poco un bicchiere di birra chiara. Fatelo molto lentamente, sbattendo man mano con una forchetta, così evitate che si formino grumi. Con una quantità d’acqua sufficiente, a occhio, si ottiene una bella crema. Sapete montare gli albumi a neve? Bene. Ce ne vogliono sei. Quando sono pronti, li aggiungete alla pastella, mescolando ben bene dal basso verso l’alto. A questo punto non vi rimane che passarci i pescetti prima di tuffarli nell’olio bollente”. Tirò il fiato solo al termine della lezione,servendoci un gran piattone di quelle prelibatezze poichè Maria, mentre parlava, cucinava.

Gli architravi della nostra organizzazione, oltre a lei, erano Duilio e Giurgin. Per la scelta del vino occorreva un intenditore. Chi meglio di Jacopo di Piverone poteva vantare competenza e passione? Marcato stretto, evitando che si perdesse via in troppi assaggi, indicò nel vino da tavola di un produttore di Carema il migliore in assoluto. “Questo va bene per tutti i palati, anche per quelli più esigenti”, sentenziò, accompagnando le parole con un sonoro schiocco della lingua. Occorreva però una padella bella grande, larga quanto le braccia di Goffredo. Ma a questa aveva pensato Tomboli, che di nome faceva Mariano, operaio in un’impresa artigiana. L’aveva costruita un po’ per volta, sfruttando la pausa del pasto di mezzogiorno. Svuotata con quattro avide cucchiaiate la minestra della schiscèta, si metteva al lavoro. Batteva la lastra, ripiegando il metallo per ottenere un bordo abbastanza alto da non far schizzare fuori l’olio. Il fondo era doppio, robusto. Sul manico, saldato alla padella, aveva applicato un’impugnatura di legno, fissata con quattro viti. Per friggere i pesci in quantità era una cannonata. Se quella di Camogli rimaneva la padella per la frittura di pesce più grande d’Italia, quella di Mariano è la più capiente e robusta del lago di Viverone. Oreste si è fatto avanti per averne una uguale ma Mariano non aveva sentito ragioni. “Paganini non ripete. Non è questione di soldi o di tempo. E’ che una volta fatta una padella così, con tutta la passione che ci ho buttato dentro, non credo di poterne fare una uguale. Per non far brutta figura, rinuncio”. Così, tra mega padelle e tanta buona volontà, la festa di Azeglio si aprì con un successo da non credere: tanti, tantissimi in coda per le razioni di frittura dorata, sfrigolante nell’olio d’oliva. Gli amanti del pesce non avevano che l’imbarazzo della scelta, degustando alborelle, trote, salmerini, tinche, carpe, persici, lucci e soprattutto gli immancabili coregoni impanati e fritti, marinati in carpione, proposti in umido con le verdure e il bagnetto. Come tutte le associazioni che si rispettino, anche la Società Pesca Libera Lago Viverone – dall’impronunciabile e scivoloso acronimo SPLLV – aderiva ad un organismo che di tutela e rappresentanza come la Fips, la federazione della pesca sportiva. Così, nell’intenzione di fare le cose per bene, venne invitato il delegato provinciale, un tal Giampiero Nuvoloni di Chivasso, per un saluto.

Il delegato, un omone di oltre cento chili, dal colorito rubizzo e con una imponente zazzera di capelli sale e pepe, si presentò puntuale. Gli avventori riempivano i tavoli e in gran numero stavano già onorando la cucina di Maria. Lui, guardandosi attorno compiaciuto, si avviò verso il microfono con Giurgin , al quale era stata affibbiato l’incarico di cerimoniere. Schiarita la voce con un colpo di tosse, accingendosi a presentare il dirigente della Fips, Giurgin iniziò a sudar freddo. Si era scordato il nome di quest’omone che, alle sue spalle, pareva incombesse su di lui, basso e mingherlino, con tutta la sua mole. Un vuoto di memoria improvviso e imbarazzante. Come diavolo si chiamava? Nugoletti, Nivolini, Nuvolazzi? Oddio, che guaio. Che fare, a quel punto? Non aveva alternative. Decise di stare sul generico e quindi, con tutte le buone intenzioni, provò a dribblare la difficoltà del momento, pronunciando poche ma decise parole: “Amici, cittadini, pescatori. E’ un onore ospitarvi e un privilegio dare la parola al.. mio didietro”. Le risate, soffocate a malapena, si sprecarono. Il Nuvoloni, che si trovava alle  spalle del povero Giurgin, si ritrovò in mano il microfono. Rosso in volto e schiumante di rabbia, lo avvicinò alla bocca quasi volesse morderlo o mangiarlo. L’altoparlante gracchiava di brutto e questo non aiutò la comprensione. Chi poté udire le parole dell’iracondo delegato Fips giurò in seguito che non fu un discorso particolarmente memorabile. Comunque, dopo meno di cinque minuti, il signor Giampiero, scuro in volto come il lago durante una tempesta, restituì il microfono e se ne andò, incavolato nero, senza guardare in faccia nessuno. Giurgin, affranto, piagnucolava: “Non l’ho fatto apposta. Ero in pallone e mi è venuta fuori così”. La sensazione che tutti ebbero era che, per un bel po’, difficilmente si sarebbe ancora visto da quelle parti il Nuvoloni e, molto probabilmente, anche gli altri della Fips. La festa azegliese, comunque, finì in gloria e allegria, consolando Giurgin con un allegro e chiassoso “prosit”!

Marco Travaglini

La Perla di Torino,  regalo goloso:  “Ho fatto l’albero!”

Sabato 13 e domenica 14 dicembre La Perla di Torino riapre le porte del suo laboratorio per l’evento più magico del Natale “Ho fatto l’albero!”. Si tratta di un workshop rivolto al pubblico  di tutte le età, durante il quale sarà possibile decorare e personalizzare un albero di cioccolato con i consigli dei maestri cioccolatieri dell’azienda. Per il terzo anno consecutivo torna “Ho fatto l’albero!”, il laboratorio natalizio pensato per far vivere a grandi e piccini una autentica immersione nell’atmosfera delle Feste. Durante l’esperienza, ciascun partecipante potrà decorare un goloso albero di cioccolato, dando spazio alla fantasia. Si tratta di un’occasione unica per realizzare con le proprie mani un regalo di Natale personalizzato e sorprendere le persone più care. Ogni partecipante avrà a disposizione un kit comprendente l’albero di cioccolato del gusto scelto in fase di registrazione, tra fondente, al latte, al pistacchio e vegano, camice, cuffia e calzari per entrare in laboratorio, sac a poche per la lavorazione, speciale incarto per l’albero, confezionato a mano dal team La Perla di Torino.

“Ho fatto l’albero!” si svolgerà nel laboratorio dell’azienda in via Lungo Dora Colletta 81, a Torino.

Per partecipare è necessario prenotarsi al link https://www.laperladitorino.it/shop/visite/ho-fatto-lalbero/ selezionando il numero di persone, il giorno e la fascia oraria.
Durata dell’evento: 90 minuti
Info: 0112482149 – info@laperladitorino.it

Mara Martellotta