Eros Pagni interpreta il testo di Thomas Bernhard
È stato definito magnifico Eros Pagni nella sua interpretazione del testo “Minetti”, con sottotitolo “Ritratto di un artista da vecchio” di Thomas Bernhard, diretto da Marco Sciaccaluga e in scena al teatro Astra fino al 15 febbraio prossimo. Rappresentato per la prima volta nel 1976, Minetti è un testo costruito intorno alla figura di Bernhard Minetti (1905-1998), attore tedesco nato da genitori italiani immigrati in Germania, ritenuto uno dei più efficaci interpreti teatrali della seconda metà del Novecento. La piece ruota intorno a una riflessione appassionata sul ruolo dell’arte e, in particolare, del teatro, ma ancor più di quello dell’attore nella società. Nel cercare di dare una risposta, l’autore lega il comico al tragico in modo indissolubile, la realtà a una dimensione prepotentemente onirica. Nella notte di San Silvestro, complice l’infuriare di una tempesta, Minetti indugia nella hall di un hotel nella cittadina atlantica di Ostenda, dove attende l’arrivo di un direttore di teatro che vuole riportarlo sulla scena nel ruolo di Re Lear, dopo un suo allontanamento dalle scene di 32 anni. Nell’attesa parla di sé e della propria arte e, durante questo flusso di coscienza, si rivolge al personale dell’albergo (Marco Avogadro e Nicolò Giacalone) e anche a una signora dall’aria disincantata (Federica Granata) e a una ragazza in attesa del suo fidanzato (Daniela Duchi) L’allestimento diretto da Marco Sciaccaluga fa riemergere nella memoria il ricordo vivido di un altro spettacolo, Hotel Paradiso, della compagnia Familie Flotz.
Mara Martellotta
Teatro Astra, via Rosolino Pilo 6
Sabato ore 19, domenica ore 18
Info 0115634352
dell’Unione Musicale: Salvatore Accardo sarà al Conservatorio di Torino domenica 19 febbraio
Chi siamo, cosa vogliamo, qual è il senso della vita? Le risposte le trovate in “Qualcosa” (Longanesi), l’ultimo libro di Chiara Gamberale che l’ha presentato al Circolo dei lettori di Torino, città a cui è legata da un feeling speciale
«Sognavo di trasferire i miei temi in un mondo come quello del “Piccolo Principe” o del “Visconte dimezzato” di Calvino”, per renderli ancora più chiari. Perché in un libro del genere la scrittura ti chiama a non sbrodolare» ci dice: «universi immaginati in cui poter chiamare le cose col loro nome: come il “troppo” della protagonista o i pretendenti ”il conte sempre triste”, “il duca sempre indignato”…e via così. Qui c’è tanta verità sul vuoto interiore e sulla fuga da noi stessi, argomenti ricorrenti nei miei libri, ma che qui sono presi di petto».
L’ amore: per lei cos’è e qual è la dichiarazione più bella?
e molto ricca della promozione, importantissima perché, come adesso, incontro i miei lettori che sono fondamentali. Mentre per scrivere mi ritiro, in genere su isole. Per “Qualcosa” sono stata 3 mesi in quella greca di Milos, affascinante ma certo non mondana».
“Santuari à répit. Il rito del “ritorno alla vita” o “doppia morte” nei luoghi santi delle Alpi”, di Fiorella Mattioli Carcano (Priuli & Verlucca editore) è un libro importante, frutto di una originale e impegnativa ricerca condotta dalla presidente dell’associazione storica “Cusius” sui “santuari del ritorno alla vita”
storiografiche su questi santuari, descrivendo lo svolgimento del rito, i luoghi dove avveniva e l’atteggiamento tenuto dalla chiesa. Nel “rito della piuma” il piccolo defunto veniva steso su un altare dedicato alla Madonna alla presenza di un medico o di un’ostetrica che potesse attestarne il ritorno alla vita, seppure per un breve istante: da un sospiro (répit) che facesse vibrare una piuma posta fra le labbra o da un rossore delle guance.In quell’attimo fuggente, il “resuscitato”veniva battezzato dal prete per ri-morire immediatamente dopo. Alla presenza di un
notaio, veniva redatto l’atto pubblico utile alla sepoltura in terra consacrata. I santuari del ritorno alla vita sono piuttosto rari in Italia, ma le Alpi occidentali ne annoverano diversi, soprattutto nei territori colonizzati dalle popolazioni Walser, a ridosso del Monte Rosa tra la Valsesia e l’Ossola. Il bel saggio della storica Fiorella Mattioli Carcano , oltre a esplorare questo rito sotto tutti i punti di vista, offre un censimento dei santuari destinati al “répit” sull’arco alpino piemontese, dalle alpi Marittime alla Val Susa, dalle valli aostane alle alpi Pennine e Lepontine, con un intero capitolo dedicato ai luoghi di culto della Diocesi di Novara, una delle più vaste d’Italia.
