Le poesie di Alessia Savoini
Il limbo è la frustrazione di un credo
Un eterno punto fermo nel buio
La fragilità di un dio confuso nel finito
Tra le parole di un uomo troppo attaccato alla sua terra.
Fedeli in coda per questioni di merito
In attesa della grazia o della sentenza eterna;
Meritarsi il paradiso è impegno e promessa
Ignorando che il cibo non è meritocrazia.
Tra le macerie il frutto di un’opera meschina
In silenzio il popolo recita la messa
Parole vane in nome della salvezza
Stiamo morendo e non ci accorgiamo di non avere più sete.



Il violinista ex enfant prodige e il direttore d’orchestra McAdams protagonisti del concerto di Carnevale all’ Auditorium Rai, su musiche di Strauss, Bizet, Paganini e Bernstein
Georges Bizet. Per festeggiare il Carnevale il concerto prevede un programma di brani brillanti, la cui apertura sarà affidata all’ Ouverture dal “Die Fledermaus” di Johann Strauss figlio, seguita da due pagine per violino di grande virtuosismo, interpretate da Garrett, la Czardas di Vittorio Monti e il celebre Capriccio n. 24 di Paganini, proposti nelle versioni per orchestra. La prima parte della serata si concluderà con una suite dalla Carmen di Bizet, mentre nella seconda parte si susseguiranno i Three dance episodes dal musical di Leonard Bernstein “On the town”, la danza ungherese n. 5 di Brahms, nella versione per violino e orchestra interpretata da Garrett, le Quattro danze del balletto Estancia di Alberto Ginastera e il Mambo da West Side Story di Bernstein. Il concerto si concluderà con l’ Ouverture dall’operetta di Offenbach “Orphee’ aux enfers” con il su celebre Can-can. Sempre McAdams e David Garrett saranno anche i protagonisti dei concerti in programma giovedì 2 marzo alle 20.30 e venerdì 3 marzo alle 20 all’ Auditorium Rai di Torino. Il programma verterà sull’ Ouverture KV 527 del Don Giovanni di Mozart, il concerto in re maggiore op. 35 per violino e orchestra di Cajkovskij, la sinfonia in tre movimenti di Igor Stravinskij e il notissimo Bolero di Maurice Ravel. Un’ora prima dei concerti saranno messi in vendita gli ingressi non numerati.
Rigoni Stern viveva sull’altopiano d’Asiago in una casa ai margini del bosco. In prossimità della sua abitazione sorgevano due larici: “Me li vedo davanti agli occhi ogni mattina e con loro seguo le stagioni; i loro rami quando il vento li muove, come ora, accarezzano il tetto”.
diventa grigia, rugosa e fessurata. (con l’età gli umani assomigliano agli alberi!)”. Infatti, lo scorrere del tempo si può leggere nel numero dei cerchi nel tronco degli alberi ed anche nella corteccia, così come l’avvizzirsi della pelle e l’incedere degli anni “segnano” il nostro invecchiare. Nei boschi sul versante del Mottarone che guarda verso il Verbano dove, fin da piccolo ,sono andato “a far legna” con mio padre, s’imparava presto a conoscere virtù e difetti degli alberi. Dal nocciolo -lungo, dritto, uniforme nel diametro – si ricavavano il manico del rastrello e altri attrezzi. Lo stesso si faceva con il frassino, il faggio (per la “ranza”, la falce da fieno) e il duro corniolo, per i “denti” del rastrello. La casa era riscaldata dalla stufa a legna,ma dal taglio dell’albero all’imboccatura della stufa, ci si “scaldava” sei, sette volte. Dopo aver tagliato la pianta (faggi o o robinia, castagno o rovere) la si “sramava”, portandola, poi, fuori dal bosco, in spalla. A pezzi lunghi fino a tre metri, trascinati per un paio di chilometri sul sentiero fino a valle (grazie ad una corda legata all’anello fissato ad un cuneo di ferro che si”piantava” nel tronco) gli alberi “scendevano” e, successivamente, con il tronco di nuovo a spalla, percorrevamo un altro chilometro fino alla cascina vicino casa dove c’erano la legnaia e la sega “circolare”. Azionata con un sistema di pulegge collegate ad un motore di Vespa V 98 “farobasso” del 1948, la sega serviva a tagliare il tronco a tocchi che poi, in ultimo, con un colpo d’ascia ben assestato venivano spaccati a metà. Per il taglio ci si regolava con la luna. L’influenza dell’astro d’argento apriva gli occhi su di un’infinità di regole e di “buone pratiche”.Il legname del tetto andava tagliato ai primi di marzo così, in caso d’incendio, le travi sarebbero rimaste sì scure, annerite, affumicate, ma sane e riutilizzabili. Se non si voleva che il legno marcisse sotto le intemperie andava tagliato,indipendentemente dalla luna, gli ultimi giorni di marzo, in modo da risultare quasi impermeabile. La legna da ardere si tagliava d’inverno, da novembre in poi, solo inluna calante. Se, poi, si voleva un bosco sano e forte, il taglio andava organizzato per ottobre, in luna crescente. Questo lo potevamo far noi, per le nostre necessità ma c’era anche chi seguiva un’altra logica. Ricordo un racconto di Mauro Corona,lo scultore-alpinista-scrittore di Erto, nella valle del Vajont. Scriveva che, tagliando in quel periodo il bosco, questo si rigenerava, rapidamente, ma la legna tagliata in quel momento pesava meno e, quindi, i boscaioli storcevano il naso (“minor peso,meno guadagno”). La stessa linea di crescita di un albero era ed è importante. Dipende da tante cose e non è uguale per tutti, anche se tutti crescono in verticale. L’andatura può andar su dritta, ma anche girare a destra o a sinistra. 
