CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 723

“Wall of Sound” nel cuore delle Langhe

Tra i ritrattisti più famosi della storia della musica, capace di raccontare le leggende del rock, del jazz e del pop in uno scatto, Guido Harari è alla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba (Cn), nel cuore delle Langhe patrimonio Unesco, con la mostra fotografica Wall of Sound 10 che inaugura sabato 17 giugno alle ore 18, visitabile fino a sabato 2 settembre (ingresso libero – orario: lunedì-venerdì 10-12 e 14.30-17; sabato e domenica: ore 15,30-18,30). Un’ampia panoramica del lavoro di un artista che, in oltre quarant’anni di attività, ha immortalato e collaborato con artisti del calibro di Fabrizio De André, di cui è stato uno dei fotografi personali, a Lou Reed, Giorgio Gaber, Bob Dylan, Vinicio Capossela, Kate Bush, Vasco Rossi, Peter Gabriel, Pino Daniele e tanti altri. La mostra proseguirà in una versione opportunamente remixata allo Spazio Don Chisciotte di Torino dal 26 ottobre al 24 dicembre 2017, in occasione della fiera d’arte internazionale Artissima (Mart-sab: ore 13.30-12.30 e 15-19). Il titolo Wall of Sound rende omaggio al sound del famoso produttore americano Phil Spector e recupera il titolo della mostra en plein air che MonforteArte organizzò con successo nel 2007 tra le vie del borgo storico, lungo il percorso fino all’incantevole auditorium naturale Horszowski. All’epoca, in coincidenza della rassegna musicale MonfortinJazz, le fotografie di Harari furono proposte su grandi pannelli blu in alluminio. Inoltre, Wall of Sound è diventato il nome della galleria fotografica che Harari ha aperto nel 2011 ad Alba, nonché della prima esposizione internazionale dedicata alle fotografie di Harari presso il Rockheim Museum di Trondheim (Norvegia) nel 2016-17. Ora, a dieci anni di distanza dal successo di quella prima mostra , Guido Harari torna a esporre nelle Langhe con Wall of Sound 10, riproponendo alcune opere su alluminio blu dell’allestimento originale e soprattutto un’ampia selezione di fotografie classiche e anche inedite in edizioni fine art numerate e firmate (nella terrazza, al primo e al secondo piano della Fondazione e sui muri davanti ad essa). Le 50 fotografie di Wall Of Sound 10, realizzate tra il 1976 e il 2013, colgono gli artisti in atteggiamenti inusuali, espressioni spesso inattese, su set spesso improvvisati, da cui emerge in maniera immediata la loro personalità; frutto in molti casi di autentica complicità tra fotografo e soggetto.

Sono ritratti che ben esprimono lo stile umanizzante, che muove il lavoro di uno tra i fotografi italiani più apprezzati e conosciuti all’estero. Così Carlin Petrini ha ben sintetizzato lo sguardo di Harari sulla musica: «Dietro ogni scatto c’è una storia, una storia di volti che abbiamo mitizzato e che Guido ha saputo cogliere con spontaneità e leggerezza, garbo ed eleganza, tratti che rappresentano la sua cifra stilistica» (La Repubblica di Torino). Di Harari Lou Reed precisava: «Sono felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento». E Laurie Anderson aggiungeva: «La sua è davvero una fotografia da Kamikaze, molto diversa da quella di un paparazzo. Perché si tratta di autentica collaborazione. Guido non vuole rubarti nulla, ma piuttosto provare ad andare oltre l’apparenza delle cose». «La Fondazione Bottari Lattes – spiega il presidente Adolfo Ivaldi – accoglie Guido Harari con amicizia e simpatia nei propri spazi espositivi che già hanno visto le fotografie di artisti come Dondero, Merisio, Fontana, Minkkinen. Questa mostra ci ricorda l’evento del 2007, quella bella “estate blu” di Wall of Sound a Monforte d’Alba con i suoi pannelli dal blu indaco, un colore che immortalava i personaggi in una dimensione quasi sacrale e inarrivabile, ma al tempo stesso li umanizzava e li diversificava focalizzando dettagli oggetti e gesti di una disarmante quotidianità. Questa mostra vuole essere un ritorno del fotografo, oggi celebre, che dieci anni fa, accettando l’invito che gli avevo rivolto da Presidente di MonforteArte, diede inizio all’avventura che lo ha convinto a scegliere Alba e le Langhe quale luogo di forte ispirazione per la sua attività».

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Alcuni dei ritratti che saranno esposti in mostra: Laurie Anderson, David Bowie, Jeff Buckley, Kate Bush, Vinicio Capossela, Nick Cave, Clash, Leonard Cohen, Paolo Conte, David Crosby, Lucio Dalla, Fabrizio De André, Bob Dylan, Brian Eno, Giorgio Gaber, Peter Gabriel, John Lee Hooker, Iggy Pop, B.B. King,, Kinks, Bob Marley, Joni Mitchell, Ennio Morricone, Jimmy Page (Led Zeppelin), Pink Floyd, Queen, Lou Reed, R.E.M., Vasco Rossi, Jimmy Scott, Compay Segundo, Wayne Shorter & Herbie Hancock, Bruce Springsteen, Rolling Stones, Patti Smith, Robert Smith (Cure), David Sylvian & Robert Fripp, Caetano Veloso, Rufus Wainwright, Tom Waits, Frank Zappa, Joe Zawinul.

