CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 85

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

 

 

 

Fosco Maraini “L’isola delle pescatrici” -La nave di Teseo- euro 20,00

Fosco Maraini, fiorentino di nascita nel 1912, cittadino del mondo e cosmopolita, per vocazione fu: antropologo, etnologo, archeologo, orientalista, viaggiatore, fotografo, alpinista e scrittore. Bilingue, ha studiato svariati idiomi, e si è mosso agilmente tra molteplici discipline, tutte volte a conoscere più a fondo “l’altro”, anche attraverso lunghe osservazioni sul campo.

Le sue esplorazioni iniziano negli anni Trenta -prima meta l’Oriente- e lo condurranno ad ogni latitudine del pianeta.

Nel 1954 parte alla volta di una minuscola isola del nord Giappone, Hèkura, dove incontra e si ambienta tra gli Ama, figli delle onde, piccola comunità che vive in isolamento e in simbiosi con il mare che la circonda e ne detta i ritmi di vita.

Da quella esperienza nasce il libro “L’isola delle pescatrici” e una mostra ospitata dal Mao di Torino, anni fa, dal titolo “L’incanto delle donne del mare”.

Maraini raccontò il mondo delle donne Ama, appartenenti al gruppo etnico di pescatori che viveva nelle isole Hèkura e Mikuria, al largo delle coste occidentali del paese del Sol Levante. La pesca del mollusco Awabi era la loro principale fonte di sostentamento e reddito, praticata nei mesi estivi. Tradizionalmente era affidata alle donne giovani e atletiche che, coperte dal solo kuroneko (perizoma) -in cui infilavano la lama ricurva- si tuffavano in mare. Con infinita grazia e notevole resistenza raggiungevano i fondali, staccavano i molluschi dalle rocce, poi risalivano in superficie per depositarli in grande ceste.

Maraini si immerse con loro in apnea fino a 20 metri di profondità scattando infinite foto; una trentina sono quelle superstiti (su 45 negativi trovati, 15 erano irrimediabilmente danneggiati). A testimoniare l’imponente lavoro documentaristico, realizzò anche il primo documentario- reportage subacqueo, superando un ostacolo non da poco.

All’epoca infatti in Giappone non esistevano attrezzature per le riprese sott’acqua e lui, geniale e cocciuto -sulla scorta della sua esperienza alle isole Eolie- si fece costruire in loco un apposito scafandro per la cinepresa ed uno per la fotocamera. Dobbiamo alla sua tenacia il cortometraggio, a lungo dato per disperso, poi ritrovato e restaurato.

Armonia e bellezza sono i primi flash emotivi di fronte alle immagini e descritte nelle pagine del diario-libro di Maraini. Testimonianze preziose di un mondo scomparso; oggi resistono alcune anziane Ama, ma usano attrezzature moderne e l’incanto non è più lo stesso.

E’ immensa la produzione di Fosco Maraini, ma se volete penetrare nel suo mondo e nel suo pensiero il suggerimento è quello di leggere il suo bellissimo romanzo:

 

Fosco Maraini “Case, amori, universi” -La nave di Teseo- euro 25,00

Libro monumentale con protagonista Clé, alter ego dell’autore che narra in terza persona e compone questo romanzo autobiografico in cui c’è l’esperienza incredibile della sua vita.

Introdotto dalla prefazione della figlia Dacia Maraini, il testo riannoda le fila della vita di Fosco, tra pensieri, emozioni più intime e scorci di vita privata e affettiva; ma anche un crogiolo di avventure, scoperte, la traumatica esperienza nel campo di concentramento giapponese in cui fu imprigionato insieme alla famiglia.

Riassumerlo è assolutamente impossibile, ma leggerlo è consigliato perché è testimonianza di un destino come ce ne sono pochi, del quale resta l’incanto anche a distanza di tanti anni dalla sua morte, avvenuta nel 2004.

Fosco Maraini con la sua personalità poliedrica ottenne successo e fama internazionale in più campi: «Tutto voleva vedere, capire, smontare, svitare, penetrare» così si racconta nel personaggio suo alter ego, Clé.

Abile nell’entrare in sintonia con culture diverse, aveva anche il dono di immortalare e raccontare mondi nell’attimo del loro tramonto. Sempre nel posto giusto, al momento giusto.

Come quando in Tibet fu uno dei 4 occidentali a poter visitare i templi che oggi non ci sono più. O in Giappone quando seppe interpretare gli ultimi tuffi delle donne Ama e strepitoso fu il successo del suo “L’isola delle pescatrici” pubblicato nel 1960, poi diventato introvabile fino ad oggi.

