
Tre incontri a cura di Antonio Rostagno, docente presso la Sapienza Università di Roma, per scoprire i segreti che si celano dietro all’enigmatica figura del direttore d’orchestra. Dopo il successo del ciclo di incontri incentrato, nel corso della scorsa stagione, sulle origini e lo sviluppo della moderna orchestra sinfonica, l’attività di Lingotto Musica dedicata alla divulgazione si arricchisce con questa nuova iniziativa, rivolta a tutti, ma pensata con specifica attenzione ai giovani delle scuole, con il fine di contribuire alla crescita del pubblico di domani e avvicinarlo, attraverso numerosi ascolti e video esemplificativi, a questa figura di artista a metà tra il dittatore, l’istrione e il sacerdote. Una persona di spettacolo che non richiede tanto analisi tecniche per essere spiegata, o competenze particolari per essere compresa, quanto attenzione nell’ascolto da parte dell’uditorio. Il primo dei tre incontri si svolge lunedì 30 gennaio alle ore 11 presso la Sala Londra del Centro Congressi del Lingotto (via Nizza 280, Torino) e prende in esame le figure di Arturo Toscanini e Wilhelm Furtwängler, considerati come gli iniziatori della direzione d’orchestra moderna. Il ciclo di conferenze proseguirà poi lunedì 13 febbraio con un incontro dedicato ad Herbert von Karajan, per concludersi venerdì 3 marzo con la figura di Claudio Abbado .
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Gli incontri sono a ingresso libero, ma per scuole e gruppi è necessaria la prenotazione allo 011 66 77 415 oppure info@lingottomusica.it.
Wunderkammer, le Stanze delle Meraviglie
“Abbiamo accolto e condiviso con piacere la proposta di Marisa Cortese di animare, per 5 settimane, lo spazio di Villa Giulia con un calendario di incontri, formazione ed eventi, facendo di uno dei più bei luoghi cittadini un punto d’incontro per arte e artisti e un’opportunità di arricchimento per cittadini e
visitatori”: così l’Assessore a Cultura, Turismo, Istruzione, del Comune di Verbania, Monica Abbiati, all’inaugurazione di Wunderkammer – Le Stanze delle Meraviglie, lo scorso mercoledì 25 gennaio a Verbania. “Potrebbe essere un volano
anche per il nostro turismo?” : “Certamente!” , ha risposto Abbiati.
All’inaugurazione della Mostra, particolarmente importante per la durata e la varietà di artisti partecipanti, erano presenti anche Marisa Cortese, che ha progettato e cura la mostra stessa, tutti gli artisti delle prime 5 settimane e numerosi visitatori. Antonio Cotroneo,
Emanuela Mezzadri, Donatella Mora, Marco Nifantani, Florine Offergelt, sono alcuni nomi dei partecipanti agli spazi delle prime settimane. Una raccolta, un susseguirsi incalzante di installazioni, quadri dell’800 e contemporanei, ologrammi in movimento, sculture, fotografie
gioielli, libri d’artista.
Oltre all’esposizione delle opere d’arte, ai vari piani della villa e nelle varie settimane, ci sarà un succedersi di workshop, performance e conferenze che permetteranno ai visitatori di accostarsi all’arte contemporanea in modo attivo.
Elio Motella
Art al Parabrise
“Il sole è un lampo giallo al parabrise” canta Paolo Conte in Genova per noi. E proprio i parabrise – parabrezza di automobili e di Vespa, soprattutto – diventano lo spazio pittorico su cui prende vita l’arte di Guido Palmero. Una tecnica molto raffinata e un supporto decisamente originale sono gli ingredienti della rassegna Art al parabrise, allestita alla Mirafiori Galerie da giovedì 26 gennaio a domenica 26 febbraio 2017. Le opere sono originalissimi ritratti retrodipinti con colori acrilici su parabrezza, lunotti posteriori o finestrini laterali di auto: una tecnica personale che Guido Palmero da anni ha ideato, sviluppato e progressivamente arricchito e affinato tanto che alcune sue opere sono esposte in modo permanente presso la Galerie Ferrero a Nizza (Francia) alla galleria Colossi Arte Contemporanea di Brescia. Espressione di un’invenzione artistica sicuramente evocativa, le figure ritratte sono raffigurate all’interno dello spazio chiuso e circoscritto di un’automobile, o in sella alle Vespa, e spaziano dal nostro quotidiano (come i ritratti familiari), alla storia dell’arte (sorprendente la Simonetta Vespucci – Venere di Botticelli – seduta accanto a un ritratto di Raffaello), dal mondo dello sport (straordinari i
cinque numeri 10 della Juventus da Omar Sivori a Paul Pogba), a quello del fumetto e dei supereroi, a personaggi simbolo dei nostri tempi, come Papa Francesco ripreso di schiena. La scelta accurata dei soggetti, unita alla grande capacità tecnico-pittorica, crea un mix raffinato e accattivante, tra pop art e sapienza artigianale, che non ha eguali nel panorama artistico contemporaneo.“Il pennello è il mio obiettivo” afferma Guido Palmero e il risultato del suo lavoro ha davvero più di un punto di contatto con la realtà della fotografia, come quando, guardando certi scatti, ci si sente osservati a nostra volta in un gioco di sguardi e di prospettive che coinvolge ed emoziona.
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Mirafiori Galerie – Mirafiori Motor Village
Piazza Riccardo Cattaneo, Torino
Lunedì-venerdì 9-20 | sabato 9–19.30 | domenica 9.30-13 — 15-19.30
https://www.facebook.com/MirafioriMV/
Biografia dell’artista
Guido Palmero è nato a Saluzzo (Cuneo) nel 1952 dove vive e lavora. Docente di Arte e Immagine, da sempre è interessato all’arte in tutte le sue declinazioni – arti figurative, design, architettura d’interni e restauro pittorico – ma decide di specializzarsi nelle pratiche pittoriche. Negli ultimi dieci anni, la sua ricerca espressiva, con il linguaggio visivo, lo porta a sviluppare uno stile artistico nuovo e originale, dipingendo su vetro e plexiglass. Si tratta di parabrezza di automobili e di Vespa, che Palmero recupera alla vigilia della loro demolizione e dipinge poi sul retro.
egli anni recenti ha partecipato a mostre personali e collettive in Italia, Francia, Macedonia, Marocco e Portogallo. Nel 2014 su richiesta della famiglia reale ha eseguito il ritratto del Principe di Giordania, della Principessa sua moglie e dei loro figli. Sue opere sono presenti in collezioni private in Italia, Corea, Francia, Grecia, India, Inghilterra, Libano, USA e Svizzera. Le sue opere sono in mostra permanente presso la Galerie Ferrero in Francia, a Nizza (4, rue de Congrès) e presso la galleria Colossi Arte Contemporanea di Brescia (Corsia del Gambero, 13).
Ecco l’agenda teatrale del week-end a cura dell’associazione Quinta Tinta presso il Salone delle Arti dell’Hub multiculturale Cecchi Point

[GIORNATA DELLA MEMORIA]
Venerdì 27 gennaio, ore 21
Il piacere dell’odio
di Marco Alotto, a cura dell’associazione teatrale Itaca in collaborazione con l’associazione Treno della memoria e il Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà.
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[RASSEGNA CORTOCIRCUITO]
Sabato 28 gennaio, ore 21
Tanto che ci vuole comincio lunedì
Stand up comedy di e con Elena Lia Ascione
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[DOMENICA IN FAMIGLIA]
Domenica 29 gennaio, ore 16
In volo verso un’isola piena di bimbi e pirati, spettacolo per bambini dai 3 anni in su; a seguire merenda offerta al risto-bar Cecchimangia e laboratorio di riuso creativo a cura delle Officine Creative Torino.
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Teatro: Salone delle Arti, Hub multiculturale Cecchi Point – Via Antonio Cecchi, 17/21
Poche pagine di Storia nel Psdi torinese
Di Pier Franco Quaglieni *
Il 10 gennaio 1947, 70 anni fa, nasceva a palazzo Barberini la socialdemocrazia italiana per iniziativa di Giuseppe Saragat, rifiutando la politica “frontista” di Pietro Nenni che invece sosteneva la suicida unità d’azione con i comunisti. Saragat fu determinante nelle elezioni nel 18 aprile 1948 che consentirono all’Italia un cammino democratico sicuro. Giuseppe De Rita ha evidenziato come quella scissione socialista (l’unica davvero importante nella travagliata storia del socialismo italiano)abbia rappresentato “un punto di svolta della cultura e della politica italiana”,”un segno ,l’ultimo segno del coraggio di rompere” perché quella scelta di Saragat “diventava un tradimento,sembrava socialfascismo(quello di cui venne accusato Carlo Rosselli),dipendenza dai padroni”.
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Ci volle lungimiranza e capacità di guardare lontano per scegliere di spaccare il partito socialista,garantendo un futuro democratico all’Italia e fu anche capacità di guardare vicino rispetto alle socialdemocrazie europee che aveva individuato nel comunismo un nemico della libertà e dello
stesso socialismo democratico. L’esilio, i contatti con il socialismo austriaco avevano insegnato al torinese Saragat un’esperienza storica che ,per altri versi, trovava dei riferimenti anche nella Torino socialista dell’’800,quella dei maestri elementari e dei medici filantropi che rivolgevano le loro attenzioni ai poveri e ai diseredati.Era la Torino di De Amicis ,così attento,ad esempio,come Pascoli, al dramma dell’emigrazione italiana all’estero. Saragat era un uomo colto e non ebbe mai l’atteggiamento del demagogo: la sua oratoria era sobria,quasi monotona:spesso leggeva i discorsi, ma essi erano frutto della riflessione e non dell’impeto tribunizio che caratterizzò Nenni. Saragat era lucido,a volte persino glaciale,ma le sue posizioni inducevano alla riflessione e alla serietà.
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Seguirono Saragat molti parlamentari e parteciparono a quella scelta di democrazia e di libertà senza equivoci politici come Piero Calamandrei,Paolo Treves,Ludovico d’Aragona,Angelica Balabanoff, Giuseppe Emanuele Modigliani,Ezio Vigorelli.Il giovane Lucio Libertini,destinato ad essere leader dello Psiup,poi confluito nel Pci , fu al fianco di Saragat a palazzo Barberini. La scelta di Saragat, a 70 anni di distanza, assume un valore storico perché anticipò di decenni l’idea di un socialismo democratico il cui valore molti scoprirono molto tardi, solo dopo la caduta del muro di Berlino. Ma la storia della socialdemocrazia italiana svoltò quasi subito verso una prassi politica clientelare attraverso la quale veniva raccolto il consenso. Fatti salvi i fratelli Matteotti,figli di Matteo,Luigi Preti, Paolo Rossi e pochissimi altri,i quadri dirigenti del Psdi si rivelarono mediocri e destinati a peggiorare nel corso dei decenni.Già nel 1953 i parlamentari scesero ad appena 18 e non certo a causa del” destino cinico e baro”,come disse incautamente il fondatore della socialdemocrazia italiana.
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Saragat non si curò mai effettivamente del partito ,lasciato in mano a personaggi spesso discutibili,
quasi sempre incapaci,a volte disonesti. Le ironie di “Fortebraccio” su Tanassi, Cariglia ed altri ,molto spesso ,non erano nè impietose nè esagerate,ma rispondevano alla verità,al di là del gusto per la battuta. Il Piemonte non fu diverso rispetto a tante realtà italiane. Successivamente aderì alla socialdemocrazia Giuseppe Romita ,leader storico socialista e i principali capi piemontesi furono Domenico Chiaramello,Corrado Bonfantini,mitico comandante delle brigate Matteotti nella Resistenza e direttore del quotidiano torinese “Sempre Avanti!”,Guido Secreto eterno vicesindaco di Torino,divenuto Sindaco in una delle tante crisi politiche che consegnarono nel 1975 la città al Pci. Ho conosciuto e anche frequentato tutti e tre,ma oggettivamente nessuno di loro aveva la statura del leader. Chiaramello era una persona limpida,cordiale,onesta,ma riuscì ad essere parlamentare e sottosegretario,senza andare oltre. Bonfantini si coprì di debiti, contratti per sostenere il suo giornale,debiti che ancora pagava negli anni 70 con la sua pensione di deputato:se vogliamo, un esempio davvero eccezionale.
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Soprattutto negli anni ’60 la socialdemocrazia torinese, proprio nel momento in cui si incominciò a parlare di riunificazione socialista,rivelò un volto del tutto inadeguato. Fu padrone incontrastato del Psdi torinese il senatore Terenzio Magliano che apparve subito come un uomo spregiudicato,quasi machiavellico,ma incapace di primeggiare in ambito anche solo regionale, dove Franco Nicolazzi a Vercelli e Novara e Pierluigi Romita nel collegio Cuneo , Asti ,Alessandria ( che aveva ereditato dal padre)avevano il controllo totale del partito,cercando di invadere anche il regno torinese di Magliano. Non si possono citare esponenti piemontesi di rango perché l’unica strada percorribile in quel partito era la raccolta delle preferenze attraverso lo scambio di favori. Emblematico fu nel 1970 Germano Benzi,proveniente dal
MARP,un antesegnano della Lega, che superò ,sia pure di poco, lo stesso Magliano nelle preferenze al Comune. Benzi ,che fu presidente del Consiglio Regionale del Piemonte, mi invitò una volta a tenere una conferenza di storia del socialismo in un circolo di cui era presidente. Alla fine della mia relazione, disse testualmente :” Abbiamo sentito la teoria,ma adesso bisogna pensare ai voti e tirò fuori dei volantini per un candidato da lui sostenuto:rimasi allibito ed indignato.Mai avrei pensato ad un finale del genere specie nel contesto di quel grande e nobile circolo storico che ebbe Cavour tra i suoi soci fondatori.
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Se si scorrono i nomi dei consiglieri comunali e regionali ,non si notano personalità di
rilievo.Anzi,come, per altri versi ,accadde anche in altri partiti come la stessa Dc, si possono solo rilevare cordate di immigrati meridionali molto ben organizzate dai loro capi che venivano eletti dai loro numerosi fans. Giuseppe Lodi che ebbe l’avventura di essere eletto nel Psdi, scappò via velocemente e si ricollocò nel Pri dove l’aria che si respirava era ben diversa. Gli unici intellettuali torinesi che transitarono nel Psdi furono il grecista Antonio Maddalena e lo storico Emilio R.Papa.Ci fu anche il repubblicano Emilio Bachi,un grande avvocato civilista torinese, che si ritirò molto deluso e amareggiato. Le cariche del sottogoverno costituivano il vero dibattito “politico” in quel partito e Saragat, da quanto mi disse una volta che lo incontrai in Valle d’Aosta, ne era ben consapevole. Si giunse persino a cambiare le chiavi di ingresso della federazione torinese del Psdi,quando cambiò la maggioranza interna e l’ex senatore comunista Domenico Marchisio ,incredibilmente diventato socialdemocratico dopo decenni nel Pci,inorridì vedendo la situazione. Arrivò a stampare a sue spese un giornalino in cui attaccò ferocemente i nuovi compagni di partito.
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Addirittura venne insediato un presidente socialdemocratico della Camera di Commercio di Torino
che non aveva i requisiti per ricoprire la carica che dovette lasciare a malincuore, per l’iniziativa legale di Emilio Bachi a tutela del presidente defenestrato Vitelli. Un uomo straordinario intellettualmente come Tito Gavazzi,stretto collaboratore di Adriano Olivetti ad Ivrea, fu per pochi mesi segretario della federazione socialdemocratica di Torino dopo la nuova scissione del luglio 1969 e non venne eletto in consigli comunale perché raccolse ben poche preferenze. Da Olivetti aveva imparato cosa dovesse essere la politica,non cosa dovesse essere la gestione del sottogoverno e delle tessere. A Gavazzi venne data la presidenza dell’EPT che tenne con dignità per alcuni anni fino al suo scioglimento. Anche Vincenzo Ramella ,zio di Luigi Firpo e imprenditore, non venne eletto,anche se fu premiato con la presidenza del Mediocredito piemontese.Uscì nel 1970 un volantino in cui si annunciava la candidatura di Firpo al consiglio provinciale,ma si rivelò una bufala. Ricordo che quando venne a Torino il presidente della Repubblica Cossiga, un assessore socialdemocratico si presentò alla colazione in suo onore a Palazzo Barolo in smoking, suscitando l’imbarazzo del sindaco Zanone e dei suoi ospiti.Mi toccò di pranzare al suo tavolo…
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La socialdemocrazia torinese nel 1975 imbarcò l’ex liberale e l’ex repubblicano Silvano Alessio che ebbe anche una qualche velleità intellettuale,creando un giornale. Eletto in Comune,dopo la vittoria della sinistra, scippò al gruppo del Psdi tutti i consiglieri,traghettandoli nel Psi:Magliano rimase solo ed ebbe il merito-che gli va riconosciuto – di essersi opposto alla chiusura della società per la Metropolitana che era pronta ad iniziare i lavori di scavo che vennero rinviati ai primi del 2000,facendo perdere a Torino la grande occasione di avere una Metro come tutte le altre città.Quello fu uno dei più microscopi errori delle giunte rosse a cui vanno addebitati i ritardi paurosi di cui è stata vittima la città per un decennio. Romita e Nicolazzi divennero segretari del partito e ministri in vari governi, ma risulta difficile citare qualcosa di loro che meriti di essere ricordato. Anche nelle altre città italiane la situazione non era molto migliore e il Psdi si liquefece come neve al sole ben prima di Tangentopoli: l’ipotesi riformista di Craxi lo travolse.Un volta Lucio Libertini che aveva imparato ad essere comunista,ma non perse mai l’ironia e l’indipendenza di giudizio ,mi disse che quell’errore di gioventù era persino più imperdonabile di tanti altri errori della sua vita. Forse non era così perché scegliere nel 1947 la via della democrazia e della libertà fu una scelta decisiva che avrebbe meritato ben altri sostenitori. Libertini che era una persona seria,quando capì com’era la musica, si ritrasse subito,come fece Piero Calamandrei. Peccato, perché quel Psdi ha comunque contribuito a scrivere una pagina di storia italiana importante. Pensate cosa sarebbe stato se fosse stato guidato da uomini migliori,onesti e capaci.
* direttore del Centro “Pannunzio”
Sabato 28 gennaio alle ore 21, al Polski Kot di via Massena n.19 a Torino, verrà presentato il libro“Sarajevo rewind” di Eric Gobetti (Miraggi,2017). Il 28 giugno del 1914, a Sarajevo, due colpi di pistola misero fine alla belle époque e dando origine al “secolo breve”, il secolo delle guerre mondiali, dei conflitti di massa, dei regimi totalitari, delle grandi ideologie, delle grandi tragedie. Gavrilo Princip e Franz Ferdinand: il giovane irredentista serbo e l’arciduca dell’Impero asburgico. Due uomini, due viaggi verso la fine e l’inizio. A Sarajevo, sul ponte Latino- dove scorre la Miljacka, il fiume che attraversa la città – si compiono i loro destini. Cent’anni dopo, cosa rimane di quel mondo? Cosa rimane della memoria di questi due protagonisti della storia del Novecento? Da Vienna e da Belgrado a Sarajevo, due storici – Eric Gobetti e Simone Malavolti – si sono avventurati a cento anni di distanza sulle strade che portarono all’attentato di Sarajevo e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Due viaggi fra nazioni, nazionalismi e realtà politiche sovra e pluri-nazionali. Due viaggi attraverso un secolo, nel cuore dell’Europa di ieri e di oggi. “Da una parte abbiamo una realtà balcanica che è molto più “balcanizzata” oggi di allora. Nel senso della marginalizzazione, del ritardo e
dell’esclusione sia politica che economica, dal resto dell’Europa. Belgrado era una grande capitale in espansione; da Sarajevo si andava in giornata in ogni parte dell’Impero”, racconta Eric Gobetti. “ Oggi sono luoghi “a parte”, soprattutto nell’immaginario del resto d’Europa. Dall’altro lato abbiamo un’Unione Europea che sembra afflitta dagli stessi problemi dell’Impero Austro-Ungarico: mancanza di democrazia, se non apparente; scarso rispetto dei popoli e delle nazioni, che infatti genera successi elettorali dei partiti nazionalisti; elefantiasi burocratica e sistema economico troppo ingessato. Insomma, gli ingredienti per un parallelo ci sono tutti, poi certo, c’è anche tanta differenza: è passato un secolo ma per molti versi pare un millennio!”. Eric Gobetti ( nato Torino nel 1973) è uno storico free-lance, esperto della Jugoslavia del Novecento. Collabora con l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della
società contemporanea. Da anni tiene lezioni e conferenze sulla storia jugoslava, da Gavrilo Princip ai giorni nostri. Ha pubblicato diversi libri tra i quali: “Dittatore per caso. Un piccolo duce protetto dall’Italia fascista” (L’ancora del Mediterraneo 2001), sul movimento croato Ustascia negli anni Trenta; “L’occupazione allegra. Italiani in Jugoslavia 1941-1943” (Carocci 2007); “Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia” (Laterza 2013). Nel frattempo esplora i Balcani e organizza viaggi di turismo storico nei paesi della ex Jugoslavia. Molte delle sue avventure le ha raccontate nel diario-reportage “Nema problema! Jugoslavie, 10 anni di viaggi” (Miraggi 2011). Recentemente si è dato al cinema, collaborando con RaiStoria e realizzando diversi prodotti video tra cui “Bruce Lee Tvoj Mostar” e “Around Mostar, The Bridge and Bruce Lee”. Nel 2016 è uscito il suo primo documentario storico: “Partizani. La Resistenza italiana in Montenegro”.
Marco Travaglini
G
razie a un finanziamento complessivo di più di 25 milioni di euro da parte della Compagnia di San Paolo, riapre al pubblico la Cappella dei Mercanti in via Garibaldi a Torino. Un prezioso restauro eseguito nell’ambito di un progetto di recupero delle chiese del centro storico. Il gioiello del Barocco, di fine XVII secolo era luogo d’incontro e di preghiera per la Congregazione dei Banchieri, dei Negozianti e dei Mercanti. Con i lavori sono state riportare al loro antico splendore la volta affrescata del Legnino, le pareti arricchite da 11 dipinti su tela, la cantoria e le sei statue lignee.
Eros al cinema, chiude Fish & Chips
La seconda edizione di FISH&CHIPS FILM FESTIVAL si conclude domenica 22 gennaio con gli ultimi lavori – lungometraggi e cortometraggi – in concorso, il secondo titolo dell’omaggio a Marilyn Chambers e la chiusura con la premiazione e il focus al progetto Four Chambers di Vex Ashley. Il bilancio parziale tracciato questi primi giorni di festival è decisamente positivo grazie alla grande affluenza di spettatori alla serata inaugurale e anche a molte delle altre proiezioni, i numerosi visitatori che hanno potuto godere delle due mostre in programma e l’ampia partecipazione agli incontri frequentati da un pubblico incredibilmente eterogeneo.

L’ultimo salto nella storia della cinema hard lo facciamo alle 16:30 con Behind the Green Door di Artie Mitchell e Jim Mitchell (1972, Stati Uniti, 72′) per l’omaggio a Marilyn Chambers. Il film realizzato 45 anni fa ottenne successo anche al Festival del Cinema di Cannes nel 1973 e, insieme a Gola profonda, rivoluzionò il cinema porno rendendo la Chambers una celebre pornostar della “Golden Age of Porn”.
Il CONCORSO LUNGHI presenta le ultime due opere in anteprima nazionale tra gli 11 finalisti: alle 11:30 League Of Exotic Dancers di Rama Rau (2015, Stati Uniti, 90′) sfoggerà piume, paillettes, fantasie sexy e coreografie provocanti sotto l’occhio della regista indiana Rama Rau; alle 18:00 nel documentario Europe, She Loves (2016, Germania, 97′), quattro storie in quattro città diverse si intrecciano tra passione, sesso, droga, figli, futuro e problemi quotidiani, diretto dal talento emergente del cinema svizzero Jan Gassmann ed arricchito dalle musiche di Julia Kent. La giuria composta da Ayzad (esperto nel campo dell’eros insolito, scrittore e personal coach), Chiara Borroni (collaboratrice per la rivista Cineforum, selezionatrice del Torino Film Festival) e Silvia Magino(progettista in ambito sociale e culturale) assegnerà il Primo premio Miglior Lungometraggio (1.000€).
Mentre la sezione CORTI ci regalerà ancora 5 opere brevi della categoria softi, alle 14.30 sempre al Cinema Massimo, che raccontano l’eros da svariati punti di vista e sollevandone diversi aspetti come ad esempio attrazione e rifiuto come in No me quites di Laura Jou (2015, Spagna, 14′), il disonore che tocca una ragazza islamica accusata di condotta immorale in Khorshid di Alex Tiam (2015, Iran, 25′), o ancora la pruriginosità di conversazione piccante che si capta solo a tratti in Texte à trous di Chloé Marçais (2016, Francia, 9′). Enrico Petrilli (sociologo del piacere), Rino Stefano Tagliafierro (regista e videoartista) e Cikiti Zeta (visual artist, pittrice e illustratrice) sceglieranno i vincitori del Primo premio CORTI di 300 € (Offerto da Gold Tattoo) e del Primo premio CORTI XXX, sempre di 300 €.

Tutti i vincitori del Fish&Chips Film Festival 2017 saranno proclamati durante la serata di premiazione alle 21.00 al Cinema Massimo 3. A chiudere il festival, un focus sul progettoFOURCHAMBERS ideato e concretizzato della performer Vex Ashley, pioniera del porno sofisticato che, attraverso l’omonima piattaforma, realizza video raffinati, ricchi di simbolismo e dalla profonda cura estetica, seguendo le richieste dei suoi numerosi amatori ai quali regala, così libertà creativa e un coinvolgimento unici.
Ultimo giorno anche per poter visitare IL PUNTO Q. Sollecitazioni e provocazioni dell’artista spagnolo Luis Quiles, allo Spacenomore di Via Bogino 9; la mostra, a cura di 001 Edizioni, presenta per la prima volta in Italia un’esposizione di 40 opere selezionato di uno degli autori più dissacranti del web, noto per le sue illustrazioni provocatorie che mostrano una visione cruda della società dedicata a Luis Quiles, autore spagnolo divenuto celebre sul web con le sue opere dissacranti.
Fish&Chips Film Festival è un progetto indipendente realizzato dall’Associazione Fish&Chips, con il partner Museo Nazionale del Cinema, il main sponsor Pornhub, lo sponsor Gold Tattoo, gli sponsor tecnici 001 Edizioni, La Valigia Rossa, Bijoux indiscrets, Tempietto Tantrico e Stramonio, i media partner Lacumbia, Agenda del Cinema Torino, Radio Banda Larga e Taxidrivers; e la collaborazione di DAMS Torino e GxT.
L’Aula Magna dell’Università di Torino ha ospitato la presentazione del libro di Pier Franco Quaglieni “Figure dell’Italia civile”, Golem Edizioni. Sono intervenuti Giuseppe Piccoli, Dino Cofrancesco, Sara Lagi e Francesco Tuccari. Il libro di Quaglieni, intellettuale liberale torinese, tratteggia le figure di personalità importanti della cultura e della politica italiana del ’900.

Da Einaudi a Giovanni Amendola, da Marchesi a Soleri, da Calamandrei a Chabod, da Burzio ad Adriano Olivetti, da Ernesto Rossi a Balbo di Vinadio. La parte più consistente del libro riguarda gli
“amici e maestri” che l’autore ha conosciuto e frequentato: Jemolo, Bobbio, Galante Garrone, Montanelli, Valiani, Venturi, Casalegno, Alda Croce, Primo Levi, Ciampi, Luraghi, Romeo, Spadolini, Pininfarina, Ronchey, Tortora, Pannella. Due capitoli molto densi concludono il libro, quelli dedicati a Soldati e Pannunzio. Si tratta di scritti che Quaglieni arricchisce ricostruendo la storia dei rapporti tra il Centro “Pannunzio” e le diverse personalità che animano il libro.

Le figure delineate sono spesso ricordate con episodi del tutto inediti e poco convenzionali, in alcuni casi persino politicamente “poco corretti”, ma sempre equilibrati sotto il profilo storico. Ne viene fuori un ritratto a tutto tondo dell’Italia civile, che l’autore ritiene vada riscoperta e valorizzata come patrimonio culturale irrinunciabile anche per il futuro delle nuove generazioni.
Camaleontika, gli spettacoli di gennaio
Dopo il divertente spettacolo di cabaret del 7 gennaio con i Senso D’Oppio e Wuoz, la rassegna Camaleontika torna con altri due importanti appuntamenti per concludere il mese di gennaio, quali la “Apocalisse” con il bravissimo Ugo Dighero il 21 gennaio e con “Elianto e Altre storie” il 22 gennaio, ovvero lo studio sulla nuova produzione della compagnia Fabula Rasa con i ragazzi africani del progetto Black Fabula ed altri ospiti.

CAMALEONTIKA 2016/2017 è la terza stagione teatrale organizzata ad Almese (TO) dalla compagnia Fabula Rasa diretta da Beppe Gromi, grazie al sostegno del Comune di Almese e della Fondazione Piemonte Dal Vivo. Una nuova stagione di colori per un Camaleonte che dal 15 ottobre 2016 al 7 maggio 2017 continua a giocare ridipingendo il paesaggio mutante che lo circonda sul palcoscenico del Teatro Magnetto di Almese, Nella bassa Valle di Susa, con spettacoli di teatro per tutte le età, cabaret, danza e musica. In questa edizione si è aperta una nuova importante collaborazione con “MEDICI SENZA FRONTIERE”, un sodalizio che aggiunge un tassello importante in una rassegna che sin dall’inizio si pone l’obiettivo di tenere acceso uno sguardo sul mondo dei più sfortunati. In tutti gli appuntamenti in programma vengono presentate alcune iniziative della nota associazione di aiuto umanitario con raccolta di offerte libere che andranno a sostenere le sue attività, oltre al progetto migrante Black Fabula che consiste in laboratori di teatro-danza condotti dalla Compagnia Fabula Rasa ed avviati nell’aprile del 2015 per rifugiati africani ospitati dal Comune di Almese.
Massimo Iaretti