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Inaugurazione: sabato 17 giugno 2017, ore 18 Da domenica 18 giugno a sabato 2 settembre 2017 (Lun.-ven.: ore 10-12 e 14.30-17 – Sab. e dom.: ore 15.30-18.30) Fondazione Bottari Lattes (Via Marconi, 16 – Monforte d’Alba, Cn) Dal 26 ottobre al 24 dicembre allo Spazio Don Chisciotte di Torino (mostra in forma ridotta – Mart.-sab.: ore 13,30-12,30 e 15-19) INGRESSO LIBERO www.fondazionebottarilattes.it

 

Il programma di MiTo è online

E’ possibile consultare il programma 2017 dell’XI edizione del Festival Internazionale della Musica MITO SettembreMusica. I programmi cartacei sono inoltre in distribuzione a Torino e a Milano nei consueti punti informativi. Il Festival raddoppia gli appuntamenti in piazza, a Milano e a Torino, con l’Open Singing e l’esecuzione della Nona di Beethoven. Confermati i concerti gratuiti, gli appuntamenti dedicati ai più piccoli e le introduzioni all’ascolto. Tra i direttori Semyon Bychkov, Riccardo Chailly, Mikko Franck, Gianandrea Noseda e Daniele Rustioni. Tra i solisti Gauthier Capuçon, Julian Rachlin, Ian Bostridge, Jean-Yves Thibaudet, Lilya Zilberstein, Gabriela Montero, Truls Mørk e Salvatore Accardo. Tra le orchestre, la Gustav Mahler Jugendorchester, protagonista dei concerti inaugurali, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino e l’Orchestra Filarmonica della Scala.

http://www.mitosettembremusica.it/it/news/festival.html

Teatro Garabato, il faro dell’arte che illumina Barriera di Milano

garab2Una creazione collettiva che ha avuto origine da Roque Fucci, artista e artigiano di origine argentina, e Andrès Aguirre, attore e regista messicano. Il Teatro Garabato o Piccolo Piccolo nasce dalla collaborazione tra un numero imprecisato di artisti e persone del quartiere che hanno voluto regalare una perla a Barriera di Milano. Una stanza con un piccolo palco, diverse sedie, tutte regalate dalla gente che vive in questa zona della città, un piccolo soppalco dove si siede il regista a dirigere l’opera. Dietro al palco c’è una zona dedicata al laboratorio di ceramica di Roque, una Wunderkammer piena di piatti, vasi e altri oggetti che sembrano vitali nella perfetta imperfezione del fatto a mano. Su una parete sono esposte una serie di fotografie che stanno a rappresentare una specie di rito. Ogni volta che viene messo in scena uno spettacolo, una fotografia, firmata e datata dall’artista di turno, immortala l’evento.

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“L’idea è quella di esporle nel bar qui a fianco, come se fosse il nostro foyer”, dice Nella Caffaratti, una delle artiste che fa parte del collettivo e si occupa di arte visuale.Come spesso accade con le belle garab1idee, il Garabato nasce per caso. Racconta Roque: “Andrès doveva preparare uno spettacolo e aveva bisogno di un posto in cui fare le prove. Io gli ho proposto di venire da me, nella stanza adiacente al mio laboratorio. Lui ha messo due stracci neri, uno per lato. E quando sono entrato in quella stanza e l’ho visto provare non avevo dubbi: quello era proprio un teatro”. Tutte le cose che si trovano qui sono recuperate e ognuno ha una storia. Chi vuole sostenere il teatro può donare un oggetto e ricevere in cambio la mappa di questo luogo che ne racconta la storia, un modo per partecipare a un’opera di creazione artistica collettiva.

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garab3Al Garabato tutto è sperimentazione di livello e contaminazione di diverse discipline. Un luogo così intimo in cui è concesso inventare e reinventarsi, senza la pressione del rendere, di fare il tutto esaurito. Un luogo come contenitore di attività che di solito non entrano in teatro. Qui si possono trovare performance di artisti torinesi importanti che vogliono mettersi in gioco, reinventandosi ogni volta con regole diverse. Mettere in scena un disegno e operazioni di poesia collettiva sono solo alcune delle attività che sono state proposte in questo spazio. Maria Abbrescia, poetessa torinese, ricorda che le mura non sono un limite: “Usciamo dal teatro per riprendere contatto con il territorio. Abbiamo preso possesso di Piazza Bottesini organizzando un presidio artistico fatto di giochi, disegno, poesia”. Perché il Garabato è più un laboratorio di idee che un teatro e può diventare il faro dell’arte che illumina Barriera. Quanto al nome, sì, è una citazione al famoso Piccolo di Milano, come se fosse un augurio per il futuro.

 