 

 

Daniel Glattauer “Nuotare, fluttuare, volare” -Feltrinelli- euro 18,00

Questo oltre che romanzo è anche una critica sociale e denuncia delle tragiche situazioni di emarginazione e disagio di un’ampia porzione di popolazione mondiale. Non è un caso che Glattauer, nato a Vienna nel 1960, oltreché abile scrittore sia anche giornalista che si è occupato di cronaca giudiziaria a lungo, dunque sa di che cosa si parla.

Due famiglie borghesi di Vienna decidono di regalarsi una vacanza in una bellissima villa toscana: 4 adulti e 4 figli che sognano una piacevole pausa vacanziera di puro ozio. I Binder sono famosi produttori di vino. L’altra coppia, gli Strobl-Marinek, è composta da Oscar, accademico borioso, ed Elisa, politica ambientalista alla ribalta. La loro figlia adolescente, Sophie Luise, porta come ospite la compagna di classe, Aayana, di nazionalità somala, rifugiata in Austria. Il fatto che non sappia nuotare è all’origine della tragedia che la vede affogare in piscina, senza che nessuno se ne accorga.

Da questa morte e da come viene gestita dai due nuclei familiari detona la trama del romanzo che è difficile da definire. In parte vertenza legale di risonanza mediatica, responsabilità disattese, sensi di colpa, dinamica del mortale incidente, social e loro deriva, razzismo, indifferenza, compassione e la difficile definizione dei confini del concetto di libertà.

 

 

Catherine Lacey “Biografia di X” -BigSur- euro 20,00

E’ il quarto romanzo della scrittrice americana che qui si cimenta nella ricostruzione della vita di un personaggio che non è mai realmente esistito. Voce narrante è quella di CM Lucca, giornalista, vedova di X, morta nel 1996, forse l’artista americana più importante e misteriosa.

Tutto il romanzo è il tentativo di restituire all’amore della sua vita la giusta dimensione nel panorama del XX secolo. Salvo scoprire, strada facendo, che della sua compagna, di fatto, sapeva molto poco. E sorge spontanea la riflessione: quanto conosciamo davvero e a fondo le persone che sposiamo?

Cm, rimasta vedova, all’inizio vive tutto lo smarrimento del vuoto lasciato da chi amava e non c’era più.

La loro relazione era stata connotata dalla grande dipendenza affettiva di CM che aveva finito per annullarsi per X.

CM Lucca – giornalista di talento, vincitrice di un Premio Pulitzer- aveva abbandonato la carriera e l’ex marito per vestire i panni della bistrattata assistente di X, la quale faceva il bello e brutto tempo a seconda dei suoi chiaro-scuri umorali.

CM tenta di stemperare il dolore ricostruendo il passato della moglie, tra viaggio metaforico e reale.

La sua ricerca ricostruisce passo dopo passo, la figura poliedrica di X, caratterizzata da infinite sfaccettature. Eclettica, rivoluzionaria, iconoclasta che aveva spaziato dall’arte performativa alla musica, autrice di romanzi di straordinario successo. Il suo destino aveva incrociato le traiettorie delle personalità artistiche americane e della cultura mondiale più importanti.

E Catherine Lacey ci trascina in un romanzo simulacro intrigante, a tratti complesso, denso di riferimenti storici, citazioni, personaggi. Un romanzo totalizzante che è divorante ossessione per chi l’ha scritto.

 

Helen Wolff “Paesaggio per amare” -Marsilio- euro 17,00

Helen Wolff è nata come Helene Mosel, a Skopje, nel 1906, da genitori di lingua tedesca; non divenne mai scrittrice, ma fu un’importante editrice. A New York, in esilio, nel 1942 fondò con il marito Kurt la prestigiosa “Pantheon Books”, che pubblicò i testi di autori del calibro di Simenon, Günter Grass, Calvino e Amos Oz, e molti altri.

Helen Wolff morì nel 1994 e nelle disposizioni testamentarie ingiunse agli eredi di bruciare o buttare via senza leggere tutte le sue carte. Eppure “Paesaggio per amare” è il breve romanzo autobiografico, ambientato in Costa Azzurra nel 1932, e fu pubblicato la prima volta in Germania nel 2020, 26 anni dopo la morte dell’autrice.

Narra la travagliata storia d’amore con un uomo affascinante quanto egocentrico, sullo sfondo di atmosfere intrise dello charme tra le due guerre del Novecento.

Emergono dettagli di una lunga e intensa estate tra Mentone, Montecarlo e Saint Tropez. Al centro la liaison tra una giovane fanciulla, dai tratti androgini, che viene irresistibilmente attratta dal maturo editore 40enne.

Grande protagonista è anche l’amore per la libertà e i paesaggi del Midì francese: i suoi colori, profumi, paesaggi, il mare e i cieli spazzati dal Mistral. Luoghi e ambientazione così distanti dal declino della Germania che in quegli anni fu la polveriera che fece deflagrare il mondo.

