CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 755

Il mito di Orfeo e Euridice al Gobetti

Un uomo, forse un ragazzo, ama una donna, forse una ragazza, e ne è riamato. Ma lei muore. E lui rimane solo. Il mito di Orfeo e Euridice ci parla di questo. Ma ci parla ancora? E cosa può dirci di questo accadimento così comune eppure così unico, definitivo, irripetibile, come la perdita della persona amata?

EURIDICE TEATRO

Martedì 15 marzo 2016, alle ore 19.30, al Teatro Gobetti, andrà in scena, EURIDICE E ORFEO di Valeria Parrella, con la regia di Davide Iodice. Lo spettacolo è interpretato da Michele Riondino (nel ruolo di Orfeo) e da Federica Fracassi (nel ruolo di Euridice). Con loro in scena: Davide Compagnone e Eleonora Montagnana. Musica in scena: Guido Sodo e Eleonora Montagnana. Spazio scenico, maschere e costumi di Tiziano Fario, disegno luci di Davide Iodice, musiche originali di Guido Sodo. Euridice e Orfeo, prodotto dalla Fondazione Teatro di Napoli, sarà replicato al Gobetti per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale fino a domenica 20 marzo.

Un uomo, forse un ragazzo, ama una donna, forse una ragazza, e ne è riamato. Ma lei muore. E lui rimane solo. Il mito di Orfeo e Euridice ci parla di questo. Ma ci parla ancora? E cosa può dirci di questo accadimento così comune eppure così unico, definitivo, irripetibile, come la perdita della persona amata?  Euridice e Orfeo è tratto dal libro di Valeria Parrella Assenza. Euridice e Orfeo, una novella che diventa un testo teatrale, una storia non realistica, ma piuttosto – nelle parole della stessa Parrella – orientata alla filosofia e alla psicologia della perdita e dell’elaborazione del lutto. Con questo testo la scrittrice torna a confrontarsi con la classicità: rielabora il mito di Euridice e Orfeo con forza, originalità, coraggio e lo fa parlare ancora agli uomini e alle donne di oggi, proponendone una lettura in chiave contemporanea. 

Ad interpretare i due personaggi principali del testo della Parrella, Michele Riondino, poliedrico attore di cinema, teatro e televisione, protagonista dal 2012 della seguitissima fiction Rai Il giovane Montalbano di Andrea Camilleri e Federica Fracassi, attrice di teatro e cinema, Premio Ubu 2011 come attrice protagonista per Hilda e Incendi (ex aequo con Mariangela Melato) e Premio Eleonora Duse 2011. Insieme a loro Davide Compagnone, nel ruolo di Hermes e Eleonora Montagnana (figure e coro). Le musiche originali sono di Guido Sodo.

In occasione delle repliche al Gobetti di Euridice e Orfeo, mercoledì 16 marzo 2016, alle ore 18.00, il Circolo dei lettori, in collaborazione con il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, organizza, presso la sala grande del Circolo, un incontro con lo scrittore Gian Luca Favetto, gli attori dello spettacolo Michele Riondino e Federica Fracassi e l’autrice del testo Valeria Parrella. Per informazioni: telefono 011 4326827 – info@circololettori.it
 
LOCANDINA DELLO SPETTACOLO
TEATRO GOBETTI
dal 15 al 20 marzo 2016
EURIDICE E ORFEO
di Valeria Parrella 
regia Davide Iodice
personaggi e interpreti
Orfeo Michele Riondino  
Euridice  Federica Fracassi 
Hermes Davide Compagnone 
figure e  coro  Eleonora Montagnana
musica in scena Guido Sodo, Eleonora Montagnana
spazio scenico, maschere, costumi Tiziano Fario
disegno luci Davide Iodice
musiche originali Guido Sodo
produzione Fondazione Teatro di Napoli
INFO: Tel. 011 5169555 – Numero verde 800235333 

“Chi ha fatto il turno di notte”. Le parole in versi di Izet Sarajlić

La biblioteca bombardata e incendiata con i suoi libri, memorie e percorsi degli altri. L’artiglieria degli assedianti centrava monumenti, cimiteri, moschee, per cancellare dal suolo ombra e radice della parte avversa. Le parole erano emigrate dai libri e giravano alla cieca nell’aria

turno notte1

Nell’assedio più lungo del 1900, nella Sarajevo degli anni Novanta, i cittadini andavano alle serate di poesia nel buio di una città senza corrente elettrica. In questo modo “sperimentavano che in una guerra solo i versi sono capaci di correggere a forza di sillabe miracolose il tempo sincopato dei singhiozzi, il ragtime delle granate, l’occhio di un mirino addosso”. Così Erri De Luca, nella prefazione di “Chi ha fatto il turno di notte”, straordinaria silloge di Izet Sarajlić. Quando Einaudi la pubblicò, nel 2012, il grande filosofo e poeta bosniaco era già morto da dieci anni. Celebrarlo con una raccolta che ripercorreva, in ordine cronologico, quasi cinquant’anni (dal 1950 al 1998) della sua produzione poetica era un buon modo per far conoscere la forza e la profondità dei suoi versi. “Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti”, scriveva Sarajlić. La biblioteca bombardata e incendiata con i suoi libri, memorie e percorsi degli altri. L’artiglieria degli assedianti centrava monumenti, cimiteri, moschee, per cancellare dal suolo ombra e radice della parte avversa. Le parole erano emigrate dai libri e giravano alla cieca nell’aria. E in quel tempo di granate che esplodevano a casaccio, Sarajlić scriveva: “In una notte come questa, malgrado tutto, pensi a quante notti d’amore ti siano rimaste”. Potenza della poesia e del cuore di chi non ha saputo odiare né maledire. Il poeta  non abbandonò la sua gente né rinnegò la sua città, neanche quando, più volte negli anni, essa ha rappresentato morte e devastazione, perdita degli affetti più cari: “Qui, se chiamo persino i pioppi, miei concittadini,/ anch’essi sapranno ciò che mi fa soffrire./ Perché questa è la città dove forse non sono stato/ troppo felice,/ ma dove tuttavia anche la pioggia quando cade non è/ solo pioggia.” turno notte 2Sarajevo è dunque “la Città”, il luogo che porta con sé il senso dell’intera esistenza del poeta, del suo dolore come della sua gioia, di un legame viscerale che, per quanto sofferto, è impossibile recidere. I suoi versi sono stati la passione civile si fa poesia. A testimoniarlo, poesia come questa, semplicemente intitolata “Sarajevo”: “E adesso dormano pure tutti i nostri cari e immortali. Sotto il ponte presso il II liceo femminile scorre gonfia la Miljacka.Domani è domenica. Prendete il primo tram per Ilidža. Naturalmente, posto che non cada la pioggia. La noiosa, lunga pioggia di Sarajevo. Chissà come si sentiva senza di lei Čabrinović in carcere! Noi la malediciamo, le bestemmiamo contro, e tuttavia mentre cade fissiamo gli appuntamenti d’amore come fossimo nel cuore di maggio. Noi la malediciamo, le bestemmiamo contro, sapendo che essa non potrà mai far diventare la Miljacka né il Guadalquivir né la Senna. E con ciò? Forse per questo ti amerò di meno e ti farò soffrire meno nella sventura? Forse per questo sarà minore la mia fame di te e minore il mio amaro diritto di non dormire quando il mondo è minacciato dalla peste o dalla guerra e quando le uniche parole rimaste sono “non dimenticare” e “addio”?Del resto, può darsi che questa non sia neppure la città in cui morirò, ma in ogni caso essa sarebbe stata degna di un me incomparabilmente più sereno, questa città dove, a dire il vero, non ho sempre avuto molta fortuna ma dove ogni cosa è mia e dove posso sempre trovare almeno uno di voi che amo e dirvi che sono disperatamente solo. A Mosca potrei fare lo stesso, ma Esenjin è morto e Evtušenko è certamente in giro da qualche parte della Georgia. A Parigi come potrei chiamare il pronto soccorso se non ha risposto neppure agli appelli di Villon? Qui, se chiamo, persino i pioppi, che sono miei concittadini, sapranno ciò che mi fa soffrire. Perché questa è la città dove, a dire il vero, non ho avuto molta fortuna ma dove tuttavia anche la pioggia, quando cade, non è solo pioggia”.

Marco Travaglini

 

Tutto esaurito al Conservatorio per Fcm Competition

 Concorso di musica da camera, unico in Italia facente parte della World Federation of International Music Competitions di Ginevra

conservatorio camera2

 Tutto esaurito al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, con 680 persone pronte ad applaudire i vincitori della finale dell’International Chambers Music CompetitionCittà di Pinerolo e Torino – Città metropolitana, il concorso di musica da camera, unico in Italia facente parte della World Federation of International Music Competitions di Ginevra ad aprire al duo, trio, quartetto, quintetto e sestetto anche con pianoforte, che si è svolto tra Pinerolo e Torino dal 29 febbraio al 6 marzo.

L’ingresso gratuito e la promessa di vivere dal vivo l’emozionante conclusione di una competizione internazionale con un montepremi da 23mila euro hanno trasformato la finale in un vero e proprio evento, simbolo delle sinergie culturali della nuova città metropolitana. La prestigiosa giuria dell’ICM Competitioncomposta da Andrea Lucchesini (Italia, presidente), Dimitri Ashkenazy (Islanda), Robert Atchison (Regno Unito), Klaus Kaufmann (Germania), Yovan Markovitch (Francia), Harald Schoneweg (Germania) e Marco Zuccarini (Italia), dopo aver esaminato i 100 musicisti delle 42 le formazioni under 33 di musica da camera in gara provenienti da tutto il mondo – Polonia, Russia, Georgia, Kazakistan, Ungheria, Germania, Corea del Sud, Italia, Lituania, Grecia, Serbia, Giappone, Bielorussia, Ucraina, Cina, Spagna, Taiwan, Francia, Lettonia, Belgio, Slovenia, Romania,  Estonia, Nuova Zelanda, Austria, Repubblica Ceca – ha assegnato i seguenti premi:

 conservatorio

1° premio
10.000 € – Premio Città di Pinerolo e Torino Città metropolitana

STRATOS QUARTETT

Katharina Engelbrecht (violino – Austria), Jan Ryska (violoncello – Repubblica Ceca)

Magdalena Eber (viola – Austria) e Mari Sato (pianoforte – Giappone)

Vengono da Austria, Giappone e Repubblica Ceca i membri dello STRATOS QUARTETT, vincitori del 1° Premio Città di Pinerolo e Torino Città metropolitana (10.000 €) dell’International Chamber Music Competition. Katharina Engelbrecht(violino), Jan Ryska (violoncello), Magdalena Eber (viola) e Mari Sato (pianoforte) si sono conosciuti all’Università di Musica e Arte di Vienna e da subito hanno vinto premi prestigiosi, collaborato con rinomati musicisti da camera e professori, tenuto concerti in sale prestigiose e festival internazionali.

Il premio è stato consegnato da Maurizio Braccialarghe Assessore alla Cultura della Città di Torino, Eugenio ButtieroSindaco di Pinerolo e Roberta Falzoni Assessore alla Cultura della Città di Pinerolo, a testimonianza dello straordinario valore che la manifestazione ha saputo raggiungere negli anni, ma soprattutto della forza e dell’importanza di un integrato sistema musicalecapace di attrarre talenti internazionali. Sul palcoscenico del Conservatorio hanno eseguito il Quartetto n. 1 in sol minore op. 25 Rondo alla zingarese di J. Brahms.

2° premio
€ 6.000 “Premio Iren

P.E.S. DUO

Emmanuel Tjeknavorian (violino – Austria), Maximilian Kromer (pianoforte – Austria)

3° premio
€ 3.000 “Premio Associazione Bianca – Cantalupa”

DUO HOFFNUNG

Gaku Sugibayashi (pianoforte – Giappone), Hiroka Matsumoto (violino – Giappone)

4° premio
€ 2.000 “Rotary Club Pinerolo e Rotary Club Torino”

DUO SHAFFER-JEGUNOVA

Susanne Schäffer (violino – Germania), Olga Jegunova (pianoforte – Lituania)

5° premio
€ 1.000

DUO URBA

Marius Urba (violoncello – Lituania), Vita Kan (pianoforte – Russia)

Premio speciale “Patrizia Cerutti Bresso” per la miglior interpretazione di una composizione di Schumann o diBrahms 

(Orologio e gioiello della linea Dodo di Pomellato per ogni membro del gruppo) 

STRATOS QUARTETT

Katharina Engelbrecht (violino – Austria), Jan Ryska (violoncello – Repubblica Ceca)

Magdalena Eber (viola – Austria) e Mari Sato (pianoforte – Giappone)

Premio del pubblico – € 1.000 – P.E.S. DUO

Emmanuel Tjeknavorian (violino – Austria), Maximilian Kromer (pianoforte – Austria)

La serata della finale ha visto protagonista anche il pubblico in sala che, tramite votazione, ha assegnato il Premio del Pubblico. Tra i votanti è stato estratto a sorte il fortunato vincitore del Premio al pubblico, un viaggio in una città italiana. La serata è stata presentata da Paolo Pomati.

A organizzare la competizione, dal 1994, è l’Accademia di Musica di Pinerolo che in questa edizione ha avuto il sostegno di MIBACT – Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Regione Piemonte, Città di Pinerolo, Città di Torino, il patrocinio Città di Pinerolo, Città di Torino, Fondazione per la Cultura e Città metropolitana, la partnership di Iren S.p.a., il contributo di Associazione Bianca – Cantalupa, Rotary Club Pinerolo, Rotary Club Torino, Bell Production, Galup e la sponsorizzazione tecnica di Mirafiori Motor Village, Bresso Gioielli, Piatino Pianoforti, Yamaha Music Europe, Cavourese S.p.A., Albergian, Caseificio Pezzana, Raspini Salumi, Eataly, Sant’Anna, Azienda Vitivinicola Le Marie, Edentours. Preziosa anche la collaborazione tecnica dell’Unione Musicale di Torino.

 
* ACCADEMIA DI MUSICA DI PINEROLO *
L’Accademia di Musica di Pinerolo opera da 20 anni sul territorio pinerolese con corsi annuali, stagioni concertistiche, stage estivi, concorsi internazionali. Ha al suo attivo più di mille concerti e la creazione di un’orchestra e di un coro. Da sempre sostiene i giovani di grande talento, li forma con docenti di fama internazionale, crea per loro occasioni pre-professionali; offre concerti per le scuole dalla prima infanzia alle superiori. Sostengono le attività dell’Accademia di Musica di Pinerolo Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Piemonte, Città di Pinerolo, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Banca di Cherasco, Piatino Pianoforte e Yamaha Musica Italia.
 

Nuova vita per il Jazz Club, riapertura il 18 marzo

La serata inaugurale, promossa in collaborazione con l’Alliance Francaise sarà un tributo al jazz e allo swing di Fred Buscaglione, insieme a un omaggio alla poesia di Apollinaire e Aragon

jazz3

Venerdì 18 marzo rinascera’ a nuova vita, in una veste rinnovata, ma sempre rispondente al gusto sabaudo, il cuore pulsante della musica jazz a Torino, il Jazz Club, in piazzale Valdo Fusi. Fondato da Fulvio Albano, fondatore del Festival jazzistico di Avigliana e di Briancon, e Gianni Basso, è stato ora ereditato da un gruppo di professionisti appassionati di jazz, insieme allo stesso Fulvio Albano che ne cura la parte artistica. Per la serata di apertura, promossa insieme all’Alliance Francaise di Torino, istituzione storica di promozione e diffusione della cultura francese, è stato scelto un titolo emblematico “Fleurs de Musettes: swing, valse, textes et chansons, de Frehel a Buscaglione”. Sijazz2 tratta di un percorso storico attraverso il jazz e la canzone francese tra Francia e Italia, riguardanti un arco temporale compreso tra gli anni Venti e l’inizio degli anni Sessanta. Django ne sarà il centro, ma non mancherà il riferimento al secondo conflitto mondiale, come quello presente nel film intitolato “Le bal”, che presenta una declinazione muiscale che va dal jazz allo swing. I temi dei testi sono lo scorrere del tempo, gli amori perduti, la speranza e la nostalgia. A suonare il violinista Laurent Zeller, accompagnato dal duo Musettes, e dai testi letti dall’attrice Giorgia Cerrutti. Il primo sarà “Le Pont Mirabeau” di Apollinaire, anticipatore del simbolismo; il secondo è quello di Aragon intitolato ” Tu n’en reviendras pas”; il terzo, sempre di Aragon, si intitola ” L’Affiche Rouge” . In conclusione due testi di Fred Buscaglione, di swing, intitolati ” Ogni notte così ” e “Troviamoci domani a Portofino”.

Nel rinato Jazz Club non sarà soltanto possibile ascoltare musica dal vivo di qualità, eseguita da artisti internazionali, ma sarà possibile gustare una cucina altrettanto di qualità, con un’ampia scelta di menu, anche vegetariani, affidati alla creatività di Ernesto Chiabotto, un personaggio eclettico, nella vita anche farmacista e scrittore, molto amante della cucina a km. zero.

jazz1Con la riapertura del Jazz Club, a sette anni dalla sua fondazione, Torino, che anche quest’anno ospiterà il Torino Jazz Festival a fine aprile, si riconferma capitale del jazz a livello nazionale e non solo. Se certamente i primi musicisti jazz operarono a Milano, dove Mirador portò la prima batteria nel 1918, e a Roma, al seguito dell’esercito americano di stanza durante la prima guerra mondiale, sicuramente, però, è Torino a vantare il primato del primo hot club italiano, progenitore degli attuali jazz club, nato nel 1933. Con il rinnovato Jazz Club, Torino avrà un’attrazione in più da offrire ai turisti e agli appassionati di una musica che è un inno alla vita, capace di esprimere emozioni inspiegabili, a proposito delle quali Louis Armstrong amava dire “Se hai bisogno di chiedere cos’è il jazz, non lo saprai mai”.

 

Mara Martellotta

 
 

Addio a Adriana Innocenti, grande attrice di teatro

Torna oggi alla mente quel che Testori le disse, all’indomani della messa in scena di Erodiade: “Adesso so che la tua arte va oltre la grandezza e si pone su quella soglia, per me rarissima, in cui l’interprete confina con la Testimone. Ho conosciuto qualche grande attrice (poche per la verità); ma nessuna che sapesse essere tanto più umile quanto più grande si faceva sulla scena, come invece tu sei stata, di giorno in giorno, e sei”

INNOCENTI3

Restano tanti ricordi, oggi, di Adriana Innocenti, scomparsa ieri mentre passo dopo passo, sempre più incerti, stava raggiungendo il traguardo dei novanta. Resta quel carattere indomabile, quella sua voce potente che sembrava ogni volta venir su dalle viscere del palcoscenico, quel viso mobilissimo e quegli occhi che dopo le frasi di rito, penso a certe conferenze stampa, risputavano una smorfia da monella, uno sberleffo, una battuta, resta quella gran voglia di viverlo il palcoscenico, quasi con rabbia, sempre con passione, non staccarsi da lì, di prolungare i tempi e gli spazi, mentre il compagno Piero Nuti la tirava via, con un sorriso, caldo, pieno d’affetto. Restano gli appuntamenti più recenti, perché alzi la mano chi non se l’è goduta, fino a ieri, negli appuntamenti di fine anno con Trappola per topi della Christie o grazie alla tragedia greca con cui apriva ogni anno la stagione dell’Erba, facendone anche una palestra per i nuovi attori. Resta il ricordo personale di chi scrive, quando in una lontanissima stagione dello Stabile torinese guidato da Franco Enriquez scopriva con la Mascia del Gabbiano cecoviano quell’interprete altissima che contribuiva a rinforzare una passione per il teatro che era nata da poco, quel carattere, quel temperamento alleggerito in quell’istante da una dolcezza e da un sogno senza confini, sul fondo della scena, capacissima a rubarla, mentre in primo piano Brignone e Mauri, Moriconi e Pani costruivano il mondo di rinunce dello scrittore. Resta soprattutto una lunga storia di teatro, di televisione, di radio e di cinema, a dire come l’attrice abbia attraversato senza inciampi tutte le strade dello spettacolo italiano. S’era diplomata all’Accademia INNOCENTI1Nazionale d’Arte Drammatica e aveva debuttato in teatro con La cena delle beffe nella compagnia di Annibale Ninchi, immediatamente dopo la guerra. Poi una lunga gavetta, tanti titoli e tanti personaggi, sino ad approdare allo Stabile di Torino, prima con Gianfranco De Bosio, con i testi (riscoperti) ruzantiani dell’Anconitana e dei Dialoghi, e con Enriquez poi, passando da Shakespeare alla Locandiera goldoniana agli autori contemporanei come il Wesker di Radici. Tra i registi che l’hanno diretta ricorderemo almeno ancora Luchino Visconti, Vittorio De Sica (“Liolà”), Luigi Squarzina, il sodalizio con Nuti e Maurizio Scaparro per il Teatro Popolare di Roma (“La vendetta della vecchia signora” di Dürrenmatt diretto da Pino Micol), come per il cinema s’affidò a Monicelli, Comencini, Pupi Avati, Ettore Scola, Lizzani, ad Alberto Bevilacqua per Attenti al buffone. Giorgio Strehler la chiamò al Piccolo di Milano per l’opera da tre soldi e per tre intere stagioni fu la signora Peachum, condivise con Sandro Massimini, Elio Pandolfi e Aurora Banfi l’amore per l’operetta, dalla Principessa della Czarda al Paese dei campanelli, fu insignita di premi prestigiosi come il San Genesio (per la Venexiana) o gli Idi annuali a Saint Vincent, incrociò la strada di Giovanni Testori che per lei scrisse l’applauditissimo e richiestissimo Erodiade, rappresentato anche all’estero, mise su pagina i suoi ricordi di vita e di arte in A piedi nudi nel teatro parafrasando con allegria Neil Simon. Sul finire del secolo scorso trovò nuove amicizie ed una casa a Torino. Germana Erba e Gian Mesturino la considerarono come la colonna di Torino Spettacoli.

INNOCENTI2

Nascono tra gli altri Arsenico e vecchi merletti di Kesserling, Agatha, signora degli enigmi di Groppali, Le troiane, Il Calapranzi di Pinter in abiti maschili, il goldoniano Osteria della posta. Una vita intera ad amare la propria professione, a inventare, a passare da un tempo all’altro, a rivisitare gli antichi e a scoprire i moderni, tra caparbia e affetto. Torna oggi alla mente quel che Testori le disse, all’indomani della messa in scena di Erodiade: “Adesso so che la tua arte va oltre la grandezza e si pone su quella soglia, per me rarissima, in cui l’interprete confina con la Testimone. Ho conosciuto qualche grande attrice (poche per la verità); ma nessuna che sapesse essere tanto più umile quanto più grande si faceva sulla scena, come invece tu sei stata, di giorno in giorno, e sei”.

Elio Rabbione

 

Quando le pagine dei giornali diventano storia

Torino vecchiaCOSA SUCCESSE IN CITTA’ / di Simona Pili Stella

Secondo una ricerca condotta presso l’ University College di Londra dalla neuroscienziata Eleanor Maguire, il passato è strettamente connesso al futuro, tanto che chi soffre di amnesia e quindi dimentica il passato, non riesce più nemmeno ad immaginarsi e a prospettarsi un futuro. Ebbene, forse per attenerci un po’ alle recenti scoperte, o forse perché in fondo il mondo e nello specifico la città in cui viviamo è fatta di storia e di aneddoti passati, “Il Torinese” ha deciso di dedicare questa particolare “rubrica” a Torino e agli avvenimenti più curiosi e che più l’hanno segnata nel corso degli anni, se non addirittura dei secoli precedenti.

comune palazzo civicoIl 1 gennaio 1948 venne consegnato, ai 288 Sindaci dei comuni della nostra provincia, il testo della nuova Costituzione. Alle undici di mattina la campana civica della torre di Palazzo Madama, cominciò a rintoccare e tutti i Sindaci (riuniti al Municipio per l’occasione) formando un corteo, si recarono in prefettura per ritirare il testo della nuova Costituzione.

In prima fila vi era l’On. Negarville, circondato dalla Giunta e seguito da una folta rappresentanza dei gruppi politici del Consiglio comunale di Torino. Per via Garibaldi e piazza Castello si formò un cordone fitto di spettatori giunti appositamente per assistere all’evento. Contemporaneamente, in un vasto salone della prefettura, si radunarono attorno al Dott. Carcaterra le più alte autorità cittadine.

Non appena il corteo giunse nel gremitissimo salone, si svolse la solenne cerimonia: il primo dei fascicoli della Gazzetta Ufficiale, contenente il testo della Carta Costituzionale, venne consegnato all’ on. Negarville, Sindaco di Torino. Dinnanzi al Dott. Carcaterra si avvicendarono successivamente i Sindaci dei comuni della provincia.

A mezzogiorno, il Sindaco del capoluogo piemontese, al cospetto degli assessori e dei consiglieri, fece il suo ingresso nella “sala rossa” del Consiglio, dove depositò la copia della Costituzione.

[La Stampa]

Era l’8 gennaio del 1970 quando Vittoria Bonifetti, nuora dello scrittore De Amicis, si spense nella sua abitazione in via Massena 71. Moglie dell’unico figlio rimasto di Edmondo De Amicis, l’Avv. Ugo (scomparso il 13 ottobre del 1962), la vedova De Amicis decise di lasciare l’intero suo patrimonio ai bambini meno fortunati delle scuole elementari e medie della città di Torino.

Un po’ come la storia del libro “Cuore”, la morte della vedova De Amicis si coronò di calda umanità: non avendo avuto figli i due coniugi concordarono che alla morte di entrambi, il loro cospicuo patrimonio (di oltre mezzo miliardo di lire) venisse destinato ai figli di persone povere, in modo da permettergli di studiare e di migliorare le loro condizioni. Il lascito De Amicis venne impiegato dal Comune per istituire borse di studio da destinare a studenti meritevoli e bisognosi.

Fu un grande gesto che rese omaggio sia al più grande best-seller della letteratura per ragazzi che al suo autore, il celebre scrittore Edmondo De Amicis.

[La Stampa]

Incendio_del_Cinema_StatutoLa sera del 13 febbraio 1983 un tragico evento colpì la città di Torino e i tutti i suoi abitanti. Intorno alle 18e15 un’ improvvisa fiammata, causata da un cortocircuito, divampò all’interno del cinema Statuto durante la proiezione di un film. L’improvvisa fiammata incendiò una tenda adibita a separare il corridoio dalla platea;questa cadendo, a sua volta incendiò immediatamente le poltrone delle ultime file.

Gli spettatori, terrorizzati, si rovesciarono in massa sulle sei uscite di sicurezza le quali, però, erano state tutte chiuse dal gestore ad eccezione di una. In galleria, poiché la proiezione del film non venne interrotta e poiché non erano ancora visibili le fiamme, nessuno percepì immediatamente il grave pericolo. Le conseguenze furono catastrofiche: la galleria si trasformò in una sorta di “camera a gas” che soffocò i presenti in meno di un minuto.

Quella sera morirono 64 persone: la vittima più giovane fu un bambino di 7 anni, mentre la più anziana fu una vittima di 55 anni.

[La Stampa]

Alle 17e30 del 7 febbraio 1955 un tram che percorreva c.so Massimo D’azeglio e diretto al capolinea delle Molinette, trovò in prossimità della biforcazione per via Valperga Caluso, un oggetto metallico di forma cilindrica. Il tranviere individuò subito l’oggetto come una bomba a mano di tipo “balilla” e poiché l’ordigno era senza sicura, diede immediatamente l’allarme.

Giunsero immediatamente i carabinieri che dopo aver fatto evacuare i passeggeri dal tram e dopo aver fatto allontanare i passanti, isolando la zona, fecero giungere sul posto due artificieri.

La bomba venne portata via e fatta esplodere in un posto isolato e sicuro. Grazie all’immediato riconoscimento dell’ordigno da parte del tranviere, venne evitata quella che avrebbe potuto essere ricordata come una tragedia.

[La Stampa]

Simona Pili Stellapili simona

Soldati  e Bonfantini, i “due Marii” a Corconio

I due scrittori scelsero questa  località come luogo di volontario “esilio rigeneratore” per uscire da “storte vicende sentimentali”

 

corconio6

Corconio è  una frazione di Orta San Giulio, in collina, raccolta nella sua malinconica bellezza. Lì, tra il 1934 e il 1936, Mario Soldati e Mario Bonfantini trascorsero un lungo periodo in questo incantato e solitario borgo che guarda sul lago d’Orta. I due scrittori scelsero questa  località come luogo di volontario “esilio rigeneratore” per uscire da “storte vicende sentimentali”. Nel 1934 Mario Soldati aveva 28 anni, era già stato in America, si era sposato con Marion Rieckelman  – una sua allieva della Columbia –  e da qualche tempo scriveva sceneggiature per la Cines-Pittaluga di Roma. Ma, sfortunatamente, era incappato in Acciaio, film tratto da un soggetto di Pirandello, diretto da Walter Ruttmann: più che un insuccesso, un verocorconio2 disastro. Si ritrovò licenziato, senza una lira e per di più anche un po’ sospetto agli occhi del Regime. Così prese una decisone netta, pur essendo per indole poco incline agli atti estremi: lasciò Roma e raggiunse l’amico Bonfantini a Novara e da lì,  in bicicletta, pedalando su strade sterrate e polverose “con ritmo quasi da professionisti” arrivarono al “buen retiro”  di Corconio, stregati da panorama tra il lago, le montagne e le antiche case di pietra. Quel posto divenne il suo luogo dell’anima, del vino, delle carte : ci rimase due anni, lontano da Roma e dal cinema, in compagnia di Mario Bonfantini  ( “vivendo la scrittori” ) e della gente del posto. Nel racconto “Un lungo momento magico” lo scrittore torinese rievocò le circostanze che lo avevano spinto a cercare rifugio sul Lago d’Orta. Lo fececorconio1 dopo la morte di Bonfantini, “ponendo fine al silenzio su quell’esperienza dovuto forse a quella forma di pudore cui si ricorre a volte per proteggere le cose più care”. In quel tempo Soldati scrisse il suo primo e bellissimo libro, “America primo amore”, diario e racconti del giovanissimo intellettuale europeo della sua esperienza di vita negli Stati Uniti, tantissimi articoli e vari altri scritti corconio4tra cui la prima parte del “La confessione”. Soggiornarono all’albergo della famiglia Rigotti , quasi adottati da quella famiglia, dove Angioletta e sua sorella Annetta, la “Nitti”, mandavano avanti l’attività , perché il padre, pa’ Pédar, “badava alla campagna, alle bestie, a fare il vino, a distillare la grappa clandestina, a commerci vari, a divertirsi e battere la cavallina”. Corconio, cento abitanti allora, fu un luogo importante per Soldati e Bonfantini, i “due Marii”, capace di offrire sorprese e meraviglie tra le pieghe più insospettabili della vita quotidiana, in prossimità del lago e sotto il “meraviglioso miraggio” del Monte Rosa. Lì condivisero con la comunità del piccolo borgo la vita, lenta e piacevole, scandita dalle partite di bocce e dalle “lunghe giornate al tavolino, ore interminabili proficue, difese e ovattate dal silenzio delle lente nebbie”. Conoscono personaggi eccentrici, ascoltando i loro racconti: il Nando, un “matto pacifico” che credeva di essere un genio della politica e si riferiva a se stesso in terza persona; il Cesarone, un uomo che aveva venduto sua moglie a un ricco capo mastro emigrato negli Stati Uniti.corconio5 Insomma, fu un periodo d’incontri e di lavoro in un atmosfera dove Mario Soldati, cresciuto negli ambienti della borghesia sabauda, scoprì i valori della “civiltà contadina”, restandone influenzato. Soldati riconobbe l’importanza di quell’esperienza , parlando dell’antica amicizia con l’altro “Mario”, quando scrisse:..il momento più importante della nostra amicizia e forse anche della sua e della mia vita è tra l’autunno del 1934 e la primavera del 1936, quando il destino ci appaiò, ci assecondò nella scelta di un volontario esilio sul lago d’Orta: quell’autoconfino rigeneratore, quel delizioso paradiso perduto e ritrovato che accogliendo lui e me, Mario il vecchio e Mario il giovane, ci salvò in extremis da strazianti, estenuanti, storte vicende sentimentali e restituì l’uno e l’altro al suo verocorconio7 se stesso. Fa bisogno di dire che recuperammo allora, e conservammo poi per sempre, il senso della realtà, della bellezza, della vita”. Sul finire della lunghissima parentesi romana, a metà degli anni Cinquanta, poco prima del suo “rientro al Nord”, Soldati frequentò assiduamente le zone della giovinezza come “villeggiante fuori stagione”, sul lago d’Orta e sul Maggiore, dove nacquero – ad esempio – i racconti de “La Messa dei villeggianti”. A Orta e Corconio, Mario Soldati tornò anche per girare nel ’59 “Orta mia”, un magnifico cortometraggio della collezione Corona Cinematografica, di grande ed elegante narrazione, girato in un superbo Ferraniacolor. Già nel  1941 aveva scelto il “suo” lago per realizzarvi le scene conclusive del film “Piccolo mondo antico” e, successivamente, vi ambientò alcuni dei suoi “Racconti del Maresciallo”. Il filmato di “Orta mia” si chiude sulla terrazza di una vecchia osteria corconio3affacciata sul lago, richiamando il luogo che aveva accolto i due amici tanti anni prima. Per una significativa coincidenza, anche Mario Bonfantini, nel suo volume “Il lago d’Orta” , del 1961, scelse di congedarsi dai suoi lettori con la stessa immagine di Soldati, descrivendo così l’albergo Rigotti: “Una modesta casa di belle linee dove era fino a non molti anni fa una cortese locanda: v’è chi sostiene che dalla sua lunga terrazza si gode, in ogni stagione, la più bella vista del lago”. Ora l’albergo non c’è più, ma tutto il resto è rimasto più o meno come allora.Dalla Chiesa di S. Stefano alla seicentesca villa della famiglia Bonola. La stazione , col quel rosso ferroviario dei muri sempre più smunto,da tempo è una casa privata: lì, i treni che sferragliano sulla Domodossola-Novara, non si fermano più da una vita. Ma se i muri  delle case potessero parlare chissà quanti racconti avrebbe in serbo Corconio. Storie per chi sa ascoltare e non ha fretta. Come non ne avevano, a quel tempo, i “due Marii”.

Marco Travaglini

ORTA MIA (Prima Visione Tv) (Italia 1960, colore; dur. 17’39”)  Regia: Mario Soldati   (Italia 1949, b/n.) https://www.youtube.com/watch?v=KQgVbkeAlT4

 
Orta può davvero considerarsi come un luogo soldatiano per elezione. E’ lì che l’autore, dopo aver passato a Corconio due anni della sua vita – dal 1934 al 1936, in sodalizio con Mario Bonfantini –  si recava spesso e vi ambientò  momenti importanti della sua ricca produzione letteraria.  ORTA MIA è un magnifico documento storico…

Gran festa piena di divertimento “I tre moschettieri” all’Astra

Vogliamo definire l’operazione una gran festa teatrale? Senza dubbio. Per il grande divertimento, sfacciatamente sempre presente, per le gag senza tregua che sinora si son potute vedere (basta che di un boccale si faccia un inatteso microfono per innestare un nuovo meccanismo di allegria), e che seguiranno, per le zone d’ombra, anche pallide, che non esistono affatto, per l’irruenza dei protagonisti spadaccini

moschettieri2Sbalordiscono i numeri. Otto i registi che dirigono e cinque i drammaturghi che hanno scritto, 38 gli attori impegnati con 25 collaboratori e 11 tecnici, 96 costumi e 170 bottoni automatici con 260 metri di passamanerie, 30 spade per 25 duelli, 9 ore e 40 minuti di spettacolo, otto puntate per 56 repliche complessive per un totale di 11200 spettatori, sinora ogni replica sold out con gli spettatori alla ricerca dell’ultimo posto disponibile per familiari e amici che reclamano. Un vero successo. Inseguito, commentato, condiviso, consigliato, trasmesso. Già, perché Beppe Navello ha pensato bene (benissimo) di rispolverare per la stagione del TPE, tra le pareti dell’Astra, quella antica impresa sperimentata allo Stabile dell’Aquila – ne era il direttore – nella stagione 1986/87 di inscenare I tre moschettieri del vecchio Dumas (pure lui pubblicava a puntate), D’Artagnan e compagni di cuore e di spada con re e regina, con le mire del Richelieu e del damerino Buckingam, i languori di Costanza e gli intrighi di Milady, con un fitto incrociarsi di spade tra musiche e canzoni, con un gruppo di attori quasi tutti under 35 che non sanno davvero cosa voglia dire giocare al risparmio, il tutto immerso in uno spazio rivisitato (l’impianto scenico con balaustre tutt’intorno, scale semoventi, abbozzi di taverne, angoli del Louvre, strade insidiose, è firmato da Luigi Perego, come i costumi, bellissimi, stivali e cappelli piumati, trine e pizzi, lunghe collane, ampi mantelli dai più differenti colori) che inalbera con un colpo d’occhio da bocca aperta le case e i tetti della place des Vosges parigina, tra gli applausi di un pubblico che finora s’è letteralmente goduto le prime due puntate – regie rispettivamente di Navello e Gigi Proietti, seguiranno Piero Maccarinelli e Ugo Gregoretti a completare la vecchia guardia del progetto, già aquilana, e poi i giovani Myriam Tanant, Andrea Baracco, Robert Talarczyk e Emiliano Bronzino – con risate e contagiosa partecipazione. Nessun pericolo per chimoschettieri1 entrasse a mezza strada nel racconto perché non manca neppure il riassunto delle puntate precedenti con la voce piacevolmente squillante della giovanissima annunciatrice Lia Tomatis, come non mancano, lo si fa per ogni megaproduzione che si rispetti, i siparietti per gli sponsor che han dato una mano all’iniziativa. Il passato scorre veloce sul pavimento a scacchiera che è al centro della sala, quello stesso in cui le vicende seguono alle vicende, il giovane guascone fa il suo ingresso in città su di un mezzo che è metà cavallo e metà bipattino simpaticamente scorrazzante e zigzagante, o dove a tratti piroettano le musiche di Germano Mazzocchetti eseguite al piano da Alessandro Panatteri, con canzoncine vivaci e coretti facilmente assimilabili offerti da belle voci; il presente da par suo scivola in modo leggero dando di gomito alla grande o spicciola attualità, dalle unioni civili ai selfie sempre lì a portata di mano.

Vogliamo definire l’operazione una gran festa teatrale? Senza dubbio. Per il grande divertimento, sfacciatamente sempre presente, per le gag senza tregua che sinora si son potute vedere (basta che di un boccale si faccia un inatteso microfono per innestare un nuovo meccanismo di allegria), e che seguiranno, per le zone d’ombra, anche pallide, che non esistono affatto, per l’irruenza dei protagonisti spadaccini (Luca Terracciano, Alberto Onofrietti, Diego Casalis e Matteo Romoli, irriverenti e inesauribili, disponibili agli zampilli di sudore) e per quel re Luigi da operetta che Gianluigi Pizzetti costruisce leggiadro e smemorato mossetta dopo mossetta, per quel padre di Sergio Troiano fintamente apprensivo ed estremamente rompiballe, pronto a consigliare (tutto unguenti e magliette della salute) e a comparire inaspettato da una vasca da bagno come di sotto il mantello regale, per la sottile e lunga anima nera, un misto di astuzia e perfidia, che è il cardinale di Antonio Sarasso, per i duetti sospirosi tra la Regina di Marcella Favilla e l’infido inglese che sta sotto il pennacchio ed i velluti di Riccardo Ripani. La vicenda, si sa, continua: segnatevi   la terza puntata per il prossimo 8 marzo, avrà la firma di Piero Maccarinelli.

 

Elio Rabbione

Il terrorismo, le memorie di chi visse gli “anni di piombo”

In un libro curato da Michele Ruggiero

Terrorismo

Ripensare al terrorismo di ieri per ridare sensibilità alle coscienze oggi: si può sintetizzare così la ragione che ha motivato la pubblicazione degli atti del dibattito svoltosi il 15 giugno 2015 nell’aula del consiglio regionale del Piemonte in occasione della presentazione del  libro “Pronto qui Prima linea”  di Michele Ruggiero e Mario Renosio. Il libro che raccoglie la sequenza degli interventie delle testimonianze di chi ha vissuto quel periodo, curato da Ruggiero,  giornalista torinese della Rai , seguendo il filo rosso che tiene insieme ragionamenti, pensieri ed emozioni di allora, s’intitola “Il terrorismo” ed è edito da Impremix Visual Grafika. Di rilievo, e va sottolineato, il contributo di Carole Beebe Tarantelli, vedova dell’economista Ezio Tarantelli ucciso dalle Br il 27 marzo del 1985, che ha curato la postfazione. terrorismo1 Un libro-documento importante che offre lo spunto per affrontare delicate domande: quando apparve il terrorismo in Italia? Quando comparve la violenza organizzata elevata e giustificata a confronto politico sotto altre forme? Domande ineludibili specie per i più giovani che dai programmi scolastici poco ricevono per colmare le lacune sulla storia recente del nostro paese e poco possono trarre dalle famiglie i cui ricordi sono oramai sbiaditi. Ricostruire quegli anni, le tragedie che vi si consumarono invece è essenziale per dare piena consapevolezza di quanto dura e dolorosa sia stata la lotta per difendere le istituzioni e la democrazia dagli attacchi del terrorismo e darne memoria è condizione per scongiurare che lutti e sofferenze di allora possano ritornare. Tra l’altro la “paternità” dell’evento e il luogo dove si tenne il convegno ( il Comitato Resistenza e Costituzione e la sede del Consiglio regionale a Palazzo Lascaris) rimandano alnesso molto stretto tra la nascita del Comitato stesso e quel periodo così difficile e doloroso nella storia del nostro Paese. Il Comitato Resistenza e terrorismo2Costituzione, infatti,  nacque nel 1976 con l’obiettivo di riaffermare i valori e gli ideali della lotta di Liberazione. Ma in quel momento la nascita del Comitato aveva anche l’obiettivo di rafforzare il senso dello Stato, la sua forza basata sulla democrazia e sul coraggio di quegli uomini, magistrati e forze dell’ordine soprattutto, che quella democrazia avevano il compito di difendere anche a costo della propria vita. Il Consiglio regionale di allora ( presieduto da Dino Sanlorenzo) era convinto che il terrorismo andasse sconfitto anche sul piano politico, morale, culturale e ideale; che fosse cioè necessaria la mobilitazione delle coscienze. “ E fu decisiva la mobilitazione democratica degli uomini e delle istituzioni – come ricorda il Vicepresidente del Consiglio regionale Nino Boeti, oggi alla guida di quel Comitato – per far fronte a un nemico della democrazia, il terrorismo, che feriva e uccideva uomini innocenti responsabili soltanto di lavorare in una azienda in crisiterrorismo3, giornalisti, poliziotti che facevano il loro dovere, magistrati coraggiosi con la schiena dritta sull’altare della giustizia”. Dal 1976 al 1978 sono state censite più di 1.400 iniziative, 650 assunte e promosse dalle autonomie locali, più di 350 assemblee di fabbrica alla presenza di forze politiche,80 assemblee scolastiche solo nella provincia di Torino, 350 manifestazioni organizzate dalle associazioni partigiane. Nel 1978 è stata poi lanciata una petizione con l’obiettivo di promuovere un’azione di solidarietà nel momento più delicato quello in cui si doveva celebrare il processo alle Brigate rosse non celebrato nel maggio 1977. In poco tempo la petizione raccolse più di 300.000 firme. Un lavoro enorme, un impegno straordinario che è bene ricordare anche attraverso questo libro, in un momento delicato dove gli attentati terroristici ( come quello di Parigi del 13 novembre scorso ) ripropongono un drammatico ritorno alla memoria degli “anni di piombo”.

 

Marco Travaglini

"Venanzio Revolt. I miei primi 80 anni di cinema”

Scritto e diretto da Fabrizio Dividi, Marta Evangelisti e Vincenzo Greco ,voce narrante di Nanni Moretti e prodotto dalla Dinamovie Pictures

ventavoli

A inaugurare la 15a edizione di Piemonte Movie gLocal Film Festival mercoledì 9 marzo ore 20.45 al Cinema Massimo Sala 1 sarà l’anteprima assoluta del film” Venanzio Revolt.I miei primi 80 anni di cinema”, scritto e diretto da Fabrizio Dividi, Marta Evangelisti e Vincenzo Greco ,voce narrante di Nanni Moretti e prodotto dalla Dinamovie Pictures. Dopo essersi aggiudicati il Premio Miglior Cortometraggio a Piemonte Movie 2010 con “Linda. Uno spot contro il silenzio” e aver realizzato per l’edizione 2012 del Festival il documentario “Sale per la capra”, che rievoca la tragedia del cinema Statuto, i registi presenteranno il loro nuovo documentario, che omaggia uno dei personaggi più significativi e poliedrici del nostro cinema, Lorenzo Ventavoli. Si tratta di un racconto lungo 80 anni ( a partire dagli Anni Trenta ) tra cinema, teatro e storia torinese in cui Ventavoli, esercente, produttore, scrittore e perfino attore (un’apparizione nel “Divo” di Sorrentino e in “Preferivo il rumore del mare” di Mimmo Calopresti), uomo di cinema, ma anche uomo di fiume per la sua profonda passione per il canottaggio, rievoca la sua vita, stimolato dall’amico di sempre, il critico cinematografico Steve Della Casa, che lo intervista nella quieta familiarità del “suo” Circolo Canottieri Cerea. Emerge il ritratto di un uomo che ha saputo tradurre la passione di famiglia in impresa non solo commerciale, ma anche culturale ed intellettuale. E’ stato Presidente del Museo del Cinema, ha fondato il Festival Cinema Giovani, poi divenuto Torino Film Festival, di cui è stato anche Presidente, “ha tenuto in qualche modo a battesimo, come dice Steve Della Casa, tutti noi che ci occupiamo di cinema a Torino”. Si è sempre distinto per una programmazione colta che da oltre mezzo secolo vede nel “suo” Nuovo Romano un luogo di riferimento ventavoliirrinunciabile per i cinefili torinesi. “ Venanzio Revolt – rivela nel film – è lo pseudonimo con il quale scrivevo i testi per l’avanspettacolo al Romano”. Il documentario parte dalla storia di suo padre, Giordano Bruno Ventavoli, socialista, giunto a Torino da Monsummano nel’22 per fuggire dalle squadracce fasciste. Trovò impiego presso la fabbrica di automobili Itala , ma nel ’31 l’azienda entrò in crisi e costrinse i lavoratori non iscritti al Partito Nazionale Fascista a lasciare il lavoro.”Allora mio padre – racconta Ventavoli nel film – prese in gestione il cinema Diana in corso regina Margherita. Un anno dopo nacqui io. Fin da piccolo cominciai a occupare le poltrone libere, iniziando così già in tenera età una passione che ben presto diventerà anche un mestiere. Entravo al cinema alle 14 e vi restavo fino a tardi. Tornavamo insieme a casa con il tram 16 “. E poi i ricordi di quando, al cinema Alpi, nel 1950, appena diciottenne, si conquistò il primo stipendio facendo le fatture e di quando, nel 1958, iniziò a dirigere il Romano, dove i Torinesi scoprirono Ingmar Bergman da “ Il posto delle fragole” al “ Settimo sigillo”, proiettato il giorno di Natale del 1959. E poi, tanti altri ricordi e aneddoti alcuni davvero curiosi legati ad alcuni dei più grandi cineasti dell’ultimo secolo: Bunuel, Bergman ( da lui conosciuto a Stoccolma all’anteprima de “ L’uovo del serpente”), De Sica, Truffaut, Allen … Gustoso l’aneddoto dell’incontro con Woody Allen, giunto a Torino per un concerto al Regio, quando Ventavoli gli mostrò la sua collezione, una trentina di film yiddish.” E’ leggenda – dice Ventavoli nel film – che siano stati la sua fonte di ispirazione. Invece non esitò ad ammettere che li ignorava tutti, tranne uno, ma solo perchè era presente un cantante di sinagoga di cui si ricordava sua madre”.

Helen Alterio