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l Museo Nazionale del Risorgimento Italiano aderisce alle Giornate Europee del Patrimonio 2017, promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e propone sabato 23 settembre alle ore 15.30 una visita guidata gratuita.
Anche quest’anno il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano aderisce alle Giornate Europee del Patrimonio, promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Sabato 23 settembre 2017 alle ore 15.30 verrà proposta al pubblico la visita tematica gratuita “Dall’Epoca dei lumi alla Belle époque: il
Risorgimento della scienza”.Un percorso che racconta la nascita e lo sviluppo del pensiero scientifico attraverso i suoi protagonisti, dalla fine del Settecento al passaggio tra XIX e XX secolo, descritto nellecollezioni esposte al Museo.
L’orario di apertura del museo è dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17.00). Biglietto di ingresso secondo le consuete tariffe.
Per informazioni è possibile telefonare al numero 011.562.11.47 oppure consultare il sito www.museorisorgimentotorino.it
(foto: il Torinese)
E’ visitabile fino al 22 ottobre la mostra di Enrico Baj “Gioco e Potere”, inaugurata sabato 16 settembre presso la Sala Esposizioni “Panizza” di Ghiffa (Vb).
sovvertendo le regole prestabilite. Anarchico, lotta contro l’abuso del potere. Il suo linguaggio è ludico e dissacrante. Da qui il titolo dell’esposizione: “gioco” una componente fondamentale del suo fare artistico (“Il mio lavoro confina col gioco, a tal punto che spesso uso, quale materiale pittorico, veri e propri giocattoli. (..) Il problema dell’uomo ludico, o giocante, è il problema di tutti noi e i governi, anziché imporre colle leggi il servizio militare obbligatorio, meglio farebbero a imporre il gioco militare obbligatorio) e “potere”, l’oggetto a cui è indirizzata la sua polemica, sempre ironica. In particolare è il potere militare che viene messo in causa, con oltre venti incisioni dei “Generali” e del loro contraltare femminile, le “Dame”, esposte in mostra. Le opere
provengono dalle cartelle Larmes de généraux (1965) con sette litografie a colori, Bajchez Baj (1973) e Le dame di casa Baj (1975) con tecniche miste a colori su carta, Plastik-Plastik (1969) con una serigrafia a colori su plastica e sono presentate nelle cornici originali con interventi pittorici raffiguranti medaglie, stelle e decorazioni. Compaiono inoltre acqueforti a colori su carta stampate da Giorgio Upiglio. In esposizione anche due preziosi libri d’artista: La cravate ne vaut pas une medaille (1972) e Limbo (1966). La mostra è visitabile fino al 22 ottobre presso la Sala esposizioni di corso Belvedere, 114 a Ghiffa (VB). Orario: da giovedì a domenica 16-19.
FINO AL 24 SETTEMBRE
soprattutto, con tante vigne, tante colline e borghi da sogno, anche poco conosciuti ma sostanzialmente rispettati dall’“ingegnosità”, non di rado macabra e stupida, dell’essere umano. Opere che variano alla grande sul piano della cifra stilistica, dell’ispirazione e delle motivazioni nonché della tecnica e dei materiali usati: dalla pittura, alla grafica, alla scultura alla ceramica e alla fotografia. Ideatrice e curatrice della rassegna ancora una volta, é Anna Virando (che meriterebbe un monumento per tutto l’impegno profuso in questi anni in qualità di conservatrice del Museo mombercellese), una vita dedicata all’arte, prima a Torino – nell’indimenticato “Studio Laboratorio” di corso Lanza – e poi nel buen retiro di Mombercelli. “Tutte le opere esposte – sottolinea – sono un omaggio al nostro territorio e alle nostre colline; territorio unico, le cui bellezze paesaggistiche sono
state riconosciute, insieme al lavoro intelligente dell’uomo che le abita e le vive, a livello mondiale”. Un attestato che la rassegna pone in chiaro risalto nella lunga sequenza dei pezzi esposti che vanno, solo per citarne alcuni, dall’essenziale e geometrico acrilico su tela “La casa sulle colline blu” del canellese Giancarlo Ferraris ai quattro grappoli d’ “Uva” –quale soggetto più attinente al tema della rassegna? – ricavati dal legno con certosina maestria dallo scultore di casa Renato Milano. Suggestiva anche la ceramica “raku” volutamente incorniciata alla bell’e meglio con frammenti di legno antico, in cui Sonja Perlinger (origini austriache, ma residente a Bruno d’Asti) ci racconta di quando, milioni di anni fa, su quelle colline “C’era il mare…” o quando le stesse erano popolate dal “Mastodonte”, l’elefante preistorico di cui la mostra espone il calco della mascella ritrovato nel ‘54 da un giovane mombercellese sulle colline di Roeto. Scorci di paesaggio che colpiscono occhi e cuore sono ancora l’“Inverno verso Neive”, olio su tavola di Michele Acquani che con grande e raffinato mestiere dà prova di un figurativo che occhieggia con forte empatia all’astratto, così come i più compositi e minuti “La pianura di Mombercelli vista dalle colline” di Gioconda Cornelli,“Vinchio verso le cascine” di Jutta Schaefer e le tecniche miste “I giorni sulle colline” di Monica Raiteri. Per la sezione “fotografia”, molto interessanti e singolari sono le “sovrapposizioni” di più paesaggi di Omar Pistamiglio e il “Collage” di oltre trenta piccole foto a colori del casalese Renato Luparia. Di grande impatto emozionale, in campo grafico, “La prima neve”, serigrafia a sei colori di Enza Prunotto e le
quattro xilografie “Studi per un Monferrato silente” di Albina Dealessi, accanto ai deliziosi acquerelli di Francesca Giacobbo e di Nadia Presotto e al singolarissimo e ingegnoso disegno in scala di grigi, “Dalla Vasca di Roeto”, realizzato da Igor Carino con un mix di tecnica
manuale e digitale. Da non dimenticare infine tutti gli altri artisti presenti in mostra: Piera Adorno, Maria Bertolino, Pamela Borello, Giacomo Ballario, Marina Bottero, Ferruccio Cavallero, Renata Coisson, Barbara Fantaguzzi, Stefano Ferrero, Giuseppe Gandolfi, Giovanna Gaveglio, Giancarlo Gianotti, Fulvia Gonella, Rino Gonella, Bruna Laiolo, Piero Marchisio, Sonia Moiso, Filippo Pinsoglio, Luciana Rondoletti, Orianna Salina, Bianca Sconfienza, Silvia Secco, Alessandro Stabile, Francesca Staglianò, Piergiorgio Viglietti, Silvio Volpato, Piero Zunino.