Bolaffi, asta autunnale di design

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Appuntamento martedì 19 novembre allo Spazio Bolaffi a Torino (corso Verona 34/D) con l’asta autunnale di design che propone un catalogo di oltre 420 lotti provenienti da importanti committenze private. Si va dagli anni Venti del Novecento, con Giacomo Cometti, ai giorni nostri. Tra i nomi di spicco figurano Franco AlbiniGae Aulenti e Gaetano Pesce, quest’ultimo presente con diversi lavori, tra cui la sedia in resina con macchie multicolore “Nobody’s perfect” in serie limitata per Zerodisegno del 2003 (lotto 416, base d’asta 2.400 euro).

Tra gli altri top lot del catalogo vi sono il tavolo basso scultoreo in legno e vetro in serie limitata degli artisti torinesi Nerone Ceccarelli e Giancarlo Patuzzi-Gruppo NP2 323 (lotto 323, base d’asta 9 mila euro), la rara poltrona “Giro” di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Gavina (lotto 84, da 2 mila euro) e alcuni lavori di Ettore Sottsass, di cui è proposta una corposa selezione di arredi, come il celebre specchio luminoso “Ultrafragola” (lotto 350, da 4 mila euro) e la rara cornice per Poltronova (lotto 89, da 1.800 euro), e di ceramiche, tra cui si segnala il raro vaso “a fischietto” per Il Sestante (lotto 163, base 1.500 euro).

Molte, infine, le curiosità, come le poltrone anni Sessanta “Kingstone” di William Plunkett (lotti 135, 136, basi 1.200 e 900 euro) e il grande espositore dello storico negozio di abbigliamento torinese “L’Esploratore azzurro” arredato da Toni Cordero (lotto 398, base 3.500 euro).

SFOGLIA IL CATALOGOwww.astebolaffi.it/it/auction/930

Rock Jazz e dintorni a Torino: La Rappresentante di Lista e Peppe Barra

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Allo Spazio 211 sono di scena i TILT: Tapir!

Martedì. Al Jazz Club si esibisce il Clarissa Duo.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona la Banda Bondioli. Al Blah Blah sono di scena

Lucy Kruger & The Lost Boys. Al Jazz Club The Chicago Blues Jam !. Al teatro Concordia

suonano i Santi Francesi. Al Teatro Colosseo arriva Peppe Barra.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour si esibiscono i Discoverland con Niccolò Fabi.

Alla Divina Commedia tributo a Enrico Ruggeri eseguito dagli Oggetti Smarriti. Al Folk Club

suona il gruppo di Thom Chacon. All’Osteria Rabezzana omaggio a Fabrizio De Andrè

eseguito dall’ensemble: Trail Dire e il Faber. Al Jazz Club suona la Edn Band. Al Cafè Neruda

tributo a Wes Montgomery & Jimmy Smith a cura del trio di Max Gallo.

Venerdì. Al teatro Concordia di Venaria si esibisce La Rappresentante di Lista. Al Blah Blah

suonano: Quasimacchine, Ezekiele, Varylem. Al Magazzino sul Po si esibisce Paolo Angeli.

Al Jazz Club concerto degli: One Blues For Jimi.

Sabato. Al Blah Blah suonano: Aldo, Onders, e Vea. Allo Spazio 211 si esibiscono i The Winstons.

Al Jazz Club sono di scena i Sandera.

Domenica. All’Off Topic suonano i Manitoba.

Pier Luigi Fuggetta

Gli occhi bendati della Giustizia nel racconto di Clint Eastwood

A 94 anni il regista ancora dietro la macchina da presa

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

La prima immagine – ricorrerà ancora dopo – di “Giurato numero 2” sono i piatti della sempiterna bilancia e gli occhi bendati della Giustizia che da secoli dovrebbe governare il mondo, quella Giustizia che oggi, sullo schermo, sta saldamente nelle mani del vecchio Clint Eastwood – classe 1930 – che non molla la presa, l’afferra anzi con la grinta di un giovane e più che assennato autore e, arrivato alla 41ma fatica, come Ulisse tornato a casa infila con l’arco e la freccia di una alta professionalità un altro anello della sua lunghissima carriera. Confidando appieno nella già più che solida sceneggiatura di Jonathan Abrams, retta a srotolare ad ogni momento impeccabili dialoghi e giravolte narrative e personaggi di contorno con invidiabile precisione, il vecchio Clint (qualcuno ha già parlato, con questa ultima prova, di “addio al cinema”: ma chi è pronto a scommetterci con tutta la grinta che gli si legge in faccia e all’opera?) inquadra la vicenda del giovane James che l’opinione pubblica e l’avvocata dell’accusa soprattutto, in spavalda scalata all’ufficio di procuratore distrettuale, già danno colpevole dell’omicidio della compagna, ancor che tutto cominci, lui che ha precedenti per spaccio e da sempre carattere iroso, dopo un alterco in un bar conclamato a ognuno, la vittima uccisa sul ciglio di una strada, travolta da un’auto.