Elisa Speroni

La straordinaria avventura del piemontese Giacomo Bove

Giacomo Bove. Un esploratore e un sentiero tra Verbano e Ossola” è il titolo del libro di Pietro Pisano pubblicato – in versione aggiornata e arricchita – dal Magazzeno Storico Verbanese. In oltre trecento pagine di lavoro documentato, frutto di ricerche certosine e di una passione non comune per la storia e per quest’originalissima figura  di esploratore, Pietro Pisano ci restituisce – rivalutandola e risarcendola – la vita intensa e straordinaria di Giacomo Bove. Pisano, appassionato di storia locale e accompagnatore naturalistico, tra gli ideatori e fondatori del Gruppo Escursionisti Val Grande, è uno straordinario indagatore di biografie e storie, e anche in questa disciplinatissima opera ( pubblicata anch’essa, come gli altri suoi libri,  dal Magazzeno Storico Verbanese) dimostra di avere del talento e una spiccata capacità di comunicare i frutti del suo lavoro al lettore, conquistandone l’attenzione e stimolandone la curiosità. L’esploratore piemontese Giacomo Bove nacque a Maranzana, piccolo paese situato tra Langa e Monferrato astigiano, il 23 Aprile 1852.Frequentò l’Accademia Navale a Genova e, poco dopo il diploma, a 21 anni, fu scelto per partecipare in qualità di cartografo ad una missione scientifica in estremo oriente sulla corvetta “Governolo“. Al termine della missione, dopo aver studiato anche le correnti marine nello stretto di Messina, venne scelto, come unico rappresentante dell’Italia, in qualità di idrografo, per partecipare alla vittoriosa spedizione scandinava (1878-80) del geografo Nordenskiold per la ricerca del fascinoso “passaggio di Nord-Est“, dall’Atlantico al Pacifico, attraverso lo stretto di Bering.

 

Dopo un breve riposo a Maranzana si dedicò ad un progetto tutto italiano per l’esplorazione delle regioni Antartiche. Nel 1881 e nel 1883 esplorò la Patagonia e la Terra del Fuoco fino a capo Horn e ancora il territorio delle Missiones, l’Alto Paranà il Paraguay, il corso dei fiumi Paranà, Iguazù, Itambè-Guazù. Nel 1885 esplorò in Africa il corso del fiume Congo fino alle cascate di Stanley, in questa occasione probabilmente contrasse anche la malaria. Morì suicida a Verona nell’agosto del 1887. Pietro Pisano del grande e sfortunato esploratore ricostruisce la vita, le spedizioni antartiche, in estremo Oriente, in Africa, le amicizie e passaggi sul Verbano. L’incontro di Giacomo Bove con il lago Maggiore avvenne ad Intra quando – invitato dalla Sezione del Club alpino del Verbano – tenne una memorabile conferenza il 31 luglio 1880, nell’ambito di un progetto di conferenze che il CAI nazionale aveva indetto in tutta Italia per finanziare il viaggio in Antartide. i fondi. A causa dei costi, ritenuti eccessivi (600.000 lire dell’epoca, pari a circa 3 milioni di euro attuali), l’iniziativa non ebbe seguito. Dopo il suo suicidio, che creò grandi polemiche, il Cai verbanese, con un atto di coraggio per quei tempi, gli dedicò “il sentiero Bove”, utilizzando i fondi raccolti ai quali aggiunse altre mille lire per il suo completamento. Allo sfortunato esploratore venne così intitolata la prima via ferrata d’Italia, che si sviluppa sulle creste tra Zeda, Laurasca, Bocchetta di Campo e Marona, tra Verbano e Ossola, in uno scenario di rara bellezza, ricco di storia e di leggende. Con il suo libro, Pietro Pisano, pubblicando documenti inediti e materiale raro, ha inteso – riuscendovi pienamente – rendere merito a un personaggio straordinario, ingiustamente scivolato nell’oblio della storia. Ricostruendone la vita, contribuisce anche a fare chiarezza sulle vicende di fondazione del sentiero verbanese-ossolano che al Bove – come si è detto – è  dedicato: la più antica, ardita e  spettacolare via ferrata d ‘Italia.

 

Marco Travaglini

Note di Giugno verso la festa della musica

Il 21 giugno si celebra la Festa della Musica, un appuntamento che a Torino si tiene da sei anni per iniziativa dei Mercanti di Note e che dal 16 al 21 giugno tornerà a far risuonare di concerti le strade del Quadrilatero Romano, le vie e le piazze del centro storico.

Nel 2017, per la prima volta, il Sistema Musicale torinese va verso la Festa mettendo a disposizione tradizione e competenze, estendendo all’intera città i colori vivi della classica.

Con Note di giugno, la Direzione Cultura, la Fondazione per la Cultura Torino e gli enti di Sistema Musica, l’associazione che da vent’anni raccoglie le principali realtà organizzative della “classica” in Città, collaborano in un percorso che porta alla centrale Festa della Musica coinvolgendo tutte le Circoscrizioni cittadine.

L’Assessora alla Cultura Francesca Leon ha sottolineato che “la classica ha la potenzialità per raggiungere e comunicare anche con chi per varie ragioni la frequenta di rado. Note di Giugno è una proposta che risponde a questa esigenza. E’ una prima edizione, che speriamo incontri l’interesse del pubblico. Vogliamo che la Festa della Musica diventi il momento finale di un percorso per diffondere musica e cultura lungo tutto il mese di giugno”. 

 

Ecco dunque le diverse occasioni fino al 21 giugno a ingresso gratuito per ascoltare, spesso in sedi non convenzionali, ensemble e artisti che la classica interpretano e promuovono professionalmente, studenti del Conservatorio Giuseppe Verdi e allievi dei Corsi di Formazione Musicale che sulla classica si formano con passione. Un cartellone costruito con iniziative originali e in molti casi con prove aperte che in luoghi periferici mettono diversamente in gioco quel repertorio solitamente eseguito sui palcoscenici per un pubblico di conoscitori.