Mercoledì 1 marzo, alle ore 21, nell’auditorium del grattacielo Intesa Sanpaolo, inaugura il ciclo di letture TRENT’ANNI DOPO. PRIMO LEVI E LE SUE STORIE, a cura di Giulia Cogoli
guerra. La seconda storia, meno nota, ma altrettanto avvincente, riguarda le invenzioni di Levi come narratore di talento: i suoi racconti ispirati a una peculiare fantascienza o fanta-biologia o fanta-tecnologia, le sue poesie dal linguaggio ricco e arguto, chiare come cristalli e costruite a loro volta come racconti. Infine, la terza storia da ripercorrere riguarda la passione che Levi testimoniò per il proprio mestiere di chimico e per l’avventura del lavoro in generale: che ci parli degli elementi della tavola periodica legandoli alla propria vicenda personale, o ci racconti le peripezie di un operaio giramondo, al suo lettore-ascoltatore giungerà inalterata – e inconfondibile – la pronunzia della sua voce morale. Gioele Dix, attore, autore e regista, milanese. La sua formazione e la sua carriera sono di origine teatrale, inizia con grandi maestri come Antonio Salines e Franco Parenti. Intraprende poi la carriera di solista comico: diventando protagonista in televisione con Mai dire gol e Zelig. La sua grande creatività e la sua capacità interpretativa unica si esprimono al loro massimo in teatro. Di grande interesse alcune sue interpretazioni fra classico e comico: Edipo.com, La Bibbia ha (quasi) sempre ragione; di assoluto rilievo gli spettacoli, in tournée per anni, come: Dixplay e Nascosto dove c’è più luce; attualmente è in
tournée con Vorrei essere figlio di un uomo felice e Il malato immaginario. Fra le sue regie: Oblivion show, Sogno di una notte di mezza estate, Matti da slegare, Fuga da Via Pigafetta. Tra i suoi libri: Cinque Dix (Baldini e Castoldi, 1995); Manuale dell’automobilista incazzato (2007), Quando tutto questo sarà finito (2014), per Mondadori. Marco Belpoliti, saggista e scrittore, ha curato l’edizione delle Opere di Primo Levi presso Einaudi (1997) e la nuova edizione Opere complete (Einaudi, 2016), Domenico Scarpa, consulente del Centro internazionale di studi Primo Levi di Torino, per il quale cura la collana «Lezioni Primo Levi», pubblicata da Einaudi, e curatore di diverse pubblicazioni dello scrittore torinese.
vita della città, aperti agli appassionati dell’ingegno e della bellezza e a chi cerca nuove prospettive verticali. La hall del piano terra, aperta sul Giardino Grosa, completamente riqualificato nel 2014, conduce con due scale mobili all’Auditorium sospeso. Attraverso un sistema meccanizzato la sala, che può ospitare fino a 400 posti a sedere, assume in breve tempo tre diverse configurazioni: sala conferenze, concerto e spazio espositivo. La qualità acustica è assicurata da un sofisticato sistema di controllo dei rivestimenti a parete


È uno dei vincitori dell’edizione 2015 dell’Europäischer Kulturpreis conferito dalla Pro Europa Stiftung di Dresda,
Lunedì 27 febbraio 2017, ore 11 ai Musei Reali di Torino (con ingresso in piazza Castello 191 esclusivamente per questa occasione) si terrà la presentazione del RESTAURO DELLA CAPPELLA DI CARLO ALBERTO
Si apre sabato 25 febbraio alle 15, nelle sale del Castello di Miradolo, la mostra Tiepolo e il Settecento veneto, curata da Giovanni Federico Villa, un percorso tra i capolavori – circa cinquanta opere in esposizione, tra tele, incisioni, acqueforti e disegni – di un artista che ha pressoché attraversato un intero secolo
pubblico dei visitatori, come la Decollazione del Battista dovuta a Giandomenico Tiepolo, capace oggi di esplodere nel contrasto tra gli incarnati del santo e quelli del boia, le vesti sgargianti e le ombre profonde della passione.