Sull’altro lato, Justin Kemp, giovanissimo papà in attesa e stracolmo di premure, un amore di moglie con non poche paure da accudire, un passato di alcolista ormai del tutto dimenticato, per la legge degli States (siamo a Savannah, in Georgia) scelto a essere il giurato numero 2 nel processo da cui dovrà uscire un verdetto per il colpevole James. Tutto sembra sin troppo facile, sino al momento in cui Justin, nel racconto di testimonianze e indizi, ricorda quella sera di alcuni mesi prima quando al ritorno a casa credette di aver investito con la sua macchina un animale, in tutto il buio della notte, ben visibili i segni dell’incidente. Lampi, flashback che impongono certezze. Come dietro un velo squarciato, c’è il complesso di colpa che cresce a ogni istante e una coppia che sarà presto famiglia da sostenere, c’è la volontà e la cura di raggruppare attorno a sé, lui solo nella propria idea di innocenza, con ogni dubbio e con ogni sentimento recalcitrante, tutti i propri compagni – ritorna alla mente “La parola ai giurati” di Sidney Lumet. Qualcuno immediatamente si ravvede, i molti restano arroccati sulle proprie conferme, mentre difesa e accusa incrociano le spade tra un interrogatorio e un sorriso più accomodante davanti al bancone di un bar. Possibile che – ancora una volta? – giustizia e verità abbiano a coincidere, possibile tacere pensando ad un innocente richiuso per il resto dei suoi giorni all’interno di un istituto, che cosa dovrà prevalere mentre Justin accarezza quel bambino ormai nato?

Un film di parole e di lunghi silenzi e di sguardi che vogliono dire molto, come quello che incrocia il protagonista quando qualcuno andrà a bussare alla porta di casa sua: nell’attesa che lo spettatore si costruisca, ancora con domande ancora con risposte, la storia dell’immediato domani. “Giurato numero 2”, solido quanto autentico dramma chiuso nelle aule di un tribunale, che s’allontana con un attimo di respiro all’esterno con la fotografia manichea di Yves Bélanger, è l’intricarsi di un confronto generale – con tutta la debolezza di qualcuno: “dobbiamo chiudere la discussione, ho tre figli che mi aspettano a casa” – con l’interrogativo di un uomo, è il sempre più pressante avvicendarsi di mille sospetti disseminati con i tempi giusti di una intrigante narrazione, è l’esempio alto di un’ottima costruzione, è la necessità di porre l’Uomo davanti alle personali responsabilità, è un giallo meravigliosamente prevedibile che lascia ampi spazi alla partecipazione, ai sentimenti, alle scelte che in una qualche occasione l’uomo è chiamato a fare. Mille proposte, un saggio porre domande che attendono una risposta a cui Clint ci ha abituato nel suo cammino attraversato dagli Oscar: che continua a fare, anche “con il suo ultimo film”, da grande narratore, da precisissimo quanto incorruttibile uomo di Cinema.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: L’unita’ d’Italia – Le vetrate di Notre Dame – L’Abbazia di Carpice – Lettere

L’unità d’Italia
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di parti importanti della legge Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni. Sarebbe stato opportuno posticipare la pubblicazione della  notizia dopo le elezioni regionali d’autunno, non essendoci urgenze all’orizzonte, ma restano comunque importanti le sette obiezioni di ordine costituzionale ad una legge che favorisce la frammentazione regionalista destinata a realizzare un autonomismo localistico  sbagliato e antinazionale.  Semmai sarebbe stato utile abolire le Regioni a Statuto speciale del tutto anacronistiche e fonte di sprechi,  tornando ad un regionalismo compatibile con l’unità d’Italia su temi come la Sanità, venuto drammaticamente in evidenza con la pandemia. Quello di Calderoli non è il regionalismo né  di Cattaneo, né di Miglio, ma quello confuso di un dentista bergamasco già autore di una legge elettorale tra le peggiori. Oggi sarebbe indispensabile, di fronte alla globalizzazione, un comportamento politico basato sulla rapidità delle decisioni e sull’unità nazionale. Rischiare di disfare l’unità d’Italia è un errore storico grave.  La Consulta,  dichiarando incostituzionale parte della legge, impedisce anche la celebrazione di un referendum su una materia giuridica complessa non riconducibile ad un sì o ad un no. L’abuso dei referendum è sempre in agguato e difficilmente  verrebbe raggiunto il quorum richiesto.
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Le vetrate di Notre Dame
Le vetrate  esistenti di Notre  Dame che si erano salvate dall’incendio che ha devastato un tesoro artistico e religioso dell’Europa cristiana, verranno sostituite con nuove vetrate oggetto di un pubblico concorso per volere di Macron. Si tratta di un’idea incredibile che non rispetta la storia.  Quelle vetrate creavano un clima emotivo all’interno del tempio che va conservato. Ascoltare una messa tra quelle navate era un qualcosa di unico che faceva cogliere il valore del misticismo anche nella Francia di Voltaire. Notre Dame va restaurata senza manomissioni post moderne che tradiscono la storia. Solo  l’affermazione della grandeur di un presidente incapace e ambizioso può giustificare la manomissione di un’opera che va lasciata come era. Questa notizia è passata nella più totale indifferenza. Anche la Francia ha perso il senso della sua storia?
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L’abbazia di Carpice
L’abbazia di Carpice a Moncalieri é in uno stato di forte degrado. La consigliera regionale Laura Pompeo,  già assessore alla cultura a Moncalieri, si è subito mossa per sollevare un problema che riguarda il patrimonio storico artistico del Piemonte: una realtà collegabile anche al turismo lungo il Po.