Lo sport a teatro come metafora per raccontare la vita, il superamento dei propri limiti, delle proprie paure. Lo sport come pretesto per calarsi in un racconto di pura epica moderna e per entrare nel vivo della Storia da una porta secondaria
imperfette”, tratto dall’omonimo romanzo di Emiliano Poddi. In scena ci sarannoGiovanna Rossi, Enrico Dusio, Gianluca Gambino con Carlo Roncaglia (che cura anche la regia) alla voce e piano. I costumi ed elementi scenici sono di Carola Fenocchio e disegno luci e fonica diAndrea Castellini.I protagonisti sono Saša Belov e Kevin Joyce. Due ragazzi all’inseguimento di un sogno: vincere la medaglia d’oro del basket alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Uno si è allenato all’ombra della statua colossale della Grande Madre Russia a Stalingrado, l’altro sui campetti di cemento tra i grattacieli di New York. Due squadre. Due mondi contrapposti. Due culture. Usa contro Urss. Una partita che sarà per sempre legata ai tre secondi più leggendari,
contraddittori e ingarbugliati della storia dello sport. Ma Monaco ’72 è anche la scena di una strage spaventosa: undici atleti israeliani cadono sotto l’attacco terroristico di Settembre Nero. Un lutto che deve essere riassorbito in fretta, proprio per fare spazio alla sfida fra le due superpotenze. Molti anni dopo, in un cimitero di San Pietroburgo, Kevin Joyce e Saša Belov sono di nuovo l’uno di fronte all’altro: Kevin con addosso il peso degli anni e di una sconfitta impossibile da accettare; Sasha giovane per sempre e per sempre innamorato di Sonja, la giovane donna che non è riuscita a salvarlo dal suo stesso trionfo. “Le vittorie imperfette” è uno spettacolo che alterna epica sportiva e racconto intimista, canzoni americane e ninne nanne russe, tragedia e spigliata commedia d’amore. Una storia in cui il palleggio echeggia come il battito del cuore.
La storia degli Alpini in generale, di quelli appartenenti al Battaglione Intra in particolare, è ancor oggi viva nella memoria dei pochi protagonisti sopravvissuti alla seconda guerra, ma anche dei figli, nipoti e di tutti quelli che in qualche modo ne hanno ereditato vicende ed emozioni

vicissitudini più difficili in Grecia , Albania e Jugoslavia”. “Hanno patito la fame: mangiare? Era un’ossessione! Da entrambe le parti, bisogna ammetterlo, ci sono stati rappresaglie e crimini di guerra.” Ha spiegato infine Agostino Roncallo, concludendo la serata “in pratica gli Alpini sono stati poi abbandonati a sé stessi l’8 settembre 1943: dopo la Liberazione, parte di loro saranno liberi, altri diventeranno partigiani, altri ancora saranno costretti ad andare in Germania”.
Debutta al teatro Regio di Torino mercoledì 15 febbraio, alle 20, l’opera di Leos Janacek “Katia Kabanova”, a quasi cento anni dalla sua composizione, in tutta la sua bellezza. L’opera è sicuramente uno dei capolavori più intimi del musicista, che è stato uno dei più originali di tutti i tempi, capaci di prendere le mosse dalla realtà sociale e linguistica morava, nella quale era nato e cresciuto, per creare gli intrecci più disparati dell’opera europea fin-de-siecle, dal genere eroico rappresentato da “Sarka”, al fantastico ( “La volpe astuta”), fino alla suspense modernista intrisa di magia de “Il caso Makropoulus”. Janacek è stato, comunque, un compositore sempre attento a immettere nel proprio teatro e musica i tratti di aderenza alla realtà, che sono stati tra le caratteristiche fondamentali degli scrittori russi dell’Ottocento, da Dostoevskij a Ostrovskij, drammaturgo caro anche a Cajkovskij e da cui Janacek trasse il soggetto per l’opera “Katia Kabanova”.
sull’adulterio di una donna romantica, che non riesce a sopportare un ambiente gretto a lei ostile. Il debutto, avvenne il 21 novembre 1921, al teatro Nazionale di Brno, e riscosse un successo straordinario. 



I GIARDINI DEL MAO. Il muschio e la sabbia: