Per Oreste del Buono aveva “una voce dal tono educato ma non remissivo”. Salvatore Quasimodo scrisse che partecipò “non da osservatore ai movimenti letterari e culturali del nostro tempo”. Enrico Emanuelli, scrittore e giornalista novarese, è stato uno dei protagonisti più importanti e interessanti del panorama letterario nel trentennio che va dagli anni ’30 ai ’60. Dedicandogli il suo 53° numero, a mezzo secolo esatto dalla scomparsa, la rivista “Microprovincia”, diretta dal poeta Franco Esposito, ricorda “Enrico Emanuelli tra letteratura e giornalismo”. Un lavoro importante con riscoperte, fotografie d’archivio, testi inediti e rari, autorevoli scritti di Roberto Cicala, Pierfranco Bruni, Raul Capra, Franco Contorbia, Oreste del Buono, Dante Maffia, Eugenio Montale, Ercole Pelizzone, Salvatore Quasimodo, Giancarlo Vigorelli. Nato a Novara nel 1909 , non ancora ventenne, Emanuelli pubblicò il suo primo libro, Memolo, ovvero vita, morte e
miracoli di un uomo, per le edizioni della rivista novarese “La Libra”, fondata da Mario Bonfantini in quello stesso anno, il 1928. Letterato e giornalista di vaglia, diventò uno degli inviati speciali italiani di maggiore prestigio, prima per “La Stampa”, quindi per il “Corriere della Sera”, dove assunse la carica di redattore della pagina letteraria. Il Pianeta Russia del 1952 e La Cina è vicina del 1957 sono alcuni libri tratti dalle sue corrispondenze giornalistiche, di assoluto valore letterario. Enrico Emanuelli era un giornalista che amava
molto la letteratura. Sul Corriere della Sera del 2 luglio 1967, Eugenio Montale scrisse in suo ricordo che a “Emanuelli non passò mai per la testa l’idea che scrivere “corrispondenze”, servizi da “inviato speciale” o scrivere un romanzo fossero due operazioni diverse. Il criterio da seguire era lo stesso: la leggibilità e l’onestà del prodotto”. Una scrittura colta e chiara, dove si coglie – come ha scritto Roberto Cicala – “la fine analisi interiore che caratterizza anche i personaggi dei suoi romanzi, come “La congiura dei sentimenti” del 1943, con la rivolta dell’individuo contro la società”. Il suo romanzo più conosciuto “Uno di New York”, uscito nel 1959, è invece un amaro esame di coscienza attraverso la vicenda di un celebre pittore che torna casualmente nella città dove è nato (riconoscibilissima in Novara) non ritrovando più i suoi ideali giovanili. Enrico Emanuelli era legato alla città dov’era nato e , come scrive Giancarlo Vigorelli, “era un nostalgico in fuga”. Il destino lo portò a girare per il mondo ma quando tornava alla sua residenza milanese non mancava mai di fare una “scappata”
all’ombra della cupola di San Gaudenzio che svetta su Novara. Il suo libro-testamento “Curriculum mortis” venne pubblicato postumo l’anno dopo la morte avvenuta a Milano nel luglio del 1967. La rivista Microprovincia, nata su quattro fogli, nell’autunno di trentasette anni fa, con una veste grafica assolutamente sobria, è oggi una delle più prestigiose pubblicazioni della cultura e della poesia italiana. Da un quarto di secolo, la sua uscita , con le sue monografie e raccolte,è un appuntamento atteso. E anche questo numero ( Interlinea edizioni, 25 euro), dedicato all’illustre letterato novarese, ne conferma qualità e prestigio.