Laura Pompeo
C’è da sperare che la denuncia di Laura Pompeo non cada nel vuoto. Anche il FAI non ha valorizzato in modo adeguato  l’abbazia che considera riduttivamente solo  come “un luogo da non dimenticare”. Molti anni fa, quando mi occupai dai banchi del consiglio comunale dell’argomento, subii le battute di un assessore moncalierese che non sapeva dell’esistenza dell’abbazia medievale. Sarebbe interessante conoscere anche il parere del “sindaco – podestà”  di Moncalieri che parrebbe non occuparsi molto di cultura. Il Sindaco Vincenzo Quattrocchi mi chiese consigli sull’abbazia.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
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I vandali
L’ennesimo corteo violento a Torino con poliziotti feriti non deve essere solo condannato , ma queste manifestazioni vanno vietate nel centro città e meno che mai nelle aree di musei e di interesse turistico. Offendere la bandiera nazionale  è un reato oggi tollerato.  Ulrico Raiteri
Concordo con lei, ma bisogna conciliare il diritto a manifestare con il dovere di non ricorrere alla violenza. Cosa difficile in presenza di giovani dediti alla violenza sistematica .Va fatta prevenzione, vietando certe aree auliche della città a rischio vandalismo. Un nuovo ‘68 non va tollerato, anzi va represso.
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Il sociologo Ferrarotti
E’ morto quasi centenario il fondatore della sociologia universitaria italiana  Franco Ferrarotti. Perché in Piemonte non si è parlato di lui che era vercellese e fu per una legislatura deputato eletto in Piemonte, subentrando ad Adriano Olivetti?    Prof. F. Catellani 
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I centenari sono considerati già morti quando sono ancora in vita, anche se Ferrarotti ha scritto fino all’ultimo periodo. Era considerato l’ultimo olivettiano e la figura stessa di Olivetti non è  certo valutata per ciò che è stata. Io non amo la sociologia, ma Ferrarotti è stato uno studioso stimabile che non si è mai sottomesso al giogo dell’egemonia gramsciana. Forse certi silenzi sono spiegabili con le baronie rosse che ancora dominano, malgrado le sconfitte culturali e politiche, nelle università e nei giornali.

Tumbas, un viaggio tra le ultime dimore di poeti e scrittori

Cees Nooteboom, classe 1933, scrittore e giornalista olandese, nel corso di trent’anni di viaggi per il mondo ha raccolto e raccontato moltissime storie. Come cronista seguì da vicino tre dei momenti cruciali del secondo ‘900: l’invasione di Budapest nel 1956, la contestazione del Maggio francese nel 1968 e la caduta del muro di Berlino nel 1989.