 

A decentrare  la musica, domenica 11 giugno alle ore 16.30, saranno ancora i Corsi di Formazione Musicale che nel cuore della Circoscrizione 6, alla Cascina Marchesa in Barriera di Milano, racconteranno con un imprevedibile e accattivante abbinamento di voce recitante e clarinetti la Carmen di George Bizet. La settimana musicale proseguirà in una vecchia sede industriale della Circoscrizione 3 che produce solidarietà e cultura con Binaria del Gruppo Abele e Libera, presso cui il Coro di Voci Bianche del Teatro Regio e del Conservatorio terrà una delle sue lezioni settimanali; ancora Bizet e Mendelssohn con l’aggiunta di Fauré. I giovani coristi verranno salutati dai piccoli allievi di Orme, associazione che ha sede in via Sestriere e la propria attività didattica in Borgo San Paolo.

 

Un’altra Cascina, la Roccafranca, decennale cardine delle attività di quartiere di Mirafiori Nord, venerdì 16 giugno alle ore 21.00 vedrà il concerto di due borsisti della De Sono, Pietro Locatto e Arturo Mariotti, con le loro chitarre classiche e musica di Carulli, Mertz, Ginastera e Castelnuovo-Tedesco.

 

Sabato 17 giugno, alle ore 11 nel Cortile d’Onore di Palazzo Civico, si esibirà il Clarinet Choir, grande ensemble di ance del Conservatorio, con pagine scritte e trascritte da tre secoli per il popolare e raffinato strumento di ebano.

Suggestioni sinfoniche spaziali, tra il Marte di Gustav Holst e l’ET di John Williams, sono in programma ancora sabato alle 16.30 nell’accogliente Sala ATC di corso Dante 14, in una diversa periferia della Circoscrizione 1, con l’Orchestra dei Corsi di Formazione Musicale della Città di Torino.

 

 

Villa Tesoriera ha con la Biblioteca Musicale un immediato richiamo per le sette note, ma i Venti sonori degli ottoni del Conservatorio Verdi si alzeranno domenica 18 giugno alle ore 16.30 dalla tensostruttura dell’Evergreen Fest, pausa ideale per una passeggiata nel parco e anche occasione per sentir raccontare esperienza e programmi futuri dell’Unione Musicale di Torino.

 

Lunedì 19 giugno, ore 21.00, l’Accademia Stefano Tempia, negli spazi del Sermig, proporrà una prova aperta al pubblico della Circoscrizione 7, con pagine di Brahms e Schubert. A salutarli sarà il locale Laboratorio del Suono, protagonista della didattica musicale del quartiere.

 

Alla fine, mercoledì 21 giugno alle ore 21.00, la sedicesima tappa di questa prima edizione di Note di giugno segna il Solstizio d’estate con un concerto in Conservatorio degli Allievi di canto dell’istituzione di piazza Bodoni, durante il quale i musicisti di domani racconteranno e interpreteranno Lieder di vari autori, cioè canzoni che hanno segnato la storia della voce e della musica e ancora sanno suscitare emozioni.

Info:

http://www.sistemamusica.it

www.festadellamusicatorino.it

Musica e teatro a Racconigi

Nel corso del pomeriggio, prima tappa del programma “C’era una volta nel giardino del Re: fiabe, racconti e musica” proposto da Casa Teatro Ragazzi nel parco del castello

Nel parco a partire dalle ore 14, saranno proposte animazioni seguite alle ore 15 e alle ore 17 dallo spettacolo MARCO POLO E IL VIAGGIO DELLE MERAVIGLIE che, narrando le avventure di Marco e la sua passione per i viaggi, accompagnerà gli spettatori alla scoperta di usi e costumi, linguaggi, cibi, profumi e musiche di luoghi lontani. Con una messa in scena in forma di gioco, lo spettacolo è un percorso sul tema dell’esplorazione, della conoscenza e del meraviglioso.

Regia e drammaturgia Luigina Dagostino. Con Claudio Dughera, Daniel Lascar, Claudia Martore, Tratto da Il Milione di Marco Polo. In collaborazione con la Fondazione Bottari Lattes.

Evento gratuito previo pagamento del biglietto parco. Alle ore 17.30 il Salone d’Ercole, reso ancora più suggestivo dalla mostra NUVOLE DI CARTA prorogata sino al 18 giugno, accoglierà STRADIVARI ALLA CORTE DEL RE, concerto a cura dell’Accademia Concertante d’Archi di Milano. Il Maestro Lorenzo Meraviglia suonerà il preziosissimo violino Omobono Stradivari 1730, realizzato a Cremona nel 1730 da Antonio Stradivari e suo figlio Omobono, restauratore e intagliatore del quale si riconoscono l’inconfondibile tratto e la minuziosa finitura del riccio e in particolare della chiocciola. Questo violino, in ottimo stato di conservazione come testimonia la vernice originale gold-orange-brown ancora presente sul fondo, fa parte della ristretta cerchia di quelli definiti “dalla grande voce” costruiti nella liuteria Stradivari a partire dal 1730 per pochi anni e dei quali rimangono pochissimi esemplari. Con la partecipazione straordinaria del Maestro Andrea Carcano che accompagnerà al pianoforte Lorenzo Meraviglia, il recital proporrà Andante e Allegro di Sigurd von Koch, malinconico brano del tardo romanticismo scandinavo, una morbida e sognante riduzione per violino e pianoforte del Rondò capriccioso di George Bizet contrassegnata da capricci e virtuosismi, la trascrizione per violino e pianoforte di August Wilhelmj dell’intensa Romanza di Richard Wagner, che offrirà la rara opportunità di sentire la potenza del canto wagneriano nella voce del violino, ed infine l’irrequieta Sonata in si minore di Amanda Röntgen-Maier, uno dei più bei temi della letteratura per pianoforte e violino.Andrea Carcano, titolare di cattedra di pianoforte principale nei Conservatori di Matera, Rovigo e Udine, attualmente presso il Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria, è impegnato in un’attività concertistica nelle più prestigiose istituzioni italiane, come il Teatro Arcimboldi, il Teatro alla Scala, la Nuova Fenice di Venezia e l’Auditorium di Roma, e internazionali (ha suonato ripetutamente in Svizzera, Lichtenstein, Francia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Spagna, Slovenia, Germania. E’ stato impegnato con Matteo Fedeli in due tour negli USA). Il concerto è parte del progetto “Uno Stradivari per la gente” organizzato dall’Accademia Concertante d’archi di Milano. Prima del concerto, il prezioso violino sarà esposto al pubblico e i Maestri illustreranno le sue incredibili peculiarità.

Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti previo pagamento del biglietto di ingresso al Castello.

Grande Festa in onore del drammaturgo siciliano Pirandello

L’XI edizione del Festival Nazionale Luigi Pirandello celebra i 150 anni dalla nascita del drammaturgo siciliano con una ricca kermesse e una mostra virtuale dall’8 giugno al 13 luglio

Si è aperto ieri al Circolo dei lettori il Festival Nazionale Luigi Pirandello. Alla sua XI edizione festeggia i 150 anni dalla nascita del grande drammaturgo siciliano con spettacoli di prosa, incontri e una mostra multimediale creata ad hoc per celebrare questo speciale compleanno e il legame tra Pirandello e il Piemonte. La kermesse, diretta dal regista torinese Giulio Graglia, prende il là da un curioso aneddoto che forse non tutti conoscono. Nel 1901 il premio Nobel per la letteratura trascorse un soggiorno estivo a Coazze, in Val Sangone, presso la sorella Lina. Di quella villeggiatura che precede la sua fama rimane un taccuino di appunti dove Pirandello annotò una serie di spunti e personaggi utilizzati nelle sue opere e il motto che campeggia sul campanile della cattedrale di Coazze “Ognuno a suo modo” che sarebbe stato poi ripreso per il titolo dell’opera “Ciascuno a suo modo”. Torino e Coazze sono i luoghi eletti ad ospitare spettacoli teatrali, incontri, dibattiti. Il Circolo dei lettori ospita il primo incontro dal titolo “Carteggio Pirandello/De Filippo” con Alessandra Comazzi e Sergio Martin. Grande attesa per gli spettacoli “Il fu Mattia Pascal” allestito da Giulio Graglia, per l’adattamento di Bruno Quaranta e interpretato da Giovanni Mongiano, e per “Uno, nessuno, centomila” con Enrico Lo Verso, che si terranno rispettivamente il 27 e il 30 giugno al Gobetti. Altro appuntamento interessante, a cura di Rai Teche e Linguadoc, lunedì 26 alle 18 alla Mediateca Rai di via Verdi 31 dove si potrà assistere al documentario “Per mosse d’anima, frammenti di Pirandello” diretto e interpretato da Enzo Vetrano e Stefano Randisi. Quest’anno la rassegna è supportata da una collaborazione d’eccezione, il Teatro Stabile di Torino, che per l’occasione ha ideato e curato una mostra virtuale, una story map, sul sito www.150pirandelloinpiemonte.it , che ripercorre quei luoghi e quegli eventi che hanno legato Pirandello al territorio piemontese. Grazie alle risorse fornite dal Centro Studi del Teatro Stabile e di alcuni enti partner quali RAI, Ecomuseo della Resistenza di Coazze, Polo bibliotecario di Scienze Umanistiche, è possibile tramite una mappa interattiva esplorare nel dettaglio aneddoti e informazioni curiose. Ad esempio è possibile scoprire che proprio a Torino si tennero le prime di spettacoli come “Il piacere dell’onestà” al Carignano e “Questa sera si recita a soggetto” al Teatro di Torino. L’intenzione del direttore artistico è quella di cercare di fare arrivare le tematiche di Pirandello, che sono ancora molto attuali ai giorni nostri, in modo non tradizionale, svecchiandole. A tale scopo, per attirare anche il pubblico più giovane, sul sito della mostra è possibile pubblicare su Instagram tutti gli scatti con hashtag #pirandello. Supportato da istituzioni pubbliche, da Fondazioni bancarie e in parte dai privati, il festival non dimentica la terra natìa di Pirandello ed è infatti sostenuto da attive collaborazioni con la città di Agrigento e di Porto Empedocle. Le dieci edizioni precedenti hanno consolidato sul territorio piemontese questa manifestazione culturale grazie anche alla presenza di compagnie teatrali ed ospiti eccellenti come Corrado Tedeschi, Leo Gullotta, Sebastiano Lo Monaco, Gipo Farassino, Mario Brusa, Diego Mingolla, Vetrano e Randisi, Riccardo Forte, Giovanni Moretti, Giovanni Mongiano e Mariella Lo Giudice, Carlo Simoni, Il Teatro delle Dieci.