Nelle immagini
Le poesie di Alessia Savoini
FINO AL 24 SETTEMBRE
57esima edizione, curata da Giuseppe Bertero, si porta addosso un titolo quanto mai impegnativo ma esemplare nell’ottica di una corretta chiave di lettura della rassegna; direttamente ispirato dall’incipit del celebre poema di Ovidio, il titolo “Metamorfosi” vuole infatti “mettere in evidenza – sottolinea lo stesso Bertero – le continue trasformazioni dell’arte della ceramica di Castellamonte, dalle famose stufe all’artigianato e al design, fino alle sculture in ceramica opera di importantissimi artisti”. Il percorso espositivo
si inizia al primo piano di Palazzo Botton (piazza Marconi, 1), luogo “principe” dove si possono ammirare le più belle stufe realizzate dai produttori del luogo, con un occhio di particolare riguardo per quelle più innovative, ma già “star” mondiali, come le blasonate Stack, premiate con il “Compasso d’oro” dall’ADI, Associazione per il Disegno Industriale, e sulle quali la mostra presenta anche un pregevole e dettagliato progetto – illustrato con dovizia di particolari – realizzato dal locale Liceo Artistico Statale “Felice Faccio”, già Regia Scuola per l’Arte della Ceramica e poi Istituto d’Arte. Accanto ad esse le “stufe d’autore”. E qui noblesse oblige citando doverosamente i singolari manufatti a firma di Enrico Bay, Ugo Nespolo, Ugo La Pietra, William Sawaya e Fortunato Depero. L’avventura prosegue con una
rinnovata installazione-racconto, sapientemente giocata fra mito e quotidiana realtà da Luigi Stoisa e che resterà in permanenza a Palazzo Botton. Dove, al secondo piano, ci s’imbatte in un vero e proprio “tesoretto”, per dirla ancora con Bertero, dinanzi ad opere di artisti che hanno lavorato a Castellamonte o che sono stati ospiti nelle varie edizioni della Mostra: primo fra tutti, Angelo Barengo (attivo fra Otto e seconda metà del Novecento), e poi ancora Enrico Carmassi, Ugo Milani, Alfeo Ciolli e il grande Renzo Igne con i suoi straordinari pezzi unici a soggetto sacro. E, di stanza in stanza, l’elenco prosegue con i vari Arnaldo Pomodoro, Carlo Zauli, via via fino a Nino Caruso, a Salvatore Cipolla e alle improbabili e intriganti umanità di Nino Ventura. Doveroso, nella Sala Consigliare, l’omaggio a Nicola Mileti, storico e appassionato curatore delle
passate edizioni della Mostra. Lasciato Palazzo Botton, il Centro Congressi Martinetti (via Educ, 59) espone i lavori di artisti attivi in Castellamonte e nel Canavese, accanto ai “gioielli in
ceramica da indossare” a cura della CNA di Torino e, nella Sala Conferenze, i manifesti della Mostra dal 1961 ad oggi. Altra imprescindibile location nel percorso espositivo della rassegna è indubbiamente il Liceo Artistico Statale “Felice Faccio” (via Pullini, 24), autentica fucina – e ne sono prova concreta gli elaborati in esposizione – di nuovi giovani talenti dell’arte della ceramica. E non solo. E infine, a chiudere il cerchio, meritano sicuramente una visita le altre quattro sedi messe a disposizione in città. Tutte gestite e allestite da privati: dalla Casa Museo Famiglia Allaria (via Massimo D’Azeglio, 176) alla Casa Gallo – Cantiere delle Arti (via Educ, 40), per finire con il Centro Ceramico Museo Fornace Pagliero (in Borgo Spineto, 61) e La Castellamonte Stufe (via Casari, 13). Intenzione degli organizzatori è anche quella di favorire visite ai vari centri di produzione delle ceramiche distanti pochi chilometri dal centro cittadino, così come ai “castelletti”, in frazione Sant’Anna Boschi, affascinante luogo estrattivo dell’argilla rossa di Castellamonte.


Afferma il prof. Pier Franco Quaglieni, Direttore del Centro “Pannunzio”: «Per l’americano Friedman, Pannunzio è l’intellettuale liberale che durante la seconda guerra mondiale nel 1943, scrivendo un saggio su Tocqueville, dimostrava una irresistibile attrazione per la democrazia statunitense come patria di tutte le libertà».
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