Marco Travaglini
San Secondo di Pinerolo (Torino)
Fondazione : suoneranno insieme senza vedersi, ma la loro esecuzione sarà unica e udibile ovunque, grazie a un sistema di diffusione multicanale, studiato appositamente per la location e sincronizzato con le differenti scenografie – video in ogni sala. Questa molteplicità di possibili punti di vista consentirà al pubblico di essere protagonista privilegiato: potrà fruire dell’ascolto ravvicinato dei singoli strumenti e godere dell’intera partitura in una cornice storica ricca di fascino, muovendosi fra le grandi scenografie e l’oscurità delle sale. Nel finale del Concerto, i visitatori potranno accendere delle piccole torce per creare giochi di luci e ombre, ideale trasfigurazione delle immagini in bianco e nero che, fino a quel momento, avranno accompagnato l’esecuzione.


tournée con oltre 400.000 spettatori e 13 puntate di VUUAALÀ! CHE MAGIA!, attualmente in onda su Boing tutti i venerdì alle 20.00. Dimenticate il classico mago con cilindro, bacchetta e frac, perché Luca Bono è sì uno straordinario illusionista, ma soprattutto un ragazzo normale in grado di fare cose eccezionali. In scena assisteremo ad un percorso spettacolare e tecnologico tra illusioni di grande effetto scenico ed emotivo, manipolazione di oggetti, close up, mentalismo e apparizioni spettacolari. Per lo show risultano venduti già 2000 biglietti e le prime repliche sono già sold out.
Luca Bono passa così dal sottoscala del circolo magico torinese alle grandi platee internazionali. “Sono davvero emozionato dall’idea di calcare questo palcoscenico da solo, dopo diversi anni in cui ho proposto i miei numeri al fianco di altri artisti. Sarà una vera e propria sfida che ho intrapreso con me stesso, vincendo le mie timidezze, ma con l’intenzione e la volontà di portare davanti al pubblico il meglio del mio repertorio: dai numeri più amati dal pubblico, come quello con le colombe che mi ha portato alla notorietà, ad altre performance nuove che proporrò per la prima volta esclusivamente per questa occasione”. In scena, dunque andranno non solo l’Artista, ma anche il ragazzo, con tutte le sue debolezze, le sue paure e la sua proverbiale riservatezza in grado di sciogliersi davanti al pubblico con la stessa disinvoltura con cui l’insospettabile Clark Kent sapeva, in una frazione di secondo, trasformarsi in Superman; all’apertura del sipario le arti magiche trasformeranno la sua normalità in una grande dimostrazione di talento e in un caleidoscopio di sorprendenti effetti conditi con lo stile personale ed accattivante proprio di Luca Bono. Al suo fianco Sabrina Iannece, l’artista-assistente che da cinque anni lavora al fianco di Luca Bono e che in questo occasione è co-protagonista.
Natale è alle porte e I Concerti del Lingotto faranno gli auguri al pubblico come meglio non si potrebbe, con una delle composizioni sacre più amate in assoluto: il magnifico Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach.
Tom Joad è il protagonista del romanzo più famoso di John Steinbeck, “The Grapes of Wrath”, uscito negli Stati Uniti nel 1939 e conosciuto in Italia con il titolo Furore.