Giuliana Prestipino

Un’azienda a cento all’ora. La storia della torinese Chiribiri

L’inventore dal 1912 al 1913, al tramonto della Belle Époque, di monoplani ne costruì ben quindici per poi dedicarsi,definitivamente alle autovetture. Nel 1914, quando ormai i bagliori del conflitto erano alle porte, il conte Gustavo Brunetta d’Usseaux, desideroso di entrare nella nascente industria automobilistica, propose a Chiribiri una società per realizzare la Siva, un’automobile economica da produrre in cento esemplari, ribattezzandola con il nome della divinità indiana

Prova d’ingegno e di coraggio, accompagnata da una capacità di guardare al futuro quasi visionaria. Così si potrebbe definire la storia della Chiribiri. Fondata nel quartiere operaio di Borgo San Paolo a Torino verso la fine di settembre del 1911 dall’ingegnoso veneziano Antonio Chiribiri insieme al pilota collaudatore Maurizio Ramassotto ed all’ingegnere Gaudenzio Verga, la Fabbrica Torinese Velivoli Chiribiri & C., s’impegnò da principio nella produzione di pezzi di ricambio per l’industria aeronautica. Un esordio positivo, al punto da raggiungere in breve tempo una notevole espansione grazie all’affidabilità ed alle prestazioni dei propulsori che era in grado di produrre su licenza della società francese “Gnome et Rhône” che, negli anni della Grande guerra, le valsero importanti commesse militari per la manutenzione dei motori aeronautici. Ma, negli anni precedenti l’attentato di Sarajevo, la Chiribiri aveva mostrato una notevole intraprendenza, ideando e costruendo un prototipo d’aereo monoplano. Non una cosa qualunque, ma una vera e propria “prova d’ardimento”, visto che si trattava del primo aeroplano interamente costruito in Italia e per di più da una sola azienda. Fu lo stesso Antonio Chiribiri, che in precedenza mai aveva pilotato un aereo, a voler collaudare il monoplano che, però, si schiantò al suolo al suo primo decollo.

Testardo e per nulla incline alla resa, il temerario inventore veneziano rimase incolume e, qualche mese più tardi, decise di realizzare un aereo a decollo verticale che,doppiando l’insuccesso , subì la medesima sorte dell’altro prototipo. Altri avrebbero gettato la spugna ma non Chiribiri che, dal 1912 al 1913, al tramonto della Belle Époque, di monoplani ne costruì ben quindici per poi dedicarsi,definitivamente alle autovetture. Nel 1914, quando ormai i bagliori del conflitto erano alle porte, il conte Gustavo Brunetta d’Usseaux, desideroso di entrare nella nascente industria automobilistica, propose a Chiribiri una società per realizzare la Siva, un’automobile economica da produrre in cento esemplari, ribattezzandola con il nome della divinità indiana. Non fu una scelta fortunata poiché, quando stavano per essere ultimati i lavori del prototipo Siva 8-10 HP, il conte torinese venne travolto dai debiti di gioco e si ritirò dall’impresa. Chiribiri strinse i denti e per non dissipare l’enorme lavoro svolto, decise di rilevare la società e proseguire da solo nello sviluppo dell’automobile, investendo nella nuova attività tutti i profitti ottenuti dalle commesse belliche. Sulla base di quel prototipo, ne fu approntato un secondo, il “Tipo II”, prodotto e venduto per tutta la durata del conflitto, in pochi esemplari continuamente evoluti. Servivano altre risorse, però, che puntualmente vennero introitate grazie con la vendita all’ingegnere Alfredo Gallanzi dei diritti per produrre su licenza quest’auto.

Dall’ accordo nacque la casa automobilistica milanese Ardita. Al Salone di Parigi del 1919, venne in seguito presentata la vetturetta “12 HP” che riscosse un buon successo e rimase in produzione fino al 1922. Gli anni venti, per Chiribiri, furono il tempo della costruzione di vetture sportive e delle gare. Con la “Roma 5000” e la “Monza Tipo Spinto”, la casa automobilistica torinese conseguì importanti risultati, stabilendo vari record di velocità e strappando prestigiose vittorie in competizioni come la Cuneo – Colle della Maddalena, la Aosta – Gran San Bernardo, il “Gran Premio Vetturette” che si svolse al nuovo Autodromo di Monza e la Susa – Moncenisio del 1922, dove le quattro vetture schierate dalla Chiribiri conquistano le prime quattro posizioni, dominando la corsa. La squadra corse era piuttosto “casalinga”, essendo composta dal collaudatore Ramassotto e da Ada e Deo Chiribiri, figli del fondatore. Gelosa dei propri segreti tecnici, laChiribiri era piuttosto restìa ad ingaggiare piloti estranei all’azienda, con la sola eccezione di un giovane pilota destinato a diventare il più grande di tutti i tempi, Tazio Nuvolari, il mitico “ Nivola” che gareggiò per la casa torinese nelle stagioni 1923 e 1924.

Ci furono anche episodi entrati a buon diritto nella leggenda, come la sofferta conquista del prestigioso record di velocità sul chilometro lanciato. La prova per battere il primato per la categoria fino a 1.500 cm³ venne fissata a Milano , sul lungo rettilineo in direzione di Monza, con lo scopo di dimostrare le prestazioni del nuovo modello d’auto. Era l’8 febbraio del 1923 e Deo Chiribiri, ottimo pilota, si presentò alla guida della “Tipo Ada”, così denominata per sfruttare la fama che la sorella si era conquistata sulla stampa sportiva. Le condizioni atmosferiche erano ottimali e la vettura in perfetto assetto, così da far sperare al giovane Chiribiri di ottenere, davanti ai cronometristi ufficiali, l’agognato record. Le cose andarono diversamente, smorzando gli entusiasmi: i cronometri misurarono velocità poco sotto i 150 km orari, di gran lunga inferiori alle aspettative. Così, dopo ripetuti tentativi, la prova venne conclusa con un insuccesso. Antonio Chiribiri, piuttosto incredulo e alquanto scettico, rimase a lungo sul luogo della prova e, a notte inoltrata, decise di misurare il tratto cronometrato, scoprendo che i testimoni erano stati erroneamente posti ad una distanza di 1100 metri. Così, denunciato l’inghippo, richiamati i cronometristi, il giorno seguente il record venne omologato alla strabiliante velocità di 162,963 km orari. Per avere un riferimento, circa l’eccezionalità del risultato, occorre dire che negli stessi giorni anche le Alfa Romeo e Diatto, rispettivamente pilotate da Alberto Ascari e Alfieri Maserati, avevano tentato di battere il record sul chilometro lanciato, per la categoria fino a 3.000 cm³, ottenendo però velocità inferiori ai 157 km all’ora. L’eccezionalità del risultato e l’enorme eco che ebbe sulla stampa, fece decidere Antonio Chiribiri di mutare la denominazione del nuovo modello “Tipo Ada” in “Tipo Monza”.

A metà degli anni ’20, guadagnatosi il prestigio sul campo, l’azienda allargò la produzione a modelli non solo sportivi che potessero interessare una clientela più vasta e meno esigente. Nacque il modello “Milano” e nel 1925, nacque la Società Anonima Autocostruzioni Chiribiri. Innovazione, coraggio e grinta nelle corse davano prestigio ma questo non bastò a “tenere il mercato”, dove le quote minime di produzione, determinanti per la sopravvivenza, erano decise dalla capacità di industrializzazione, dal prezzo e dall’adeguata promozione pubblicitaria del prodotto. Così, a poco a poco, le armi migliori della Chiribiri (le originali e costose innovazioni tecnologiche delle sue automobili) non furono sufficienti per competere. La Milano non riscosse il successo sperato ed i forti investimenti per ampliare gli opifici e assumere nuove maestranze, gravarono pesantemente sul bilancio della piccola azienda. Nonostante ripetuti e generosi tentativi, la crisi industriale del 1927, che precedette di un biennio la grande depressione innescata dal giovedì nero di Wall Street, diedero il colpo di grazia alla Chiribiri. L’azienda torinese che nell’anno precedente produceva a pieno ritmo, dando lavoro a più di duecento persone, si vide costretta a chiudere i battenti. Era il 3 settembre 1928.

Gli stabilimenti furono poi rilevati dalla Lancia e l’archivio tecnico della Chiribiri fu preso in custodia dall’ultimo socio,Gaudenzio Verga. Meno di tre mesi dopo la morte di Antonio Chiribiri, avvenuta il 19 aprile 1943, nella notte tra il 12 e il 13 luglio, Torino subì un terribile bombardamento. La città venne colpita da una delle più violente incursioni aeree portate avanti dall’aviazione inglese. Sulla Torino caddero 763 tonnellate di bombe, che provocarono la morte di quasi ottocento persone e ingenti danni a edifici, infrastrutture e stabilimenti industriali. Quel bombardamento rase al suolo anche la residenza di Verga, distruggendo completamente l’archivio aziendale della Chiribiri. La memoria di una delle più brillanti storie dell’industria piemontese finì distrutta e sepolta sotto quelle bombe.

Marco Travaglini

Elio in “Pierino e il lupo”

Mercoledì 14 giugno 2017 ore 21.30 

 

Favola sinfonica di Sergej Prokof’ev per voce recitante e orchestra

Accompagnato dalla Filarmonica Arturo Toscanini

diretta dal M° Alessandro Nidi

esclusiva regionale   

  

La stagione 2016/17 del Teatro Superga si conclude, come da tradizione delle ultime due stagioni, con un evento in esclusiva regionale nel Cortile d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi, organizzato da Reverse Agency, Città di Nichelino, Sistema Cultura Nichelino in collaborazione con la Fondazione Ordine Mauriziano e con il sostegno di Fondazione CRT. Così lo racconta Diego Sarno, Assessore alla Cultura della Città di Nichelino: «Il 14 giugno in esclusiva regionale ci sarà l’evento di chiusura della stagione 2016/2017 del Teatro Superga, una stagione che abbiamo lanciato con lo slogan “Benvenuti nel Sogno”. Il sogno di questa stagione si conclude nel Cortile d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi con un evento straordinario: la Filarmonica Arturo Toscanini con la presenza di Elio. Questo è il modo con il quale abbiamo continuato a scoprire le bellezze e la cultura del nostro territorio perché abbiamo bisogno di un sistema culturale che faccia crescere la nostra città.» Dopo il successo del concerto “Piano Solo” di Stefano Bollani a maggio 2016 davanti a un pubblico di 1.200 persone, la nuova sfida del Teatro Superga è rappresentata dalla straordinaria presenza di Elio in “Pierino e il lupo”, la favola sinfonica di Sergej Prokof’ev eseguita dalla Filarmonica Arturo Toscanini diretta dal M° Alessandro Nidi e anticipata da due celebri Ouverture di Rossini, “Il Barbiere di Siviglia” e “L’Italiana in Algeri”. Mercoledì 14 giugno alle ore 21.30 per la prima volta in assoluto Elio, nell’inconsueto ruolo dell’istrionico narratore del capolavoro per grandi e piccini reso ancor più celebre dal cartone animato di Walt Disney, coniugherà la sua tipica ironia con la musica classica di qualità in una serata da sogno, tra favola e risate. Nel Cortile d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi, una cornice incantevole per un maestoso concerto, l’opera più conosciuta di Sergej Prokof’ev, scritta nel 1935 per raccontare in maniera divertente gli strumenti musicali che compongono un’orchestra, sarà eseguita dalla Filarmonica Arturo Toscanini di Parma, diretta dal M° Alessandro Nidi. Dopo due celeberrime Ouverture di Rossini, Elio racconterà, in maniera del tutto personale, originale e unica, la vicenda di Pierino nel catturare il lupo, aiutato dall’uccellino, dall’anatra e dal gatto, in compagnia del nonno e dei cacciatori: sette personaggi rappresentati da altrettanti strumenti dell’orchestra. Un concerto da sogno, unica occasione del 2017 per vedere Elio e la Filarmonica Arturo Toscanini di fronte alla Palazzina di Caccia di Stupinigi nell’interpretazione di una favola sinfonica per grandi e piccoli.

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Poltronissima Juvarra (I settore) intero € 49 – ridotto € 45 – pacchetto famiglia x3 € 90 | Poltronissima Prunotto (II settore) intero € 43 – ridotto € 39 – pacchetto famiglia x3 € 75 | Poltrona Alfieri (III settore) intero € 36 – ridotto € 33 – pacchetto famiglia x3 € 60 | Poltrona Bo (IV settore) intero € 25 – ridotto € 22,50 – pacchetto famiglia x3 € 45 | under 12 € 15 in ogni settore

 

Informazioni e prevendite biglietti: Teatro Superga, Via Superga 44 – Nichelino (To)

Orario di biglietteria: dal lunedì al venerdì dalle ore 15 alle ore 19

Acquisto biglietti ridotti e pacchetti famiglia tramite bonifico bancario con prenotazione a biglietteria@teatrosuperga.it | 011.6279789

Acquisto online su www.teatrosuperga.it e prevendite abituali del Circuito Ticketone

Il Macbeth, un noir ante litteram

Approda al teatro Regio di Torino, per la regia di Emma Dante, la prima opera shakespeariana di Verdi

Gianandrea Noseda sarà sul podio dell’ Orchestra e del Coro del teatro Regio per dirigere, mercoledì 21 giugno alle 20, Macbeth, la prima opera di Giuseppe Verdi tratta da Shakespeare, nonché la sua unica di ambientazione soprannaturale e fantastica. Il nuovo allestimento viene affidato alla regia di Emma Dante, attrice, regista e drammaturga siciliana, tra le voci più innovative e rivoluzionarie del panorama teatrale internazionale. Il cast è di eccezione; grandi solisti daranno vita a una partitura di notevole intensità musicale: Dalibor Jenis interpreterà Macbeth, Anna Pirozzi Lady Macbeth, Vitalij Kowaliow indosserà i panni di Banco e Piero Pretti quelli di Macduff. L’opera Macbeth sarà anche presentaa al Festival internazionale di Edimburgo dal 18 al 20 agosto prossimi, assieme alla Boheme di Puccini e alla Messa da Requiem di Verdi, nell’ambito di un’importante tournée che vedrà la direzione di Gianandrea Noseda, sul podio dell’ Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino.” Macbeth – spiega Noseda – rappresenta un’opera visionaria, un noir ante litteram e, dal punto di vista drammaturgico, costituisce un decisivo progresso rispetto a quanto scritto da Verdi fino ad allora. Macbeth è un vero e proprio laboratorio, in cui il compositore sperimenta un nuovo modo di intendere il teatro. La scrittura vocale, qui, è in funzione delle parole, i cantabili sono quasi incidentali e inseriti in un contesto assolutamente innovativo. Emerge nell’opera verdiana una tinta scura, inquietante, che avvolge lo spettatore dall’inizio alla fine, raggiunta soltanto in un’altra opera, il Wozzeck di Berg”.

“Ho realizzato – spiega la regista Emma Dante – un Macbeth ricco di stregoneria, dove satiri con falli ingravidano in continuazione le streghe che, così, perpetuano la loro specie. Le pance delle streghe diventano contenitori di profezie, ventr magici che producono e predicono il futuro, qualcosa che ha a che fare con il sesso e la morte”. La scenografia è molto semplice; la scena del banchetto, per esempio, presenta troni dorati, il più alto dei quali misura due metri e mezzo di altezza. Rappresentano il desiderio di Macbeth di raggiungere il potere che, una volta raggiunto, scomparirà e lo renderà terribilmente solo. Lady Macbeth sarà protagonista della scena del sonnambulismo, invasa da letti di ospedale, che rappresentano la sua condizione patologica. Per il finale la foresta di Birnam, formata da pale di fichi d’India, costituirà un luogo simbolico in cui la potenza della natura prenderà il sopravvento sulla creatura umana.

Forse nessuna opera ha procurato a Verdi tanti tormenti, ripensamenti, speranze e altrettante delusioni come il Macbeth, e non poteva essere altrimenti, perché esso costituisce il primo approccio del compositore a Shakespeare, un approccio basato interamente sulla propria visione del poeta inglese, a differenza di Otello e Falstaff, mediati dal librettista Arrigo Boito, che mise a disposizione del maestro la sua profonda conoscenza e la sua prospettiva di Shakespeare. La prima parigina di Macbeth, nel 1865, portò all’accusa rivolta a Verdi di non conoscere il grande poeta inglese. Nel 1846, quando Verdi accettò di scrivere un’opera destinata al teatro La Pergola di Firenze, aveva in mente tre soggetti, L’ Avola, i Masnadieri e Macbeth, e poi scelse quest’ultimo che definì “una delle più grandi creazioni umane.

 

Mara Martellotta