Un autore dai mille interessi, non solo giornalista ma anche poeta, romanziere, scrittore di viaggi, traduttore e drammaturgo. Alcune delle sue storie più intriganti le raccolse in un libro tanto interessante quanto anomalo, intitolato Tumbas. Tombe di poeti e pensatori , edito da Iperborea, la casa editrice milanese specializzata in letteratura dell’Europa del nord. Lo scrisse perché, come ebbe a dire  “la maggior parte dei morti tace ma per i poeti non è così. I poeti continuano a parlare”. E così Nooteboom portò i lettori alla scoperta  di una comunità di scrittori e poeti che hanno fatto la storia della letteratura al punto da guadagnarsi l’immortalità. Il libro propone oltre ottanta omaggi ad altrettanti autori,  più di ottanta pensieri raccolti sostando di fronte alla loro ultima dimora, dove sono raccolte le loro spoglie mortali o le ceneri. Nooteboom dopo aver visitato le tombe degli scrittori, dei poeti e filosofi che lo avevano appassionato,  raccolse ciò che  ancora avevano da raccontare una volta sepolti sotto una lapide di marmo, alcuni monumenti bizzarri, un a toccante epigrafe o l’incanto di quelle atmosfere rarefatte e magiche che si trovano  nei vecchi cimiteri. Con un tratto di penna felice, lieve e profondo, racconta come questi grandi della cultura siano in grado di comunicare a ognuno “qualcosa di personale, accompagnando diversi momenti della nostra vita, innescando con noi un dialogo intimo al di sopra dello spazio e del tempo”. Dal cimitero parigino del  Père-Lachaise dove dimorano Marcel Proust e Oscar Wilde alla pittoresca collina napoletana  di Piedigrotta che ospita Leopardi; dalla cima del monte Vaea, nelle isole Samoa, dove è sepolto Robert Louis Stevenson, a Joyce ed Elias Canetti al camposanto zurighese di Fluntern, tra tombe curate con svizzera precisione. Sempre nella patria di Gugliemo Tell si trova la “dimora eterna” di Vladimir Nabokov al Clarens di Montreux, sulla riviera elvetica del lago di Ginevra mentre per incontrare quella di Calvino occorre recarsi a Castiglione della Pescaia. Melville riposa in un angolo sperduto del Bronx e Kawabata nel suo Giappone; Keats e Shelley accanto a Gregory Corso nel romantico cimitero Acattolico di Roma, nel quartiere di Testaccio, vicino a Porta San Paolo e a lato della Piramide Cestia; Brecht è a due passi da Hegel al Dorotheenstädtischer Friedhof di Berlino est; Brodskij insieme a Ezra Pound nell’immobile incanto dell’isola veneziana di San Michele. Per non parlare del Montparnasse di Baudelaire, Beckett e Sartre ai quali  scelsero di unirsi anche Susan Sontag e Marguerite Duras. Tumbas.Tombe di poeti e pensatori  è libro interessante, dalla stupenda copertina (la più bella del 2015, secondo Tuttolibri) che riporta una foto scattata da Simone Sassen, compagna dello scrittore olandese: una bottiglia d’assenzio sulla tomba di Cortàzar, a Montparnasse, nel 14º arrondissement di Parigi. Scorrendo le pagine ci si accorge come ogni tomba rappresenti un lampo di luce sul mondo dello scrittore che la occupa, rievocandone una poesia, un frammento di vita o le pagine di un libro, ispirando riflessioni e pensieri, in un appassionante pellegrinaggio nella storia della letteratura che Nooteboom propone come una meditazione poetica sull’uomo, il tempo e l’arte. E così, di pagina in pagina, cresce il desiderio di andare a leggere o rileggere le opere di quegli immortali. Magari sorseggiando un goccio di  fata verde, quell’assenzio che è stato cantato come il liquore più amato  dai poeti maledetti.

Marco Travaglini

Sicco e Shapiro al Mausoleo della Bela Rosin

Renzo Sicco sarà protagonista di due incontri, il 16 novembre alle ore 17, con Shel Shapiro, al Mausoleo della Bela Rosin, e il 7 dicembre, sempre al Mausoleo della Bela Rosin, con Marco Basso.

“Non molti anni fa abbiamo proposto al Mausoleo della Bela Rosin un viaggio nella musica attraverso le immagini e le parole – afferma Renzo Sicco di Assemblea Teatro – le immagini erano quelle di 500 copertine dei mitici LP, gli album destinati, nel secolo scorso, a trasmetterci la musica. Le parole erano quelle di musicisti, critici musicali e giornalisti che di musica si erano sempre e con passione occupati. Tra loro, ad aprire il percorso del primo incontro, fu Ernesto Assante. Una bellissima avventura seguita da centinaia di spettatori desiderosi di condividere le sensazioni e di ascoltare quei suoni provocava in loro. Ecco ora un nuovo progetto che abbiamo avviato con Hiroshima Mon Amour dal titolo “Rap in the Casbah”. Il titolo fa riferimento a The Clash, il gruppo simbolo di quella grande evoluzione della musica che è stata il punk, e ci invita a leggere le trasformazioni di oggi con l’ingresso dell’hip-hop e del rap. Il 16 novembre incontrerò al Mausoleo della Bela Rosin Shel Shapiro, di cui ho organizzato i suoi concerti a Torino. Attenti, stavolta parliamo soltanto, lui non suonerà, perché sono tante le cose che dobbiamo dirci. Shel è stato il mito dei miei 13 anni. Altri hanno avuto i Beatles, io ho avuto i Rokes. Sono state le parole della mia generazione, e ora dobbiamo capire come si parla alle nuove generazioni. Bisogna saper vivere per farlo e Shel è molto autorevole in questo campo”.