della lotta di classe più aspra, dei sogni che s’infrangevano a contatto con la realtà. Ma non è quella la storia che Springsteen scelse di raccontare nella sua straordinaria canzone dedicata al fantasma di Tom Joad. O, almeno, non è “solo” quella poichè quel fantasma è ben presente nell’America di oggi, come se quasi ottant’anni dopo ben poco fosse cambiato. “
Joad ” è stato l’undicesimo album in studio di Springsteen, pubblicato nel 1995 dalla CBS Records. Presidente degli “states” era il democratico Bill Clinton che, di lì a poco, sarebbe stato rieletto alla guida della nazzione a stelle e strisce. Un anno dopo, nel 1996,
anni ’90“. E, possiamo aggiungere, su quella odierna al tempo di Donald Trump. Nella canzone si parla dell’autostrada, luogo simbolo del sogno americano, esaltato dalla generazione beat. Un immaginario ancora ben vivo ma popolato da gente senza speranza, il cui destino è un fuoco acceso sotto un ponte per scaldarsi. I Tom Joad di oggi sono
Le poesie di Alessia Savoini
Sabato prossimo 16 dicembre, a partire dalle ore 16, per i visitatori della mostra “Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura”, ospitata nelle storiche sale del Castello di Miradolo, la Fondazione Cosso organizza, in collaborazione con il Circolo Laav di Torre Pellice, un interessante appuntamento dal titolo “Letture itineranti”
invece, alle ore 15,30, la Fondazione propone per i più piccoli, sempre all’interno del Castello, “La magia del Natale”, un laboratorio pensato per i bimbi dai 6 agli 11 anni, ispirato al tema della Festa. Obiettivo: stimolare, sotto la guida di un’operatrice didattica, la loro creatività imparando a realizzare decorazioni natalizie, come insolite ghirlande, simpatici elfi e carte decorate a mano. La prenotazione è obbligatoria entro sabato 16, telefonando al n. 0121/502761
oppure attraverso e-mail a 
FINO ALL’11 MARZO 2018
veneziano. Che fu straordinario incisore all’acquaforte e architetto (anche se la sua unica realizzazione architettonica fu la ristrutturazione della chiesa romana di Santa Maria del Priorato, testimoniata in mostra dagli scatti fotografici di Andrea Jemolo), soggiogato da una divorante passione per le grandiose rovine di Roma – dove si trasferì nel 1740, al seguito dell’ambasciatore veneziano Francesco Venier – riprodotte con superba e certosina sapienza attraverso la matrice vedutistica (da Tiepolo a Canaletto) della propria formazione veneta. Con le “parlanti ruine” della civiltà romana, Piranesi si lega anima e corpo. Ne fa percorso di vita e di lavoro incessante, oggetto di attenzione etica oltreché estetica, tesa al recupero di una civiltà –quella romana, appunto- che egli riteneva assolutamente superiore a quella greca. “Quando mi accorsi – scrive – che a Roma la maggior parte dei monumenti antichi giacevano abbandonati nei campi o nei giardini oppure servivano da cava per nuove costruzioni, decisi di preservarne il ricordo con le mie incisioni”; ecco allora il perché della sua vastissima produzione acquafortistica (nella città
eterna, appena ventenne, apprese i rudimenti dell’acquaforte nella celebre bottega calcografica di Giuseppe Vasi), incentrata sulla riscoperta dell’archeologia e caratterizzata da audaci ed esasperate visioni prospettiche nonché da violenti effetti luce-ombra che ne fecero uno degli artisti di maggior successo – con Papa Clemente XIII come primo mecenate- in un mercato artistico effervescente e vivace qual era quello romano nel periodo di massimo splendore del Grand Tour internazionale.
Fondazione Cini provengono anche le realizzazioni tridimensionali di alcune invenzioni piranesiane mai realizzate e ricavate dal ricchissimo repertorio delle “Diverse Maniere di adornare i Cammini” o di alcuni pezzi antichi, riprodotti e divulgati dall’artista nella serie dei “Vasi candelabri cippi sarcofagi tripodi”, come il celeberrimo tripode del Tempio di Iside a Pompei, vero e proprio masterpiece dell’arredo neoclassico e Impero. Di grande interesse anche la sala “immersiva” delle prigioni piranesiane, rese in versione tridimensionale e realizzate dal Laboratorio di Robotica Percettiva della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, al fine di fornire ai visitatori un più vasto e accattivante repertorio visivo e sensoriale. Per condividere ancor meglio le creazioni di quel geniale visionario e potente “fabbricatore di utopie” quale fu Piranesi, artista (secondo lo scrittore inglese suo contemporaneo Horace Walpole) “selvaggio come Salvator Rosa, fiero come Michelangelo, esuberante come Rubens”, capace di costruire “palazzi sopra ponti, templi su palazzi e di scalare il cielo con montagne di edifici”.