“Ulteriore e ultimo incontro sarà il 7 dicembre prossimo al Mausoleo della Bela Rosin con un altro amico, il giornalista Marco Basso – continua Renzo Sicco – È una personalità che sa raccontare cosa succede a Torino nella musica, ma conosce approfonditamente quel filone chiamato ‘Prog Rock’. Con lui parlerò di un progetto nuovo che ho in testa a proposito di parole e musica. È stato un gruppo inglese che ha preso un libro e lo ha raccontato con i suoi suoni, eliminando le parole. Sembra assurdo rappresentare un libro senza le parole, ma lo si poteva fare perché la musica all’epoca era decisamente visionaria. Con Pink Floyd, Amon Düul, Grateful Dead è stata visione da un lato all’altro degli oceani, e il libro racconta di una storia sulla sponda dell’oceano dove ci fu la battaglia di Dunkerque. L’idea è quella di riascoltare quel disco facendosi ritornare le parole, raddoppiando il racconto con la chiusura del cerchio. Il gruppo si chiama Camel e, con Marco, parleremo di loro”.

Lo spettacolo di Assemblea Teatro dal titolo “The Snow Goose-la principessa smarrita” si terrà il 18 dicembre 2024 alle ore 21 in via Bossoli 83, all’Hiroshima Mon Amour, con replica il 20 dicembre 2024 alle ore 18, nella Casa nel Parco, in via Panetti 1. Si tratta della storia di una bambina che si reca in un faro abitato da un uomo solitario, portando con sé un’oca ferita. Da quel momento la bimba tornò a trovare l’uomo con regolarità.

Mara Martellotta 

Luigi Canina: dalla Gran Madre di Torino a casa Borghese-Bonaparte di Roma 

Personaggi casalesi
 
L’architetto, archeologo e incisore Luigi Canina (Casale 1795-Firenze 1856) conseguì a Torino la laurea in architettura e il suo nome viene ricordato per l’importante contributo nella costruzione della chiesa torinese della Gran Madre di Dio. Le sue qualità furono notate dal marchese Evasio Gozzani di San Giorgio (Casale 1765-Roma 1827) sposato con Giuseppa, figlia del barone savoiardo Giuseppe Francesco Martin. Tramite l’intermediazione del Gozzani definito il marchese pazzo per la sua intraprendenza, ministro di Camillo Borghese (molto assente) e di Paolina Bonaparte (immersa nello sfarzo della vita mondana), fu elevato il prezzo delle opere che formavano la galleria d’arte Borghese da sei a dodici milioni di lire vendute dal cognato Napoleone al governo francese destinate al Louvre, rinnovando in seguito la mostra con un nuovo allestimento.

Il trentenne Canina, appoggiato dal Gozzani, fu inserito in casa Borghese succedendo all’architetto Asprucci. Nel 1830, dopo il Fontana, diventò architetto dei possedimenti del Borghese sotto l’amministrazione di Giuseppe Gozzani (Stroppiana 1790-Casale 1877) figlio di Evasio, ottenendo l’ufficio di architettura della Cassa di Risparmio di Roma. Progettò l’ingresso monumentale e l’ampliamento di Villa Borghese e si occupò degli scavi archeologici del Foro Romano, Tuscolana e Appia Antica. Progettò anche la palazzina a Fontanella Borghese dedicata a Giuseppe Gozzani, inserito nella nobiltà romana nel 1855 ed eletto presidente del Museo di Roma. Noti i progetti di riedificazione al santuario di Oropa e al Duomo di Torino, quest’ultimo non realizzato e nel 1849 fu insignito della Royal Gold Medal nel Regno Unito.

Numerose le pubblicazioni letterarie, storico-scientifiche e teoria architettonica su riviste europee e contribuì alla tutela dei monumenti come a Firenze per S.Maria in Fiore. Il suo intervento, unitamente a quello del filosofo Antonio Rosmini, fu decisivo per evitare l’abbattimento della Cattedrale di Casale per sostituirla con un nuovo edificio progettato dall’Antonelli. La riconoscente città casalese gli ha dedicato un monumento dello scultore carrarese Benedetto Cacciatori in piazza S.Stefano e la via dove sorge la sua casa natale dove è posta una lapide con epitaffio. Come i grandi di tutti i tempi, fu sepolto nella Basilica fiorentina di Santa Croce, meritatamente accanto a Foscolo, Michelangelo, Galileo, Alfieri e Rossini.
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Armano Luigi Gozzano 

I 25 anni di “Trame d’Autore”

A Chieri, una mostra diffusa di “Fiber Art” per celebrare il venticinquennale della “creatura artistica” di Silvana Nota

Da venerdì 15 novembre a sabato 21 dicembre

Chieri (Torino)

Mostra diffusa. Tre le location coinvolte: il “Museo del Tessile” (via Santa Chiara, 10), la Biblioteca Civica “Nicolò e Paolo Francone” (via Vittorio Emanuele II, 1) e la “Cappella di San Filippo Neri” (via Vittorio Emanuele II, 63). Tre luoghi assolutamente iconici della Città di Chieri che, da venerdì 15 novembre a sabato 21 dicembre (Orariven. e sab. 15/18), ospiteranno i “tessuti artistici” di oltre trenta artisti-artigiani provenienti da diverse parti del mondo per celebrare il venticinquennale di “Trame d’Autore”, la Collezione Civica di “Fiber Art” (arte “giovane” sviluppatasi in Italia a partire dai primi anni Settanta, precursore Fortunato Depero, fra i firmatari dell’“aeropittura” e fra i nomi più rappresentativi del “secondo futurismo”) avviata nella città collinare dalla critica d’arte Silvana Nota insieme all’artista olandese Martha Nieuwenhuijs e sviluppatasi dalle biennali di “Fiber Art” fino a “Tramanda” e alla formazione dell’odierna raccolta “Trame d’Autore”.

La rassegna, oggi ospitata nelle succitate tre sedi, e a cura della stessa Silvana Nota, è un’iniziativa congiunta del Comune di Chieri e della “Fondazione Chierese per il Tessile e per il Museo del Tessile” (con il sostegno di “Regione” e “Città Metropolitana”), che nasce per richiamare, ancora una volta, “il valore – dicono gli organizzatori – di una preziosa raccolta custodita a Chieri, città che ha saputo coniugare tradizione e innovazione, industria e museo tessile, arti applicate e nuove sperimentazioni”Trentacinque, nel complesso, sono le opere esposte. Opere in cui si riflettono e si trasmettono i valori e le cifre stilistiche di singolari pagine legate alla storia della “Fiber Art”, dalle origini a oggi (dalle realizzazioni di giovani artisti ai lavori “storici” di autori ampiamente affermati), ma anche suggestive e avventurose “galoppate” attraverso le più bizzarre e inedite affermazioni della storia dell’arte.

La “Sala della Porta del Tessile”, già Cappella del “Convento delle Clarisse” d’impianto quattrocentesco, ospita un ensemble di opere realizzate al telaio e “off loom” (fuori telaio) di rilevante impatto visivo e poetico. Un lavoro site specific nella Cappella barocca di “San Filippo Neri” smaterializza “i confini della realtà in un’atmosfera rarefatta e contemplativa”. Opere di piccole dimensioni ma di significativa importanza sono presentate alla “Biblioteca Civica”, anch’essa luogo ideale per un linguaggio profondamente intellettuale e di seducente bellezza.

“Caratterizzata – sottolinea la curatrice, Silvana Nota – dall’elemento tessile decontestualizzato e reinterpretato con materiali classici o sperimentali, nei più inaspettati linguaggi di artisti colti e internazionali che hanno scelto la manualità come gesto concettuale, la collezione ‘Trame d’Autore’ è pervasa da un’atmosfera cosmopolita che ben riflette i caratteri della sua ideatrice, Martha Nieuwenhuijs”.

Così dal geometrico “Kite” della milanese Paola Besana si passa, a lunghe falcate e solo per citare alcune opere, all’arazzo (telaio a mano) della svizzera Silvia Heyden, fino al prezioso “Sudario” del torinese Nando Luraschi e all’essenziale “Blucrocifisso (Omaggio a Cimabue)” della toscana Paola Bitelli, per proseguire con “Il fuoco” della rumena Gabriela Naftanaila Leventu e “Babylon” della svedese Agneta B Lind, via via fino alle opere dell’iraniana Alikhani Reyhaneh e della giapponese Naoko Yoshimoto. In un lungo coinvolgente e appassionante iter espositivo,  “in sintonia con la natura, la storia e lo spirito dei luoghi ospitanti, all’insegna di un dialogo intergenerazionale e interculturale in cui il tessile come medium artistico si coniuga a espressioni concettuali veicolate anche attraverso un linguaggio multisensoriale, dunque intelligibile per chiunque si avvicini alla ‘Fiber Art’”.

“Con questa iniziativa di raffinato calibro – commenta infine Melanie Zefferino, presidente della ‘Fondazione chierese per il Tessile e Museo del Tessile’ – nuove trame arricchiscono l’arazzo in cui passato e presente si intrecciano insieme a fili d’arte, gli stessi che uniscono la Città di Chieri alle sue sedi istituzionali vocate alla cultura, alla memoria storica e alla vitalità intellettuale e creativa”.

Gianni Milani

Per infowww.comune.chieri.to.it o www.fmtessilchieri.org

Nelle foto:

–       Paola Besana: “Kite”

–       Silvana Nota

–       Paola Bitelli: “Blucrocifisso (Omaggio a Cimabue)”

–       Nando Luraschi: “Sudario”